Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Il corridoio del tempo
Il corridoio del tempo
Il corridoio del tempo
Ebook434 pages6 hours

Il corridoio del tempo

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Un thriller fantascientifico, l’affannosa ricerca della soluzione di un enigma matematico-mitologico che nasconde sorprendenti rivelazioni sulla fine dello spazio-tempo.
Ma anche il racconto di un viaggio che realizza il sogno di tanti: mollare tutto e mettersi a girare il mondo con lo zaino in spalla, alla ricerca della propria vera identità.

Due amici dei tempi dell’Università si ritrovano ormai quarantenni, con alle spalle storie molto diverse: Andrea è un ex prodigio della matematica, impiegato con poca soddisfazione in un'azienda; Sandro è stato in galera accusato di terrorismo politico, e vive di espedienti. I due partono insieme per un lungo viaggio in India, realizzando un vecchio progetto giovanile.
Presto l'attenzione di Andrea viene attratta da strane iscrizioni trovate per caso in antichi templi, nelle quali riconosce delle equazioni matematiche che sembrano descrivere un misterioso evento astronomico. Spinto dalla curiosità, e deriso da Sandro, Andrea ricostruisce un quadro sempre più preciso e inquietante, al centro del quale c'è il concetto di tempo secondo la mitologia induista e la sua fine imminente.
Proprio quando è a un passo dalla soluzione, Andrea scopre cosa c’è davvero dietro all’enigma, trovandosi coinvolto in un vortice di eventi sempre più intricati, lottando contro forze più grandi di lui, e mettendo in discussione tutte le sue certezze, fino all’idea stessa di realtà.
Trame parallele, manovratori occulti e colpi di scena si susseguono fino all’inatteso epilogo. Sullo sfondo, un'India piena di fascino e mistero, in bilico fra tradizione e modernità.
LanguageItaliano
Release dateJan 28, 2014
ISBN9788868855277
Il corridoio del tempo

Related to Il corridoio del tempo

Related ebooks

Science Fiction For You

View More

Related articles

Reviews for Il corridoio del tempo

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Il corridoio del tempo - Giovanni Gallina

    1. O non ci sarà più tempo

    «Chai... chai... chai...»

    La voce rauca e cantilenante dell’uomo che vende il tè speziato al latte è ormai parte integrante del rumore di fondo del treno, che da oltre diciotto ore accompagna l’accavallarsi confuso e agitato dei pensieri nella testa di Andrea.

    Gli innumerevoli bicchierini di carta pieni di quella bevanda insieme così dolce e pungente rappresentano gli unici momenti di relax in quell’interminabile viaggio. Rare occasioni per non pensare a quanto tempo gli rimane ancora da trascorrere nella cuccetta del treno, sballottato dal suo incessante movimento ondulatorio, e a quanto tempo gli rimane per non arrivare troppo tardi.

    E’ passato da poco il mezzogiorno, e la stazione di Nagpur è appena alle spalle. La mancanza di aria condizionata nel vagone di classe Sleeper rende ancora più pesante e insopportabile il viaggio in un treno strapieno fino all’inverosimile di passeggeri, animali e merci di ogni tipo.

    Nonostante la stagione più calda volga al termine, si avverte la presenza dell’aria torrida all’esterno, con la campagna spoglia e secca che sembra evidenziare la drammatica siccità che quell’estate ha colpito la pianura del Deccan indiano.

    Il Gangakaveri Express è incredibilmente in orario, o quasi. Probabilmente accumulerà due o tre ore di ritardo durante le venti ore di viaggio che rimangono fino a Varanasi, la Città Sacra sul fiume Gange, ma per le ferrovie indiane è la norma. Andrea ci ha fatto l’abitudine, ha imparato a vivere sui treni di quella sterminata nazione, trasformando viaggi infiniti in esperienze che sono diventate parte fondamentale del suo girovagare.

    Ma stavolta non riesce a godere come in altre occasioni di quei chilometri attraverso il subcontinente. Lo sferragliare del treno non riesce a regalargli la stessa sensazione di piacere provata tante volte solo poco tempo prima.

    Stavolta è diverso.

    Stavolta Andrea ha fretta.

    Stavolta Andrea ha paura.

    Sa che quello che sta facendo può essere pericoloso.

    Sa che quello che sta andando a fare è importante. Molto, importante.

    E sa che qualcuno farà di tutto per impedirglielo.

    Forse è per questo motivo che non è ancora riuscito a chiudere occhio da quando il treno è partito dalla stazione di Chennai, nel pomeriggio del giorno prima. Ed è per lo stesso motivo che non ha scambiato una sola parola con i suoi compagni di viaggio, i quali, incuriositi da una presenza così inusuale tra i passeggeri della classe più popolare, continuano a porgli con una certa insistenza sempre le stesse domande di rito: "your name, Sir?, which country, Sir?, your job, Sir? e persino un’incredibile how much is your salary, Sir?".

    L’uomo che vende il chai continua a passare a intervalli regolari, preceduto e seguito da una sequenza ininterrotta di altri ambulanti che offrono pakora, samosa, chapati, biryani e roti, preparati in qualche minuscola e lurida bottega vicino all’ultima stazione ferroviaria in cui il treno ha sostato.

    Odori forti di olio fritto e spezie che riempiono l’aria e stordiscono i sensi. Odori che impregnano i vestiti e rimangono appiccicati alla plastica lisa e consunta che ricopre le panche di legno.

    Andrea ama la cucina indiana. Ma non ha fame. Quegli odori così intensi di cumino e coriandolo gli danno un senso di nausea, che va a sommarsi al malessere che gli invade il corpo e la mente.

    E poi, quei venditori ambulanti che si avvicendano da ore lungo il corridoio della carrozza potrebbero non essere lì per caso. Come chiunque altro tra i passeggeri, del resto.

    Ora Andrea è solo. E sa che non può più fidarsi di nessuno.

    Continua a rimuginare sugli eventi così assurdi e inverosimili che hanno fatto irruzione nella sua vita all’improvviso, senza che quasi se ne accorgesse. Continua a non voler credere a ciò che gli è successo, a ciò a cui ha assistito e a ciò che sta per accadere.

    Ma ormai non può più pensare che si sia trattato solo di un’illusione. E’ stato lui stesso, inconsapevolmente e contro la sua volontà, a smentire ogni spiegazione logica e razionale.

    E ora non può più tornare indietro.

    Deve solo cercare di fermare la corrente inarrestabile degli eventi.

    Deve sbrigarsi, o non ci sarà più tempo.

    O non ci sarà più il tempo.

    2. Tre sigma

    Andrea continuava a guardare l’orologio. Il tempo scorreva veloce, scandito dal susseguirsi incessante delle cifre sul quadrante del cronometro e dal ritmo affannato del suo respiro.

    Cinque minuti. Sei minuti. Sette minuti. Otto, nove... dieci minuti.

    Dieci minuti! Tanto era il distacco che era riuscito a infliggere al suo compagno di pedalata sulla salita di Campo Catino, una delle più ardue e temute dai cicloamatori del Lazio. Diciotto chilometri senza mai un metro di pianura che potesse far rifiatare anche solo per qualche secondo.

    Roberto era arrivato decisamente provato, e la prima cosa che gli aveva chiesto era da quanto tempo fosse lì ad aspettarlo.

    «Non da molto... solo dieci minuti», gli aveva risposto Andrea, non nascondendo un pizzico di ironia.

    Era una gran bella soddisfazione, a quarant’anni compiuti, riuscire ancora a competere con successo con ciclisti dilettanti molto più giovani di lui. Anche a costo di qualche piccolo inconveniente, come la coppia di anziani signori che si erano profusi in elogi esaltando la bontà dell’attività fisica anche in tarda età, e avevano chiesto ad Andrea se quel ragazzo fosse suo figlio.

    La lunga discesa dalla montagna verso la fornace della piana di Frosinone aveva visto i due scendere con estrema prudenza, l’uno chiedendosi se fosse davvero così scarso da farsi staccare a quel modo da un ciclista ormai in categoria senior, l’altro turbato all’idea di apparire già così vecchio.

    Fu solo quando la strada tornò a spianare che i due ripresero a parlarsi.

    «Non mi sono piaciuto, posso fare di meglio...», era il motivo dominante della conversazione di Roberto.

    Andrea sapeva per esperienza che non c’era un ciclista al mondo, soprattutto tra gli amatori della Domenica, che avesse mai detto di essere al top della sua forma. Era una regola praticamente sistematica: dichiararsi fuori allenamento, cosa che in realtà era una contraddizione in termini per Roberto, ma anche per se stesso, visto che entrambi dedicavano allo sport la gran parte del tempo libero a disposizione.

    «Ma dai che sei andato benissimo!», fu tutto quello che invece riuscì a dirgli. Rafforzando, con questa frase falsamente conciliante, il concetto secondo cui era stato lui ad andare alla grande.

    «E’ che mi servono dei rapporti un po’ più agili», continuava a rimuginare Roberto. «Se solo avessi avuto anch’io un ventisette dietro...».

    «Alla tua età fumavo due pacchetti al giorno e non ero capace nemmeno di fare due piani di scale a piedi!», incalzò Andrea.

    «Alla mia età? Cioè, negli anni cinquanta?».

    Roberto sapeva di aver toccato nel vivo il compagno, con quella battuta. Il tempo che passava inesorabile era un chiodo fisso nei pensieri di Andrea, che, pur se non più giovanissimo, non poteva certo essere considerato vecchio. Tutt’altro, visto il suo stile di vita decisamente giovanile: single, dedito allo sport, appassionato di musica rock, e ancora legato a quell’idea un po’ romantica e utopistica di politica alla quale aveva sacrificato, se non i migliori anni della sua vita, sicuramente qualche esame all’Università durante il Movimento Studentesco del ’90.

    Non era mai riuscito a spiegarsi il perché di questa sua fissazione verso il tempo che scorreva senza possibilità di appello, come ripeteva spesso. Forse sentiva di aver perso qualche occasione negli anni già trascorsi, o forse era solo una forma di complesso di colpa derivante dalla quasi totale mancanza di un progetto per il futuro, quella lavagna bianca su cui doveva ancora cominciare a scrivere il romanzo della sua vita.

    «Voglio proprio vedere se sarai in forma come lo sono io, alla mia età!», fu la risposta scontata che Roberto dovette incassare a seguito della sua battuta molto poco opportuna; quasi un autogol, visto come erano andate le cose quella mattina.

    La gita in bicicletta si concluse senza altre fiammate tra i due, complice la stanchezza accumulata sulla lunga salita e il caldo che cominciava a farsi insopportabile man mano che la strada scendeva verso la pianura. Non era ancora Luglio, ma già le temperature sfioravano i quaranta gradi, e dopo essersi fatti accarezzare dal fresco dei milleottocento metri della vetta, ora gli sembrava di avere un asciugacapelli puntato direttamente in faccia.

    L’aria condizionata nel treno che riportava Andrea e Roberto verso Roma insieme alle loro biciclette da corsa ultraleggere regalò ai due un’ora di piacevole rilassamento, dopo la conclusione in volata (vinta, come nelle previsioni, da Roberto) sul piazzale della stazione davanti a un pubblico composto da qualche decina di viaggiatori pendolari, piuttosto perplessi davanti a quell’insolita scena.

    Andrea, con le gambe distese sul sedile davanti, pensava al menu che aveva in mente per quella sera; doveva essere qualcosa di particolare, come al solito studiato per far colpo e per stupire, ma nemmeno di troppo estremo, visto che non sapeva ancora se a Chiara piacesse davvero la cucina esotica. Certo lei non si sarebbe mai aspettata un piatto di spaghetti alla carbonara da un invito a cena a casa sua, ma non aveva idea di quanto piccante sarebbe riuscita a reggere. E poi, con quel caldo… forse era meglio lasciar perdere i piatti più forti del suo repertorio, e ripiegare su qualcosa che fosse più facilmente apprezzabile da un’ospite non ancora completamente testata (considerando anche che testare la sua nuova amica, e da tutti i punti di vista, era l’epilogo della serata a cui Andrea sperava di arrivare).

    Forse un riso Pilau e un pollo al Korma potevano andar bene. Un giusto compromesso tra sapori speziati e dolci, ottimo per predisporre la ragazza a lasciarsi andare e a sentirsi a suo agio. Magari con un CD di Janis Joplin come sottofondo. E, immancabile, un bastoncino d’incenso al sandalo a profumare l’aria.

    Sempre che quel caldo soffocante non rovinasse tutto e non le facesse preferire una fetta di cocomero a Trastevere. Nel qual caso la conclusione a cui Andrea mirava sarebbe inesorabilmente sfumata.

    Fu Roberto a rompere il silenzio, dopo una quarto d’ora durante il quale aveva rischiato quasi di addormentarsi sul sedile del treno.

    «Non vedo l’ora di arrivare a casa e farmi una doccia… certo che pensare di arrivare a Termini e dovermi fare altri dieci km. in bicicletta mi fa pentire dell’idea di prendere il treno per queste pedalate!».

    «Ma non eri un ambientalista convinto?».

    «Lo sono un po’ meno quando ho novanta chilometri nelle gambe e ci sono quaranta gradi all’ombra».

    «Pensa a dover fare adesso la coda al casello per rientrare a Roma. Almeno in treno possiamo rilassarci».

    «E’ che sei un po’ fissato con i viaggi in treno, o sbaglio?».

    Roberto non si sbagliava. Il treno era una delle grandi passioni di Andrea, quasi una fissazione maniacale. Non era così frequente vedere ciclisti che usavano la ferrovia per spostarsi, anche se in altri paesi europei era una consuetudine ben più diffusa.

    Era una delle tante particolarità che lo allontanavano dai tre sigma della Curva di Distribuzione Normale, come amava tradurre in termini matematici il certo che sei proprio strano che si sentiva ripetere da non poche persone.

    Ma i ricordi dei viaggi in Inter-Rail negli anni universitari erano ben più forti di qualche battuta ironica. E anche se ormai più avvezzo ai viaggi in aereo per lavoro, Andrea era rimasto profondamente legato alle esperienze in treno in giro per l’Europa, con lo zaino in spalla e lo spirito aperto di chi è rivolto sempre in avanti. E l’idea di riprendere prima o poi a viaggiare in quel modo non lo aveva mai abbandonato, anche se gli anni dell’Inter-Rail erano ormai alle spalle (e poi l’Inter-Rail di oggi non è più come quello dei mie tempi, modo elegante di accettare il fatto che fosse ormai bel aldilà del limite di età consentito per quella tessera magica).

    «Io un’altra mezz’ora in bicicletta la faccio volentieri, invece», replicò dopo qualche altro minuto di torpore. «Mi aiuta a riflettere».

    «Grandi pensieri sulla vita, l’universo e tutto il resto?».

    «Vedo che hai letto anche tu la Guida Galattica per Autostoppisti!», fu il pronto commento di Andrea, che aveva subito riconosciuto la citazione.

    «Mi sono pisciato sotto dalle risate!».

    «Allora dovresti leggere anche Il Ristorante al termine dell’Universo».

    «Quello forse va bene più per te, magari puoi trovare ispirazione per qualcuno dei tuoi intrugli immangiabili… a proposito, che prepari stasera? Ali di pipistrello in umido?».

    «Pensavo a qualcosa di meno traumatico. Magari pasta al tonno, il piatto tipico degli studenti fuori sede depressi e sotto esame».

    «Vaffanculo, gli esami li ho finiti! E’ che mi manca solo la tesi! E poi il tonno mi fa schifo!».

    «Allora se ti invito una sera ti preparo pasta in bianco. Magari porti anche Antonella. Si chiama Antonella, no?».

    «Si chiama Antonella. Questa di stasera invece come si chiama?».

    «Chiara, mi sembra».

    «Conosciuta da quanto?».

    «Mah, un paio di settimane…».

    «Facebook?».

    «Che?».

    «L’hai conosciuta su Facebook?».

    «E che sarebbe, Facebook?».

    «Vedi che sei vecchio allora? Non conosci Facebook? E dove le rimorchi le tue amiche, nella piazza del paese?».

    «Veramente Chiara l’ho conosciuta facendo subacquea, rimorchiare su Internet non mi ispira molto».

    In realtà Andrea era un utilizzatore frequente di Internet, ma non riusciva a star dietro a tutte le continue innovazioni della Rete. Soprattutto, non era molto ferrato sui Social Network, e in quanto a conoscere donne online ci aveva anche provato, ma la cosa non l’aveva mai convinto. Era tutto troppo virtuale e facilmente falsificabile per pensare di dedicarvi tempo ed energie. Lo sapeva bene, visto che lui stesso in diverse occasioni si era divertito a cercare contatti spacciando un’identità completamente diversa da quella reale.

    «Comunque Facebook dovresti provarlo. Non solo per rimorchiare, ti offre infinite possibilità. Puoi anche ritrovare vecchi amici, compagni di classe, ex-ragazze che non vedi da anni…».

    «Per dirci cosa? Ciao, come stai, ti ricordi di me, beh ora si è fatto tardi e non so più che cazzo dirti, vabbè ci siamo visti?».

    «Sei vecchio, te l’ho detto!», fu la conclusione di Roberto, che pochi secondi dopo si lasciò definitivamente andare e crollò addormentato, risvegliandosi solo qualche decina di minuti più tardi, mentre il treno entrava in una stazione Termini con i binari che sembravano essere sul punto di sciogliersi al sole come se fossero barre di cioccolato fondente.

    3. Lampi di luce colorata

    Acqua di rose. Due cucchiaini di acqua di rose persi in una quantità indescrivibile di spezie ben più aggressive, che sembrava avessero il potere di sovrastare con il loro odore pungente ogni tentativo di ingentilire la miscela di condimenti che formava la base del Korma: era questo il tocco segreto che rendeva così particolare quel piatto, uno dei pezzi forti del repertorio culinario di Andrea.

    Una debole stella che con la sua luce tremolante riusciva a rendersi visibile in mezzo a una schiera di lampioni stradali, trasformando la loro potenza luminosa in una delicata e sensuale luce soffusa.

    I ricettari di cucina indiana che riempivano la libreria nel bivani di Andrea non riportavano quel particolare fondamentale, che gli era invece stato suggerito da un bengalese appassionato di cucina e di cinema italiano conosciuto su un forum in Internet.

    E anche se non era facile trovare quell’ingrediente, nemmeno nei negozietti dei dintorni di Piazza Vittorio, Andrea era sempre scrupolosissimo nella preparazione del pollo al Korma. Mai senza l’acqua di rose.

    E poi, cardamono, latte di cocco, garam masala, con le mandorle tritate che completavano quel mosaico di sapori che parevano contraddirsi l’uno con l’altro, formando un piatto che nel suo sembrare una via di mezzo tra un quadro surrealista e un brano dei primi Pink Floyd era ciò che di più profumato e seducente Andrea potesse proporre per una cena con una nuova amicizia femminile.

    Peccato solo che latte di cocco, mandorle tritate, spezie piccanti e incensi non erano proprio l’ideale per una serata con la temperatura esterna ancora intorno ai trenta gradi.

    Andrea era ancora alle prese con il dosaggio della miscela di spezie quando suonò il campanello della porta. Andò ad aprire con il cucchiaio di legno in mano (mossa molto studiata, per la verità), trovandosi di fronte gli occhi sgranati di Chiara.

    «Sentivo questo odorino già quasi dalla strada!», fu il suo saluto più spontaneo.

    «Se vuoi puoi anche entrare, così magari lo senti meglio!», le rispose Andrea, chiudendo con una battuta a suo favore l’inusuale scambio di saluti tra i due.

    Chiara entrò nell’appartamento dal quale si spandeva l’aroma dolciastro e penetrante del ghee, il burro chiarificato che Andrea aveva già messo a sciogliere per cuocere il riso Pilau.

    Aveva fatto irruzione nella sua vita da pochissimo, suscitando subito un certo interesse da parte sua, detatto non solo dall’attrazione fisica che aveva provato dal primo momento, ma soprattutto da una certa empatia che sentiva verso le persone che gli apparivano non proprio con tutte le rotelle a posto. E Chiara era una di queste persone.

    «Spero di non distoglierti troppo dalla cucina, non vorrei mangiare cibo indiano bruciato!».

    «Se ti può rassicurare, ti avviso che qua sotto c’è una pizzeria. Nel caso in cui mi distolga troppo».

    «O magari se la roba che stai cucinando comincia a sviluppare spontaneamente le zampe e a muoversi per la casa!».

    «Allora forse è meglio che mi lasci solo in cucina intanto che finisco di preparare, non vorrei che ti spaventassi troppo».

    «Hai paura che possa carpire i preziosi segreti del Grande Chef?».

    «E’ che non mi piace essere guardato mentre creo... dai, scegli tu la musica, visto che il menu l’ho scelto io».

    «A proposito... ciao!».

    Chiara si sentì subito a suo agio in quella casa. C’era un’atmosfera decisamente accogliente, anche se l’aspetto di tipica casa da single era evidentissimo. Ma le piaceva quella bicicletta appoggiata al muro subito all’ingresso, l’acquario con quel pesce pulitore così strano (Andrea lo chiamava lo Squalo Due), la parete coperta da una libreria stracolma di libri e di una quantità industriale di CD, e le pareti tappezzate di fotografie di diverse dimensioni, alcune in semplici cornici di vetro, altre attaccate un po’ alla rinfusa su una bacheca di sughero insieme a biglietti di cinema, di concerti, di treni e altre piccoli frammenti del vissuto di Andrea.

    Si mise a scorrere i titoli dei libri, perdendosi in una selva di letteratura di viaggio, genere che conosceva piuttosto poco ma che la affascinava notevolmente. C’era un po’ tutta la bibliografia di Chatwin, diverse pubblicazioni che sembravano vecchi romanzi di avventura ambientati un paesi esotici, guide turistiche, un’intera collana di racconti di viaggi in bicicletta, ma anche di imprese in Vespa, spedizioni alpinistiche, grandi traversate a piedi di deserti e ghiacci polari. E per finire, come a voler conferire un tocco di classicità, non mancava quasi tutta la collezione dei romanzi di Salgari e di Verne.

    E probabilmente non era un caso se dove terminava la serie dei romanzi di quest’ultimo cominciava la fila dei libri di fisica e di argomenti scientifici, dall’astronomia all’intelligenza artificiale.

    Mentre dopo l’ultimo titolo di fantascienza si dipartiva la prima fila dei CD, che Chiara cominciò a scorrere ricordandosi dell’invito di Andrea di poco prima ad essere lei a decidere quale sarebbe stata l’atmosfera della serata.

    Che Chiara non amasse né la musica lirica, né il jazz, né la musica leggera, fu una fortuna. Non lo fu altrettanto la sua poca conoscenza (e presumibilmente il suo scarso gradimento) della musica rock degli anni sessanta e settanta, che non la aiutava certo a orientarsi tra le centinaia di titoli dei CD che passava in rassegna con lo sguardo, in cerca di un’ancora di salvezza che si materializzasse in un nome che le ricordasse qualcosa. Poi, un po’ a caso, riconoscendo almeno il nome del gruppo, prese un album dalla copertina accattivante, e avviò il lettore dello stereo.

    Andrea, alle prese con le ultime operazioni di messa a punto del riso e del pollo (che dovevano essere pronti rigorosamente nello stesso istante), rimase piacevolmente sorpreso nel sentire le prime note di 21st Century Schizoid Man dei King Crimson, anche se non era certo quello il tipo di musica che aveva in mente per creare l’atmosfera giusta per recitare il ruolo di seduttore. Ma se piaceva a lei...

    «Non sapevo fossi anche tu un’appassionata di Progressive!», urlò dalla cucina, sovrastato dal volume della musica.

    «Non so nemmeno cos’è il Progressive!», gli rispose Chiara, urlando a sua volta proprio nel momento culminante dell’assolo di chitarra di Robert Fripp.

    Andrea arrivò di corsa per abbassare il volume dell’amplificatore. Chiara lo vide con ancora quel mestolo di legno in mano, e non poté trattenere una risata.

    Aveva un modo particolarmente strano di ridere, che incuriosiva ed eccitava Andrea. In quel momento, la sua reazione fu molto più vicina a quello più prettamente fisico dei due effetti. Sorrise alla ragazza per nascondere la sua voglia, amplificata dall’aroma del bastoncino d’incenso che bruciava su uno scaffale della libreria.

    «Ancora pochi minuti e sono da te. Hai fame?».

    «Diciamo che questi odori me la stanno facendo venire... anche se questa musica me la sta facendo passare!».

    «Lascia fare a me, allora, forse ti piacerà qualcosa di più tranquillo».

    Cosa pilotò la rapida scelta di Andrea di un CD che potesse adattarsi meglio ai gusti di Chiara fu un mistero. Fatto sta che in una manciata di secondi riuscì a passare in rassegna l’intera collezione musicale alla ricerca di un non meglio precisato qualcosa di più tranquillo, riuscendo non solo a fare la scelta migliore in quella situazione quasi disperata, ma anche a trovare al primo colpo una raccolta dei Rolling Stones che aveva già funzionato egregiamente in un’occasione simile solo poco tempo prima.

    Poco tempo... erano passati in realtà sei anni! E, curiosamente, quella ragazza irlandese con cui Andrea aveva passato un’intera notte bevendo e ascoltando lo stesso CD fino all’alba aveva lo stesso modo di ridere un po’ allucinato di Chiara.

    Il riso Pilau e il pollo Korma erano ormai in dirittura d’arrivo, sincronizzati alla perfezione nei loro tempi di cottura. Chiara, visibilmente rilassata dal cambiamento del sottofondo musicale, fu attirata dalle fotografie che riempivano ogni centimetro quadrato delle pareti della stanza. Anche queste parlavano soprattutto di viaggi, stavolta vissuti dal vivo, e non solo raccontati.

    C’erano molte immagini che ritraevano Andrea in posa accanto a una bicicletta carica di bagagli fino all’inverosimile. In altre si scorgevano paesaggi marini, tramonti, montagne, città e paesi che avevano tutta l’aria di appartenere al Nord Europa, con piccole casette di legno in riva al mare. E ancora, sempre Andrea, molto più giovane e con molti più capelli, con lo zaino in spalla accanto a diversi treni, o con in mano enormi merluzzi appena pescati in qualche mare nordico.

    E, tra tutte, una foto. Quella che più delle altre attirò l’attenzione di Chiara, che rimase ad ammirarla quasi estasiata.

    Era una fotografia notturna di un cielo contro cui si stagliavano dei tetti a spiovente di alcune case. Ma era il cielo a rendere l’immagine straordinaria. Un cielo nel quale esplodevano come in un caleidoscopio colori fosforescenti e brillantissimi, che sembravano quasi sciogliersi nell’oscurità dell’orizzonte. Lampi di luce colorata potentissimi, tanto potenti da illuminare a giorno la volta celeste, ma lasciando il resto nella più totale oscurità.

    Un’immagine straordinaria, che ebbe l’effetto di inchiodare Chiara e farla estraniare da tutto il resto: dagli odori di spezie e di incenso, dalla musica, dal caldo, dalla voce di Andrea che la invitava ripetutamente a sedersi a tavola, mentre reggeva nelle mani due piatti fumanti dall’odore decisamente accattivante.

    La cena scorse via piacevolmente, con Chiara che gradì la cucina indiana di Andrea molto più di quanto lui stesso si aspettasse. Aumentando con ciò le sue aspettative per il dopo.

    La ragazza però non stava godendo solo delle prelibatezze gastronomiche che assaporava quella sera per la prima volta. Era piuttosto altro che l’aveva rapita. E fu solo quando il pollo al Korma fu quasi terminato che toccò l’argomento.

    «Davvero bellissime queste fotografie, complimenti!».

    «Grazie», rispose Andrea un po’ sorpreso dal mutato atteggiamento di Chiara, solitamente più ironica e provocatrice.

    «La fotografia è sempre stata una delle mie grandi passioni, sai. Fino a poco tempo fa, prima dell’avvento del digitale, passavo serate intere chiuso in camera oscura a stampare. Ora purtroppo non è più la stessa cosa, anche se è diventato molto più comodo elaborare le immagini. Però, ti confesso, passare ore a inventarsi un effetto di mascheratura era...»

    «Quella foto!», lo interruppe Chiara.

    Andrea rimase perplesso per quella inaspettata interruzione.

    «Quale foto?», riuscì solo a replicare.

    «Quella foto... quella del cielo con quei colori stupendi! Dove l’hai fatta?».

    «Ah, quella... è in Norvegia, un’aurora boreale fotografata alle Isole Lofoten, dove sono state scattate anche la maggior parte delle altre fotografie sulla parete. Solo che tutte le altre lo ho scattate in estate. Quella l’ho scattata in pieno inverno, invece».

    «Inverno? Sei stato in Norvegia in pieno inverno?».

    «Sì, quando sono stato a Stamsund per la tesi di laurea».

    «Hai fatto la tesi di laurea in Norvegia? E su cosa, sui merluzzi?», ribatté Chiara, riprendendo il tono ironico a canzonatorio che caratterizzava il suo modo di esprimersi. «Ma non sei laureato in fisica?».

    «Perché, non si può preparare una tesi di laurea in fisica in Norvegia?», rispose Andrea un po’ stizzito, prima di mettersi a spiegare quell’apparente stranezza.

    «Mi sono laureato in astrofisica, per la precisione. La mia tesi aveva come argomento proprio il fenomeno delle aurore boreali, uno dei più affascinanti fenomeni meteorologici osservabili sulla Terra. Purtroppo, o forse dovrei dire per fortuna, osservabili solo a latitudini estreme, e durante l’inverno.

    Sono stato tre mesi alle Isole Lofoten, un angolo di paradiso oltre il Circolo Polare Artico, nell’inverno di quindici anni fa, dopo che ci ero stato in viaggio solo l’estate prima, con sacco a pelo e zaino in spalla. Tre mesi di osservazioni, fotografie, misure, interviste, ricerche. Probabilmente i tre mesi più belli della mia vita».

    Chiara tornò seria, affascinata da quel racconto. La sua tesi di laurea in economia politica le appariva improvvisamente arida e polverosa, al confronto.

    «Non sapevo che l’aurora boreale potesse essere oggetto di ricerche scientifiche».

    «E’ un fenomeno ancora non completamente spiegato, assolutamente interessante dal punto di vista scientifico, oltre che bello esteticamente».

    «Certo che ne fai di cose interessanti!», commentò Chiara, mentre nei suoi occhi passava un lampo di luce che sembrava voler imitare la fotografia da cui era rimasta tanto affascinata.

    Ecco, ci siamo... si sta sciogliendo...

    «Grazie, mi fa piacere che apprezzi!», rispose Andrea, nella cui testa passavano pensieri molto meno di circostanza.

    «Davvero, quelle immagini mi hanno affascinato!», continuò Chiara.

    Mi sa che ha bevuto al punto giusto... forse sarebbe bene passare sul divano...

    «Te l’ho detto, era solo una tesi di laurea… ma è stata un’esperienza bellissima!».

    «Oddio, mi sento quasi di invidiarti! Non sai quanto mi sarebbe piaciuto fare anch’io esperienze così intense!».

    Ora o mai più...

    «Dai, mettiamoci più comodi... magari ti racconto ancora un po’ di cose su quel viaggio..».

    «Certo», fu la reazione immediata di Chiara. Che però soggiunse subito: «Se solo potessi aumentare un po’ di più il ventilatore sul soffitto... si comincia davvero a soffocare, con questi piatti così speziati poi...», mentre manifestava evidenti segni di insofferenza al caldo.

    E no! Qui incombe il cocomero a Trastevere! Qui rischia di andare tutto all’aria!

    «Mi sa che il ventilatore è già al massimo. Comunque io non sento poi così caldo, sarà che stamattina sono stato in bicicletta e il caldo l’ho sofferto davvero!».

    «Sai cosa ci vorrebbe, quasi quasi?».

    No... ti prego, no!

    «Una bella fetta di cocomero ghiacciato! Che ne dici?».

    BANG!

    «Un cocomero ghiacciato, eh?», fece Andrea dubbioso.

    E’ il momento di passare alle contromisure...

    «Aspetta un attimo, torno subito», e si diresse verso la cucina.

    Tornò un minuto dopo, con in braccio un cocomero gigante preventivamente tenuto in ghiacciaia.

    Mezz’ora dopo, mentre le labbra di Andrea premevano contro quelle di Chiara e la sua lingua tentava di farsi strada nella sua bocca; mentre la ragazza passava alternativamente tra momenti di completo abbandono al desiderio e repentini irrigidimenti; mentre la temperatura dell’aria circostante non accennava a diminuire nonostante fosse quasi mezzanotte; mentre in un punto imprecisato dell’emisfero sud, a latitudini prossime ai settantacinque gradi, in mezzo all’Oceano Antartico, la più bella aurora polare della storia del pianeta Terra andava persa per mancanza totale di spettatori; mentre Andrea faceva scivolare una mano sotto i jeans di Chiara cercando di sentire la sua voglia e cercando di farle sentire la sua; mentre Chiara, socchiudendo gli occhi, cercava di convincersi che in fondo erano due settimane che non voleva altro; mentre Andrea, al culmine dell’eccitazione, stringeva la ragazza sempre più forte con il respiro che si faceva sempre più affannoso; mentre i pinguini della banchina ghiacciata del Mare di Amundsen non facevano nemmeno caso a quello che vedevano sul cielo sopra di loro; mentre Chiara ricambiava l’abbraccio di Andrea stringendosi intorno a lui e cercando di non pensare a quanto potesse essere complicata la sua vita; mentre Andrea pensava a quale potesse essere il momento più adatto per tirare fuori dalla tasca dei pantaloni il preservativo che si era opportunamente nascosto...

    Mentre accadeva tutto questo, in un altro posto e in un altro tempo si compiva ciò che nessuno avrebbe potuto in alcun modo impedire. E nemmeno immaginare.

    Non i pinguini della banchina ghiacciata del Mare di Amundsen, intenti unicamente a cercare di catturare più pesce possibile tra i rari buchi nel ghiaccio polare.

    Non Andrea, per il quale in quel momento l’intero Universo era concentrato in pochi centimetri di carne in mezzo alle sue gambe, pronto ad esplodere in un nuovo Big Bang.

    E nemmeno Chiara, che, dopo aver trascorso i dieci minuti più intensi ed eccitanti della sua vita recente (intendendo con ciò gli ultimi sei mesi della sua esistenza della durata parziale di anni trentadue), ebbe un improvviso momento di ravvedimento, che si risolse in un brusco quanto inatteso irrigidirsi e distogliere la mano di Andrea dall’interno dei suoi jeans.

    «No scusa, davvero…», farfugliò imbarazzata mentre si staccava frettolosamente dall’abbraccio nel quale si era persa fino ad un attimo prima.

    «Pensavo stessi bene anche tu», replicò Andrea senza nemmeno cercare di nascondere la sua delusione. «C’è qualcosa che non va?».

    «No, davvero… non c’è niente che non vada… è tutto perfetto… è solo che è tutto un gran casino!».

    Chiara si ricompose, spostandosi fin sulla punta del divano, in una posizione che sembrava quasi la ricerca di una facile via di fuga. Il suo umore si era fatto improvvisamente serio, e anche l’espressione del suo volto era decisamente cambiata. Andrea se ne accorse, sentì che una specie di barriera invalicabile era calata tra i due. E intuì che non avrebbe potuto fare nulla per aggirarla.

    Il momento magico di poco prima era definitivamente perso. Forse era meglio cercare di rendere l’atmosfera più rilassata. Tornare a parlarsi come prima che accedesse quello che non era accaduto.

    «Non ti preoccupare, anzi, scusami tu, forse sono stato un po’ troppo irruento», provò Andrea.

    «No, tu non c’entri. Sono io che sono un casino. Un gran casino».

    «Qualcosa di cui non puoi parlarmi?».

    «Non qualcosa; tante cose, di cui è molto meglio che non ti parli. Credimi».

    «Mi sembri preoccupata, spero che non sia niente di grave. Posso fare qualcosa per aiutarti?», le chiese Andrea, fattosi anche lui piuttosto serio.

    «No, lascia stare. Lasciami stare».

    «Vuoi che usciamo un po’? Magari prendiamo un po’ d’aria, questo caldo qui dentro ci sta massacrando».

    «No, è meglio che vada. Davvero».

    Andrea capì che quella serata, preparata con tanta cura nei dettagli e iniziata con

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1