Morte in una villa in stile Liberty
By Piero Baroni
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Morte in una villa in stile Liberty - Piero Baroni
Indice
Copertina
– E NIGMI IN G IALLO –
Colophon
© copyright 2009
by Greco&Greco editori
Via Verona, 10 - 20135 - Milano
www.grecoegrecoeditori.it
Prima edizione digitale : Agosto 2010
ISBN 978-88-7980-474-5
Copertina: Studio Graphicus – Milano
Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl
Piero Baroni
Morte in una villa
stile Liberty
Personaggi principali
Capitolo I
I
Chiarire e riferire
.
Il maresciallo Odoacre Filangeri, per gli amici, pochi, Gigi, indugiò con lo sguardo sulla maestosa mole del Pizzo del Diavolo di Tenda completamente innevata, mentre rifletteva. Il capitano aveva liquidata l’informazione con la solita formula. Nel territorio della tenenza non accadeva alcunché di particolarmente preoccupante oltre il normale, ormai consolidato: qualche incidente mortale, droga quel tanto necessario, gli ubriachi del fine settimana, le scazzottate nelle discoteche, le presenze illegali degli extra comunitari, sostanzialmente innocue, anche se mal tollerate dagli indigeni
, gli immancabili furtarelli con qualche sgradevole eccezione... i tradizionali pettegolezzi e il melange classico: invidie, gelosie, sordi rancori, maldicenze, insinuazioni e le stagioni delle lettere anonime. Invisibile la prostituzione, concentrata essenzialmente nel capoluogo, distante una quarantina di chilometri, e lungo le arterie principali della regione. Il fabbisogno locale era pienamente soddisfatto, con la necessaria cautela.
Chiarire, aveva ordinato il capitano. Una parola! Come?
Si avviò lentamente, dopo essersi sistemato la tesa. Non doveva dirimere una delle solite controversie evitando complicazioni, non si trattava di clamori notturni oppure della denuncia dopo il furto di un motorino, di una canzonaccia sotto la finestra di quella o di quell’altra. Stavolta la faccenda si presenta seria
, dovette ammettere.
Insolita
, commentò tra sé. Nella sua carriera ne aveva viste di peggio, mai, però, così strane. Sul primo momento aveva reagito con incredulità. La notizia gli era parsa inverosimile. Delle ossa?! Dove? Nel sotterraneo…? Quale sotterraneo? Chi gli aveva riferito quella macabra scoperta, balbettava, sotto shock. Impossibile pretendere un racconto dettagliato, preciso. Inutili le domande per avere dei particolari.
Giunto sul luogo gli avevano indicato dove scendere. Varcato un pesante portone, gravido di anni, dopo tre rampe di scale, abbastanza strette, si era inoltrato in un corridoio sufficientemente illuminato, ma con aria pesante e aveva raggiunto una specie di cantina che fungeva da ‘vestibolo’, da cui si poteva accedere a tre o quattro locali ben aerati. Nell’ultimo, sulla sinistra, erano in corso dei lavori. Le ossa erano affiorate dagli scavi fatti in una delle pareti. Erano proprio ossa umane, più esattamente parte di uno scheletro. Il maresciallo poteva comprendere la reazione, lo spavento degli operai. Alla luce della torcia, il teschio si vedeva quasi completamente e così le ossa del busto e sino al bacino. O almeno così parve al maresciallo in quel secondo sopralluogo. Fissò a lungo il teschio non senza rimanere colpito dai giochi di luce e ombra causati dai movimenti della torcia. Cercò di immaginare se fosse quello di un uomo o di una donna.
«Dovremo accertarlo – si disse – e non solo questo».
Lo raggiunsero due dei suoi uomini e un a terza persona.
«Ciao dottore…
«…giorno…, cos’è ’sta urgenza?»
Capelli grigi, baffi in tinta, una testa da intellettuale, sguardo indagatore, voce leggermente sopra le righe, ma non stridente, statura appena nella media.
Il maresciallo indirizzò il fascio di luce della sua grossa torcia per rispondere alla domanda.
«Cris…cribbio… – mormorò il medico… chi è?»
«Bella domanda» replicò il maresciallo con una smorfia eloquente.
«Ah…capisco…» disse il medico mentre osservava da vicino il reperto.
«Cosa suggerisci nella tua veste di medico legale? – chiese il maresciallo e senza attendete la risposta si rivolse ai suoi uomini – Prima le fotografie subito dopo i sigilli. E in seguito…»
Il medico completò la sua frase: «…il recupero dello scheletro, un controllo per accertare che non abbia compagnia…»
«Tu pensi…?»
Il medico indossati i guanti, utilizzando la torcia di uno dei due carabinieri era impegnato nell’analisi dello scheletro. Il terriccio ne ricopriva ancora gran parte.
«Uomo o donna?» chiese il maresciallo.
«Da quello che si vede direi donna, ma ne sapremo di più quando lo avremo in laboratorio… fai le fotografie…»
«Informerò il capitano. Lui farà rapporto al magistrato. Sigilliamo tutto e aspettiamo.»
«E stiamocene zitti» soggiunse il medico guardando i due carabinieri.
«Lo sanno già – precisò il maresciallo – ma altrettanto non faranno i muratori. Andrò a parlare con i proprietari. Vieni anche tu?»
Il medico bofonchiò qualcosa che sembrava un sì.
Risalirono. Il portone venne chiuso. I sigilli furono posti secondo tutti i crismi e i due carabinieri rimasero di piantone. Il maresciallo e il medico si incamminarono verso l’ingresso principale. Un uomo corpulento, semicalvo e piuttosto agitato li stava raggiungendo.
«Cosa avete trovato? – domando quando ancora era a una decina di metri dai due – i muratori hanno detto…»
«State calmo… – lo interruppe il maresciallo.
«Là sotto c’è uno scheletro» lo informò il medico senza tante perifrasi.
«Uno scheletro…» ripeté l’uomo trasecolando.
«Voi chi siete?»
La domanda del maresciallo produsse una pausa opportuna.
L’uomo in affanno riprese a respirare quasi normalmente pur nel pallore della sorpresa. Il medico non intervenne, il maresciallo ripeté la domanda.
«Siete voi il proprietario?»
L’uomo fece un cenno negativo.
«Sono il custode.»
«Abitate qui?»
«No…no…»
«Chi è il proprietario? È in casa?»
«No…non c’è…»
«Gli dobbiamo parlare, con urgenza… sapete dove è andato?»
«In Svizzera…»
«Come?»
«La villa è di una società che ha sede in Svizzera, a Zurigo… mi pare, o Lussemburgo…»
«Qui non c’è nessuno? Un recapito?»
«Nessuno…vengono ogni tanto.»
«Voi avrete un numero di telefono… mi dovete fornire nome indirizzo di questa società, subito!»
«Li chiamerò…»
«No! Saranno informati da noi. Voi astenetevi. Abbiamo messo i sigilli. Questa proprietà rimane piantonata. Nessuno deve entrare.»
«Laggiù abita il vecchio giardiniere con la moglie» informò il custode indicando una costruzione a un piano sul fondo della proprietà.
«Ah si? Ci pensiamo noi a informarlo» rispose il maresciallo.
L’uomo annuì più volte mentre tormentava tra le mani il suo berretto.
«Tra un’ora al massimo in caserma con i dati che vi ho chiesto – intimò il maresciallo, e rivolgendosi al dottore – Anche voi, per un primo verbale.»
Capitolo II
II
Il foglio sulla scrivania testimoniava la fredda logica alla quale si atteneva il maresciallo Filangeri. Un elenco essenziale: proprietari attuali e precedenti, identità, risultati degli esami autoptici, periodo presumibile della morte. L’ultima notazione era sottolineata due volte e seguita da numerosi punti interrogativi. Più sotto, inquadrata da tratti decisi, una frase suonava come un obiettivo prioritario: chi e quando ha vissuto in quella villa. Qualcuno è ancora in vita? L’ultima parte della frase era stata cancellata con un tratto, ma era ancora leggibile.
Le disposizioni del Comando provinciale non si erano discostate dalle procedure usuali. La notizia criminis seguiva il suo iter: sopralluogo del magistrato, asporto del cadavere, autopsia, esami propedeutici, analisi, rapporti vari, procedura investigativa. La magistratura - ovviamente - aveva aperto un fascicolo intestato Atti relativi a…
e sollecitava rapporti per dare identità allo scheletro. Il caso dello scheletro
, così fu classificato. Ufficiosamente. Al maresciallo Odoacre Filangeri l’incarico di reperire tutte le informazioni possibili. La traccia era quella annotata sul foglio a quadretti del blocco usato come brogliaccio.
L’arrivo del dottore distolse il maresciallo dalle molte domande che si affollavano nella sua mente.
«Cosa ti hanno detto?»
Il maresciallo non rispose subito. Notò soltanto che il medico aveva mezz’ora di anticipo. Al di là del suo cinismo, era un professionista di vaglia, un uomo polemico, (dialettico, diceva lui) ma corretto. Disprezzava la burocrazia e i perditempo, ed era sinceramente amico del maresciallo Filangeri con il quale in non molti anni aveva creato un sodalizio intellettuale solido, basato su una interminabile serie di partite a scacchi. La loro sfida invernale
…
Il dottore non attese l’invito ad accomodarsi. Si sedette in una delle poltroncine poste davanti alla scrivania del maresciallo e ignorando, come al solito, il cartello con la scritta vietato fumare, diede fuoco a un sigaro, gustando voluttuosamente le prime boccate.
«Una bella fregatura…»
«Cosa hai detto?» chiese il maresciallo uscendo da una specie di torpore meditativo.
«Ci hanno dato una bella fregatura… Invece di lasciare in pace i morti, quegli svizzeri del cavolo o chi siano, vogliono un’apertura sul lato meridionale della torre. L’ho saputo dai muratori. Devono sfondare almeno sei metri. Ecco perché i lavori. Non bastava un’uscita… e salta fuori quello scheletro che se ne stava lì tranquillo da chissà quanti anni…»
Le parole del medico si intrecciavano con le volute di fumo del sigaro.
«Da quando?» chiese il maresciallo.
«Da quando cosa?»
«Da quanti anni secondo te hanno murato quel corpo… diamine! È l’informazione più importante che dobbiamo avere per poter indagare…»
«Se sarà possibile fare l’esame con il carbonio radioattivo lo sapremo presto.»
«Ma se non sbaglio, l’esame col carbonio è fattibile solo su reperti vecchi di secoli…»
«È vero… speriamo sia così… – brontolò con l’usuale sarcasmo il medico – almeno ci togliamo una bella rottura di palle.»
«Quella villa, quando è stata costruita e da chi?»
«Per quello che ne so io – ripose il dottore sistemandosi meglio sulla poltroncina e allungando le gambe su quella vicina – verso la fine dell’800. È quasi un monumento. Stile Liberty, parco enorme, piante veramente secolari. Dalla torre si domina tutta la valle, sino alle più alte cime. A di là c’è la Svizzera. Una volta ci sono salito… sulla torre, dico… La costruzione originale aveva un viale d’entrata ragguardevole. Maestoso dicevano i vecchi e ne descrivevano l’imponenza, le decine di tigli che lo fiancheggiavano su ambedue i lati. Qualcosa di principesco. D’altronde era gente dell’aristocrazia…»
«L’avevo sentito anch’io… bisognerà scavare a fondo – commentò il maresciallo – sentirò in Comune, qualcosa avranno in archivio…»
«Più facilmente in parrocchia – lo corresse il medico. – Caro Gigi, – continuò, – ho capito cosa intendi. Un lavoro da non poco. Tu hai gran rispetto per questa gente, dài persino del voi al custode…»
«Da questa parti si usa…» protestò il maresciallo
«Lo so bene, ma intendo dire che gli scavi che vuoi fare riguardano un periodo di circa un secolo. Lo sanno i tuoi comandanti?»
Il maresciallo preferì non cogliere l’allusione.
Il dottore riprese il racconto, dopo aver attizzato il sigaro.
«Erano industriali, ricchissimi, giù, nel capoluogo. Parlo di quelli che decisero di costruire la villa. Possedevano anche una rinomata cereria, una delle più importanti della regione. Poi i casi della vita, il progresso, la luce elettrica, le lampadine, certe scelte…»
«Di che stai parlando? A cosa di riferisci?»
«Ci fu la guerra… quella del ’15…»
«Ah… già…»
«…e il dopo guerra. Non conosco i particolari, ma i vecchi raccontavano che il terreno del viale lo vendettero alla Parrocchia… gli ultimi della famiglia vivevano qui, nella villa, con i nipoti.»
«Ne sai di cose, vecchio pettegolo… – lo punzecchiò il maresciallo – è proprio vero che i preti e i dottori sanno tutto di tutti, nei paesi.»
«E i carabinieri,» soggiunse il dottore.
Il maresciallo cambiò discorso.
«Nipoti, hai detto?»
«Sì, due: femmina, più grande e maschio.»
«Anni ’20?»
«Prima… non ne so molto, io sono qui da poco più di vent’anni…»
«Quando si saprà da quanto tempo quello scheletro…»
«Eh, sì… ti spetta un lavoraccio, caro Gigi.»
«Dovrai aiutarmi. Tu conosci tutti qui, puoi parlare più liberamente. Ho bisogno di individuare gli anziani, forse meglio le donne, che potrebbero ricordare dei particolari, anche pettegolezzi…»
Il dottore agitò un traccio in segno di diniego.
«Attenzione… attenzione… le cose sono cambiate. Da una quindicina d’anni. In paese sono arrivati dei pensionati. La vita qui costa meno…»
«Il parroco – lo interruppe il maresciallo – Lui sicuramente ricorderà molto.»
«Se vorrà parlare» replicò il dottore scettico.
Dopo una lunga pausa e molto fumo del sigaro riprese con tono serio.
«Devi tener conto che quel prete è una specie di testimonianza vivente di molte storie non proprio edificanti. Celebrerà i cinquant’anni di sacerdozio tra non molto, tutti trascorsi in zona. Sicuramente conosce particolari di quanto accadde durante la resistenza e nell’immediato dopoguerra. Non furono tutti eroismi… C’è una storia oscura… un carico lanciato dagli alleati, armi, medicinali, viveri e sterline d’oro… e di cui non si è saputo in che mani sia finito.»
Di colpo tacque. Il sigaro era al crepuscolo.
«Siamo due cinici irriverenti, caro Gigi – esclamò di colpo alzandosi con sorprendente agilità – Nessun riguardo per quello scheletro. Non ci siamo posti la domanda principale.»
«Intendi che quello è stato murato senza funerale, senza il de profundis e il porta a inferi… da quando l’ho visto mi domando chi lo ha ucciso, perché e qual dramma si sia consumato là dentro…»
«Chissà se era uno solo – soggiunse il dottore – Sì – proseguì osservando l’espressione del militare – se il responsabile era uno solo o erano in diversi. Per seppellirlo là sotto…»
«Dovrò aspettare l’esito dell’autopsia» mormorò il maresciallo.
«Che autopsia? – esclamò il dottore – Non sarà facile determinare le cause della morte», obiettò il dottore.
«Comincerò dal prete» decise il maresciallo.
«Non ti invidio… la gente qui è scorbutica, diffidente. Ormai dovresti saperlo. È uno status antico e sostanzialmente immutabile. È nel loro dna. La natura del luogo, l’asprezza del clima, le montagne incombenti, tutto ha contribuito. C’è poca vita associativa. Sono chiusi, ruvidi, sospettosi e non hanno mai amato i signori
, come qui chiamavano e molti ancora chiamano quelli che non hanno il vestito della festa. Saranno rimasti in pochi a pensarla così, ma