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Da adesso in poi
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Da adesso in poi

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About this ebook

Il vuoto incolmabile lasciato da una delusione d'amore e un tatuaggio come sogno ricorrente a tenere acceso il lume della speranza: Eugenio, nel pieno della sua giovinezza, si ritrova senza preavviso a dover fare i conti con questi due eventi inaspettati. Fino a che finalmente maturerà una scelta consapevole.

"Da adesso in poi" è il romanzo d'esordio di Gabriele Collesano. Un romanzo giovane che entra subito nel cuore.​

Leggerlo è un po' come ritrovarsi.
LanguageItaliano
Release dateMay 25, 2013
ISBN9788891111777
Da adesso in poi

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    Da adesso in poi - Gabriele Collesano

    Valentina

    UN MERCOLEDÌ COME TANTI

    Apparentemente sembrava una serata come tante. Apparentemente.

    Era uno di quei mercoledì di fine autunno e, come tutti i mercoledì, avevo il giorno libero.

    Martina, la mia ragazza, era impegnata col corso di pilates e accettava, non senza qualche risentimento, che trascorressi del tempo con i miei amici di sempre: Lorenzo, Luca e Sandro.

    Quella sera assomigliava in ogni infinitesimale dettaglio a tutti gli altri mercoledì: ritrovo al Bar da Mario verso le 19 circa (con scarto per difetto o per eccesso di massimo dieci minuti), aperitivo, pizzata a casa di Lorenzo e partita a scala quaranta a funger da digestivo.

    Quel mercoledì alle 18:40 ero già al bar, ma non trovando ancora nessuno degli altri tre, decisi di fare due passi per impegnare l’attesa.

    Ciao! sentii sussurrare da dietro, era Maria.

    Per cinque anni eravamo stati compagni di banco al liceo e non la vedevo almeno da un paio di anni: Maria dopo le scuole si era trasferita per lavoro a Firenze.

    Ciao! risposi quasi sorpreso chi non muore si rivede! Come stai?

    Tutto bene, sono tornata qualche giorno nella mia amata Pontedera… Ma domenica riparto alla volta di Firenze! Tu? Che mi racconti? Con Martina tutto a posto?

    Tutto a posto! annuii.

    Il cellulare di Maria squillò.

    Scusa ma devo scappare, ci sentiamo!

    Non feci nemmeno in tempo a far uscire un ciao dalle mie labbra che era già in fondo alla strada.

    Guardai l’orologio e mi accorsi che la missione intrattenere cinque-dieci minuti era compiuta.

    Tornando verso il bar vidi la sagoma di Luca all’orizzonte. Era in piedi davanti alla porta a vetri del bar e intratteneva l’attesa fumando una sigaretta.

    Non fare finta di niente, ti ho visto mi disse senza neanche salutarmi. Chi era quella mora con cui eri impegnato a dialogare? O me lo dici o mando un messaggio a Martina e riferisco!

    Falla finita di fare il coglione! Era Maria, veniva in classe mia alle superiori. Eppure la conosci anche te.

    L’arrivo di Sandro spezzò il nostro amichevole battibecco.

    Americano? propose.

    Aspettiamo Lorenzo, non facciamo le merde! ribattei, tentando di distogliere Luca dalla malaugurata idea di chiamare veramente, anche per scherzo, Martina.

    Eccolo il ritardatario, non cambi mai! annunciò Luca indicando con l’indice il quarto e ultimo compagno dell’apparente mercoledì come tanti.

    Che americano fosse.

    Ci facemmo prendere la mano e gli americani diventarono due a testa.

    Tanto Martina era al corso di pilates e non avrebbe potuto riguardarmi.

    Arrivammo a casa di Lorenzo alle otto in punto. Sandro e Luca avevano l’incarico di andare a prendere le pizze che io, entusiasta nell’organizzare la serata, avevo provveduto a ordinare nel pomeriggio.

    Io e Lorenzo, invece, ci dirigemmo direttamente a casa sua per addobbare la tavola con l’intento di farla sembrare qualcosa che assomigliasse il più possibile a una decente apparecchiatura: un rotolo di scottex e un paio di forbici in mezzo alla tavola, con le immancabili quattro birre da 66 cl. Le pizze si mangiano rigorosamente nel cartone.

    Mentre aspettavamo affamati l’arrivo delle pizze, Lorenzo mi chiese: Sabato sera che fai?

    Mah, sicuramente sarò con Martina. Perché?

    "C’è una festa al laghetto, duecento partecipanti confermati sull’evento su Facebook. E più della metà sono ragazze. Guarda un po’ se ti liberi, saranno due anni che non fai un sabato insieme a noi!"

    Lore, lo sai… Non mi far litigare!

    Va bene, ho capito… Come non detto.

    Chiuse il discorso facendomi il segno delle manette.

    Martina sicuramente mi avrebbe lasciato andare perché sapeva che se fossi andato non avrei fatto il coglione. Ma mi avrebbe tenuto il muso per i due giorni consecutivi perché per lei era come se la mettessi in disparte, anche se solo per una sera.

    E io, proprio per non passare i due giorni successivi ad arrovellarmi il fegato, preferivo stare sempre con lei.

    Escluso il mercoledì, il mio giorno libero.

    Suonò il campanello.

    Erano arrivate le pizze: tutti a tavola!

    Luca piegò la sua margherita in quattro (senza nemmeno utilizzare le forbici per tagliarla) mentre Sandro si prodigava in un improbabile taglio con le mani della sua cotto e funghi.

    Lorenzo, intanto, si era buttato sulle forbici per suddividere garbatamente la sua bianca rucola e pomodorini; successivamente me le passò per tagliare la mia quattro stagioni.

    In men che non si dica (e del tutto lontani dalle buone maniere impresse nel Galateo) spolverammo il lauto pasto.

    Nessuno di noi proferì parola, tanto eravamo intenti nel divorare la preda.

    Luca si sbottonò il primo bottone dei pantaloni e ruppe il ghiaccio dopo circa sette minuti di silenzio: Uge – questa era l’abbreviazione del mio nome – sabato sei dei nostri? mi chiese, inconsapevole del fatto che già Lorenzo me lo aveva chiesto.

    Secondo te? mi anticipò Lorenzo.

    Non sarai mica incatenato? replicò Sandro con un tono di antipatico sarcasmo.

    Uge, sveglia… Abbiamo 27 anni, se non te la gusti ora quando pensi di gustartela la vita? chiuse il cerchio Lorenzo.

    Ragazzi, ormai sabato ho promesso a Martina che la porto a cena… Vediamo se per un altro sabato riesco ad organizzarmi.

    Non ci credevo nemmeno io in quel che stavo dicendo, ma avevo bisogno di una giustificazione.

    Purtroppo era sempre la solita giustificazione, tanto che i tre se ne accorsero ed esclamarono insieme: Lo dici sempre, ma sono anni che aspettiamo che ti organizzi!

    Luca, Sandro e Lorenzo erano tutti e tre single.

    Luca lo era per scelta propria.

    Era convinto che una ragazza al suo fianco avrebbe delimitato eccessivamente la sua libertà e il suo raggio di azione.

    Non aveva mai avuto una relazione sentimentale fissa, nonostante fossero tante le ragazze che gli gravitavano intorno. Le sue storie duravano un lampo, persuaso ed attratto solamente da avventure di massimo tre o quattro notti.

    In quel periodo si vantava di frequentare tre ragazze contemporaneamente e, a pancia piena, scommise con Lorenzo che il sabato alla festa al laghetto le avrebbe passate in rassegna tutte e tre.

    Anche Sandro era single per scelta.

    Ma non per scelta propria bensì per scelta delle altre.

    Il suo carattere assumeva una piega di estrema scontrosità col mondo intero e le ragazze ben si guardavano dal gravitargli intorno.

    Ogni ragazza con cui usciva puntualmente lo mollava in un batter di ciglio, tempo di conoscerlo un minimo. E lui mascherava la causa dei suoi insuccessi nel trovare la ragazza della sua vita, sbandierando ai quattro venti infondate doti di sciupafemmine.

    Ma non ci credeva nemmeno lui.

    Lorenzo invece era single da un anno.

    Aveva alle spalle una storia con Sabrina di sei anni conclusa consensualmente e senza ripensamenti.

    L’amore era volto al termine e non aveva senso portare avanti un rapporto basato solamente sull’affetto e sull’abitudine.

    Non sapeva ancora cosa voleva dal suo futuro.

    E, in attesa di illuminarsi sul da farsi, non esitava a spassarsela senza tanti pensieri per la testa.

    Sandro e Luca lo avevano accolto tra i single a braccia aperte e non vedevano l’ora di procedere con la mia investitura.

    Sandro, Luca e io ci spostammo sul divano nell’attesa che Lorenzo ripulisse il tavolo da quel che era rimasto dell’abbozzata apparecchiatura. Accatastò i cartoni delle pizze sotto la poltrona accanto al tavolo, con la speranza che qualcuno di noi li portasse via prima di uscire e portò i vuoti delle birre sul terrazzo (quelli li avrebbe portati l’indomani).

    Contrariamente dalla stragrande maggioranza dei nostri coetanei – i quali impegnano il ritrovo del mercoledì sera per vedere insieme l’agognata partita di calcio di Champions’ League –, noi avevamo un’antipatia siderale per quel tanto (dagli altri) amato sport.

    Nessuno dei quattro aveva mai trovato grande interesse nel calciare una palla di cuoio.

    Tantomeno intendevamo perdere 90 minuti della nostra vita incollati davanti alla televisione a guardare ventidue individui rincorrerla.

    Luca stravedeva per il rugby. Non si perdeva neanche una delle poche partite che venivano trasmesse alla televisione. E sosteneva che quello fosse lo sport più bello e leale del mondo.

    Mica i calciatori che guadagnano un sacco di soldi e non fanno altro che insultarsi… Dopo una partita di rugby, i giocatori di entrambe le squadre – sconfitti e vincitori – vanno a cena insieme a festeggiare! ammoniva chi provasse a contraddirlo.

    Sandro era appassionato di arti marziali. Le aveva provate quasi tutte: dal karate alla boxe thailandese. Durante uno dei suoi primi incontri di boxe rimediò una

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