43 colori in cerca di Viola
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43 colori in cerca di Viola - Valentina Masetto
http://creoebook.blogspot.com
Valentina Masetto
43
COLORI IN CERCA DI VIOLA
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi o usati in modo fittizio. Tutti gli episodi, le vicende, i dialoghi di questo libro, sono partoriti dall’immaginazione dell’autore e non vanno riferiti a situazioni reali se non per pura coincidenza.
A Fabio.
Ai suoi colpi secchi e diretti, solo andata.
Al modo in cui, senza saperlo, mi ha aperto un varco su me stessa.
A te, Flo’.
Sorella, amica, compagna di questa e altre vite ancora.
20 dicembre
A un certo punto non sapeva bene cosa indossare. Fortunatamente, qualche giorno prima, in modo previdente e forse un po’ infantile, aveva scelto la sua mise.
Una gonna color sabbia, di lana doppia, una maglietta sottile, dello stesso colore, palesemente leggera per quel freddo, ma giusta se indossata al coperto. A posteriori si sarebbe pentita, trovando quell’abbinamento imperdonabile oltre che raccapricciante.
Quanto e cosa avrebbe potuto esprimere un colore così?
L’attesa, da sempre snervante, si colorava di profumi invernali: del resto, a pochi giorni da Natale, non può che impreziosirsi un sabato pomeriggio.
L’appuntamento era in prima serata e il led blu di quel cellulare, sempre così a portata di mano, faceva da sfondo.
Una tragedia quella mezza storia virtuale!
La poca credibilità di quel contatto clandestino e l’idea, piuttosto insalubre, che un uomo adulto potesse possedere qualcosa in più, oltre agli anni e ai capelli bianchicci, rispetto a un suo coetaneo...
Non molto tempo più tardi si sarebbe accorta di quanto certi adulti
possano misurarsi con lo squallore con una nonchalance a dir poco stucchevole: un incontro di pochi minuti, dietro casa di lui, in cui il buio faceva da cemento più che da collante, a rimarcare l’insensatezza delle speranze di trasformazione o quantomeno di un’evoluzione davvero possibile.
Si sarebbe resa conto, di lì a poco, che certi uomini conoscono poco la sincerità anche se la professano come preti immorali.
Un piccolo livido sotto pelle, quella scoperta. Lo avrebbe visto guarire, prima del previsto, ma non senza ripensare a quella pochezza, ridendone in compagnia e indolenzendosi, da sola.
Certi rapporti sono depistanti sul nascere e questo succede perché le persone spesso si investono invece di incontrarsi e di conoscersi.
In effetti, i loro dialoghi non contenevano poi molto altro che qualche ammiccamento anche pesante e qualche gioco semi-erotico, ben presto divenuto privo di verve.
Quell’incontro
fu l’autorizzazione a una X
bella evidente sugli uomini parecchio più adulti di lei, che, da quel giorno, furono etichettati come vecchi
. Ma di quei vecchi che meritano tutto il disprezzo che sta nella durezza delle due C con l’H. Altro che muta. Marcata, tridimensionale.
Vecchi. Una specie di eco che sporca.
Avere quel ruolo da Lolita non le sembrava più un gioco.
Quel pomeriggio, col suo Edipo irrisolto, si vestiva lentamente alla ricerca di un’immagine definita ma certo non definitiva.
Fantasticava sulle persone, le interazioni, i commenti, le facce, gli scambi di sguardi: una curiosità quasi luminosa, iridescente, a contornarla. Che sarebbe accaduto? La sensazione di qualcosa di speciale, da scoprire.
La sorpresa. Vera e Propria.
L’emozione di scrutare, di guardare da vicino cosa le avrebbe riservato quell’entrata ufficiale nel mondo che l’aspettava. E che le spettava, soprattutto.
Darsi appuntamento, fuori alla stazione, non poteva essere che un’idea insana. Anche sotto Natale certe stazioni sono stropicciate e inquietanti, al punto da dis-turbare.
Ma, in quel tardo pomeriggio, lei aveva troppo slancio dentro per pensare al contorno.
Un cappotto chiaro ad accompagnarla, il cappotto caldo
e un paio di stivali, decisamente adatti, ma poco familiari.
Piccoli dettagli come fotogrammi: il led blu, una foto scattata distrattamente e, in lontananza, i capelli biondi tinti di Gina, il suo vestito nero, di un’eleganza pomposa ma disattenta.
Qualche battuta, poche parole e molto più freddo a congelare le dita e a mantenere la giusta distanza. Forse quella, inevitabile, tra due semisconosciute.
L’attesa di Marta sembrava esaltare quell’atmosfera un po’ imbarazzata. Oltre che insolita. Curiosa.
Di lì a poco, una macchina nera. Forse l’aveva immaginata diversa la macchina di Marta, ma, d’altra parte, non era male scoprire la verità.
Di fretta sedette dietro.
Lei e Marta si conoscevano da un po’. Non molto, ma il tempo che basta a due persone, che vogliano approfondirsi, per sentirsi spinte da una specie di filo colorato, che le tira nella stessa direzione.
Le ipotesi sulla serata. I dubbi. Quasi, i timori. Come sempre, in lei, più curiosità e adrenalina che paura. E, in sottofondo, il pensiero di un incontro.
L’originalità
Una rampa di scale, dopo la fortuna di un parcheggio trovato inaspettatamente: merito di Marta, della sua lungimiranza molto ambiziosa.
Tre è il numero giusto per una serata straniera: altre facce familiari, di quelle che, nel giro di pochi minuti, diventano amiche e non sai neanche come.
Di lì a poco, una piccola cerchia di cinque persone e la sensazione di essere in procinto di un piccolo lancio verso l’inaspettato. Qualche convenevole, delle strette di mano e delle tovaglie rosse, da sistemare con un tocco di originalità. La sua.
Col tempo avrebbe capito che certi vestiti si sposano male con le novità.
Indossare abiti nuovi in posti nuovi con nuove persone è come riempire di specchi un labirinto: probabilmente ti perderesti comunque, ma, giusto per essere sicuro, confondi ulteriormente ogni traccia del percorso e ogni possibile riferimento utile.
Lei, con quei vestiti color sabbia, sentiva la distanza e il desiderio di incontro, come due voci contrapposte e simultanee.
L’emozione incomparabile di sentirsi al proprio posto, senza sapere bene quale fosse, e un sorriso, in penombra, con in bocca cinque parole: Tu, di che anno sei?
.
A chiudere la serata, un quaderno, con due occhi chiari disegnati in copertina e una scritta, maledettamente perfetta: NON SOLO FIORI
. Come la previsione di un percorso tanto fitto quanto doloroso, come l’epilogo di due anni di trincea.
Quella serata, come un nastro di raso da tagliare, sanciva un inizio già avviato, ne ufficializzava ogni parte, soprattutto quelle sconosciute.
Una piuma viola e gli occhi rilucenti. Una sola certezza: l’inizio. Il suo debutto.
Bisogno D(’)aria
Il ritorno a casa, dopo l’intensità di quella serata, aveva tutta l’aria di un decollo.
I passi frettolosi giù per le scale, dopo qualche saluto distratto e qualcun altro più sentito, conferivano ulteriore preziosità a quel momento. Lo rendevano reale, tangibile. Stava accadendo sul serio.
Era sabato sera e con Marta restarono a parlare in macchina per un po’. Cercavano entrambe pensieri possibili, capaci di materializzarsi a breve, se non prematuramente. Si affannavano a incalzare parole a forma di contenitori, abbastanza capienti da sostenerle entrambe, da bilanciarne il peso.
Viola non ne voleva sapere di tornare a casa. Viola, quando traboccava di emozioni, aveva bisogno dell’odore dell’asfalto, delle luci gialle dei lampioni della sua città e di una buona compagnia, in grado di distrarla senza distoglierla dalla felicità.
Si salutarono, Marta e Viola, come due che si sarebbero viste il giorno dopo. In realtà, le feste di Natale le avrebbero divise per un po’. Eppure, certe gioie fanno del tempo un piccolo dettaglio inconsistente. Forse, talvolta, l’attesa ha sapori strani. Ha già