Il colosso addormentato
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Il colosso addormentato - Samuel Marolla
Samuel Marolla
IL COLOSSO ADDORMENTATO
Il volto era una maschera intagliata nell’ebano, gli occhi marrone scuro avevano un bagliore e un luccichio dorato, ma il volto era inumano. Ogni linea, ogni tratto erano scolpiti di malvagità, una malvagità che trascendeva quella propria dell’umanità. Quella cosa non era un umano, non poteva esserlo; era un tumore vivente sorto dalle profondità blasfeme della creazione, una perversione dello sviluppo evoluzionistico.
Robert E. Howard, da Lo Stagno dei Neri
.
1
Nord della Germania. Immensee, ospedale militare Nato, sezione di Clinica Psichiatrica, sei gennaio 2009.
La città era ammantata da un drappo di neve alto trenta centimetri. La neve scendeva ancora, soffice, leggera, e nei parchi cittadini i bambini si scatenavano in epiche battaglie.
Ma nella stanza austera dell’ospedale, Fabio Angotti guardava la neve, dalla finestra, con uno sguardo diverso. Uno sguardo carico di antichi presagi.
Mentre si aggirava inquieto per la stanza, lo psichiatra, seduto alla scrivania, stava lavorando al suo referto, in silenzio.
Storia.
Il paziente giunge nel codesto ospedale in stato di shock post-traumatico dovuto ad azione di guerra. È ospedalizzato in regime di trattamento sanitario obbligatorio, trasferito d’urgenza dall’Ospedale Militare Celio
di Roma su ordine del Comando Isaf. Viene somministrato Serenase per via endovenosa.
Ricovero forzoso convalidato.
Note anamnesiche.
Paziente curato nell’igiene personale e nell’abbigliamento. Espressione improntata a sospettosità e insofferenza. Atteggiamento scarsamente collaborante. Eloquio spontaneo presente, abbondante, sufficientemente comprensibile. Mimica mobile, espressiva. Coscienza lucida, orientata nei parametri spazio-temporali, sul sé e sull’oggetto.
Nega presenza di dispercezioni, anche se queste vengono riferite, nei giorni precedenti al ricovero, da familiari e colleghi. Attenzione, comprensione e memoria buone. Flusso idetico abbondante, e forte carica emotiva. Nessi associativi a tratti labili.
Contenuto idetico caratterizzato da ideazione persecutoria; il paziente ritiene di essere vittima di un complotto da parte di persone cattive chiamate inglobati
che popolano il mondo. Presenti anche contenuti di tipo mistico.
Fabio si voltò, con quegli occhi allucinati, verso il professor Vanzago. - Strisciano sotto la neve.
- Ha detto, scusi? - chiese il professore, smettendo di scrivere sul referto.
- Strisciano sotto la neve. - ripeté Fabio.
Cosimo Vanzago si tolse gli occhiali e li appoggiò alla scrivania. - Chi, striscia sotto la neve? Gli inglobati?
- Sì.
- E perché lo fanno?
Fabio non rispose.
- Perché lo fanno, professor Angotti? Perché gli inglobati dovrebbero nascondersi sotto la neve?
L’archeologo seguitò a guardare fuori dalla finestra il mondo che continuava a vivere senza di lui.
2
Sei mesi prima.
Fabio Angotti non aveva mai conosciuto un agente dei servizi segreti. Non lo aveva neanche mai visto. E si ha spesso una visione distorta di questi funzionari pubblici. Non assomigliano agli attori che hanno rappresentato James Bond al cinema, constatò, e non assomigliano nemmeno al Capitano Ultimo interpretato da Raul Bova. Ma era anche stato sciocco pensarlo. Erano uomini normali che facevano un lavoro particolare, ecco tutto. Nulla di più e nulla di meno. Così guardò l’uomo che aveva di fronte pensando che avrebbe potuto essere il suo vicino di casa, e che forse lo era, e che trovarsi in qualche luogo strano del mondo a prendere informazioni per comunicarle a Roma non doveva poi essere così diverso da quello che faceva lui. Anzi, forse lui faceva una vita più avventurosa: quella dell’archeologo. Probabilmente viaggiava di più e sapeva più cose del signor Einrici. Il quale, dal canto suo, si limitava a fumare quelle sue sigarette bianche e lunghe, dall’odore di un qualche intruglio chimico, le Esportazione senza filtro, a spegnerle e accenderle una dopo l’altra, in una stanza di un ufficio romano della Guardia di Finanza, crest militari alle pareti, calendari storici dell’arma, un diploma e diversi encomi incorniciati, un televisore in un angolo, con l’audio escluso, sintonizzato sulla ultim’ora del Televideo Rai. Sulla parete di fronte a Fabio svettava la gigantesca riproduzione del Viandante sul mare di nebbia di Friedrich.
I due uomini erano seduti uno di fronte all’altro, su due divanetti color tortora, ed erano separati da un basso tavolinetto di cristallo. Il vicedirettore dell’Aise fumava le sue sigarette con piccoli e rapidissimi tiri, con una mano, mentre con l’altra giocherellava con il pacchetto verde con disegnato un veliero stilizzato. Non guardava Fabio; stava invece leggendo un dossier appoggiato sul tavolinetto, e ogni tanto, tenendo la sigaretta in bocca, ne girava una pagina, con calma. Il silenzio era irreale, e Fabio aveva il sospetto che fosse ricreato ad arte. Einrici era un uomo curioso. Per essere arrivato a quel livello, doveva essere un militare o un poliziotto, quasi certamente un ufficiale, con una notevole attività operativa e di servizio alle spalle, eppure dava l’impressione di uscire da una commedia all’italiana degli anni Settanta: orecchie a sventola, fare dinoccolato, faccia volpina. Tesserino del Ministero della Difesa appoggiato sul tavolinetto, girato dalla parte di Fabio, alcune fotocopie sbiadite di documenti tagliate di lato, prodotte da un qualche svogliato funzionario. Einrici le faceva scorrere in modo ugualmente svogliato. Poi cercò di leggere qualcosa sotto la graffetta. Non ci riuscì. Fabio lo guardò in silenzio, concentrandosi sul ronzio di un qualche macchinario antidiluviano nascosto nella stanza. L’uomo cercò prima di togliere la graffetta con le unghie, poi sbuffò e cercò qualcosa sulla scrivania. Trovò il tappo di una penna e cercò di fare leva. Nulla. Abbozzò un sorriso di circostanza all’indirizzo di Fabio, che restituì la cortesia. Quindi si alzò, aprì dei cassetti a caso nell’archivio di metallo alle sue spalle, e infine ritornò alla scrivania con l’espressione di McGyver quando risolve un problema insormontabile ideando un’invenzione strabiliante: Einrici aveva trovato una spinzatrice.
Sollevò i fogli e arpionò al volo la graffetta con l’utensile. Ci riuscì dopo qualche tentativo. Quindi prese a tirare, e non successe nulla.
Fabio Angotti provò una forte pena e decise di aiutarlo. - Deve appoggiare i fogli sul tavolo.
Einrici lo guardò di traverso. - Come?
- Per spinzare quei fogli, li deve appoggiare sul tavolo. Altrimenti non viene via.
- Oh. - disse l’uomo, e ci provò. Funzionò subito. Einrici doveva essere il tipo di persona che ci avrebbe salvati se fosse scoppiata un’improvvisa guerra con la Francia. - Bene, eeehhh… professor Angotti. Ho letto il suo curriculum e l’ho trovato molto interessante. Il suo nome ci è stato fatto da un suo collega, il professor Schulz, di Varsavia, che credo vi abbia conosciuto a
- A Magdeburg, sì. - concluse Angotti. - Abbiamo studiato e lavorato insieme per tre anni.
Einrici si rilassò sulla sedia sgangherata. - Che cosa studiavate?
- Siti vichinghi in Germania. Avevamo entrambi una teoria. Da alcuni manufatti rinvenuti, io ero convinto che fossimo nelle vicinanze di un sito vichingo integro, e questo avrebbe confermato alcuni miei studi sul germanesimo, che, diciamo, non sono visti molto bene nel mondo accademico classico. Schulz pensava l’esatto contrario.
- E come andò a finire?
- Aveva ragione lui. - ammise Fabio Angotti, sorridendo. Si era pentito alla grande di essere venuto a questo colloquio. Però era il Ministero della Difesa. All’inizio, ne era stato entusiasta. Ma Francesca gliel’aveva detto. Occhio, finché lavori per le Università, finché ti scorni con loro, sai sempre da che parte è il giusto o lo sbagliato. Ma tornare a lavorare per l’esercito, soprattutto di questi tempi, rendeva il concetto di giusto e sbagliato molto… opinabile. E per un archeologo e un giovane brillante studioso come lui, conteso da alcune Università internazionali per i suoi studi, sbagliare era un lusso che non poteva permettersi.
- Non si può vincere sempre.
- Non volevo vincere. Non mi interessa, non sono un fanatico dell’ultima parola. Mi basta solo poter continuare i miei studi.
- Che, per quanto concerneva Magdeburg, si incrociavano con teorie particolari su Ultima Thule e Iperborea.
Fabio corrugò la fronte. - Queste non sono cose scritte nei libri.
- No, ma sono cose scritte nei suoi primi articoli, professore, usciti su riviste ormai introvabili, diciamo pure da collezione. Nonostante la sua giovane età, quanti anni ha lei, dunque, vediamo… - e si abbassò sui documenti.
- Trentasei. - lo anticipò Angotti.
- Sì, dicevo, nonostante la sua giovane età, lei si è fatto un nome, nell’ambiente dell’archeologia diciamo… sperimentale, eeehhh… - disse, aspirando. Fabio si spaventò, ma era un rumore ritmico di Einrici, un suo aspirare gorgogliante mentre fumava. Spense la sigaretta bianca dall’odore nauseabondo e ne accese un’altra. - … un nome spesso dibattuto. Lei ha goduto di luci e ombre e di recente ha fatto fatica a conservare il suo ultimo incarico.
- A me piace chiamarla archeologia di confine
. E comunque, il mio ultimo incarico non l’ho conservato affatto.
- Oh, sul serio?
Fabio sorrise ancora. - Perché, non lo sapevate? Diciamo che mi hanno messo alla porta.
- Eeeeh. - fece Einrici, aspirando fumo denso come nebbia. La stanza ormai ne era madida. Ecco le macchie scure alle pareti: erano le emanazioni di fumo attivo e passivo dell’agente segreto Angelo Einrici. - Lei si trovava a Iskenderun, in Turchia, per lavorare a quel suo nuovo progetto, insieme a… - e lesse ancora le carte spinzate. Fabio immaginò che non sarebbe mai più stato in grado di rimetterle insieme. - Alessandra Volpini.
- Sì, esatto.
- E questi suoi nuovi studi miravano a dimostrare che cosa, professor Angotti?
Fabio sospirò, ingoiando il fumo dell’Esportazione senza filtro. - Che Alessandro Magno non si fermò in India, ma arrivò molto oltre. Cioè dove si trova la sua vera tomba, la cui ubicazione, come è noto, è sconosciuta.
Einrici lo guardò impassibile per lunghi secondi, fumando e basta. - Ma Alessandro Magno si fermò, in India, e ritornò indietro. - disse alla fine, serissimo. - Non proseguì oltre.
- Questo c’è scritto sui libri di storia, sì.
- E lei non lo crede?
- Diciamo che preferirei verificarlo di persona.
- E per quanto concerne l’incidente nella Città Nera di Khara Khoto?
Fabio Angotti rise, piano, guardandosi intorno nella stanza. - Penso che stiamo perdendo tempo entrambi. - e fece per alzarsi.
Einrici gli prese un polso, con un gesto rapido ma delicato, calmo. Non c’era violenza in quel gesto; ma determinazione. Impensabile, per una sorta di ragionier Filini come lui era sembrato fino a pochi istanti prima. - Mi conceda ancora qualche minuto, eeeehh? - disse, aspirando fumo. - Mi risponda, la prego.
Fabio sospirò. - Sono destinato a portarmelo dietro fino alla pensione, quell’incidente. Sono stato espulso dalle autorità cinesi quale ospite indesiderato. La versione ufficiale. Quella ufficiosa è che mi sono rifugiato nell’ambasciata italiana per evitare di venire catturato e, forse, giustiziato.
- Pare che lei avesse sottratto un reperto molto prezioso, nelle rovine della città. Un mandala di pietra. - Ed Einrici rise piano, senza guardarlo negli occhi. - Posso chiederle da dove viene questa sua passione per l’archeologia di confine?
Fabio Angotti alzò le spalle, e, chissà perché, gli venne in mente il mutuo da pagare di quella villetta fuori mano che forse non si potevano permettere, le vacanze in Mozambico, organizzate da due anni, che avevano dovuto saltare perché mancavano i soldi, e il videomessaggio di Francesca, in cui lei gli diceva di essere incinta. - È una cosa che fa un po’ ridere, in effetti.
- Mi dica. Io sono una persona di spirito.
Fabio ne dubitava. - Beh, deriva dai fumetti.
- Dai fumetti?
- Sì. I fumetti.
- Come… Tex Willer, Topolino, Diabolik, quello dice?
- Sì. Io leggevo Martin Mystère, invece. Parla di un… archeologo del mistero. Si fa chiamare il detective dell’impossibile. Gira per il mondo a scoprire i grandi misteri del passato. Sa… Stonehenge, il Triangolo delle Bermuda, le Piste di Nazca… Atlantide, Mu… queste cosa qua, insomma.
Einrici si sporse in avanti sul divanetto e si accese l’ennesima sigaretta. Diosanto, era peggio dell’Uomo che Fuma di X-Files. - Come ha detto che si chiama, quel fumetto? Mister Martin?
- Martin Mystère.
- Sì. D’accordo. Senta, professore… perché ha lasciato l’esercito?
Fabio alzò le spalle. Si aspettava questa domanda, e si chiedeva a ogni istante di conversazione quando sarebbe arrivata. - Sono stato militare di complemento, non in servizio permanente effettivo. Terminate le superiori, ero indeciso se proseguire gli studi, io ero appassionato di archeologia, o seguire l’istinto, ed entrare nell’esercito. Scelsi la seconda strada, e partecipai a un concorso alla scuola militare di Aosta per la nomina di ufficiali di complemento negli Alpini.
- Com’era inquadrato?
- Battaglione Alpini Paracadutisti Monte Cervino
. In quei mesi partecipai alla missione in Somalia, dove conobbi Francesca. Lei era… è, voglio dire… giornalista di guerra, appassionata africanista, le piaceva tantissimo viaggiare. Ci innamorammo forse un po’ troppo in fretta. Rinunciai al concorso per entrare in Spe, cosa praticamente sicura, i miei superiori mi avevano già dato l’assenso. Così terminai il servizio, assolsi gli obblighi di leva e tornai civile. Potei stare con Francesca, e riprendere a seguire la mia vecchia passione: l’archeologia.
- Ma restò tenente di complemento, cioè riservista, e quindi richiamabile in servizio all’occasione. Eeeeh. Perché?
Fabio Angotti guardò gli encomi militari di Einrici, appesi alle spalle del vicedirettore. - Non lo so. Forse per tenermi buona una seconda possibilità.
Einrici parve riflettere sulla cosa, spegnendo l’Esportazione in una nuvola color panna. - Bene. Bene, perché siamo interessati a una collaborazione con lei. Tramite i servizi. E, diciamo, sotto una sorta di copertura.
Fabio Angotti si guardò intorno, spazientito. - Non lo so, mi sembra tutto un po’ strano.
- Lo è, in effetti.
- Non lo so, non so che dire.
- Lasci che sia io a parlare, allora. Noi ci occupiamo di diverse cose e allo stato attuale, se lei guarda i telegiornali o legge qualche quotidiano, saprà che da qualche anno è tornata alla ribalta una zona del mondo che, nei secoli, guadagna e perde importanza con una rapidità inquietante. Ora siamo in uno di quei momenti in cui è importante. Sto parlando dell’Afghanistan, dove controlliamo Herat e tutta la zona ovest del paese. Lei ha interesse per quella regione e quella cultura?
- Beh, sì, cioè, in realtà… no. No. Diciamo che sono specializzato in germanesimo, in archeologia nord-europea, e mi sono spesso occupato di archeologia classica, greca