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Il frutto della corteccia
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Il frutto della corteccia

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SINOSSI
L’Ispettore Di Falco e i suoi colleghi Ombra e Romano sono convocati dal Questore per indagare su un caso di omicidio avvenuto in Canada la cui vittima è un siciliano, nonché, residente nella città dove ha competenza il Commissariato di P.S. dove lavorano i tre poliziotti. I tutori dell’ordine locali vengono affiancati da due poliziotti canadesi. Dietro il delitto vi è un arcano mistero. L’indagine lunga e complessa viene risolta grazie alla testardaggine dei tre tutori dell’ordine che nel frattempo vengono pure sospesi perché indagati per spaccio di droga.
Si tratta di una storia se non vera molto verosimile. Il lettore verrà immerso immediatamente nella atmosfera investigativa tipica di una squadra di poliziotti veri che operano all'interno di una cittadina siciliana. L'intrigo ha collegamenti con la potentissima mafia italo-canadese. Protagonista della vicenda giudiziaria una anziana donna a cui è sempre stato negato dalla sua famiglia mafiosa il diritto alla maternità.

Note personali.
Fabio Fabiano nasce ad Agrigento nel 1967. Ripercorrendo le orme paterne, a diciannove anni si arruola nella Polizia di Stato. Nel 1996 consegue la laurea in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo. Lavora alla Sezione Volanti della Polizia di Agrigento e nel '98 ottiene la specialità per la Polizia Scientifica. Nel 2003 diviene responsabile del Gabinetto Provinciale di Polizia Scientifica di Agrigento. Nel 2009, responsabile della squadra di Polizia Giudiziaria del Commissariato di P.S. di Porto Empedocle (la Vigata di Andrea Camilleri). Dal 2010 viene assegnato alla Sezione Catturandi della Squadra Mobile di Agrigento.
Oltre alla vocazione poliziesca si unisce quella radiofonica (da oltre vent'anni conduce come dj un programma musicale su una radio locale) e quella giornalistica (cura da oltre due anni la realizzazione di documentari televisivi per Teleacras).
Nel 2008 ha pubblicato “Il Caso del Morto per fortuna” romanzo poliziesco della serie L'Ispettore di Falco della Collana “Non solo indagini”, lanciata nel 2008 dalla CSA Editrice. Sempre per la stessa serie e Casa editrice, nel 2009 ha pubblicato “Cuore di Gesù” che compendia le sue grandi passioni e le arricchisce delle competenze professionali acquisite nel corso della sua lunga carriera investigativa. La nuova pubblicazione della serie, dal titolo “46909” allarga il campo d’azione dell’investigatore Di Falco in ambiti internazionali.
LanguageItaliano
PublisherFabio Fabiano
Release dateOct 12, 2012
ISBN9788867552245
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    Il frutto della corteccia - Fabio Fabiano

    srl


    CAPITOLO 1

    Ci sono dei momenti in cui un uomo comincia a comprendere quanto siano pesanti da sopportare i propri limiti. Questa considerazione era sempre più chiara all’Ispettore Di Falco che stava cercando di imparare ad usare un nuovo sistema di registrazione per le intercettazioni telefoniche ed ambientali.

    Maledetti! Se non conosci l’inglese e non hai una laurea in informatica sei tagliato dal mondo sussurrava a voce bassa il poliziotto.

    Eppure gli sarebbe bastato telefonare al tecnico che gli aveva affittato l’apparecchiatura per farsi spiegare comodamente l’uso del marchingegno. Ma lui no, era convinto che l’unico modo per imparare fosse quello di capire da solo, al limite chiedere al suo vice Romano. Le sfide con una tecnologia sempre più veloce cominciavano a stancarlo. Agli esordi della sua carriera aveva iniziato a lavorare con i registratori. Se le ricordava ancora le bobine da sostituire con il nastro marrone. Gli venne in mente una sigla AR2000. Poi, arrivarono gli AR4000, sempre più sofisticati, e anche quel giorno fu costretto a imparare le nuove funzioni. Presto i 4000 furono sostituiti dai DAT e quello fu un gap generazionale come affermava soddisfatto il più giovane di lui Romano. I sistemi da analogici divennero digitali. Da quel momento ci fu una continua corsa verso sistemi sempre più sofisticati e complessi, realizzati su software che giravano all’interno di p.c. Si lavorava di meno e si potevano seguire più utenze nella stessa work station. Le trascrizioni delle conversazioni avvenivano dentro apposite maschere create dal programma di gestione delle intercettazioni. All’inizio invece venivano appuntate su un registro che si chiamava brogliaccio e quando erano rilevanti venivano trascritte su un foglio di carta intestata con una macchina da scrivere.

    Quindi se devo registrare schiaccio rec se devo riascoltare schiaccio play borbottava Di Falco sempre più assorto e sempre più confuso. Per un attimo si scoraggiò, il sistema non registrava e lui non capiva il perché. Stanco di tradurre da un manuale, con il suo inglese scolastico, si rassegnò e pensò: tanto con la pratica diventerò padrone della macchina molto presto.

    Passarono pochi minuti e ritornò a incaponirsi su quel diabolico marchingegno sicuro di poterla spuntare.

    Intanto gli altri due componenti della sua squadra di polizia giudiziaria, Ombra e Senese, erano intenti a repertare sette chili di marijuana sequestrata in una piantagione clandestina, alcuni giorni addietro. Lo stupefacente era contenuto dentro una scatola di cartone che era stato legato a dovere con dello spago e come prescritto dalla corrente normativa sarebbe stato sigillato con della ceralacca. Il materiale rosso bolliva dentro una tegame posto su un fornellino elettrico, e i vapori che si sprigionavano rendeva l’aria irrespirabile.

    Romano con le cuffie sulle orecchie riascoltava senza sosta, in modalità loop, una conversazione intercettata su una vettura in uso al boss mafioso di un paese vicino. Il capo bastone e un secondo soggetto, non ancora identificato, parlavano di carciofi da prendere e da portare, ma quello non era periodo, per cui bisognava capire cosa nascondessero dietro la parola carciofo. Il poliziotto provò a pensare a pistole, panetti di hascisc, soldi falsi, ma sostituiti alla parola carciofi il senso della frase non aveva una coerenza.

    Di Falco improvvisamente urlò di gioia: Vaffanculo! potevano scriverlo che per registrare bisognava schiacciare contemporaneamente il tasto rec e quello play! Ora finalmente ho capito, sono un grande!

    Gli altri tre non badarono alle parole del loro capo, assorti com’erano ognuno nelle proprie faccende. Scoperto come attivare la funzione di registrazione, l’ispettore Di Falco cercò di capire come effettuare l’archiviazione dei files audio, ma un nuovo momento di sconforto lo assalì perché la procedura era diversa rispetto a quella del modello precedente.

    Testa di cazzo mi hai bruciato il dito! gridò di dolore Senese che, tenendo con l’indice un lembo dello spago con cui stavano repertando lo stupefacente, fu investito da una piccola colata di ceralacca depositata dall’incurante Ombra.

    Esagerato, che vuoi che sia un po’ di ceralacca, sbrigati poggiagli il timbro prima che diventa dura replicò l’altro.

    Nel frattempo squillava il telefono, ma nessuno dei quattro si alzò per rispondere, sicuro che il lavoro che stava svolgendo era senza dubbio più importante di quello degli altri.

    A sentire il telefono fu anche il commissario Capuozza, il dirigente del commissariato, che essendo nel corridoio e pensando che la stanza da dove proveniva il trillo fosse vuota, andò per rispondere alla chiamata. Entrando, vide i suoi colleghi impegnati a fare tutto tranne che l’ovvio, cioè, prendere la cornetta.

    Infastidito dalla scena che gli si presentò sotto gli occhi la afferrò lui.

    Pronto disse Capuozza.

    Finalmente ti sei deciso a prendere sto minchia di telefono è tre ore che squilla rispose il centralino.

    Sono il dottore Capuozza e ti comunico che questi quattro coglioni della squadra di polizia giudiziaria se non entravo io nella stanza a prendere il telefono manco ti rispondevano.

    Mi scusi dottore non l’avevo riconosciuta ero sicuro di parlare con qualcuno della squadra. Replicò mortificato il centralinista.

    Ma quale squadra, questi mettendo assieme i loro cervelli non riescono a fare un righello da dieci centimetri! cazziò Capuozza.

    A Di Falco montò il sangue alla testa. Primo perché non era riuscito a risolvere il problema tecnico dell’archiviazione dei files, secondo perché nessuno aveva risposto al telefono, terzo perché giusto dal superiore che detestava si stava prendendo una lavata di testa per una sciocchezza che si sarebbe potuta evitare.

    Senta dottore c’è il centralinista della questura che deve passare una telefonata all’Ispettore Di Falco aggiunse Ferlisi.

    Sì ora te lo passo il comandante della squadra dei rintronati rispose il dirigente del commissariato che posò la cornetta sul tavolo e si allontanò disgustato dalla stanza.

    Di Falco si alzò e prese la cornetta incazzato come una bestia feroce e come prassi se la scuttò con Ferlisi gridandogli al telefono: Che minchia vuoi? C’è bisogno di fare squillare così forte il telefono?

    Ma sai che sei proprio un’emerita testa di minchia? Tu non solo impieghi tre ore per rispondere, ma pure ti lamenti che qualcuno fa squillare forte il telefono disse il Questore a cui Ferlisi aveva passato nel frattempo la telefonata.

    Chiedo scusa, pensavo che fosse Ferlisi al telefono disse mortificato Di Falco.

    Giovanni Di Falco sempre minchiate combini, da quando ti sei arruolato ad oggi non sei cambiato, anzi, forse peggiorato. Ti do quindici minuti di tempo per arrivare in Questura che ti devo presentare due colleghi canadesi. Anzi, vieni con calma e di’ al tuo compare Ombra di non correre, che se questa volta fa un incidente, la macchina gliela faccio addebitare assieme a quella che ha distrutto un mese fa.

    Signor sì si limitò a rispondere il sottoposto.

    Intanto una asfissiante coltre di fumo si era estesa per tutta la stanza a causa dell’ebollizione della ceralacca, rendendo l’ambiente invivibile. Di Falco che non sapeva con chi prendersela trovò la scusa per urlare a qualcuno e se la prese con Ombra e Senese che avevano repertato la droga: Dico ma questo è modo di fare? E’ possibile che mi state intossicando con questa robaccia?

    E come credi di riuscire a far fondere la ceralacca senza creare vapori? replicò piccato Ombra.

    Lascia perdere tutto e vai a preparare la macchina, il Questore ci ha convocato, deve presentarci dei colleghi canadesi probabilmente si tratta dell’indagine collegata agli accertamenti in merito ad Armando Di Caro, quello che hanno rinvenuto morto a Montreal nel quartiere italo canadese di San Leonard precisò l’Ispettore.

    Allora prendo il fascicolo propose Romano.

    Certo confermò Di Falco.

    Questa non era la prima volta che Di Falco e il personale del Commissariato collaborava con poliziotti di altri stati. Alcuni anni prima avevano cooperato con dei poliziotti del Belgio per un traffico di macchine rubate. Per superare i problemi derivanti dalla comunicazione le polizie estere inviavano di solito poliziotti le cui famiglie erano di origine italiana per cui bene o male conoscevano la lingua.

    Giunti in centrale nel corridoio che anticipava la stanza del Questore il segretario incrociandoli disse: Ombra tu è meglio che non entri se no ti fai proprio male!

    I tre guardarono il segretario del Questore come a chiedere maggiori informazioni in merito a quella dichiarazione.

    L’addetto alla segreteria del Questore rispose con un perfetto mutismo che incuriosì ancora di più i tre poliziotti.

    Di Falco reagì: Invece di sparare minchiate, considerato che sei un civile e non hai il porto d’armi, annunciaci al Questore che ci aspetta.

    Il segretario alzò la cornetta e compose il numero interno: Signor Questore ci sono in attesa l’Ispettore Di Falco e i suoi ragazzi che chiedono di essere ricevuti

    Falli entrare e raccomandagli di fingere di essere persone educate disse il Questore.

    Il segretario ripeté a pappagallo le parole proferite dal superiore.

    I tre continuarono a guardarsi ancora più stupiti ed entrarono nella stanza del Questore.

    Il capo della Questura quando riceveva era di solito seduto dietro la scrivania, invece questa volta era accomodato in un salottino assieme a due persone di cui una di spalle era una donna. L’insolita posizione del Questore fece insospettire ulteriormente Di Falco.

    Entrate ragazzi disse stranamente il Questore con tono allegro e invitante.

    Mentre si avvicinavano al salottino le due persone che erano sedute si alzarono.

    Un fascio di luce di bellezza colpì i tre uomini. Un sorriso, un paio di occhi blu e un volto da copertina di Vogue li abbagliò. Romano restò senza parole, Ombra esclamò che fi…, ma la frase fu subito opportunamente coperta da quella di Di Falco che urlò: Buongiorno.

    Al Questore che non era sfuggita la battuta di Ombra cominciò a dare segni di insofferenza e con tono severo disse: Entrate forza, che vi presento i colleghi della polizia canadese.

    I due ospiti si avvicinarono ai tre nuovi arrivati e si salutarono con una stretta di mano.

    Ombra quando strinse la mano alla donna la guardò intensamente dritto negli occhi e la poveretta faticò non poco a liberare la mano dalla presa vigorosa del poliziotto italico.

    Questi sono i detective Joseph Musso e Nancy Guastella delle Giubbe Rosse canadesi disse il Questore.

    Poi continuò:Sono qui per il caso su cui avete già lavorato per conto dell’Interpol, l’omicidio di un nostro connazionale a Montreal. I vostri accertamenti, così come vi spiegheranno meglio i colleghi canadesi, non sono riusciti a chiarire alcuni aspetti di questo caso di omicidio che è molto complesso. E’ inutile riferirvi, ma lo faccio lo stesso, quanto sia importante per il Capo della Polizia questa collaborazione tra le nostre polizie, e quanto ci teniamo tutti quanti a fare bella figura con il governo canadese. I due amici sono da considerare ospiti di riguardo, non sono armati per cui bisogna che seguano le nostre indagini ma non devono essere mai messi nelle condizioni di dover rischiare la loro incolumità fisica.

    Ombra, prontamente interruppe il Questore: non si preoccupi signor Questore finchè ci sono io al loro fianco neanche rischiano di inciampare

    Il Questore ancora più insofferente riprese la parola: Io invece mi preoccupo e magari più del dovuto e mi raccomando di non stare troppo attaccato al fianco di Nancy

    Nancy anche se lusingata dalla frase di Ombra, si mise a ridere alla battuta sottolineata dal Questore.

    Ricapitoliamo la situazione riprese il Questore tre mesi fa in Canada ed esattamente a Montreal, nel quartiere italiano di San Leonard e più precisamente nel parco intitolato a Luigi Pirandello, veniva rinvenuto il cadavere dell’italiano Armando Di Caro, qui residente. La salma viene rinvenuta con diciotto coltellate concentrate tra petto e pancia. Nella prima fase delle indagini non trovando in tasca del morto il portafogli si ritenne che il poveretto era stato vittima di una rapina. Ma ci sono due circostanze che non sono coerenti con l’omicidio a seguito di rapina: la prima è che, chi uccide per fare una rapina non sferra diciotto coltellate, questo accade di solito quanto si uccide in preda a un vero e proprio raptus d’ira; la seconda è quella che ci lascia sgomenti, infatti, sul coltello che è l’arma del delitto, ritrovato dentro un cassonetto della spazzatura, oltre che il sangue della vittima viene rintracciato il sangue dell’omicida che incredibilmente, dopo il test del DNA, risulta affine a quello della vittima. Nello specifico come dicono i biologi vi è il fattore y che accomuna i due, il che vuol dire in parole povere che sono discendenti per linea paterna. Ora non si può stabilire il perfetto grado di parentela. A questo punto però mi tocca dare la parola al nostro amico Joseph Musso che ci continuerà a spiegare il resto delle indagini.

    Il poliziotto canadese ringraziò il questore e poi con il suo accento italo canadese continuò in merito alla circostanza, qualche mese fa vi abbiamo inviato tramite l’interpol la richiesta di conoscere lo stato di famiglia della vittima e anche i suoi discendenti. Dai cognomi che ci avete inviato purtroppo non siamo riusciti ad individuare persone o parenti che vivessero in Canada. Gli unici Di Caro che abbiamo individuato sono lontani parecchie miglia da Montreal e non solo non sono imparentati con la vittima ma non sono neanche sospettabili. A questo punto siamo ritornati qui per capire come è possibile che ad uccidere Armando Di Caro sia stato un suo parente che non è residente in Canada né tantomeno che abbia viaggiato o sia giunto in Canada negli ultimi due anni.

    A Di Falco queste due circostanze misero in moto diverse ipotesi che sistematicamente venivano smentite dentro la sua mente. Il suo primo quesito che gli venne in mente fu: "Dove era esattamente posta l’arma del delitto rispetto al posto dove era stato rinvenuto il cadavere.

    Il canadese rispose: A una decine di metri.

    Poi per meglio dare l’idea della scena del crimine lo stesso estrasse da una cartella un fascicolo fotografico e lo diede nella mani di Di Falco. Quest’ultimo e Romano si misero a osservare le foto, mentre Ombra osservava la poliziotta Canadese disinteressandosi completamente di quello di cui si stava parlando nella stanza. Finito il fascicolo fotografico Di Falco prese la parola Il caso non è semplice e ci sono alcuni spunti investigativi che vorrei approfondire, ma prima di tutto, sempre con il permesso del signor questore avrei il piacere di invitarvi a pranzo, se siete d’accordo. I due poliziotti canadesi si guardarono negli occhi e poi acconsentirono.

    Prima di andare al ristorante i due ospiti furono accompagnati al loro albergo, mentre i poliziotti italiani portarono la scatola sigillata che conteneva la droga presso l’ufficio reperti del Tribunale. Lì ad accoglierli c’era l’instancabile Carla Bonomo che vedendoli arrivare con una gran voglia di consegnare e ripartire, ne approfittò per riempirli di incombenze da sbrigare, conscia che i tre poliziotti non avessero replicato.

    Mi raccomando questi vanno distrutti sottolineò consegnando vari pacchi sigillati eccovi il decreto di distruzione del giudice, questo invece contiene una pistola che va consegnata al settimo reggimento di fanteria che provvederanno alla distruzione, mentre questi incartamenti vanno inceneriti.

    Ci hai dato lavoro per un mese si lagnò Romano.

    Esagerato tu in una giornata ti liberi di tutto e mi metti a posto l’ufficio replicò l’impiegata.

    E così i tre poliziotti, che avevano troppa fretta per rispondere, presero tutto e ubbidirono all’implacabile cancelliere Carla Bonomo.

    CAPITOLO 2

    A pranzo, presso il ristorante dell’amico Lillo, Di Falco si sedette come di consuetudine a capo tavola, Romano e Joseph Musso si posizionarono frontalmente, Ombra e Nancy Guastella replicarono la posizione degli ultimi due. Ad aprire il discorso fu l’ispettore seduto a capo tavola: Come se la passano in Canada i poliziotti?

    Non ci lamentiamo, la mia famiglia ha dato poliziotti alla stato Canadese da tre generazioni, mio padre era poliziotto, come lo era mio nonno replicò sinteticamente Musso.

    Romano chiese Scusa, chi ha rinvenuto il cadavere e a che ora?.

    Il poliziotto canadese rispose La mattina presto, intorno alle 6, da un insegnate che era al parco per la sua consueta seduta di footing. Appena ha visto il cadavere ha subito chiamato con il suo cellulare il nostro centralino. Il medico ha stabilito che l’ora del decesso era riconducibile alle 21,00. All’inizio abbiamo pensato ad una rapina, gli mancava il portafogli e abbiamo avviato le indagini in tal senso. Poi con la scoperta della relazione di parentela tra la vittima e l’assassino abbiamo cambiato direzione alle indagini, tanto che poi tramite interpool vi abbiamo chiesto delle informazioni in merito al suo stato di famiglia.

    Di Falco posò il menù guardò negli occhi Joseph Musso e chiese: Da quanto tempo era in Canada Di Caro? E dove alloggiava?

    Il poliziotto Canadese, si versò del vino nel bicchiere lo sorseggiò e poi disse: Buono! Il suo ingresso in Canada era stato registrato due giorni prima della morte. Era giunto con un volo proveniente da Palermo con scalo a Roma. Alloggiava in un hotel non molto distante dal posto dove è stato ritrovato. L’albergatore, anche lui di origine italiana, ricorda di averlo visto sempre da solo. Anche il titolare di una pizzeria dove aveva cenato prima di essere stato ucciso lo aveva visto da solo. Il bagaglio conteneva esclusivamente degli indumenti e una piantina di Montreal, dove era cerchiato con un pennarello rosso il quartiere di San Leonard

    Romano cominciò a mangiare un pezzo di pane nervosamente, poi intervenne: "Dai nostri accertamenti Di Caro non risulta legato in alcun modo alla mafia locale, tantomeno imparentato a esponenti mafiosi italo americani o canadesi. Abbiamo pensato che potesse essere un insospettabile corriere della mafia. A volte i mafiosi usano incensurati per queste attività. Ma di fatto Di Caro era una persona tranquilla, era il titolare di una avviata ditta nella vendita di elettrodomestici. Così a naso non sembra uno che si prestasse a questi giochi. La sua posizione finanziaria era solida.

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