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La sovranità appartiene al popolo
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Ebook174 pages2 hours

La sovranità appartiene al popolo

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About this ebook

Non sempre la politica è sporca e prende decisioni contrarie al volere della gente.

A volte capita che un gruppo di giovani decida di impegnarsi in maniera intelligente, e percorrere in lungo e in largo sia la nazione, che la sua carta costituzionale, per contrastare poteri nascosti e capire le contraddizioni della società. Il romanzo ingloba e sviluppa il racconto pubblicato in precedenza: lo studio del counsellor, e traccia la strada logica che dovrà percorrere il gruppo dei giovani.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateAug 2, 2013
ISBN9788891117595
La sovranità appartiene al popolo

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    La sovranità appartiene al popolo - Mariano Abis

    633/1941.

    Lo studio del counsellor parte prima

    romanzo e illustrazioni di Mariano Abis

    Il cielo cupo viene rischiarato continuamente dai bagliori dei fulmini, sembra di essere al tramonto, eppure sono solo le dieci del mattino nel centro di accoglienza dei ragazzi disabili.

    Il cielo è completamente coperto da nuvole scure, e fra cinque minuti pioverà.

    E subito vengono giù grosse gocce, sempre più grosse e frequenti.

    Il piazzale, gremito di gente, in cui si sta tenendo la festa annuale, diventa deserto all’improvviso, è un via vai di persone che si rifugiano nei locali tutt’intorno: nella mensa, nell’aula adibita a centro conferenze, e negli anditi del locale di fronte, che ospita le camere dei ragazzi che risiedono nel centro.

    Chi si impegna a dare assistenza ai ragazzi in carrozzina, nel giro di pochi secondi si ritrova inzuppato fradicio.

    Siamo in estate, qui in friuli, il tempo si trasforma velocemente, e si passa in un attimo da un’estate torrida  a un autunno bagnato.

    La più fradicia di tutti è Lorena, la psicologa, che ci raggiunge dopo aver portato in salvo un paio di ragazzi in carrozzina.

    Troviamo posto in un cantuccio della mensa, rimasto miracolosamente sgombro: tre sedie che sembrano aspettare solo noi.

    Lorena e Silvia, la mia ragazza, cominciano a parlare di un importante progetto, continuamente preso in considerazione, ma rimandato più volte.

    Allora Lorena, oggi finalmente abbiamo molto tempo a disposizione per mettere a punto il nostro progetto.

    Si, parliamone, anch’io ho pensato molto alle impostazioni che dovremmo dargli, anzi, ti dirò che ho trovato un locale niente male, si trova proprio al vostro paese, ha due stanze che potrebbero essere adibite a studio, un bagno, e un’enorme sala che dà su una delle vie più importanti di cormons.

    Domani andremo a vederlo ed eventualmente parleremo col proprietario.

    La decisione è presa, Lorena sarebbe venuta a casa, la sera, e insieme saremmo andati a vedere il locale.

    Mentre l’avventura di Lorena è a rischio zero, in quanto avrebbe aperto l’unico studio di psicologa in paese, quella di Silvia è fortemente a rischio di fallimento in breve tempo, in quanto l’attività che ha scelto di esercitare è praticamente sconosciuta.

    Sono sicuro che se chiedessimo in strada cos’è uno studio di counsellor, nessuno saprebbe spiegare di cosa si tratti.

    Nell’europa continentale penso che solo le grandi metropoli abbiano uno studio, mentre è un’attività molto diffusa negli stati uniti e nel mondo anglosassone.

    Il counsellor a volte affianca lo psicologo a risolvere conflitti interni causati da situazioni contingenti, espresse dal nostro modo di vivere, mentre lo psicologo risolve conflitti che partono unicamente dal nostro cervello, e ha poca attinenza con l’ambiente circostante, a volte il counsellor lavora autonomamente, altre affianca lo psicologo.

    Silvia è riuscita a trovare qualche pubblicazione su questa nuova frontiera che analizza i comportamenti della gente, per lo più scritta in inglese, qualcosa su internet, e le è ormai chiaro il ruolo che avrebbe avuto nella nuova avventura.

    E l’indomani sera, come concordato, Lorena ci viene a trovare, un caffè, uno scambio di battute per stemperare la tensione, e giù per la strada in direzione del locale adocchiato da lei.

    E’ in ottima posizione, in centro, vicine ci sono due banche, quattro bar, un giardinetto e parcheggi a volontà, e un piccolo parco attrezzato sempre affollato da accompagnatori di cani, bimbi e relative madri e passeggini, e ragazzini in vena di sprecare energie. 

    Si trova a piano terra di un palazzo datato, in vago stile liberty, appena ristrutturato, l’interno sembra conservare le caratteristiche dell’esterno.

    Osservandolo dall’esterno mi colpisce lo splendido pavimento colorato, il ferro battuto finemente lavorato delle due finestre, la bella porta in stile con elementi intarsiati, e dal soffitto pende uno sgargiante lampadario.

    Tra me penso che sarebbe il posto ideale per una galleria d’arte, o per una prestigiosa biblioteca di libri antichi.

    Annoto il numero telefonico da chiamare, e appena effettuo la chiamata mi accorgo che è già presente nella rubrica del  mio telefonino: è di un mio conoscente.

    So dove trovarlo.

    E infatti eccolo là, con un tajut di vino bianco in mano, seduto su uno sgabello a ridosso del bancone di un bar.

    Appena mi vede in compagnia di due belle ragazze, ci invita a bere qualcosa.

    Ciao Jolao, come va?

    Benone.

    Un tajut? E le signorine cosa bevono?

    Faccio le presentazioni e ordiniamo tre bicchieri di ramandolo.

    Ti presento Silvia, e lei è Lorena, la psicologa della comunità dei disabili.

    Così giovane e già laureata?

    Lorena annuisce e, senza perdersi in chiacchiere, espone il progetto.

    Io non sono il proprietario, sono solamente l’amministratore, ma ho carta bianca per l’affitto del locale, ho appeso il cartello affittasi solo tre giorni fa.

    Ecco perché ci era sfuggita una così ghiotta occasione.

    Dopo aver esaminato il locale, discutiamo sul canone d’affitto, che risulta molto al di sopra delle nostre aspettative.

    "Ma io voglio darlo proprio a voi, e per convincervi abbasso un po’ il canone, e vi presto dei mobili che ho tolto dal palazzo quando si è deciso di ristrutturarlo.

    Andiamo a vedere i mobili, sono accatastati in una stanzetta piena come un uovo, scegliamo due splendidi tavoli, una cristalliera, delle sedie, vari oggetti di cartoleria antica, uno scrittoio e due quadri, tutto in perfetto stile liberty.

    Firmiamo il contratto e il giorno dopo il tutto è già sistemato nel locale, che così ha ancora più un aspetto d’altri tempi: anche il bagno conserva l’aspetto originario, mi colpiscono i rubinetti in ottone e i sanitari, così inusuali, l’impianto elettrico è antichissimo, con i grossi fili a vista, arrotolati su se stessi, e gli interruttori circolari bianchi, come si usavano un tempo.

    Un posto splendido per dare inizio alla grande avventura!

    L’indomani mattina io e Silvia ci impegniamo per le pratiche burocratiche, mentre Lorena è in servizio al centro disabili.

    Il giorno dopo, al rientro dal mio lavoro in vigna, trovo in casa Lorena, Silvia stappa una fresca bottiglia di ortrugo, vino bianco frizzante della sua zona di origine, i colli piacentini.

    Facciamo un brindisi, come se stessimo per assaggiare dello champagne, e invochiamo la buona sorte.

    Silvia ha intanto preparato un libricino in cui spiega dettagliatamente il suo ruolo all’interno dello studio e, forse spinte dalla curiosità, riceve nei giorni successivi un paio di vecchie signore, evidentemente dalle larghe vedute, o con molto tempo a disposizione.

    La domenica successiva io e Silvia andiamo a trovare degli amici Sardi che gestiscono un’azienda vitivinicola con annesso agriturismo: Sandro e Sara, con le loro figlie Sonia e Marta.

    Con loro ci troviamo bene, la nostra amicizia è di lunga data, e quando decidiamo di trascorrere una serata in loro compagnia, il tempo scorre tranquillo e rilassante.

    Silvia ha fatto già da tempo amicizia con le ragazze, e trascorre buona parte del suo tempo con loro, io, Sandro e Sara non facciamo altro che parlare della nostra sardegna, e del desiderio di rivederla il più presto possibile.

    Come per sentirne meno la nostalgia, loro riforniscono sistematicamente la frasca  di dolci e formaggi della nostra terra.

    La frasca è un piccolo e rudimentale bar, dove si possono assaggiare la totalità dei vini aziendali, imbottigliati e sfusi, più altri prodotti dell’azienda, o di aziende vicine: castagne, ciliegie,  noci, olive, poi dolci, affettati, e formaggi.

    Tradizionalmente il Friulano dedica parte del suo tempo alla visita mattutina del bar, consumando caffè e grappa, poi a metà mattina uno spuntino con un tajut, cioè un bicchiere di vino, a pranzo; se non ha la possibilità di tornare a casa, consuma qualcosa in uno dei tanti bar attrezzati per pasti veloci, con l’immancabile tajut, e la sera, dopo il lavoro, la sua meta abituale è la frasca preferita dove coltiva le sue relazioni e gli affari.

    Ma non si creda che le frasche siano frequentate solo dai signori uomini, al contrario, le donne sono in maggioranza, e tra una fetta di prosciutto, della frutta, un dolce, e l’immancabile bicchiere, trascorrono le sere in allegria e rilassatezza, in un ambiente familiare, tanto che si potrebbe quasi dire che la frasca sia la loro seconda casa.

    Quanti incontri sentimentali, di amicizia e di affari si sono realizzati  in questi luoghi tipicamente friulani!

    Che io sappia, non esistono in altre regioni italiane, dei posti che abbiano esattamente quelle caratteristiche.

    Per un Sardo il posto delegato agli incontri è la piazza, mentre in friuli è indubbiamente la frasca.

    Loro hanno una grande cultura del vino, superiore a tutti gli altri popoli italiani, e con l’istituzione delle frasche uniscono l’utile al dilettevole.

    Anche i ragazzi si incontrano spesso lì, ma possono scegliere anche pub o birrerie, specie se allietate da musica dal vivo.

    E’ tramontata invece l’usanza sarda del passeggio, in cui i ragazzi stabilivano contatti con l’altro sesso, semplicemente lungo una strada delegata per l’esigenza.

    Anche le feste paesane, in entrambe le regioni, sono utili per l’incontro tra persone, specie se di paesi diversi.

    Gli incontri e la socializzazione sono i campi in cui si sviluppa il lavoro di Silvia e Lorena, e quando una persona, per suoi motivi, o trascinata dagli eventi, trova difficoltà a socializzare ed aprirsi,  ma non può o non ha voglia di farlo con le conoscenze abituali, si rivolge allo psicologo.

    Il lavoro di Silvia, seppure abbia innumerevoli attinenze con quello di Lorena, si svolge più sul lato pratico, meno teoria e più soluzioni immediate: come un pittore che decide se fare arte popolare piuttosto che avanzata o concettuale, di più pronta assimilazione, mi viene in mente a questo proposito il muralismo popolare di orgosolo, a confronto con quello più raffinato di san sperate.

    Le ragazze si fanno apprezzare nei rispettivi ruoli, e capita che un paziente possa avere bisogno di entrambe.

    Giorno dopo giorno, lo studio è frequentato anche da amici e conoscenti, e anche se non hanno bisogno dell’intervento delle due ragazze, si accomodano nella grande sala d’aspetto, e parlano dei più svariati argomenti, di politica, arte, libri o teatro, e dei vari avvenimenti sia nazionali che relativi alla cittadina in cui vivono, un ambiente che non risulta mai deserto.

    Sembra quasi uno di quegli antipatici salotti della gente bene, ma qui la gente è più genuina, e tocca con mano, giornalmente, i veri problemi della vita.

    E gli orizzonti si allargano e può capitare che a quelle discussioni intervenga qualche persona arrivata per incontrare Silvia o Lorena, e quando arriva il suo turno, ceda il passo ad altri in quanto si è lasciata coinvolgere dalla discussione, che diventa quasi terapeutica, funzionale persino alla ricerca dello stare bene, o alla risoluzione momentanea di un qualche conflitto personale, o di una insofferenza alla vita, che tutti noi abbiamo provato.

    Discussioni mai banali, fatte da persone che hanno idee da esprimere o sviluppare.

    Possiamo trovare persone di tutti gli indirizzi politici e culturali: l’anarchico che discute con l’assessore comunale, l’operaio che controbatte i ragionamenti di un laureato, il disoccupato che esprime le sue insoddisfazioni, l’europeista che si confronta con chi è convinto che la costruzione della comunità sia stata un errore, c’è persino uno studioso di vita medioevale che contrasta agevolmente, e con esempi illuminanti, chi afferma che la nostra civiltà è superiore a quelle antiche, si fanno discussioni su meccanizzazione spinta all’eccesso, sul ruolo che devono avere le società finanziarie, ammesso che debbano avere un ruolo, sulla democrazia reale, quella diretta, e quella rappresentativa, si parla di qualche nuova tassa, e di politica nazionale e internazionale.

    Quando è presente qualche politico locale, si discute sul ruolo che gli compete, se debba fare politica o semplicemente amministrare, sul significato stesso della parola politica, sulla funzione del denaro, e via discorrendo.

    Pian piano nascono, in un luogo evidentemente non delegato a questo, dei gruppi di pensiero contrapposti sui più svariati argomenti.

    Ma le discussioni vanno avanti, generalmente, in modo civile e pacato, mai sopra le righe; non ho mai conosciuto in così breve tempo, tante persone dalle idee significative e progetti stimolanti, ma forse

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