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Gioia
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Ebook125 pages1 hour

Gioia

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About this ebook

Gioia è una bambina speciale. Attraverso una porticina sul pavimento scende nel mondo di sotto (dove i topi l’accolgono curiosi, i gatti sornioni); mentre quella sul soffitto la fa entrare nel mondo di sopra (dove gli ippopotami hanno ali di cigno). Gioia è furibonda perché la mamma vuole darle una sorellina. Recide un orecchio all’orsacchiotto Pelo causandone la fuga. Deve andare nel mondo di sotto e strapparlo dalle grinfie di Caneneroeblu. Ha bisogno dei Supereroi del mondo di sopra, dove fa la conoscenza di un bambino strano. Nel mondo di mezzo, nel frattempo, la madre viene ricoverata all’ospedale. Gioia sa che cosa deve fare per salvarla.
Un libro per bambini? Tutt’altro, anche se i bambini possono provare a leggerlo. Un libro per adulti intelligenti che sanno ancora sorridere e che sanno ancora pensare ai grandi temi: il mondo infero dell’anima nostra e della natura, il mondo della conoscenza in immagini e immaginazione, la morte come sogno, la solitudine e la diversità di ognuno di noi, l’energia vitale, l’originalità di pensiero e di comportamento di chi non è omologato e non si lascia condizionare dai falsi miti.
I veri miti, quelli antichi che ancora guidano la psiche, sono qui trasposti in disegni infantili, presentati da una voce che diverte e commuove.
Il tutto in una scrittura accattivante che trascina dentro e sopra.
LanguageItaliano
PublisherAquilino
Release dateOct 24, 2013
ISBN9788868556624
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    Gioia - Aquilino

    MEZZO

    IL MONDO DI SOPRA E DI SOTTO

    Scordalo!

    Così, secco.

    Se non parli secco, gli adulti approfittano della tua disponibilità per manovrarti come un burattino. Il mondo è così, un approfittarsi. Le persone in apparenza sono compatte. Se, tuttavia, lasciano delle fessure, subito qualcuno ci s’infila. La volontà altrui è un assedio quotidiano, bisogna controllare con meticolosità le difese. Io lo faccio d’abitudine, non mi pesa. Nella loro visuale distorta, gli adulti vedono i bambini sempre sul punto di cedere. Sono sicuri che bastino lusinghe, bugie, pazienza e la voce autoritaria.

    Di una bambina speciale come me, però, non sanno niente. Di tante cose non sanno niente. Di solito di quelle più importanti. Della futilità gli adulti sanno tutto. Anche delle allucinazioni. A volte mi dico: non si accorgono che il loro mondo è un miraggio?

    La mamma sa che quando dico no è no e basta. Non cerco la contrapposizione, il mio mondo interiore è pacifico e disponibile; ma ha una configurazione che va rispettata. Ha forma e dimensioni, e una determinata capienza: non ci si può ficcare ogni ciarpame e comunque. Soprattutto non ci sta quello che la mamma intende propinarmi di punto in bianco, senza previa consultazione.

    Gioia, vogliamo ragionare? mi fa, soffocando uno sbuffo d’impazienza.

    Scordalo le ripeto un tantino meno secca, ma non meno coerente.

    Muove la faccia esasperata e non si arrende; convinta di essere dalla parte del giusto (è un’adulta, è sempre convinta di essere dalla parte del giusto; vivono nel mondo degli abbagli, gli adulti).

    Scorda di essere dalla parte del giusto, mamma. Consultati con me, qualche volta, non solo con le amiche e con il parrucchiere. E non telefonare in diretta alla radio! Il conduttore è un buontempone, non un oracolo.

    Sappi che ho ragione. Prendine atto e arrenditi ai bambini, usa il buonsenso.

    Mi chiamo Gioia, un nome stupendo che ho sentito anche in un serial, e questo è il massimo. A me le trasmissioni a puntate piacciono perché amo i misteri e sono convinta che sia impossibile, per una persona intelligente, dare un senso logico alla fiction. Infatti, non sono riuscita a capire a chi appartenesse il nome Gioia. Si era al punto in cui una signorina che io credevo morta in un incidente stradale invece era viva all’ospedale, ma non ricordava più niente (amnesia da trauma, io ne ho sette al giorno); così quando quello che secondo me l’aveva investita (di proposito, per via dell’assicurazione) è andato a trovarla lei non l’ha riconosciuto e non si è messa a gridare aiuto! è lui che mi ha uccisa! gli ha invece dato un bacio del tutto fuori luogo e poi ha domandato: mi ami? Domandano sempre: mi ami? Tutte, a ogni età, in qualunque situazione, anche quando vogliono ammazzarle: mi ami? Sono un poco stupide, le eroine? Forse lo sceneggiatore quando non sa più che cosa scrivere ci mette una scena in cui qualcuno sussurra: mi ami? Agli spettatori piace molto.

    A me no.

    L’investitore si chiama Antonio Ranieri e ha la faccia di chi è davvero capace di tirarti sotto con l’automobile. Di lavoro non si capisce che cosa fa. Secondo me è un imbroglione, forse un avvocato, per questo ha tentato di ammazzare la signorina… mi pare che si chiami Alice, però non so, in ogni episodio ci sono più nomi che personaggi e molti personaggi hanno più di un nome e questo è depistaggio, vorrei che si facesse chiarezza una volta per tutte, ma la televisione ha fascino proprio perché non ha senso. Questa Alice ha ereditato un’azienda e Antonio si è fidanzato solo per fare il dirigente e rubarle i soldi. Per precauzione, le ha consigliato di farsi una polizza sulla vita. Bella precauzione! Una condanna a morte con tanto di firma.

    Povera Alice? Fessacchiotta, dovrei dire. Le persone vanno guardate in faccia, vanno ascoltate, annusate e spiate, vanno riconosciute e prese per quello che sono veramente: delinquenti, non principi azzurri. Alice fa parte di quelle ragazze che vivono in un paese delle meraviglie, dove i sogni durano talmente tanto che molte non si svegliano più; nella loro bara di cristallo glamour aspettano un ex rospo che ha preferito avventurarsi per i viali di Beverly Hills, dove le ragazze sono più sveglie.

    E poi Gioia c’era anche sul giornale, era il nome di una modella bellissima.

    Io non farò mai la modella. Dovrei digiunare per almeno sei mesi e a me, se non mangio, gira la testa e sbiadisce il senso della vita. Non sono grassa, ma fatico a staccarmi dalle forme tonde dell’infanzia. Mi ci trovo a mio agio. In giro ci sono già troppi spigoli. Ti muovi ahi! lo spigolo del tavolo; ahi ahi! una persona spigolosa di quelle che negli occhi hanno forbicine con cui ti tagliuzzano le parole prima ancora che le pronunci; e io me ne sto zitta, odiandola per la sua prepotenza censoria.

    La vita, se non è morbida, finisce sul lettino dello psicanalista che sta pure passando di moda: perfino Freud è solo un’opinione.

    Farei la modella per i vestiti, forse. Si sa che le modelle si tengono i capi delle sfilate; lo stilista non vuole, ma loro fanno finta di niente e se li portano a casa. Devono uscire con i fidanzati ricchi e hanno bisogno di vestiti firmati. Questo me l’ha detto una signora, ma devo garantirle l’anonimato: fa la sarta, e se scoprono che mi racconta i segreti del laboratorio la licenziano. Il mondo è così, drastico e spietato. Anch’io, a volte, sono come il mondo. Mi piace essere sbrigativa e cinica. Per esempio, amo martellare, stappare una bottiglia, aggiustare qualcosa di rotto rendendolo distrutto e a volte tenere testa alle persone senza riguardi per la loro fragilità (non è un mondo per fragili, questo).

    Ma fare la modella… ah, quale sarebbe il senso della vita? Una farfalla è tale perché vola, non perché è benvestita. Infatti, una farfalla notturna brutta è pur sempre una farfalla; una farfalla terricola si chiama verme.

    Io, comunque, non sono brutta.

    Qualche volta sono anche bella.

    Una volta sono stata bellissima, ma è durato poco. L’effimero forse non fa per me. Sono granitica, nella mia consistenza perdurante. Eppure… Nessuna come me sa cogliere la durata eterna di un istante già passato.

    Se tu credi che io sono stata bellissima, segna sì. Se non ci credi, segna no.

    - sì

    - no

    Se hai crocettato no, non sei mio amico/a.

    Se sei anche tu una bambina, è solo invidia.

    Se sei un maschio, si sa che i maschi di queste cose non capiscono niente. Avete il pisello, ma vi costa tutto il resto.

    Gioia, la vuoi una sorellina? mi domanda la mamma.

    Scordalo! le rispondo. Proprio così, secco con il punto esclamativo.

    E lei ci rimane male.

    Sentito? Non sono sola, nella mia cameretta. Non sono mai sola, in questo mondo di spioni ficcanaso. In centro, in piscina, a scuola… telecamere e cellulari scattano e filmano anche i momenti più imbarazzanti. In casa ho la mamma (il papà si fa i fatti propri). Dovrebbe bastare, e invece ho un altro guardiano, lui. L’aspirante guru, il Voltaire della mia mente, la coscienza bigotta del mio malcostume (se non sempre capite quello che scrivo, non fatevene un cruccio, è solo questione di densità esistenziale: io ascolto e assimilo, osservo e annoto, leggo e imparo, ricordo e confronto, conosco e giudico; voi… voi siete puntini di sospensione).

    Sta’ zitto dico a lui.

    Fai la prepotente?

    Mettiti a dormire.

    Ti dà fastidio sentire che la mamma ci è rimasta male?

    Te ne vuoi andare?

    Brutto carattere.

    Pelo, l’orsacchiotto. Volevo buttarlo perché ce l’ho da quando ero piccola e adesso ormai sono grande. Ho perfino il seno, un poco di seno, lo si nota in determinate condizioni di luce-ombra (ne farei a meno, a che cosa mi serve? più che altro a sbilanciarmi, e questo è comunque affascinante, amo sbilanciarmi; mai tuttavia fino alla caduta, cadute e resurrezioni sono palingenesi promozionali).

    Volevo davvero buttarlo, ma mi ha fatto compassione: senza di me, che cosa fa? Spelacchiato e sciancato, finisce sotto un ponte. O giù da un ponte. O sotto una macchina. O giù da un cavalcavia. O sotto un treno. O giù da un aereo. Male, insomma.

    Purtroppo, non sta zitto quando dovrebbe. E dà i consigli.

    Io, quando mi danno un consiglio, strabuzzo gli occhi e sbuffo come una pentola a pressione. I consigli sono violazioni della privacy, di cui peraltro a me non è che importi molto. Io non do mai consigli. Ordini sì, ma non consigli. Ognuno dovrebbe consigliarsi da solo.

    Pelo non sa stare zitto, soprattutto quando sono arrabbiata. Dovrebbe, perché sa che poi faccio la matta e sono capace di amputargli un orecchio.

    Hai anche sbattuto la porta continua saccente.

    Lo sentite?

    Non sta zitto non sta zitto non sta zitto. Mi assilla.

    Chi è d’accordo che io gli tagli l’orecchio dica sì.

    Bene, lo avete detto tutti, grazie, adesso

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