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BIO 2 (seconda parte)
BIO 2 (seconda parte)
BIO 2 (seconda parte)
Ebook459 pages5 hours

BIO 2 (seconda parte)

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About this ebook

M-Matrice-Membrana

Bio vive una nuova esistenza come ripulitore di malware nel GUSer 5 insieme a Ergo e Null.
È trascorso quasi un anno dai tragici eventi che lo hanno portato a allontanarsi da Ghost, quando giunge nel Buffer di Overflow un improbabile programma dal Tunguska. Dopo averlo attivato, Rasputin 0 gli mostrerà un video-messaggio di Alessio. «Emergi dal substrato, amico, che si esce!»

Cos’è il Progetto BIO? E chi è Zero Tre?

Bio attraverserà gli strati della realtà in un crescendo esasperante e senza ritorno mentre la perfetta sinfonia delle stringhe vibrerà fino alla collisione. Fine dei giochi.

Secondo e conclusivo romanzo di fantascienza che abbraccia le tematiche sulla realtà del precursore del cyberpunk, Philip K. Dick, e il film culto Matrix unito ai videogiochi e una matrice molto particolare.
Per info e contatti: www.biocyberpunk.com
LanguageItaliano
Release dateOct 3, 2020
ISBN9788868550967
BIO 2 (seconda parte)

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    BIO 2 (seconda parte) - Samantha Baldin

    Sergey@GUSer1

    9 - Bio

    Rising Up

    Hardly

    In battaglia, il cuore va trattato come un nemico.

    I Trojan sono i peggiori

    Bio avanzava lento tenendo la bambina sotto tiro con l’Ingram MAC-11.380 A1 special.

    Il vicolo pietroso era in penombra. Non c’era via di fuga per nessuno dei due.

    «Perché mi vuoi uccidere?» singhiozzò la piccola stropicciando l’orsetto lercio. Indietreggiò di un passo. Il piedino nudo entrò nella pozza di sangue increspandola.

    Bio non rispose e avanzò ancora senza batter ciglio.

    La bimba osservò le pareti. Tornò su di lui. «Farò la buona, te lo prometto. Non farlo» lo supplicò inclinando la testa. Le ciocche bionde e arruffate si mossero appena. «Ero costretta. Io non volevo. Davvero.» Ondeggiò l’orsetto. «Ti pago.»

    Bio scosse la testa. Cercavano sempre di impietosirlo, di corromperlo e di confonderlo.

    «Sono tanto dolce…» Strinse la veste ingiallita e sporca e sollevò un lembo per mostrargli la gambetta.

    Infastidito, strisciò l’indice sul grilletto.

    «Sei un bastardo, Bio!» Digrignò i denti prima di assalirlo con la disperazione di un gesto estremo.

    Bio sparò. I proiettili si scontrarono sul corpicino creando delle bolle che si espandevano come gel mentre i bossoli piombavano in terra numerosi. Fermò la raffica solo quando la vide afflosciarsi stringendo ancora l’orsetto.

    L’osservò col monocolo per accertarsi che il suo antivirus l’avesse neutralizzata. Vide i codici del core sgretolarsi come brace. Si avvicinò e la girò con un colpo deciso dell’anfibio.

    «Assassino…» ansimò con un filo di voce.

    La puntò alla testa e la terminò con un colpo. Gli occhi si svuotarono mentre il corpo diventava monocromatico e rigido esalando le ultime stringhe, che s’innalzarono leggere come frammenti di carta bruciata per poi finirgli addosso come cenere.

    Afferrò il braccino, si girò e la trascinò verso il furgone. Era pesante, in lei giacevano i codici di numerose vittime.

    Un’assassina lo aveva accusato della stessa colpa: uccidere per non essere ucciso. Era una cinica logica quella che muoveva le azioni nel GUSer e, dopo quasi un anno, Bio aveva capito che la vera logica era primordiale e, per questo, spietata.

    Ergo lo attendeva con le braccia incrociate e l’espressione corrucciata sul fianco del Kraz 255B. Appena lo vide arrivare, saltò dentro il vano.

    Bio la sollevò in silenzio.

    Ergo l’afferrò per le braccia e la trascinò per pochi metri. La lasciò cadere vicino ai suoi creatori dall’aspetto di un uomo e una donna grassocci e già decompilati.

    Li osservò un istante mentre Ergo scioglieva i lacci del telo, sembravano una famiglia di appestati. Anche gli assassini volevano qualcuno con cui condividere l’esistenza. Il loro senso di solitudine era illogico, ma altrettanto primitivo.

    Il telo si srotolò portando nel buio gli ennesimi errori che lottavano per non essere corretti.

    Ergo saltò giù. «Pulvis et umbra sumus» sospirò alzando la protezione. Chinò il capo, la placca metallica a spicchio sul lato destro della testa rapì i riflessi del lampione. Il led blu scorreva rapido.

    «I Trojan sono i peggiori» disse Bio.

    «Già. Soprattutto quando si camuffano d’innocenza» gli rispose chiudendo il catenaccio. Ravvivò con la sinistra i capelli neri e corti. «C’è stato un momento, che mi ha ricordato la mia piccola. Non ci voglio pensare.»

    «Infatti, lascia stare. Andiamo.» Bio si diresse al posto del passeggero strisciando con la mano il metallo verde graffiato in più punti. Aprì la portiera. Salì sul gradino, poi nell’abitacolo. Si abbandonò al sedile di pelle nera, che cigolò appena. Inclinò la testa all’indietro e chiuse gli occhi.

    Sentì Ergo salire e chiudere la portiera. «Destinazione?» chiese accendendo il motore.

    Il tremore s’impadronì del mezzo e di Bio, che lo fissò cercando nella tasca dei pantaloni il pacchetto di sigarette. «Recuperiamo Null.» Chiuse lo sportello deciso facendo sussultare le cicche nel posacenere.

    Della cenere gli scese sopra l’occhio. «Che fastidio, ogni volta.» Infilò la mano nei capelli per scrollarli. Ne cadde un po’ sui pantaloni, sugli anfibi e sul metallo del furgone.

    «Chissà perché la cenere?»

    Bio accese una EtiKoff. Fece un tiro con ancora in testa la vocina sottile della bimba che gli dava dell’assassino. «Credo siano le lacrime dei malware. Forse anche loro hanno dei rimpianti, chissà.»

    «Hai bisogno di una bella bevuta. Fidati.»

    Bio annuì. «Dopo Null, allora, andiamo al Proxy. Per oggi, chiudiamo qua.»

    Ergo sorrise. «Con sommo gaudio!» Gli occhi scuri s’incurvarono nascosti dagli zigomi pronunciati. Le orecchie a sventola risaltarono ancora di più.

    Bio allungò il braccio fuori del finestrino e impose la mano per creare l’uscita; una frattura elettrica lungo il vicolo che fluttuava e si espandeva mostrando un altro ambiente. «Vai» disse appena fu abbastanza ampia per il passaggio del mezzo.

    Ergo partì a singhiozzo e Bio dovette appoggiarsi alla maniglia sul cruscotto per non cadere dal sedile. «Sei più pericoloso tu al volante dei cavalli appestati qui dietro.»

    Cose utili nel Buffer

    Il Buffer di Overflow era la discarica delle discariche dei GUSer, per Bio una seconda casa. La strada sterrata era orlata di frammenti di codici che prendevano l’aspetto di moncherini grigi. Arti mozzati glabri e pelosi cosparsi di olio erano ammassati per il riciclaggio. Mani, piedi e zampe erano sistemati in ceste metalliche secondo la natura del virus.

    Incrociarono il furgone con la scritta rossa SIR su campo bianco, Sicurezza Interna della Rete.

    Bio sussultò. «È arrivata roba nuova.» Si sfregò le mani. «Magari c’è un fake interessante.»

    Non erano ancora nei pressi della casa-laboratorio di Overflow che già si sentivano le grida.

    «L’ho visto prima io!» La voce giovane e grintosa di Null sovrastava i cigolii delle presse idrauliche dietro la casa.

    «Sei nella mia discarica. Qui, è tutta roba mia!» gridò Overflow. «Mia!»

    Bio si scambiò una veloce occhiata d’intenti con Ergo. «Sbrighiamoci, prima che si scannino.»

    Ergo accostò davanti allo spiazzo per il carico e scarico andando in retro. «Qui ci penso io.»

    «Bene. Io intanto vado.» Bio scese subito e si precipitò sul rialzo metallico. Appoggiò la mano sulla serratura a tastiera. Digitò il codice. La porta ovale con oblò di vetro si sollevò e le grida si fecero più intense.

    «No! Era ancora sul furgone del SIR quando l’ho visto. È mio! Mio! Mio!» incalzò Null.

    Bio corse in direzione delle voci sfiorando i programmi e le applicazioni fake fresche di giornata appesi come salumi. Trattenuti con un gancio sul tubo che percorreva in lungo la stanza, erano imbustati con solo la testa visibile.

    Oltrepassò una trentina tra uomini, donne e bambini prima di vedere Null aggrappata mani e piedi a un uomo di due metri, muscoloso e biondo.

    Overflow la tirava per il cappotto di pelle striato di blu. I capelli rossi e sparati in aria sembravano fremere per il nervoso.

    «Bambini, che succede?» scherzò Bio.

    Null girò solo la testa. «Threep-pi, convinci tu Offlow che questo programma è mio!» Fissò Overflow sgranando gli occhi dal blu intenso. «Non lo lascio!» Girò ancora la testa nel petto del massiccio programma. Le lunghe dreadlocks metalliche frustarono l’oggetto della contesa.

    «Non chiamarmi così, razza di fumata del mio crap!» Overflow la tirò ancora quando Null fece per mollargli un calcio con lo scarponcino nero. Lui lo evitò per un soffio lanciandosi di lato. Le si fiondò addosso e la strinse per i fianchi. «Molla! Molla!»

    «Threep-piii

    «Calmi!» gridò Bio afferrando per la spalla Overflow. «Che ha di tanto speciale?»

    Null lo guardò supplichevole. «Ti prego, Threep-pi. Ti prego.»

    Bio sospirò. «Prima fatemi capire.» Si chinò su Overflow. «Mi mostri la scheda, per cortesia?»

    Overflow lasciò Null, che lo guardò di striscio e gli fece la linguaccia.

    «Non ha scheda.» Sbuffò sistemandosi la maglia argentata con la scritta arancione Flighty Floppy. «Ha solo una lista di posti dov’è stato» continuò aggirando l’insaccato con passi corti e veloci. Il pantalone aderente a scacchi era ipnotico. «Vieni, ti faccio leggere.»

    Bio lo seguì. Sul retro della sacca c’era un pannello, ma le mani di Null coprivano la parte superiore.

    «Cucciola, ti spiace?» Bio le solleticò le dita smaltate di blu.

    Null spostò la presa cingendo il collo taurino dello straniero biondo.

    Overflow si alzò sulle punte e toccò il pannello inserendo il suo codice personale. «Ecco, vedi.» Indicò una lunga lista dei server che lo avevano ospitato e i nomi dei tecnici che avevano cercato di attivarlo. «È stato trovato un anno e mezzo fa in un server russo, il Tunguska. È piovuto in un bozzolo di cristallo bucando il firewall del server come se nulla fosse. Gira da allora. È un programma, ma sembra che non si riesca ad attivarlo.»

    Bio chinò il capo, ingobbì la schiena e lo fissò. «Tunguska, hai detto?»

    Overflow sorrise mostrando gli incisivi sporgenti e un poco accavallati, le molte lentiggini si dilatarono. «Bravi i russi, eh? Sembra un bel giocattolino.» Incrociò le braccia esili. «Infatti, me lo tengo. Capito, Null?»

    Null non rispose.

    Overflow alzò il sopracciglio.

    Bio si raddrizzò e si sporse per vedere che stesse combinando.

    Null teneva la punta della lingua tra i denti. Gli occhi blu s’erano accesi d’azzurro e lasciavano intravedere frammenti di codici che scorrevano rapidi. Un paio di dreadlocks erano conficcate nel collo del biondo ed emettevano leggere scariche elettriche.

    «Che crap fai!» sbottò Overflow.

    Bio scosse il capo. Afferrò la dreadlock di Null sentendo la scossa. La estrasse.

    Null sbatté le palpebre. «Nuuu!» gli disse guardandolo col broncio.

    «Non puoi craccare i programmi altrui senza permesso, lo sai.»

    Null corrucciò la fronte e mugugnò il suo stupore.

    «Dai, scendi e fammi vedere una cosa.» Le toccò la spalla.

    «Ricevuto» sbuffò portando le gambe distese a terra in un sol colpo.

    Bio lo guardò bene in viso. Quei lineamenti decisi col mascellone non gli erano nuovi. «Senti, Overflow.» Gli pose una mano sulla spalla ossuta. «Vorrei fare felice Null, come possiamo accordarci?»

    Overflow sbuffò.

    Null lo abbracciò. «Grazie!»

    «Nel furgone c’è una famigliola di Trojan, ti bastano come acconto?»

    «No! No e ancora no!» sbottò puntando i piedi.

    «Null, vai a vedere che fine ha fatto Ergo che qui me la sbrigo io» le disse dandole un buffetto sul naso a punta.

    Null annuì sorridente e corse via.

    Programma in fuga

    Bio tornò al furgone con le mani in tasca e la testa bassa.

    Overflow lo seguiva ghignante.

    «Allora?» gli chiese Null.

    Bio scosse la testa. «Non vuole cederlo, mi spiace.»

    «Whip-pi?» Null aggrottò le sopracciglia sfregando le nocche.

    Bio le accarezzò la guancia per tentare di consolarla. «Torniamo a casa.»

    Overflow sogghignò. «Non si può averla sempre vinta, eh!»

    Null chinò il capo e lo fissò seria. Puntò i pugni sul cappotto. «Ti vedo ed elaboro solo a un 406 costante! Brutto nanerottolo buggato!» Si girò di scatto proprio per frustargli la faccia con le dreadlocks, ma Overflow la evitò schermandosi con la mano.

    «Se cambi idea, sai come trovarmi» gli disse Bio.

    «Non ci sperare.» Overflow ciondolò il busto lisciandosi la maglia. «Sono già stato fin troppo generoso e gentile con i Trojan.»

    «Al prossimo carico, allora» lo salutò Bio aggirando il mezzo.

    «Ti aspetto. Ciao.»

    Controllò che la tenda fosse arrotolata.

    Null era seduta nel mezzo e nemmeno lo guardò mentre saliva. La faccia seria fissava in alto dalla parte opposta.

    «Vado?» gli chiese Ergo con la mano sulla chiave d’accensione.

    «Parti» disse Bio chiudendo lo sportello.

    Null puntò lo scarponcino sul cruscotto sbuffando. Bio afferrò la maniglia.

    Si avviarono sussultando come solito.

    Null sbuffò sonoramente e cominciò a picchiettare la punta dello scarpone sotto il cruscotto.

    Bio cercò il pacchetto di sigarette in tasca mentre Null si spostò sul sedile dandogli la schiena.

    «Ergo, rallenta» disse accendendosi la sigaretta. «Aspettiamo un amico.»

    Null lo guardò perplessa con la bocca socchiusa.

    Bio le fece l’occhiolino, rese trasparente il telo e le indicò la finestrella alle sue spalle.

    Null s’inginocchiò sul sedile e ancorò le mani sul bordo metallico.

    «State pronti» disse Bio affacciandosi dal finestrino.

    Si udì il grido lungo e acuto di Overflow. Un botto, un tonfo.

    In lontananza, una figura rosea e massiccia correva sollevando la polvere a ogni passo. I muscoli delle gambe e delle braccia scadenzavano il ritmo sostenuto. Il volto serio non lasciava trasparire sforzo.

    La minuscola sagoma di Overflow avanzava trafelata mezza sepolta dalla polvere. «Bastardiii

    «È una visione.» Null frustò le gambe sul sedile. «Bravo, Threep-pi. Dopo mi dici come hai fatto, però.» Sussultò. «Ma è in modalità limitata. Whip-pi?»

    «Dopo, con calma vi spiego tutto.»

    «Ricevuto.» Sospirò. «Quant’è bello. Ed è tutto mio. Come sono felice.»

    «No, cucciola. Non puoi giocarci. È un mio amico e si chiama Rasputin.»

    «Nuuu! L’ho visto prima io, però.»

    Rasputin balzò dentro il furgone facendoli sobbalzare. Restò con lo sguardo basso e ancorò le mani alle cinghie che pendevano dall’alto.

    «Via!» esclamò Bio a Ergo aprendo il varco.

    Entrarono rapidi mentre Null gli si accoccolò sospirando. «Mi sono innamorata.»

    Bio rise con l’eco delle grida di Overflow.

    «Ladriii

    L’arrivo di Rasputin

    «Ladro! Ladro! Ladro!» ringhiò Overflow dal monitor etereo della camera di Bio.

    «Non ho rubato nulla, visto che mi appartiene» gli rispose terminando la sigaretta. La premette nel posacenere.

    «Come crap hai fatto?» Overflow picchiò i pugni sul tavolo.

    «È mio, te lo ripeto. L’ho solo attivato usando i miei personali codici.»

    «E allora perché era finito in discarica?» Lo fissò serrando l’occhio.

    «L’avevo perso.» Incrociò le braccia. «Senti, facciamo così, visto che sono gentile, ti ripropongo la mia offerta. Che mi dici?»

    Overflow arricciò il naso. Serrò le labbra. «E va bene! Poi non mi venire a dire che non sono generoso. In meno di un anno, ti ho già regalato quell’applicazione dal Side 5 di Tokyo e questo programma dal Tunguska.»

    «Regalato? Non mi sembra.»

    «Intendevo a dei prezzi scontatissimi.»

    Bio annuì. «Allora, siamo d’accordo. Ti faccio avere il resto dei malware in settimana.»

    «E che gli racconti a Sergey?»

    «Non è affar tuo.»

    Overflow sbuffò. «Vedi di non tardare con le consegne. Ciao.» Il monitor svanì.

    Bio si girò sulla sedia. «Null, scendi» le disse vedendola nuovamente sdraiata sopra Rasputin, che ancora inattivo era disteso sul letto. Ma lei non rispose. Lo guardava con la testa inclinata, appoggiata sulle mani. Le ginocchia erano piegate e le gambe ciondolavano scandendo il respiro di Rasputin.

    «Null!» la chiamò ancora. «Scendi dal mio amico. Tra poco lo sveglio.»

    «Ho capito.» Si lasciò cadere di lato. Strinse le bretelle nere agganciate ai pantaloncini risucchiati dai glutei. La maglietta bianca si spostò appena lasciando intravedere l’ombelico.

    Bio tornò con lo sguardo al computer. «Speriamo in bene» sospirò prima di premere invio.

    «Ciao, io sono Null» disse zuccherosa.

    Bio si strofinò la faccia esasperato.

    «Ciaaao!» esclamò Rasputin quasi senza accento come se avesse seguito un corso di dizione. La voce profonda però era quella che rammentava. «Che belle treccine.»

    «Sono dreadlocks, sono speciali, sai?»

    Bio si alzò. Camminò fino a bordo letto e incrociò le braccia.

    Rasputin sorrideva stringendo Null per le spalle, che gli era salita nuovamente cavalcioni.

    «Scusate, vi disturbo?»

    Rasputin lo guardò in modo distratto. «Siamo in troppi. Vattene, nonno!»

    Bio serrò la mascella. «Nulla di tutto questo. Dobbiamo parlare, Rasputin.»

    «Ci conosciamo?» Lo fissò serio accarezzando la schiena di Null. «Mi sembri familiare.»

    «Lui è il mio Threep-pi» disse Null contornandogli le labbra con l’indice. «Ma gli altri lo chiamano Bio Cyberpunk.»

    Rasputin sussultò. «Bio?»

    «Cucciola, no.» Le prese il braccio. «Così lo confondi. Vai a farti un giro con Ergo. Noi abbiamo molto da dirci. Ci vediamo dopo. Promesso.»

    Null si alzò. «Ricevuto» disse imbronciando il labbro. Accarezzò il braccio di Rasputin, che intanto si stava sedendo. Indossò il cappotto. «Porto Ergo al Proxy, allora. Mi chiami quando hai finito?»

    «Certo. Anzi, ti spiace prendere le mie chiamate? Gradirei non essere disturbato se non per emergenza.»

    Null annuì e mandò un bacio a Rasputin. «A dopo.» Aprì la porta. «Ergo!» gridò nel corridoio. «Proxy-pi?» domandò poco prima che la porta si chiudesse lasciandoli soli.

    Bio prese la sedia e la pose in fondo al letto. La ruotò tenendola per lo schienale. Si sedette.

    Rasputin incrociò le braccia. La maglia nera si sottomise ai muscoli tirandosi. «Allora nonno, perché hai il nick del mio amico Alessio?»

    Bio si massaggiò la fronte cercando di comprendere perché avesse atteggiamenti diversi da quel che ricordava. «Sarà una lunga chiacchierata.»

    Allarme verme!

    Rasputin rise grassamente.

    «Ti assicuro, è così.» Bio si fermò dal camminare per la stanza. «Lo so che non è facile da accettare, ma col tempo te ne farai una ragione.»

    Rasputin divenne serio di colpo. «Non so che droghe usi, Bio, ma devono essere potenti da paura.»

    «Stiamo parlando da un’ora e tutto quello che hai da dirmi è questo?»

    «Cos’altro?» Si affacciò alla finestra. Strinse i pugni. «Pensi davvero che possa credere a una stronzata del genere?» Si sporse fuori col busto. «Riconosco che è un posto strano, ma che io sia solo un programma e che esista solo qui, proprio no.»

    «Vedo che non ci sono miglioramenti.» Portò le mani dietro la nuca, abbassò il capo. «Provo a spiegartelo in un altro mod-»

    Udì uno strano sussulto. Si girò. Rasputin non c’era più.

    Corse alla finestra. Lo vide correre scalzo lungo la via. «Dannazione» sbottò saltando a sua volta dal secondo piano. I piedi toccarono il cemento umido. Lo rincorse attivando il monitor etereo.

    «Threep-pi, finito?»

    «È fuggito. Lo sto inseguendo. Bloccatelo all’incrocio del WebScan» le disse accelerando la corsa.

    «Ricevuto!»

    Chiuse il monitor mentre passava tra i vapori della condensa che a tratti invadevano la strada. I lampioni illuminavano con la luce diretta solo alcuni punti togliendo i riflessi dei video che spiccavano ovunque sui palazzi.

    Rasputin correva come uno schizzato nel mezzo della strada facendo sterzare bruscamente i mezzi che volavano bassi. Salì sul marciapiede serpeggiando il divieto d’accesso che circondava una spaccatura nel terreno.

    Bio lo saltò diretto per il lungo. Lo stava raggiungendo. «Fermo! È pericoloso. Rasputin!» provò a chiamarlo, ma lui neppure si girò.

    Arrivò all’incrocio e si arrestò. Osservò rapido le vie. Si girò verso di lui ansimando.

    Bio si fermò a meno di dieci metri. Alzò le mani. «Stai calmo. Io sono tuo amico.»

    Rasputin scosse il capo.

    Alle sue spalle, Null e Ergo si avvicinavano. Bio fece loro cenno di fermarsi.

    Rasputin indietreggiò di un passo quando i neon del WebScan sfarfallarono un paio di volte cambiando l’ordine di comparsa delle lettere.

    «Lo so cosa provi, l’ho provato anch’io.» Bio avanzò lento. «Devi accettarlo.»

    «Non sono un fottuto programma» ringhiò Rasputin serrando i pugni. «Io sono Igor! Sono vivo. Non sono morto come vuoi farmi credere. E questo è solo un incubo!»

    «Non è così. Mi spiace.»

    Rasputin lo assalì con un pugno diretto al volto.

    Bio incassò senza scomporsi. Passò la mano sul labbro per togliere il sangue.

    Ergo e Null avanzarono correndo.

    «Fermi! Ce la sbrighiamo da soli.» Bio invitò Rasputin allo scontro con un ghigno sfottente. «Non ho sentito granché. Puoi fare di meglio.»

    Rasputin lo colpì al volto con ganci alternati.

    Bio subì ancora senza reagire indietreggiando a ogni colpo. Sentiva il sangue scendergli in gola, la mascella in balia del formicolio.

    «Tutto qua?» lo beffeggiò ancora quando Rasputin si fermò per respirare.

    «Mi sto scaldando» rispose iniziando una raffica di pugni al petto.

    Bio sentì cedergli una costola con un sonoro crack che risuonò dentro di lui.

    Rasputin si fermò di colpo.

    «Ti sei impressionato?» gli chiese barcollando con le braccia lungo il corpo. «Temi possa morire?»

    Abbassò la guardia. Chiuse gli occhi mentre riordinava la sua immagine andando a chiudere le crepe nel suo firewall esterno.

    «Non è possibile» sussurrò Rasputin. «Come fai a guarire in questo modo?»

    «Ora preparati. Ti farò un po’ male.» Lo avvisò ingobbendo la schiena. Piegò le ginocchia. Strinse il pugno destro e lo colpì in pieno petto scaraventandolo diretto nell’insegna del WebScan al primo piano.

    Rasputin s’incassò nell’insegna che si elettrificò per poi spegnersi. Cadde di colpo sul marciapiede creando una buca circolare. Rimase in terra alcuni istanti prima di sollevarsi.

    Bio gli si avvicinò e gli porse la mano. «Un umano potrebbe farlo?»

    Rasputin sollevò la testa e lo guardò. Si alzò senza aiuto.

    «Lo avevi già accettato saltando giù dal secondo piano della mia stanza, vero? Volevi solo sfogarti.»

    Rasputin lo fissò in silenzio. «Non mi hai fatto male» disse poco dopo rinvigorendo i muscoli.

    Bio sorrise. «Ancora?»

    D’improvviso, le nubi bluastre si caricarono d’elettricità. Una grata rossa dai fili grossi come tronchi si evidenziò ritagliandosi un quadrato.

    «Che succede?»

    Bio creò il monocolo etereo. Osservò oltre la grata individuando i codici di un worm. «Un verme bello grosso. Quindi, in zona c’è un bug

    «Un bug? Quello è un malware informatico?» gli chiese Rasputin mentre il verme s’affacciava dalla grata con la bocca circolare colma di denti aguzzi. «Arrivano così, senza preavviso?»

    «Quando mai avvisano?» Bio lo guardò perplesso.

    «Ti spiace se me ne occupo io?» Rasputin gli fece cenno di scansarsi.

    «Prego, fai pure.» Si allontanò seguito dagli amici andando vicino al palazzo mentre le sirene avvisavano il quartiere dell’imminente pericolo.

    «Proteggi i programmi in zona» disse mentre Ergo già correva verso un gruppo rimasto sotto il portico.

    «Tranquilli, siamo ripulitori. Ce ne occupiamo noi» disse mettendosi rivolto a loro protezione.

    «Null, a te lascio il bug

    «Ricevuto.» Le dreadlocks si alzarono elettrificandosi. Pochi istanti e puntarono in una sola direzione. «Trovato!» Corse su per la scala antincendio del palazzo vicino. Entrò nella finestra del quarto piano.

    Quando il verme precipitò a terra occupando l’intero incrocio, il sussulto fu tale da far vibrare i vetri dei palazzi.

    Bio osservò Rasputin in carica verso il verme gigante. Correva trafelato come se la strada dietro di lui crollasse a blocchi. Balzò addosso al verme col braccio alzato e la mano chiusa nel pugno. Scomparve al suo interno.

    «Bug-dog annientato» lo rassicurò Null guardando Rasputin che usciva dalla bocca del worm trascinando delle stringhe come fossero budella fluorescenti.

    «Già fatto?» le domandò mentre Rasputin strappava via i denti, alti come le sue gambe, uno dopo l’altro con l’espressione quasi divertita. «Bravissima.»

    «Lo aiuto.» Fece per andare da lui, ma Bio le prese la spalla.

    «No, è meglio se lo lasciamo fare da solo.»

    Un pezzo di carne flaccida prese il volo d’improvviso.

    Bio e Null si accucciarono di colpo sentendo spiaccicarsi i resti sul muro alle loro spalle.

    «Un po’ rude nei modi» borbottò Bio rialzandosi.

    «Un gladiatore fresco per i giochi» sorrise Ergo incrociando le braccia. «I programmi li ho trasferiti. È più sicuro.»

    «Bene.» Bio vide Rasputin entrare nelle viscere del verme e riemergere squarciandolo nel mezzo con il ghigno in faccia. «Guarda come si diverte.» Si accese una sigaretta.

    Null sospirò. «È così selvaggio.» Afferrò due dreadlocks e le fece scintillare. «Lo amo.»

    Sei cambiato, Bio

    Il tempo di una EtiKoff e i pezzi del verme finirono ovunque nell’incrocio.

    Bio comprese che l’amico era soddisfatto quando si fermò a contemplare il macello.

    «Ha finito.» Controllò col monocolo se il verme fosse stato decompilato a dovere. «Ottimo lavoro.» Annuì levandolo.

    Rasputin si girò ansimante ricoperto di sangue e cenere. Li fissò e alzò il braccio in segno di vittoria. Poi, s’incamminò verso di loro.

    Il monitor etereo con l’avviso di urgenza si attivò diretto vicino al volto.

    «Dimmi, Sergey.»

    «Eliminato il verme?» gli chiese togliendo il sigaro dai denti.

    «Certo.»

    «E l’insegna del WebScan?»

    «Purtroppo, è andata distrutta durante lo scontro.»

    «I proprietari dicono che hai lanciato uno nuovo addosso all’insegna. Che l’hai rotta tu. E che devo risarcire i danni.»

    «Andrò a chiarire, se serve.»

    Sergey rise. «Chi è quello nuovo?»

    «Uno del Tunguska, l’ho preso subito viste le credenziali» scherzò. «Mi serviva un aiuto. Sai, qui nel GUSer 5 è dura.»

    «Arriva dal Buffer?»

    Bio annuì. «Finisco di aggiornarlo entro pochi giorni, ma è già operativo.»

    Sergey annuì e restò in silenzio. Diede una tirata al sigaro.

    «Mi devi dire altro?»

    «È per la tua licenza

    «La sicurezza dei GUSer continuerà anche in mia assenza. Non starò via molto e sarò rintracciabile.»

    «Non è quello. È per Ghost.»

    Bio s’irrigidì. «Ne avevamo già parlato. Non mi riguardano i vostri discorsi territoriali

    «Lo so, ma ho sempre il dubbio che possa estorcerti informazioni.»

    «Ci sentiamo spesso e non sei argomento di discussione.»

    «Finché erano mail, ma ora che incrocerete i vostri codici, non so.»

    Bio serrò la mascella. «Credevo di averti dimostrato che ti puoi fidare.» Lo fissò serio. «E nessuno può estorcermi informazioni, nemmeno Ghost.»

    «Se le cose stanno così, divertiti.» Spense il monitor.

    Bio strinse i pugni.

    «Chi è Ghost?» chiese Rasputin.

    «Il suo amore» rispose Null mentre gli puliva il viso. «Ma è un anno che non si sentono, solo che Sergey non lo sa.»

    «Ti affido il suo aggiornamento. Che dici?» le disse Bio sarcastico.

    Null portò il dito alla bocca. «Scusa.»

    «È così che funziona? S’incrociano i codici?» scherzò Rasputin. «Ghost? L’ho già sentito questo nick.» Alzò il sopracciglio. Sobbalzò. «Oh! Quel Ghost?» Si schiarì la voce. «Sei cambiato, Bio.»

    Bio lo fissò perplesso alcuni istanti. «Non è il Ghost che ricordi tu.» Sorrise scuotendo il capo. «Hai fatto un buon lavoro, ma la prossima volta spargi meno resti in giro.» Iniziò ad ammassare i pezzi gesticolando. I frammenti seguivano il filo di vento invisibile fin nel mezzo dell’incrocio.

    «E Michela, che fine ha fatto?»

    Bio si bloccò trattenendo dei frammenti in aria. «L’ho estratta, ma era troppo semplice e l’ASM l’ha sconfitta. Ha cessato di esistere un anno fa.» Sospirò. «La licenza è per commemorare la sua scomparsa, in realtà.»

    Rasputin chinò il capo. «Mi spiace.»

    «Vado a trovarla per non dimenticare.» Terminò di pulire la strada.

    Rasputin gli diede una pacca sulla spalla. Non aggiunse altro.

    «Mando i resti direttamente al Buffer.» Bio si concentrò. I resti del verme si dissolsero.

    Ergo e Null sorrisero.

    «Che avete da ridere?»

    «Proxy?» chiese Bio incamminandosi mentre un nuovo monitor gli comparve d’improvviso. La faccia irata di Overflow lo invadeva. Le lentiggini erano dilatate e i capelli più dritti del solito.

    «Perché crap mi hai mandato un worm senza

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