Nati per evolvere
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Nati per evolvere - Stefano Pischiutta
James
CAPITOLO 1
Prospettive della Psicologia
Una scienza per l’uomo
La psicologia è la scienza che studia il comportamento e i processi mentali dell’uomo e dell’animale. Secondo la sua etimologia è lo studio della psiche
, uno studio legato alle correnti di pensiero che, dagli albori della filosofia, fino almeno all’Ottocento, si sono dedicate allo studio dell’animo umano (dal greco psychè, anima), con gli strumenti propri di quella scienza.
L’indagine psicologica è stata tradizionalmente dominio della filosofia, fino alla seconda metà dell’Ottocento, quando si è resa autonoma adottando le metodologie delle scienze naturali. È nata così la psicologia scientifica, fondata sulla sperimentazione e sulla riproduzione di fenomeni osservabili, sia in laboratorio che sul campo. Il suo oggetto di indagine era la mente con i suoi processi, consci e inconsci.
Questa giovane scienza, nata da poco più di un secolo, ha trovato applicazione in diversi campi, per cui si parla di diverse psicologie
.
Così, e solo per citarne alcune, si sono sviluppate: la psicologia sociale, che studia il comportamento degli individui e dei gruppi nel loro ambiente sociale; la psicologia clinica, che individua tecniche di intervento e di cura del disagio psichico; la psicologia dello sviluppo, che studia i processi evolutivi dell’individuo, con le varie tappe e gli arresti. Il nucleo originario della psicologia scientifica si è costituito invece come psicologia sperimentale, che adotta per l’appunto il metodo sperimentale, in base al quale, conosciute le condizioni in cui si manifesta un fenomeno, diventa possibile riprodurlo.
La psicologia deve molto del suo successo alla riflessione sull’inconscio, iniziata con Mesmer e Charcot e culminata con la psicoanalisi di Sigmund Freud e con la psicologia analitica di Jung¹. Tale riflessione ha dato vita a un nuovo metodo di indagine psicologica, il cosiddetto metodo introspettivo, finalizzato all’investigazione dei contenuti mentali, consci e preconsci. Per l’esame dell’inconscio sono stati costruiti metodi quali: le associazioni libere, l’analisi dei sogni e degli atti mancati.
In definitiva, la psicologia nella sua attuale applicazione si basa su due grandi pilastri: la psicologia scientifica e la psicoanalisi.
Ora, con l’avanzare della ricerca medica e biologica, nonché con l’evoluzione delle scienze sociali, i concetti proposti dalla psicologia trovano sempre di più un’applicazione pratica. La psicologia si è dotata di strumenti, metodologie e prassi in grado di intervenire sulle disarmonie che una società sempre più complessa e organizzata produce inevitabilmente nei comportamenti e nei processi mentali individuali e collettivi, portando alla luce nuove tematiche, conflittualità e sfide, per affrontare le quali vengono approntati strumenti sempre più sofisticati e appropriati. Ci si chiede allora: la psicologia è in grado di dare risposte alle problematiche che affliggono l’uomo di oggi? Apporta conoscenze nuove utili all’uomo? Può dare veramente un aiuto nel delineare e dipanare le sue conflittualità?
Certamente la psicologia, studiando l’origine dei comportamenti e dei processi mentali, ovvero il soggetto che li produce, è in grado di cogliere il punto di vista interiore
dei fenomeni prodotti dalla mente e può dare una chiave di lettura dei problemi dell’uomo di oggi. Vista la complessità della mente (si dice che nessun computer potrà mai eguagliarla!), è comprensibile che la scienza deputata a dedicarle il suo studio sia tutt’altro che perfetta e compiuta; anzi, essa è in continua evoluzione, in accordo con l’evoluzione delle conoscenze scientifiche.
Un altro motivo per cui rispondere positivamente alle domande poste è che la psicologia è una specie di trait d’union tra le varie scienze umane, in quanto non può prescindere dal considerare nel suo studio tutti gli aspetti dell’essere umano: biologici, emotivi, cognitivi, sociali, politici, religiosi e spirituali. Essa si dedica ai processi mentali e al comportamento dell’essere umano, dunque non può trascurare i suoi campi di esistenza e di azione, che sono quelli della vita quotidiana. Quale scienza più della psicologia può dare risposte concrete alle problematiche e alle sfide che riguardano in modo più o meno diretto l’uomo nei suoi processi mentali?
Lo psicologo in Italia
La psicologia non ha alcuna relazione con la filosofia, anche se può riferirsi talvolta a teorie filosofiche nel delineare una visione del mondo e dell’uomo che vive in esso. Nella sua costituzione intrinseca, è eminentemente pratica; è disponibile al cambiamento e alla revisione delle sue teorie e acquisizioni; è estremamente dinamica e in linea con un mondo in costante trasformazione, talora precorrendo i tempi e prevedendo fenomeni nuovi. Ha dato prova della validità del suo paradigma costituendosi come professione.
In Italia, l’ordinamento della professione di psicologo fa riferimento alla legge 56 del 18 febbraio 1989 che, nell’articolo 1 , la definisce così: La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito
. L’articolo 2 stabilisce i requisiti per l’esercizio dell’attività di psicologo: Per esercitare la professione di psicologo è necessario aver conseguito l’abilitazione in psicologia mediante l’esame di Stato ed essere iscritto nell’apposito albo professionale
. L’articolo 3 fornisce alcune direttive per l’esercizio dell’attività psicoterapeutica: L’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia...
. L’Ordine nazionale degli psicologi è sotto la vigilanza del Ministro della salute (art. 29)².
La professione è regolamentata da un codice deontologico, che indica le buone pratiche della stessa e le eventuali violazioni ai danni degli utenti e della categoria professionale.
A distanza di più di vent’anni dalla legge costitutiva, in Italia vi sono attualmente più di 85.000 psicologi iscritti ai relativi albi regionali, per una professione la cui rilevanza sociale è elevata, anche se forse non ancora pienamente riconosciuta in molti ambiti, dove la domanda non è esplicitata e non riesce a incontrare adeguatamente l’offerta.
Relazioni di aiuto in ambito psicologico
Uno dei campi di applicazione più rilevanti della psicologia, e sicuramente quello di maggior interesse per lo scrivente, è la relazione di aiuto in ambito psicologico. Esistono tanti tipi di relazioni di aiuto, in altrettanti contesti. Generalmente, si può parlare di relazione di aiuto come di una relazione che si instaura per un accordo reciproco, con delle regole condivise, in modo più o meno esplicito.
Dunque, si tratta di una relazione libera, tra due o più persone, in cui alcune di esse (solitamente una) offrono l’aiuto e le altre lo ricevono; è un legame che può essere protratto nel tempo e che si basa innanzitutto su un principio: nel contesto della relazione, coloro che offrono l’aiuto sono in una posizione di superiorità, mentre coloro che lo ricevono sono in una posizione di inferiorità. L’inferiorità di colui che riceve l’aiuto non dovrebbe mai scivolare nella sottomissione, che genera dipendenza, né la superiorità di colui che fornisce l’aiuto dovrebbe diventare autoritarismo, che genera sopraffazione e violenza morale. La relazione di aiuto si caratterizza come legame di dipendenza positiva e di fiducia.
Vediamo ora cosa si intende per relazione d’aiuto in ambito psicologico. Si tratta di una particolare relazione che si instaura tra uno o più professionisti psicologi e uno o più clienti (o pazienti), che vi si rivolgono per ottenere aiuto in vari campi, riguardanti la propria sfera psicologica, e talvolta psico-fisica e/o psico-spirituale.
La relazione si basa sulle competenze che il professionista offre e su un contratto, redatto in forma scritta o comunicato verbalmente. Il contratto è un modo per assicurare che entrambe le parti inizino una relazione d’aiuto con chiarezza circa i suoi scopi e la sua durata. Si tratta dunque di una relazione non paritaria, nella quale un professionista psicologo fornisce una prestazione professionale, sotto forma di relazione d’aiuto, in cambio del pagamento di una parcella. In nessun caso tale relazione può essere assimilata ad una relazione di amicizia o di intimità, nonostante in essa possano verificarsi, ed anzi tale eventualità è auspicabile, degli scambi affettivi appropriati.
La relazione di aiuto si basa inoltre sul setting, che è l’insieme costituito dalle regole, dagli spazi fisici e dai tempi. Tra le regole vi sono: la durata e la frequenza delle singole sedute; la forma di pagamento; la gestione delle sedute cancellate; l’eventualità di contattare il professionista al di fuori delle sedute; la riservatezza; la gestione della chiusura del trattamento. Queste regole, ed altre eventuali, vengono comunicate e talvolta stabilite insieme al cliente/paziente all’inizio o durante il trattamento. Qualunque superamento dei confini definiti all’atto dell’instaurarsi della relazione costituisce una violazione del setting e deve essere adeguatamente ridefinito.
In generale, si può dire che esistono sette basilari forme di aiuto: 1 ) dare informazioni; 2) azione diretta; 3) insegnamento e direzione; 4) sistemi di cambiamento; 5) difesa; 6) fornire delle verifiche di ritorno e 7) agevolazioni. Nell’ambito delle relazioni d’aiuto in ambito psicologico, il counseling è una forma di agevolazione, mentre la psicoterapia è primariamente un sistema di cambiamento, e talvolta una forma di insegnamento e direzione. Occupiamoci di queste due ultime forme di aiuto.
Secondo l’Enciclopedia Italiana Treccani, il counseling è un intervento psicoterapeutico diretto al superamento di difficoltà adattive, fondato sull’instaurazione di un clima di comprensione e di agevole comunicazione tra terapeuta e paziente (o pazienti)
.
Il counseling è un’attività di competenza relazionale per agevolare l’autoconoscenza attraverso la consapevolezza e lo sviluppo ottimale delle risorse personali per migliorare il proprio stile di vita in maniera più soddisfacente e creativa.
Inoltre, esso consente di risolvere con autodeterminazione problemi specifici legati ad aspetti decisionali e favorisce l’autocambiamento e il miglioramento del proprio relazionarsi con gli altri.
Il counseling si rivolge non solo a persone sofferenti di disturbi fisici, psicosomatici o psichici, ma anche a coloro che si trovano in difficoltà di fronte a problemi esistenziali (conflitti, rotture, solitudine, malattie, lutto, depressione, disoccupazione, senso di incapacità o di impotenza) o ancora, in un senso più ampio, a qualsiasi persona o gruppo che ricerchi una migliore espressione del proprio potenziale latente.
In altre parole, favorisce una presa di coscienza di quei meccanismi interiori che spesso spingono a comportamenti ripetitivi negativi, a blocchi evolutivi, ad evitamento, ansia e conflitto. Esso non mira solo a spiegare le origini delle difficoltà, ma anche a far sperimentare il ricorso a nuove soluzioni e a stimolare un adattamento creativo dell’organismo all’ambiente. Il counseling psicologico, in quanto di pertinenza esclusiva dello psicologo, prevede, oltre a quelle menzionate, anche le attività di orientamento, sostegno, prevenzione, diagnosi, abilitazione e riabilitazione.
Normalmente, in Italia la formazione di un counselor senior prevede lo svolgimento di attività teorico-pratiche ed esperienziali per un totale di 500 ore ed è svolta in tre anni. La professione di counselor non è riconosciuta legalmente, anche se esistono albi che riuniscono counselor. Attualmente vi è un acceso dibattito sulla legittimità, da parte dei counselor non psicologi, dell’utilizzo di tecniche psicologiche, di pertinenza esclusiva dello psicologo, che pure vengono loro insegnate.
Diversamente dal counseling, la psicoterapia, che in Italia può essere praticata solo da medici e psicologi con adeguata formazione specifica, è una forma di intervento per la trasformazione delle strutture profonde della personalità, al fine di migliorare lo stato di salute mentale.
La formazione di uno psicoterapeuta prevede lo svolgimento di attività teorico-pratiche, momenti esperienziali e tirocinio specifico, nonché esami regolari, per un totale di 2000 ore, svolte in quattro o cinque anni.
Lo psicoterapeuta è dunque un professionista (psicologo o medico) con una formazione specialistica nel campo della psicoterapia, in una determinata scuola di pensiero, avente suoi propri metodi e tecniche, nonché una specifica visione dell’individualità umana. Aree di intervento della psicoterapia sono: disagi psichici e psicosomatici, sofferenza psichica e disturbi psicopatologici legati alla struttura della personalità.
Le aree della psicoterapia e del counseling talvolta si sovrappongono ma, mentre l’intervento di counseling riguarda la crescita, la prevenzione e lo sviluppo della personalità, questioni educative e di orientamento professionale, la psicoterapia affronta la complessità del funzionamento intrapsichico a livello profondo e pertanto richiede uno studio intenso nonché una preparazione più approfondita del professionista, e un impegno maggiore di questi nella formazione continua e nella supervisione.
Lo psicologo facilitatore della crescita
Tra gli scopi della psicologia vi è quello di aiutare le persone a migliorare la propria salute fisica e mentale, attraverso il cambiamento di attitudini e convinzioni erronee. La mente umana, anche quella cosiddetta sana, è intrisa di resistenze al cambiamento. Uno psicologo dovrebbe aver maturato, attraverso la sua formazione, le capacità per individuare i fattori che bloccano la persona a un certo stadio di vita e non le consentono di andare avanti e superare le limitazioni connesse a quello stadio. Perciò, il lavoro psicologico non è indicato solo per coloro che soffrono, ma lo è altresì per tutti coloro che nella propria vita aspirano alla crescita e non solo a un invecchiamento decoroso.
A tale scopo, è necessario creare e incentivare una psicologia sempre più vicina alle situazioni di vita normale, oltre che a quelle patologiche, non solo nella forma della psicoterapia (dalla quale comunque non si può prescindere in alcuni casi), ma come prezioso lavoro sulla consapevolezza e sui processi di crescita. Molto va fatto ancora per cambiare l’immagine stereotipata dello psicologo, spesso veicolata da media poco attenti e da una cinematografia spettacolare.
Lo psicologo è un facilitatore, un mediatore tra l’io della persona e la sua realtà, interna ed esterna, un occhio
ausiliario, un osservatore che si mette in gioco insieme alla persona che in quel momento sta facilitando, aiutandola a osservare con una visione più oggettiva e distaccata i contenuti mentali e riuscendo non di rado a scovare e portare alla luce processi difensivi e resistenze di vario tipo.
Spesso lo psicologo viene percepito come un osservatore curioso, invadente la sfera intima della persona, oppure come un professionista dotato di potere e per ciò stesso manipolatore. I pregiudizi sono anche delle ottime forme di difesa che la persona mette in atto quando non accetta di vedersi bisognosa di aiuto e proietta al di fuori, in questo caso sulla figura dello psicologo, la minaccia che deriverebbe dal guardarsi dentro. Naturalmente, lo psicologo che ha avuto una formazione specifica e che, si spera, ha già fatto su di sé un buon lavoro di conoscenza, è preparato ad accogliere le paure e le resistenze della persona che gli si rivolge per un aiuto.
Lo psicologo, indipendentemente dall’orientamento e dall’approccio seguito, rispetta almeno due regole fondamentali: il segreto professionale e la sospensione del giudizio. Riguardo alla seconda, in particolare, si astiene dal giudicare la persona e le sue scelte, mentre si limita a osservare e a rimandarle le eventuali incongruenze nei suoi comportamenti, in base al sistema di valori da lei scelto. Inoltre, quando non è espressamente chiamato a compiti di valutazione e di sostegno, ad esempio nella facilitazione, rispetta la cosiddetta regola del VISSI: non Valuta, non Indaga, non Sostiene, non dà Soluzioni, non Interpreta.
Il compito di uno psicologo come facilitatore della crescita consiste dunque nel mettersi accanto a una persona e percorrere insieme a lei una parte del cammino che le consentirà di migliorare il suo stato di consapevolezza e di consolidarlo, cioè di crescere.
Ognuno nella vita è nella posizione di dare e di ricevere, cioè di aiutare qualcuno e di essere aiutato da qualcuno. Lo psicologo nel facilitare restituisce semplicemente qualcosa che ha ricevuto precedentemente. In un’ottica della vita concepita come una rete di relazioni circolari egli non fa altro che mettere al servizio dell’umanità le sue conoscenze e il suo stato di coscienza.
Lo psicologo medico
della psiche
Accanto alle funzioni di facilitazione, di sostegno e valutazione, che presuppongono capacità notevoli di osservazione e intervento nel sistema di credenze e di valori di un altro essere umano, lo psicologo si caratterizza per l’aspetto della cura, così come è stata sempre intesa nel campo medico, fin dalle sue origini. In particolare, si attribuisce tradizionalmente al medico la capacità di individuare, a partire da alcuni segni – i sintomi – e dall’esame obiettivo del paziente, la presenza di uno stato patologico. Si parla così dell’ occhio clinico
del medico come di quella capacità che gli consente di guardare oltre l’apparente oggettività di uno stato di squilibrio, per valutare anche nessi impalpabili e indefinibili, intuiti in base alla sua esperienza e conoscenza, per poter poi formulare una diagnosi e predisporre un intervento di cura.
Anche lo psicologo dovrebbe sviluppare, se vuole dedicarsi con successo alla cura della psiche, una capacità clinica analoga a quella del medico, ma avendo un diverso oggetto di osservazione: la mente con la peculiarità delle sue tematiche e dei suoi disturbi, che sono necessariamente ancora più impalpabili e indefinibili di quelli legati al corpo.
Nell’immaginario collettivo, purtroppo, molto spesso l’intervento dello psicologo viene ancora inteso quasi alla stessa stregua di una chiacchierata tra amici, con l’unica differenza che il colloquio psicologico avviene in un ambiente protetto e dedicato, oppure è ritenuto preferibile proprio perché avviene con un estraneo, a cui si può confidare tutto. Accade frequentemente che questa ignoranza circa le capacità e le funzioni dello psicologo faccia sì che molte persone non si avvicinino a questa forma di cura, che è molto efficace, soprattutto se valutata nel lungo periodo e se affrontata con fiducia e disponibilità.
La comprensione profonda dell’intervento psicologico è così difficile che anche gli studenti di psicologia, futuri psicologi e psicoterapeuti, possono impiegare molti anni per interiorizzarne il significato.
Per uno studente che aspiri a diventare psicologo è fondamentale acquisire una conoscenza approfondita di sé, delle proprie emozioni e credenze. Dopo aver esplorato e conosciuto per quanto possibile il proprio spazio interiore, deve imparare a intervenire su quello di un’altra persona per aiutarla a modificare alcuni suoi equilibri interni, in generale per facilitare il cambiamento, che può essere operato in ultima analisi solo dalla persona stessa.
La formazione di uno psicologo è lunga e paziente, anche perché occorre molto tempo per costruire il ruolo e consolidare la padronanza di due strumenti cardine della professione: il colloquio e la stessa persona dello psicologo.
Il colloquio psicologico è una comunicazione sofisticata, che non equivale affatto, come si potrebbe pensare ingenuamente, a una chiacchierata o a un normale scambio verbale informativo; si tratta bensì di una meta-comunicazione, supportata da alcune tecniche, che opera su un piano relazionale diverso da quello ordinario utilizzato nella vita quotidiana. Lo studioso Gregory Bateson ha indicato la psicoterapia, insieme alla relazione affettiva profonda, come la più alta forma di apprendimento cui può accedere un essere umano. Attraverso di essa si possono modificare le premesse che rendono dolorosa l’esistenza della persona, per arrivare a farle comprendere che ciò che costituisce il suo problema non sono soltanto i rapporti interpersonali disfunzionali o uno stato carenziale, ma anche un’errata visione del mondo e della realtà, filtrata attraverso le proprie proiezioni e convinzioni.
Il secondo mezzo che lo psicologo utilizza per attivare la consapevolezza in un’altra persona è la sua stessa persona, cioè il suo modo di stare in relazione, di comunicare e di essere con l’altro. Queste qualità dello psicologo vengono percepite a livello sottile dalla persona aiutata, e in modo sottile spesso attivano il cambiamento e la trasformazione.
Quando si instaura una buona relazione di aiuto, in cui vi siano fiducia e disponibilità, la volontà di cambiamento della persona e le capacità di un bravo psicologo producono benefici evidenti e duraturi.
Ci si augura che le Istituzioni, in particolare quelle sanitarie, si adoperino per far conoscere questo metodo di intervento e di cura, non inferiore in efficacia né subordinato a quello medico, e per diffondere una cultura della psicologia come disciplina della salute.
Lo psicologo mediatore gnostico
Uno psicologo con una visione ancora più allargata può essere un mediatore gnostico, cioè una figura capace di trasmettere alla persona che gli si rivolge per un aiuto le verità della tradizione sapienziale. Ciò riguarda ovviamente un professionista che abbia accolto in sé una visione spirituale della vita e che consideri perciò lo sviluppo di una persona, e dunque anche l’origine dei suoi disagi o disturbi, estendersi oltre il dominio della personalità, per arrivare al confine con un campo pressoché sconosciuto alla psicologia scientifica tradizionale ma ben noto alle tradizioni sapienziali di tutti i tempi e, recentemente, alla psicologia transpersonale.
Questa corrente della psicologia non disgiunge i portati della scienza psicologica tradizionale da quelli delle grandi tradizioni spirituali e vede coniugarsi in un’opera sinergica per la trasformazione dell’individuo la psicologia con i suoi metodi e la meditazione, quest’ultima intesa come pratica regale per l’indagine e il lavoro di trasformazione nel dominio psichico oltre la mente ordinaria.
A tale proposito, Laura Boggio Gilot, esponente di spicco di questa corrente, afferma che lo psicoterapeuta che opera in una cornice di riferimento di questo tipo "accoglie in sé la visione spirituale della