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Budd Bristol
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Ebook42 pages21 minutes

Budd Bristol

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Una trama avvincente, un nodo drammatico travolgente, un protagonista coinvolgente.
Ah. È questo che state cercando?
Ma non vi indispongono tutti questi "ente"?
No perché, per dirla tutta, qui non è che ci sia molto di queste robette.
Come farvela capire? Potrebbe trattarsi di un corso di agopuntura, o della storia di come nacque il morbo della mucca pazza ovvero di come tentai di farmi una ragazza senza peraltro riuscirci, ma neanche lontanamente.
Letterariamente è più un esercizio di stile, o forse dovrei dire "un'esibizione" e anche piuttosto scomposta. Vagamente "barocca" per chi riesca a tollerare con che faccia tosta si possa tirare in ballo un simile termine.
Piuttosto, avendo tirato in ballo le mucche aggiungerei: "senza capo ne coda".
Ah-ha! Vi sentite sfidati, nevvero?
No, datela persa!
...
Comunque io vi ho avvertito. Ma se leggete lo stesso e poi vi arrabbiate con me telefonate pure al 987445098384. Non risponderà nessuno, ma almeno potrete sfogarvi massacrando il vostro cellulare nuovo.
No, non ringraziatemi, è stato un piacere.
LanguageItaliano
Release dateMar 1, 2013
ISBN9788867556472
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    Book preview

    Budd Bristol - Giona Zaimer Zimir

    gianmerizzi@gmail.com

    Avvertenza

    L'insano clima di delirio collettivo che si respira in queste pagine risulterà mitigato a chi vorrà considerare che esse vennero scritte anni addietro con l'esplicito intento di irretire una vicina di casa, nella fattispecie studentessa in medicina, che generosamente adottò l'autore quale cavia per le proprie pratiche formative nella benemerita disciplina dell'agopuntura. Il testo, distortamente biografante, fu inviato alla protagonista, in forma anonima, quando la stessa era sul punto di prendere il volo per un soggiorno in Cina, come è noto patria della suddetta arte agopuntoria, o almeno così mi pare di ricordare ...

    (à G.P., un admirateur)

    Mattina

    «Drin-drin-drin», si ode.

    O forse «du-lilù-lilù», magari «tè-ketè-ketè-ketè», né si voglia escludere a priori «olikabulidin-dindirindò», ma restiamo a livello di ipotesi, non avendo mai avuto la ventura di scoprire con che suono dia sui nervi la tua sveglia alle 8.30 del mattino.

    Comunque:

    Dio!, dormiresti ancora un paio d’anni.

    Dieci minuti facciamo.

    ...

    Quando un malinteso senso del dovere provvede finalmente a elergirti un pizzicotto sul mesencefalo, le tue palpebre si disserrano su quell’abisso di orrore rappresentato dalla sveglia di cui sopra proclamante un bel 10.18 (tic, tic, tic ...)

    «LE DIECI E UN QUARTO!!?!» – imprechi all’indirizzo dell’avverso destino, concedendoti in effetti un po’ di sconto.

    I passeri dell’isolato si levano in volo turbati.

    Anche Margit, la sedicente svedese con cui spartisci il loculo, ha un sussulto, poi si ribalta di là e riacchiappa il ronfio.

    Volano anche le lenzuola, riatterrando con scarso senso dell’ordine, sventaglian le porte, irrorano i rubinetti, le spugne schiumano, gli asciugamani detergono, gli specchi deprimono, tazze di varia natura presiedono al transito alimentare del mondo attraverso il tuo organismo e mentre Radioqualcosa spettegola, uno spazzolino cerca alla belleme­glio di allungare il periodo di relativa serenità che ti separa dalla prossima detartrasi.

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