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Amhayanai, la generazione dei nominati
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Ebook473 pages6 hours

Amhayanai, la generazione dei nominati

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About this ebook

Gli Amhayanai sono l’evoluzione naturale della specie umana, vivono ai confini del mondo, in lande deserte e abbandonate per celarsi ai più.

Da emarginati adottano una propria lingua, si danno un ordinamento, delle regole di convivenza, ma in seno alle generazioni vengono al mondo individui sempre più potenti, con un solo scopo, essere gli ultimi della specie umana evoluta, e questo a qualsiasi costo.

L’ultima veggente predice la nascita dei sette, i migliori, coloro i quali saranno in grado di ripristinare l’ordine che esisteva al principio, i “nominati”.

I due gemelli Huras e Vera, Jorge, Lume, Zraka, Alice ed infine Arek, saranno chiamati a ricongiungersi alla loro gente e a mettere finalmente alla prova tutte le loro capacità.

Il peggiore tra tutti gli inconvenienti però, è che proprio i più forti di tutti si odiano da sempre.

Un pomeriggio, entrambi scopriranno di avere in comune uno strano segreto, qualcosa che li unirà in maniera imprescindibile mentre verranno coinvolti dentro una trama di intrighi, gelosie,guerre, odi e … amori.

Amhayanai, la generazione dei nominati è il primo libro di una saga di due volumi che stupirà la vostra fantasia, dove nulla, assolutamente nulla realizzerà le vostre previsioni.

Preparatevi a non smettere mai più di amarlo …
LanguageItaliano
Release dateMar 27, 2014
ISBN9788869093234
Amhayanai, la generazione dei nominati

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    Book preview

    Amhayanai, la generazione dei nominati - Caterina Napolitano

    Legenda

    Prefazione

    I rami dei frassini le tagliavano la strada, uno le graffiò la faccia. L’acqua le stava arrossendo l’epidermide; sotto i piedi nudi e bianchi la terra era umida, e gli aghi dei pini le pungevano le piante lisce. Superò un cipresso, un gruppo di abeti, centinaia di germogli e foglie palmate.

    L’odore di bagnato era un toccasana per le sue narici sensibili, mentre i polmoni li sentiva riossigenarsi.

    Le gocce che le stillavano addosso avevano un buon sapore di fresco sulla lingua.

    Udì dei tuoni in lontananza e poi silenzio.

    Aprì le braccia, avvertì il vestito leggero strapparsi, i capelli scompigliarsi al suo passo aereo, evanescente. Poteva essere veloce, lo sarebbe stata ancora di più. La sua natura era selvatica, indocile e assolutamente incontrollata.

    Guardò in alto, ora l’atmosfera era tenebrosa; chiuse appena le palpebre ed abbassò lo sguardo, un sorriso compiaciuto le si dipinse per pochi secondi. Lo poteva sentire arrivare; non era solo piacere ma esso stesso misto ad una bislacca soddisfazione personale, come se soltanto la sua bravura fosse capace di osare tanto sopra l’universo, come se quella presenza sempre più vicina non fosse altro che il risultato della sua eccellenza.

    … Noi siamo Amhayanai[1], in una lingua che non abbiamo più.

    Il nostro contatto è sensibile con la natura, con lo scorrere del tempo, con i mutamenti dello spazio, con le sfumature delle essenze, poiché ogni creatura è spirito.

    Siamo esseri dell’anima …

    Una folgore squarciò il cielo cupo e le nuvole si tagliarono in mille pezzi.

    La pioggia divenne violenta come l’aveva desiderata lei. Sorrise ancora prima che i nembi si aprissero come petali di un bocciolo, lasciando venire molto lentamente il sereno.

    Si rilassò, adesso poteva godersi il richiamo dei codibugnoli mentre una ghiandaia sotterrava il suo bottino nel sottobosco. Un falco pescatore le volò sopra la testa prima di tuffarsi in picchiata, lontano, verso il ruscello. Stava parecchio distante, ma il suo udito acuito lo avvertì affondare gli artigli su un pesce mentre l’acqua gli bagnava le zampe.

    Avanzò verso la brughiera, in mezzo ad un deserto d’erba. Sapeva perfettamente che nessuno avrebbe raggiunto il bosco dopo quello che aveva scatenato. Poteva essere certa che la radura sarebbe stata tutta per sé; ma poi, le iridi blu cobalto le caddero su Lume e Jorge, fulgidi e belli, ed il tempo si fermò per parecchi secondi.

    Non ci aveva mai visto nulla di male nelle tinte preferite di Lume, rosse come le potenti fiamme dei suoi poteri; ma adesso, scorgerli entrambi nudi sul tappeto di foglie secche vermiglie, le procurava un disagio molesto.

    Ritornò sui suoi passi come se i ragazzi la stessero inseguendo, anche se nessuno dei due si era accorto della sua presenza.

    … La nostra vita è longeva, molto e molto più di quella degli uomini.

    Una morte violenta ci distrugge completamente, annichilendo anche la nostra anima che non dimorerà più in queste terre.

    Ci è ignota la nostra genesi, purtroppo, poiché nel passaggio delle ere, essa è andata perduta, mescolandosi con quella delle altre razze.

    Siamo migliaia e migliaia, ma non abbastanza quanto l’essere umano.

    Tanti di noi si sono allontanati, tanti di noi hanno rinnegato se stessi, tanti di noi tentano ancora di ricongiungersi. Siamo stati sfortunati, sfumando in un pigro scorrere di età, ed annullandoci, ci siamo sgretolati.

    Non abbiamo un ordinamento preciso, esiste solo una flebile gerarchia provvisoria di reggenti che consiglia ed amministra la nostra civiltà in attesa di una nuova generazione.

    La veggente, molti anni prima della vostra nascita, preannunciò che grandi cambiamenti sarebbero accaduti, ma mai sapemmo quanto essi sarebbero stati deleteri. Disse che sette sarebbero nati nello stesso anno, a distanza di cinquanta giorni ciascuno, e che avrebbero determinato le sorti della nostra razza … Voi!

    Quattro rappresentano gli elementi, Zraka per muovere i venti, Jorge per dar vita alla terra, Lume per manipolare il fuoco ed Alice per dominare le acque; a Vera  il potere di vedere il passato e al suo gemello Huras il dono della preveggenza. Parte indispensabile di voi e sopra di voi, Arek, la magia.

    Siete legati. Il vostro filo è spesso e duro. Nessuno può distruggerlo, se non voi stessi. Non ora, ma quando il tempo giusto arriverà, sarete pronti ad affrontare la vostra  natura.

    Le parole di Bor cinque anni prima, erano state scagliate dentro le loro fragili menti. Fin da piccoli, i propri genitori li avevano preservati e custoditi, istruendoli a dei poteri di cui nemmeno loro stessi potevano prevederne la portata, i mentori erano chiamati. Bor era il più anziano di tutti, a lui era toccato il compito di proteggere il gruppo ed eseguire le volontà dei reggenti.

    Da quella notte nessuno aveva più scordato le sue parole. Pur se giovanissimi, i ragazzi avevano capito finalmente chi fossero, e soprattutto che esisteva un posto dove le loro stranezze avrebbero trovato una dimensione, dove c’erano altri simili.

    Col trascorrere del tempo, iniziarono anche ad accettarlo, a farsene una ragione e a darsi più risposte di quanto avessero potuto fare prima.

    Il piacere in quella diversità, nelle loro doti sovrumane cominciò a farsi più attraente; e sapere che un giorno, al ventesimo compleanno dell’ultima nata, tutti e sette avrebbero potuto incontrare altri componenti della propria specie oltre ai congiunti, era un desiderio davvero incoraggiante per spronarli a lavorare di più e più assiduamente sul controllo delle loro doti. Vent’anni potevano essere un tempo abbastanza accettabile anche per degli individui quasi eterni, sebbene dedicati a celare la propria natura agli umani.

    Sea Town era stata la dimora ideale per crescere i più potenti della genealogia, sia per la sua scarsissima densità demografica, sia per il territorio ancora immacolato e naturale, aperto a sud verso i boschi, le alte brughiere e le montagne, e al nord tuffandosi nell’Oceano Atlantico.

    Nel mondo umano, seguendo le stesse abitudini umane, i sette avevano dedicato ogni momento della loro giornata ad usare quelle indomiti virtù.

    Da Bor e Vega erano nati i gemelli Vera e Huras; da Liko e Gena, Jorge; da Leno e Ambròsia, Lume; da Hanir e Mimosa, Zraka; da Donar e Meissa, Arek; da Evanthe e Mira, Alice. I prescelti tra gli Amhayanai, i nominati, coloro i quali sarebbero stati i più forti e potenti di tutti; nati insieme, vissuti uniti da un vincolo di appartenenza indissolubile e permanente, come fratelli.

    Insieme alla moglie Vega, Bor aveva abitato nella casa più a sud di Sea Town, quella che si apriva verso i monti; dietro la grande villa vittoriana si stendeva il bosco della tenuta, un agglomerato di alberi talmente fitto da non permettere a nessun curioso di potervi entrare. Lì, per anni, i ragazzi avevano imparato a praticare le loro capacità addentrandosi tutte le volte che volevano.

    Lo stesso posto preferito di Alice per sciogliere le nuvole in tempeste, e quello di Lume e Jorge, a quanto pareva.

    Ora non avvertiva più il balsamo del bosco tutto intorno, solo tristi pensieri attraversavano la sua mente come gli spari di luce stagliati nel cielo.

    Nessuno di loro mentiva quando la riteneva troppo ingenua; e per molti anni aveva creduto che quel rapporto così viscerale tra di loro fosse davvero tale, se non per l’impudenza di qualcuno. Ma Lume e Jorge avevano appena rotto quel tacito accordo.

    Si sentì punita, in qualche modo, per quello che aveva visto. Invece di attenersi alle regole, aveva approfittato di un paio di nuvole nere in lontananza per liberare i suoi poteri e riversarli su Sea Town. Aveva avuto proprio bisogno di scorrazzare per la boscaglia come un animale famelico scatenando la tempesta, … e adesso, adesso era stata castigata.

    La pioggia aveva smesso di picchiare fino all’ultima stilla, pure il suo cuore.

    Capitolo 1 - Telepatia anodina

    Non lo incontrava mai avvertendo la sua presenza. Era come se il suo profumo fosse inodore, il passo invisibile, il contatto incorporato col resto intorno. Era sempre stato così tra di loro, un po’ come il loro legame, amorfo, sterile.

    Quando gli occhi di entrambi si toccarono quasi violenti, un vento leggero soffiò tra di loro. I capelli lunghi e biondi le danzarono davanti al viso piccolo e diafano, e lui parve badarci.

    Arek era il potente, il distaccato. Quello che era stato chiamato a stare sopra gli altri, e sul quale avrebbero fatto anche minor affidamento, lei avrebbe fatto minor affidamento; egoista e assolutamente anaffettivo, scorbutico fino al midollo, e freddo, indiscutibilmente. Lo conosceva bene, meglio degli altri. Nei primi sedici anni aveva dato il peggio di sé con lei. Non era stato qualcosa nato da una ragione reale, ma solo chimica sbagliata. Insieme erano refrattari, assolutamente allergici.

    Poi però era accaduto che le liti avevano cominciato a tramutarsi in oblii, le urla a metamorfosarsi in silenzi, l’odio a diventare indifferenza, fino a che l’evitarsi aveva preso forma di un negoziato reciproco e tacito.

    Adesso che se ne stavano lì, da soli, non riuscivano a dirsi nulla. Talmente abituati a schivarsi, non sentivano il bisogno di parlare troppo, già da troppo tempo; farlo, poteva divenire deleterio per due come loro. L’antica acredine non erano più bravi a gestirla come una volta.

    Hai scatenato tu il temporale?

    La voce era bassa, ma non aveva nulla di ovattato e morbido, anzi, pareva spigolosa, apatica. Non rispose. Non capiva nemmeno perché glielo stesse domandando. Continuò a guardarlo. Accordargli la capacità di un ennesimo rimprovero era tra le ultime cose che avrebbe fatto.

    Non andare alla radura! si limitò ad avvisarlo neutra.

    Arek la studiò prima di mettersi le mani nelle tasche dei pantaloni scuri.

    Perché? chiese piatto.

    Era stupendo. Forse non come gli altri tre, non con le stesse qualità, ma preso così, senza la sua crudeltà, era bellissimo. Con lui la dannazione era stata più cattiva ancora, non era solo un dato apparente per conquistare le ragazze, lui era nel profondo terribilmente malvagio.

    Non gli rispose. Sarebbe stato imbarazzante raccontargli quello che aveva visto pochi minuti prima, anche se lui non si sarebbe imbarazzato affatto. Insieme a Vera era stato quello che del gruppo si era fatto meno scrupoli, nonostante avere dei rapporti così carnali  tra di loro potesse sembrare a tutti e sette addirittura quasi incestuoso.

    A tutti?- pensò.

    O forse solo a lei? Solo lei si era fatta delle paranoie mentali per cui Arek e Vera non dovevano stare insieme in quel modo, e adesso anche Lume e Jorge?

    Era stata brava a fare di Sea Town il suo rifugio incantato; aveva rispettato il prossimo suo come se stessa, e aveva amato come una bambina ama la propria famiglia. Lei non era Vera, non era Lume; lei non sapeva cosa volesse significare amare un uomo, farsi amare da lui.

    Si ritrovò a fissarlo incerta. Quanto poteva sentirsi sconcertante rispetto a Jorge e a Lume, rispetto a Vera, rispetto a lui?

    Amare?

    Amare un uomo?

    Arek le era più vicino adesso. Non si stavano sfiorando, nemmeno con i propri aliti riuscivano a farlo; eppure guardarsi così, come non era mai accaduto con nessuno, specie con il mago, poteva farla sentire esposta. Rabbrividì.

    Era assurdo che gli Amhayanai potessero avvertire la stessa sensibilità degli umani con le temperature, eppure il suo corpo stava tremando. Arek continuava solo a studiarla come se fosse diventata tutt’ad un tratto un essere nuovo, mai visto prima.

    Che hai?

    Alice sentì da qualche parte nell’etere la sua voce virile.

    Come? domandò incerta; e questa volta le cadenze dei suoi toni riecheggiarono nell’aria reale del bosco.

    Il bel viso di Arek assunse una bislacca espressione, come se avesse scoperto qualcosa di agghiacciante e scandaloso.

    Tu puoi sentirmi?- urlò, ed il suo eco avrebbe dovuto rimbombare per la foresta.

    Alice acuì l’udito, roteò gli occhi in attesa di percepire il suono tra gli alberi. Nulla.

    Sì?!- blaterò timorosa senza aprire bocca.

    All’improvviso se lo ritrovò addosso. Le sue mani lunghe, calde, le strinsero le spalle che ripresero a vacillare. Sentì freddo laddove mancava il contatto con il calore di Arek.

    Tu mi leggi nel pensiero? le chiese come se stesse sillabando parola per parola.

    Leggere nel pensiero? Era questo il bisbiglio nella sua mente?

    Non aveva la certezza di saper sviluppare quella capacità per davvero, fece con la testa anche se poco convinta.

    Da quando?

    Arek non era intenzionato a lasciarla andare, il suo corpo era inclinato verso l’altezza della ragazza, certamente molti centimetri meno della sua. La studiò mentre abbassava la testa, portandosi dietro quel gesto una cascata setosa di morbidi capelli all’acqua di anemone e giglio marino. Si distrasse. Tutto quello che faceva Alice poteva distrarlo. La sua imprevedibilità non l’aveva mai capita, ed era la cosa che lo mandava più fuori di testa. Poteva impazzire dal desiderio di averla solo guardando la chioma bionda e sentirla profumare come stava facendo adesso.

    … Da ora. alla fine gli rispose impaurita.

    Anche tu? gli chiese poi con una certa esitazione.

    Non si aspettava che lui le rispondesse, non si aspettava mai niente da Arek, specie se poteva essere qualcosa di buono. Il ragazzo respirò quasi con lentezza. Non sapeva da dove partire. La telepatia con Alice l’aveva conosciuta molti anni prima di lei, ed anche se era un animale imbastardito, avrebbe preferito nasconderle la verità ma non mentirle del tutto. Non si era mai saputo spiegare come ci riuscisse, e adesso che anche lei ne era in grado, avrebbe approfittato della sua ingenuità per capire come si sviluppasse quella dote così potente.

    Tu eri qui, m’incontri e mi leggi nel pensiero, così, all’improvviso? insistette.

    Potrei dire lo stesso di te! lo fronteggiò.

    Il ragazzo rimase interdetto ma non sorpreso. Alice lo squadrò mentre cominciava a pensare a strane combinazioni, poi, alla fine intuì.

    Sapevi già farlo? gli domandò stupita delle sue stesse conclusioni.

    Quando diceva di conoscerlo bene era la verità; se avesse scoperto quella dote nello stesso momento di lei, avrebbe dovuto manifestare una certa curiosità, ed invece l’unica cosa di cui si era importato era stato chiederle da quanto tempo ne fosse capace.

    No! disse secco.

    Menti! lo rimbeccò energica.

    Non sto mentendo! tuonò il mago e la sua voce rimbalzò tra gli alberi stavolta. Per un momento, scioccamente, Alice ne fu quasi contenta, almeno c’era ancora della sana realtà alla quale aggrapparsi.

    Stava lì lì per indagare ancora, ma contro ogni previsione, Arek la lasciò in mezzo al bosco. Lo chiamò parecchie volte, anche tartassando la sua mente, e macinò qualche metro per seguirlo, ma lui alla fine si dileguò tra le fronde, ignorandola fino a quando non avesse smesso.

    Capitolo 2 - Tutta questione di intimità

    Era fradicia, fradicia e arrabbiata. Non avrebbe rispettato la normale routine di crogiolarsi in un bagno caldo ed infilarsi qualcosa di asciutto.

    Leggo il pensiero!

    I giri di parole non facevano proprio al caso suo. Insomma, lei era indomabile, istintiva, non conosceva diplomazia, i suoi tuoni, i suoi fulmini erano come lei, imprevedibili. La sua voce sapeva vibrare nell’aria come un uragano che si abbatte su un’isola tropicale.

    La donna la guardò interdetta. Mantenne la sua solita calma olimpica, ma un sospiro indisciplinato la tradì.

    Di chi?

    Alice si stupì di quella richiesta. Pensava che le avrebbe chiesto quando? com’è successo? Era importante sapere con chi?

    Quando stava per ritornare a casa, aveva cercato di connettersi con qualche mente umana, ma nel raggio di dieci miglia non aveva trovato anima viva.

    Colpa mia!- azzardò, ricordandosi del temporale.

    La sua dimora non distava parecchio dalla villa di Bor e Vega, né dalle abitazioni degli altri ragazzi, ma era l’unica che affacciava per un lato sull’oceano.

    Era stato disposto così, che le venisse data un casa a contatto con l’acqua; era quella più lontana per questo, eppure non aveva potuto fare i suoi esperimenti mentali su nessuno. Anche mentre attraversava la cucina in rovere si stava spremendo maldestramente di entrare in simbiosi con la mente della madre, riscontrando risultati nulli.

    Di Arek! si lasciò uscire dopo parecchi secondi.

    Gli occhi di Mira erano azzurri come quelli della figlia, ma non avevano mai avuto la stessa gradazione; laddove l’una aveva un blu polvere, delicato e simile al vetro, l’altra ricordava un miscuglio compatto di acciaio e carta da zucchero, come un’alba fredda o una distesa di oceano; in pochissimi momenti Alice era glaciale, in altri la nuance diventava carezzevole e scura.

    Ora stavano lì, tutte e due, a risplendere nelle iridi opposte, anche se quelle di Mira parevano assai più turbate.

    Ed Arek … legge i tuoi? la voce vacillò e questa volta era evidente la sua agitazione.

    Sì. pronunciò debolmente la ragazza, come se avesse confessato un peccato. Sentì la donna espirare appena.

    Quando è accaduto? chiese ancora.

    Mm … un quarto d’ora fa, nel bosco, ci siamo incontrati, e … ho sentito quello che dicevano i suoi pensieri, e lui ha fatto lo stesso con i miei. … Ma … non lo so ... cominciò a pensare ad alta voce.

    Mira la osservò come se volesse spronarla a parlare.

    … Mi è parso … come se sapesse qualcosa che io non so!

    Che vuoi dire?

    Si è meravigliato quando io ho raggiunto la sua mente, ma non mi è sembrato altrettanto stupito del contrario; come se già …

    … lo sapesse fare? concluse flebile Mira.

    Esatto! Ne volevo parlare con lui infatti, volevo capirci di più, ma Arek sai com’è, se n’è scappato lasciandomi ancora più confusa.

    Non avvertì particolarmente il silenzio incantato della sua interlocutrice, ma non poté fare a meno di chiederle:

    C’è qualcosa che non va, mamma?

    Quella scosse il capo ancora sovrappensiero.

    No, affatto! Tu ed Arek siete molto diversi, laddove tu sei passionale in tutto quello che fai, lui è più riservato e cauto. E poi, non vi badare, fa così con tutti!

    Entrambe sapevano che non era vero.

    Ti dirò io qualcosa riguardo alla telepatia. É una capacità comune agli Amhayanai, anche se può avvenire solo con un altro individuo in tutta la nostra vita … e con nessun altro.

    Quel nessun altro Mira parve farlo suonare apposta romantico, ma su Alice non ebbe lo stesso effetto; la ragazza si limitò ad inspirare il profumo delle arance in bella vista sul ripiano della cucina.

    Questo significa che io posso vedere solo la mente di Arek e lui la mia?

    Esatto!

    Alice rabbrividì. Non era certo la notizia migliore che potesse ricevere; ma captò anche dell’altro, qualcosa che la donna le stava nascondendo.

    Però non capisco; Vera e Huras leggono la mente …

    Assolutamente no! Loro vedono il passato ed il futuro di una persona, non percepiscono quello che uno sta pensando in un preciso istante. Inoltre il loro è un potere che appartiene alla propria natura. Qui parliamo di interagire con la mente altrui e farsi leggere la propria in maniera … spontanea. la interruppe prontamente.

    Spontanea? E quando avrei deciso di far entrare Arek nel mio cervello?!

    sentenziò.

    Domandalo alla tua testa! le disse per tutta risposta Mira.

    Rimase alquanto sconcertata, poi chiese ancora:

    Tu hai questa capacità?

    Sì, ed anche tuo padre. E molti altri di noi.

    E chi leggi?

    Questo non posso rivelartelo. Né tuo padre può farlo.

    Ciò vuol dire che nemmeno io ed Arek potremmo dirlo agli altri?

    Sì, almeno per un certo periodo.

    Per un certo periodo? 

    "Sicuramente avremo modo di parlare anche con lui di questo vostro connubio telepatico ed entrambi non farete sapere nulla al gruppo fino a quando voi stessi non lo riterrete opportuno." sorrise dolcemente.

    Non capisco!

    Le nostre doti hanno bislacchi modi di affiorare e non tutti i loro misteri si possono svelare con essi, alcuni richiedono il tempo giusto per comprenderli.

    Che mi nascondi?- si domandò frustrata la ragazza; conosceva la madre, ed i mentori sapevano bene come evitare di farsi capire fino in fondo quando volevano. Sarebbe stato inutile andare avanti nella conversazione, ne prese atto; Mira non le avrebbe detto più nulla.

    Che lui fosse un libro aperto per l’esperta di acqua, ne aveva già esperienza da un po’, forse questo era uno dei tanti motivi per cui aveva preferito starle lontano. Non era da escludere però che anche lui conoscesse bene la sua indole bizzosa. Alice sarebbe corsa dai suoi o da chiunque le avesse fornito una qualche risposta pur di indagare sulla telepatia. A parte la determinazione della ragazza nell’apprendere e nel districarsi meravigliosamente dentro ogni nuova capacità, la trovava abbastanza plausibile la sua curiosità per un potere così rilevante.

    Alice si era dimostrata brava, più brava degli altri nel maneggiare il proprio spirito con l’elemento acqua, talmente brava da intuire un’abilità che non era comune a nessuno tranne che a lui, tramutare i vantaggi di poteri nemici, come l’aria, la terra, o il tempo, in vantaggi propri. Sarebbe riuscita a trasformare fiamme di fuoco in una pioggia primaverile, laddove Lume fosse stata in grado solo di contrastare le onde di un uragano con la forza delle sue scintille. A lui era concesso fare tutto questo, ma per sua stessa indole, perché era congenito alle sue capacità, Alice non doveva esserne in grado. Anche se non ne avevano parlato apertamente, tutti avevano intuito che dentro di lei ci fosse qualche potere latente che non ancora doveva venir fuori.

    Ma non è la telepatia!

    Non può essere questo?!- rimuginò fino allo stremo. Doveva parlare con Mira o con Evanthe, o con entrambi. Se Alice si fosse o no confidata con loro, lui doveva saperlo e voleva scoprire anche se davvero la ragazza gli avesse detto la verità. Non aveva particolari motivi per non crederle, ma il fatto che riuscisse a poter arrivare ai suoi pensieri, lo spogliava, lo esponeva, e questo poteva sconvolgerlo.

    L’aveva lasciata apposta nel bosco; dopo quella scoperta se ne sarebbe corsa dritta a casa, poteva conoscerla bene. Doveva solo aspettare.

    Non entrò dalla porta principale, preferì l’uscio della cucina, quello che dava sul retro. Non bussò neanche. Mira ed Evanthe erano in piedi a rimirarsi l’acciaio mentre le loro labbra si muovevano leggere. Stavano parlando a bassa voce, gli parve evidente anche da fuori. Quando entrò, i due non sembrarono particolarmente stupiti.

    Lo sapete entrambi, immagino!

    Questo non è possibile, Arek! esordì Mira.

    Sembrava più frustrata e molto meno controllata rispetto a quando aveva parlato con la figlia.

    Lo è, e voi due sapete qualcosa che io non so, e spero che me la diciate perché questa storia della telepatia davvero non l’ho capita!

    Non possiamo dirti niente. tagliò Evanthe.

    Perché? anche questa volta la sua voce era ritornata grave.

    Perché non è un normale potere, cioè non è un potere che dipende dall’indole, ma dai … rapporti. spiegò Mira.

    Arek assunse un’aria interrogativa.

    Dai rapporti?  Che vuoi dire?

    Che se tu hai questa capacità ed anche Alice ce l’ha, non è per vostra bravura ma per il collegamento impulsivo che c’è tra di voi.

    Sarebbe a dire?

    Tu sei in grado di leggere anche il pensiero di altri Amhayanai, o di un umano, per esempio? continuò Evanthe.

    No!

    Anche Alice non ne è capace, legge solo te e tu lei. È per via del vostro legame che vi potete sentire nelle menti l’un l’altra. sentenziò il padre della ragazza.

    Legame? Se fosse per il legame allora dovremmo comunicare tra tutti e sette, invece non è mai accaduto!

    E mai accadrà, perché si possono captare le idee di un solo individuo, indipendentemente che sia un umano o un Amhayanu. disse Mira.

    " Quindi, mi stai dicendo che io e tua figlia abbiamo un rapporto talmente … intimo … da leggerci i pensieri?"

    L’aggettivo intimo gli era venuto fuori con una palese cadenza d’ironia.

    Esatto! rispose la donna.

    E da dove nascerebbe questo legame?

    Questo solo voi due potrete capirlo; e comunque c’è qualcosa di strano. Mira sapeva come arrivare ai suoi scopi.

    Cioè? pretese di sapere Arek.  Poteva essere impassibile quanto voleva, ma non quando si trattava di poteri.

    Alice mi ha raccontato che sei rimasto abbastanza sorpreso quando lei ti ha letto, ma non abbastanza quando tu hai fatto il contrario.

    E quindi?

    Lo facevi già, vero? Prima che lei oggi cominciasse, tu leggevi già la sua mente? chiese Evanthe un po’ troppo infastidito forse.

    Le illazioni del mentore non lo scossero affatto, nemmeno dirgli la verità infondo.

    Sì.

    Da quanto tempo?

    annaspò con le braccia appese nell’aria.

    Arek!

    Da quattro anni.

    Tu … leggi la sua mente da quattro anni? ripeté meccanicamente il padre di Alice visibilmente irato.

    E non ne hai mai parlato con nessuno? Non ci hai mai detto nulla?

    Esatto.

    Perché? chiese parecchio stupita Mira.

    Perché era una cosa solo mia! Mia e di nessun altro! Perché potere o non potere riguardava me e Alice. Era … intima.

    E avrebbe sorriso di nuovo davanti a quell’aggettivo che pareva perseguitarlo quel giorno se l’occasione non gli avesse suggerito il contrario. In tanto tempo di esperienza, sapeva perfettamente giostrare una simile attitudine. Per Alice sarebbe stato tutto più difficile, ma per lui no, assolutamente. Anche se aveva intuito che la ragazza non poteva fare lo stesso, quando aveva scoperto la sua capacità di leggerla, aveva imparato anche il modo di proteggersi, di difendere i suoi pensieri e celarli alla vista di qualsiasi altro invasore. L’invasore adesso sarebbe stata Alice e lui doveva essere ancora più bravo nel segregare i suoi misteri. Una cosa non impossibile certo ma comunque pericolosa; con gli anni aveva capito che non esiste una telepatia totale con la mente di qualcun altro a meno che non siano in comunicazione diretta entrambi. Per quanto tempo avesse letto nella testa di Alice, non tutti i suoi pensieri costanti gli erano arrivati, soltanto quelli spinti da una forte scarica emozionale. Alice era molto vivace in tutto quello che faceva, era stato uno scherzo intercettarla. Ma lei non avrebbe fatto lo stesso con lui, lui sapeva autocontrollarsi, sapeva tenere a freno le sue emozioni, in questo modo anche i suoi pensieri sarebbero stati al sicuro.

    Eppure il suo costante sentore gli suggeriva di non sottovalutarla. Non l’avrebbe raggirata sempre, né facilmente.

    Perché mi sembrava una capacità incompleta. Credevo che col tempo avrei letto i pensieri anche degli altri ed allora ve ne avrei parlato. mentì spudoratamente dopo un tempo lunghissimo.

    Evanthe e Mira non credettero ad una sola parola, quella specie di giustificazione stonava così tanto con i suoi modi di fare scontrosi e cinici. Inoltre avevano intuito qualcosa che Arek non voleva fargli sapere. Alla fine Mira, un po’ esausta, disse soltanto:

    Comunque sia, puoi parlarne solo con noi mentori, ma nessuna parola con i tuoi compagni. La telepatia deve nascere in modo naturale.

    Possono farlo anche gli altri? domandò appena incredulo.

    Certo. rispose ovvia.

    Arek non indagò oltre, era già abbastanza quello che riguardasse lui, il gruppo poteva arrangiarsi da sé, a lui non gliene fregava niente del gruppo, infondo.

    Se ne andò, affrontando il crepuscolo freddo di Sea Town per arrivare a casa.

    Capitolo 3 - É triste che due rette parallele non s’incontrino mai

    Non si aspettava di trovarla di fuori, nascosta dalle ombre della notte e alle luci della villa per non farsi scorgere da Evanthe e Mira.

    Se ne stava così, con i capelli sciolti e vistosamente arruffati dal perenne vento autunnale di Sea Town che si alza come un orologio sempre a quell’ora; il corpo esile appoggiato al sedile della sua moto, le braccia incrociate al petto ed un’espressione decisamente imbronciata.

    Non le parlò, avvicinò soltanto i suoi centimetri a quelli di lei, com’era avvenuto nel bosco quel pomeriggio.

    Credevi davvero che non ti avrei scoperto? esordì con fare sardonico.

    Arek non le rispose, la sua indifferenza forse lo avrebbe salvato ancora una volta.

    Pensavo che non mi avessi sentito arrivare. tentò maldestramente di giustificarsi.

    Infatti non ti ho sentito. gli rispose con voce bassa.

    Ma ci avrei scommesso che saresti venuto qui a carpire informazioni sulla telepatia. O i tuoi o Evanthe e Mira. Mi è andata bene, hai scelto i miei genitori; d’altra parte sapevi che non mi sarei lasciata sfuggire l’occasione di parlarci io stessa. La curiosità è una delle cause maggiori di incolumità. concluse caustica.

    Ho saputo soltanto che questa dote si sviluppa con una sola persona in tutta la nostra vita e che nasce dai rapporti, dai legami che si creano. le rispose sbrigativo, almeno non stava mentendo.

    Dalla confidenza. aggiunse poi, con un’impercettibile punta di gaudio.

    E non lo trovi assurdo?!  sembrò quasi rimproverarlo come se la colpa fosse del mago; quello fece spallucce e la ragazza ne approfittò per tormentarlo ancora.

    Non devo dirlo agli altri cinque.

    A me hanno detto lo stesso.

    Perché?

    Perché è qualcosa che potrebbe avvenire anche in loro e pare che debba essere spontanea. le disse parecchio stanco mentre i loro respiri diventavano aliti fumati nell’aria fredda.

    Il ragazzo fece un passo verso la moto ed Alice per un momento si scostò meccanicamente. Forse anche lei non aveva più nulla da chiedergli, forse per quella sera si sarebbe arresa.

    Potresti rispondermi sinceramente? gli domandò infine.

    Non era una richiesta, sapeva proprio di supplica. Voleva solo un po’ di verità da lui, non gli stava chiedendo tanto, no, non gli stava chiedendo tanto.

    Ovviamente non le diede il permesso e lei se lo prese comunque. Si guardarono negli occhi mentre potevano stare ad una spanna l’uno dall’altra, fianco a fianco. Si avvertivano perfino i loro profumi a quella distanza.

    Da quanto tempo leggi nella mia mente?

    Anche stavolta aveva la voce bassa, vellutata, pulita, come la odiava lui.

    Da oggi. le rispose lapidario e su quella storia non voleva più tornarci.

    Alice ispirò esausta. Avrebbe potuto credergli, che le costava? era così altruista e sempre ben disposta verso gli altri, perché farsi graffiare dai dubbi, dalle sensazioni che lui non le stesse dicendo la verità?

    Fece per andarsene rompendo quella strana atmosfera che si era creata tra di loro; se Evanthe e Mira li avessero visti avrebbero creduto davvero che ci fosse qualcosa di intimo tra tutti e due. Le essenze della loro pelle sfumarono in mezzo al vento, e le ombre parvero allungarsi all’improvviso, la magia si era già dissolta.

    Cosa c’era alla radura? … Chi? le domandò sorprendendo anche se stesso.

    La curiosità questa volta non c’entrava nulla, era più il desiderio di farla restare ancora un po’ lì, con lui, a spartirsi il freddo di quella singolare notte. Alice abbassò il capo facendo scivolare i suoi capelli setosi come aveva fatto qualche ora prima. Era imbarazzata, lui la sapeva riconoscere, non aveva più quell’aria altezzosa.

    Nulla!- disse nella mente; per la prima volta usò intenzionalmente la telepatia. Arek sorrise quasi indulgente. Se non aveva nemmeno il coraggio di parlargliene a voce voleva dire che doveva essere successo qualcosa di veramente indelicato per lei.

    Davvero?

    Quella si girò all’improvviso e lo fronteggiò adirata.

    Sì, davvero! lo rimbeccò decisa.

    Forse non aveva nessuna prova, ma il fatto che lui potesse mentirle le dava indirettamente la possibilità di poterlo fare anche lei. Doveva solo essere brava come lo era lui.

    Chi hai visto alla radura? insistette il mago.

    Nessuno!

    Se vuoi farti bugiarda fa’ almeno un po’ di pratica! la punse volontariamente.

    Non sono pronta ad affrontare quella questione, non con lui! Non se si tratta di Lume e Jorge.- si lasciò sfuggire.

    Verrò a lezione da te, semmai! tentò maldestramente di zittirlo, ma Arek aveva già ascoltato i suoi pensieri.

    Quale questione riguarda Lume e Jorge che non vuoi affrontare con me?

    Adesso il blu dei suoi occhi sembrava simile al colore dei lapislazzuli; in mezzo a quell’oscurità gli parvero due riflessi carichi di poteri soprannaturali ed incandescenti. Poi, all’improvviso si spensero, come la luna alle prime luci dell’alba.

    Niente di particolare, si stavano allenando e non volevo che li disturbassi. annaspò.

    Questa volta se ne stava lui con le braccia incrociate poggiandosi alla moto, la prepotenza albergava nelle sue iridi scure anziché in quelle di lei.

    Parli proprio di me? Mi é sembrato avervi sempre evitato, che disturbo avrei mai potuto arrecare a quei due?

    Detestava essere messa con le spalle al muro e lui lo faceva sempre molto bene.

    Le venne istintivo pensare che tanti anni d’indifferenza non erano serviti a molto se provava la stessa acrimonia di una volta e lui di contro, era spudorato e borioso come sempre. Su una cosa aveva ragione però, gliene doveva rendere atto, come bugiarda era davvero penosa.

    Non volevo che ci andassi e basta!

    Avanzò ancora qualche passo verso la staccionata, anche Arek lo fece, e la sorprese di spalle cingendole uno dei fianchi con la sua mano affusolata e calda. Rimase turbata da quel gesto, non accadeva un contatto così ravvicinato tra loro due da molto tempo. Quello che adesso le solleticava l’orecchio con il suo respiro quasi impercettibile mentre le sue dita affondavano dolcemente nei vestiti pesanti, facendole quasi avvertire una mancanza di contatto con la realtà, non era lo stesso ragazzo indifferente e menefreghista con il quale aveva imparato a convivere volente o nolente negli ultimi quattro anni. Questo qui era l’Arek di una volta, quello che litigava con lei anche per le cose più stupide, quello che la rimbeccava di continuo, che non le dava tregua, mai. Quello con il quale si rotolava  nel fango del terreno acquitrinoso dopo un temporale, solo perché con le sue piogge rischiava di infradiciare la preziosa moto del ragazzo, quello con il quale si allenava insieme anche senza saperlo, anche senza volerlo. I migliori addestramenti li aveva fatti con lui durante le loro sfuriate nel bosco della villa di Bor. Quello che poi, all’improvviso aveva smesso di tormentarla, cominciando a scansarla senza ritegno, a palesarle senza troppi giri di parole che la sua presenza la detestava e basta. Alice

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