La lucertola a due code
By Mario Grasso
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La lucertola a due code - Mario Grasso
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MARIO GRASSO
LA LUCERTOLA
A DUE CODE
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi o usati in modo fittizio. Tutti gli episodi, le vicende, i dialoghi di questo libro, sono partoriti dall’immaginazione dell’autore e non vanno riferiti a situazioni reali se non per pura coincidenza.
1
Quella rivista elegante, in carta patinata, l’aveva trovata nella tasca portaoggetti dello schienale della poltroncina davanti alla sua. Più che dal suo accattivante aspetto, era stata colpita dai contenuti: valori universali che spingono in avanti la società invece che voleri fuggevoli sui quali spesso si adagia la pubblicità. Comprendeva anche un interessante articolo sulla filantropia intesa come qualcosa di più complesso della semplice beneficenza. C’era molto Cicerone in quello scritto, pensò Silvana appoggiando il suo giudizio sulle reminiscenze degli studi giovanili di filosofia.
Si era rivelata una sorpresa quella rivista, una piacevole sorpresa, perché sugli aerei era più facile trovare magazine di gossip e shopping che una pubblicazione di quella levatura. Forse non era il risultato di una scelta della compagnia aerea, ma solo la dimenticanza del viaggiatore che l’aveva preceduta, pensò.
La sfogliò con grande soddisfazione, ritenendola coerente con i valori dell’educazione che aveva ricevuto, tesa a inculcare il principio che i propri diritti non potessero essere difesi limitando quelli degli altri.
In questi valori - convivenza civile, senso dello Stato, rifiuto della violenza, giustizia, rispetto per gli altri, altruismo, amicizia, lavoro, famiglia - aveva sempre creduto e provava un intimo compiacimento per non essersene mai allontanata. Soddisfazione e stima di sé. Le erano tornati prepotentemente alla mente poche ore prima quando, dirigendosi in taxi verso l’aeroporto, aveva letto una scritta piuttosto inquietante che imbrattava il muro di cinta di una villa: La mafia è cuore
. L’aveva allarmata non solo il senso della scritta ma anche il fatto che fosse vergata su un muro di Brindisi e non di Palermo.
Pensava ancora a tutto questo, Silvana, comodamente seduta su uno dei sedili dell’elicottero che l’aveva prelevata all’aeroporto di Nizza per trasportarla a Montecarlo con un volo di una decina di minuti. Sotto di lei uno dei paesaggi più belli della Costa Azzurra.
All’albergo trovò un messaggio di benvenuto della MGR. La informavano che poteva disporre dell’auto a suo piacimento e che all’autista erano già state date disposizioni per accompagnarla alla sede della società non appena fosse stata pronta. L’albergo era accogliente e grazioso, all’altezza della fama di cui godeva la catena che ne deteneva la proprietà, senza lo sfarzo pacchiano che spesso offusca l’immagine degli alberghi esclusivi.
Dalla finestra della sua camera poteva godere della vista di uno scorcio suggestivo del famoso porto, ricco di colori e forse di sogni, ma non certo di poesia. Le eleganti imbarcazioni ormeggiate, sventolanti bandiere non proprio familiari, la invitavano a pensare più a transazioni finanziarie che a situazioni romantiche. Circostanze, queste ultime, che le erano diventate estranee da quando Stefano con c’era più.
Il pensiero corse subito, per una spontanea associazione, a Sabino e Letizia, i suoi bambini, dei quali avvertì una struggente nostalgia, sebbene li avesse lasciati soltanto da poche ore. Sarebbe tornata a casa subito dopo l’incontro di lavoro, rinunciando al paio di giorni di svago che i suoceri le avevano consigliato, si disse.
Due brave persone, i suoceri. Sempre disponibili, cortesi, affettuosi con i bambini, non le avevano mai fatto mancare il loro sostegno e una discreta presenza da quando il loro figlio Stefano era morto. I loro interessi si erano concentrati su di lei e i ragazzi perché loro tre rappresentavano il naturale collegamento con il figlio, il modo indiretto per averlo ancora vicino.
Si concesse una rapida doccia e indossò un abito sportivo, di sobria eleganza, adatto alla circostanza che l’attendeva. Alla reception chiese di dire all’autista che era pronta.
Dopo una ventina di minuti giunse a destinazione. La sede della MGR era in una splendida villa settecentesca adagiata sulla cima di una collinetta col prato rasato di recente, macchiato qua e là da piccoli variopinti cespugli. Si trovava nel quartiere Les Révoires nei pressi del giardino esotico, uno dei punti più alti del Principato, al cui interno vi erano grotte che scendevano fin sotto il livello del mare.
Provò un po’ di soggezione nel varcare la soglia di quella costruzione massiccia, quadrata, con vetrate linde e statue di marmo che guardavano immobili chiunque entrasse. Fu accolta da un signore anziano, un po’ rotondetto, vestito in modo elegante, con una ricercatezza d’altri tempi, ben rasato, senza un capello fuori posto.
Buongiorno, signora Silvani
le disse, porgendole la mano. Sono Nicola Ladisa e le do il benvenuto alla MGR. Le faccio strada
aggiunse avviandosi lentamente lungo un corridoio che pareva una pinacoteca per le pareti cariche di quadri antichi, le cui tele erano impreziosite da cornici dorate, finemente intarsiate.
La guidò in un ampio ufficio arredato con gusto e mano competente, con mobili d’epoca, arazzi e tappeti pregiati. Due signori attempati erano mollemente adagiati su poltrone di pelle dall’aria molto comoda. Uno di loro fumava un grosso sigaro che diffondeva nella stanza un odore penetrante ma non sgradevole.
Le presento Frank Nicosia e Ivan Solonik, responsabili dell’area americana e asiatica. Noi tre, assieme a Pierre Lamartine, responsabile dell’area europea, costituiamo il comitato di presidenza della MGR.
La disturba il fumo?
chiese l’uomo mingherlino nascosto dietro il sigaro, il cui nome indicava una chiara origine russa.
Trovo insopportabile l’odore delle sigarette, la fragranza del suo sigaro è invece più delicata. Continui pure, se ci tiene.
Ho letto che il fumo fa male alla pelle e non vorrei assumermi la responsabilità di rappresentare una minaccia per la sua straordinaria bellezza
rispose con tono carezzevole il signor Solonik. Aveva uno sguardo penetrante, di quelli che mettono soggezione e che, a volte, offendono. Forse la sua era soltanto suggestione, ma si sentì spogliare dai suoi occhi pieni di lussuria.
Non erano certo state parole buttate là, quelle dell’omino. Lei era proprio bella. Piuttosto giovane, meno di quarant’anni, di media altezza, un corpo ben proporzionato e armonico. Elegante e sportiva allo stesso tempo, profumata senza esagerazioni, portamento fine. Un viso che qualsiasi pittore avrebbe voluto dipingere, curato con sobria cosmesi, su cui troneggiava una chioma castana, quasi nera, raccolta in uno chignon che lasciava scoperta la linea esile del collo. Due occhi penetranti e nerissimi, nei quali c’era un velo di delicata malinconia, e un sorriso magnetico reso più prezioso da denti perfetti e bianchissimi. Bella in assoluto.
Silvana provò un grande imbarazzo per quella inaspettata galanteria, ma riuscì a non perdere il controllo della situazione.
Grazie
disse a bassa voce, ammiccando con un sorriso civettuolo.
Trovo che il suo nome, Silvana Silvani, non sia meno avvenente della sua figura
sentenziò il signor Ladisa.
Sorrise e inevitabilmente il pensiero corse al tempo dedicato, nell’infanzia e nell’adolescenza, al suo nome e cognome. Ricordò che faceva un vero e proprio lavoro di ricerca approfondito e costante, con l’obiettivo di farlo diventare un vestito da calzare a pennello. Si interrogava sul nome, ripetendolo all’infinito, masticandone i suoni che lo componevano, dividendo e scandendo le sillabe, pronunciando prima il nome, poi il cognome; provandone poi l’effetto sonoro invertendo le due parole. Ne ascoltava il suono, le evocazioni, il ritmo, le suggestioni. Analizzava singolarmente tutte le lettere alfabetiche che lo componevano. Sperimentava se l’abbinamento tra nome e cognome suonava bene
. Si spingeva anche a cercare ogni significato nascosto contenuto nel suo nome, anagrammandolo.
Più che avvenente, lo trovo singolare
rispose la donna. Ma non ho nessun merito, perché non l’ho scelto io
aggiunse.
I tre uomini sorrisero. Sapeva benissimo che veniva spontaneo attribuire la peculiarità del suo nome all’intento di coniugare al cognome, Silvani, un nome di armonica corrispondenza, ma non aveva voglia di precisare che il suo nome rispondeva a una scelta più banale, essendo la trasposizione al femminile di quello di suo padre.
Le propongo di bere qualcosa in giardino, così possiamo parlare delle nostre cose in un ambiente meno austero di questo
suggerì il signor Ladisa disegnando un ampio arco con la mano.
Silvana si dichiarò d’accordo. Il signor Solonik spense il mozzicone di sigaro in un ampio posacenere e si alzò dalla poltrona, imitato dal signor Nicosia.
L’ampio giardino che circondava la casa era ingentilito dalla carezzevole dolcezza del prato. Un venticello caldo costringeva macchie colorate di fiori eleganti e sinuosi a un armonico ondulare. Ma lo faceva con garbo e rispetto. L’odore dei frutti di stagione si fondeva con quello della terra bagnata generando un’essenza inebriante. Il canto delle rondini che saettavano fra gli alberi, incontaminato da qualsiasi tossico rumore urbano, faceva da colonna sonora in quell’angolo di paradiso che invitava alla serenità.
All’ombra di un pergolato trovarono un tavolo ricco di bevande, stuzzichini, frutta di stagione e una bottiglia di spumante sprofondata in un recipiente pieno di ghiaccio.
Preferisco il vino italiano
commentò il signor Ladisa con un tono di voce che le parve di complicità.
Ladisa parlò a lungo della MGR, della struttura societaria, della sua articolazione internazionale, delle alleanze tecnologiche con le principali società produttrici di software, della missione finanziaria dell’azienda, dei lusinghieri risultati realizzati negli ultimi dieci anni, delle prospettive di crescita attese. Sciorinò dati, cifre e quote di mercato con grande trasporto e col malcelato intento di stupire la sua avvenente interlocutrice. Spiegò che il punto di forza della società erano le applicazioni informatiche sviluppate per il settore bancario, nell’ambito del quale erano ormai un indiscusso riferimento a livello mondiale.
Silvana cercò di camuffare il fastidio che le procurava il tono enfatico, quasi esaltato, di quella presentazione, mostrando una finta partecipazione attraverso domande di approfondimento che nulla potevano aggiungere alla conoscenza che già aveva della MGR, essendo lei un’addetta ai lavori, responsabile di una società piccola ma molto accreditata, che si era imposta all’attenzione per un paio di applicazioni sofisticate che avevano riscosso un grande successo.
Ladisa stappò la bottiglia di millesimato e riempì quattro flute, porgendone uno alla signora e invitando i due uomini a servirsi.
E ora vorrei brindare alla nostra associazione di affari
disse, sollevando il suo bicchiere e puntando gli occhi su quelli di lei.
A cosa?
Al nostro accordo.
Ma non abbiamo ancora nessun accordo!
obiettò la donna.
Sono certo che troveremo un’intesa. Le faremo una proposta che non potrà rifiutare.
Parliamone
lo sollecitò Silvana, incuriosita dalla sicurezza che aveva ravvisato nelle sue parole.
Signora Silvani, lei sa bene che siamo interessati al suo prodotto RhSoft.
Si trattava di un complicatissimo sistema di simulazione che consentiva di accumulare serie storiche di dati di specifiche operazioni. La peculiarità rispetto ad altri sistemi similari era che, sulla base dei dati disponibili, poteva replicare le operazioni in modo autonomo, senza l’intervento umano. Il suo utilizzo era particolarmente utile nel caso di operazioni ripetitive al maturare di specifiche condizioni.
Di questo prodotto non posso cedervi l’esclusiva
rammentò la donna, avendo già trattato altre volte l’argomento con vari esponenti della MGR.
Questa opzione per noi non è più strategica. Del suo prodotto, che lei può continuare a vendere liberamente, noi chiediamo la licenza d’uso e il diritto di apportarvi delle modifiche con la sua diretta collaborazione, che è la cosa che più ci preme avere.
Ladisa spiegò che, a fronte di una consulenza a tempo pieno, erano disposti a riconoscerle una partecipazione nella loro consociata italiana del valore di cinque milioni di euro e una retribuzione annua di un milione di euro. La durata del contratto, non inferiore ai due anni, poteva essere decisa liberamente da lei.
Silvana stentò a crederci. Si trattava di cifre considerevoli, anche per una persona come lei che non soffriva di preoccupazioni finanziarie. Alla morte di Stefano, avvenuta due anni prima, aveva ereditato, oltre all’azienda, anche un cospicuo portafoglio in azioni e titoli di Stato, tre alloggi e una copertura assicurativa di tutto rispetto. Tutto ciò garantiva una vita più che dignitosa a lei e ai due bambini. E, inoltre, l’azienda andava a gonfie vele. Eppure quelle cifre, per un impegno di due anni, rappresentavano un sigillo di sicurezza, soprattutto per il futuro dei figli.
Superato l’iniziale smarrimento, Silvana riprese il pieno controllo della situazione.
Perché vi interessa la mia consulenza e non quella di qualcuno dei miei collaboratori, che conoscono bene RhSoft e che, fra l’altro, vi costerebbero anche meno?
Perché lei ha progettato e sviluppato il prodotto, anche se l’idea iniziale è stata di suo marito.
È vero. Ma come fate a saperlo?
Sappiamo… sappiamo.
Capisco
disse, anche se in effetti non capiva come potessero sapere. Ma…
Ma?
Voi non avete una consociata italiana
obiettò lei.
La decisione è stata presa da tempo. La squadra che ne costituirà l’ossatura è già operativa a Parigi. E presto avremo anche una sede, l’ubicazione dipende dalla sua risposta.
In che senso?
Se accetterà di collaborare con noi, come ci auguriamo… e aspettiamo, la sede sarà a Fasano per consentirle di non allontanarsi dalla sua casa e dai suoi figli, cosa per lei molto importante.
Sapete anche questo…
Già
ammise. Naturalmente la sede sarà una clausola del contratto che le proporremo.
Silvana era sbalordita. Una proposta così allettante, perché? Chiese del tempo per poter riflettere e il tempo le fu concesso. Le proposero una variazione del programma stabilito per poter incontrare l’indomani, a Parigi, Pierre Lamartine, quarto componente del comitato di presidenza e responsabile dell’area europea, e il signor Saverio Locascio che, in quanto responsabile della nascente consociata italiana, le avrebbe sottoposto una prima bozza del contratto.
Con un pezzo di carta in mano le sarà più facile riflettere
osservò Ladisa. Inoltre il signor Locascio ha il mandato di discutere e apportare eventuali modifiche che lei riterrà opportuno richiedere.
Silvana acconsentì, brindò ancora una volta e si diresse verso l’auto, scortata dai tre uomini contenti come bambini che hanno trovato sotto l’albero il regalo tanto atteso.
Che donna stupenda, che classe… e che gambe. Non so cosa darei…
sbottò Solonik non appena l’auto si fu allontanata.
Lascia perdere, Ivan, pensa alla tua prostata fuori uso
consigliò Ladisa sarcastico. Piuttosto, pensate che accetterà?
chiese ai suoi due compagni.
Secondo me, senza dubbio. Ho visto i suoi occhi contare gli euro, quando le hai sparato quelle cifre
disse Nicosia.
Lo penso anch’io
si associò Solonik.
Concordo con voi
disse Ladisa. Così, oltre al prodotto più adatto alle nostre esigenze, avremo la disponibilità assoluta della persona che lo conosce nei minimi particolari e che è in grado di modificarlo senza problemi. E poi, non dimentichiamo che non sarà una semplice dipendente. Se qualcosa andasse storto, la MGR non avrebbe nulla da temere: in quanto azionista, si assumerà in prima persona la responsabilità delle sue azioni.
I due uomini assentirono ripetutamente, con un sorriso diabolico disegnato agli angoli della bocca.
Ma se accettasse e al momento opportuno si tirasse indietro?
obiettò Nicosia.
La convinceranno i suoi figli
sentenziò gelido Ladisa.
2
Il trasferimento verso Parigi fu lungo ma non noioso. Silvana si ritrovò a riflettere sulla proposta formulata dai boss della MGR, inattesa e per molti versi incredibile, e sull’altrettanto inattesa ricchezza che stava per pioverle in testa. Non aveva dubbi che l’avrebbe riservata ai suoi figli per spianare ulteriormente la loro strada, ma stimò che fosse opportuno non metterli al corrente di quella nuova disponibilità per evitare di turbare il loro sviluppo psicologico. Ai suoi figli non aveva mai fatto mancare nulla, avevano