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Una vita in ambulanza
Una vita in ambulanza
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Una vita in ambulanza

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About this ebook

Pazienti ammalati, traumatizzati, con problemi psicologici, vittime di incidenti casuali o dovuti all’egoismo ed alla malvagità umana, colti nel momento cruciale del loro dolore, sulla strada o nell’intimità delle proprie case. E’ questo il mondo che Luciana ed i suoi compagni d’ambulanza ci fanno conoscere. Attraverso episodi che s’ispirano ad interventi d’emergenza realmente effettuati, incontriamo altre figure: medici, infermieri, vigili del fuoco ed appartenenti alle forze dell’ordine tutti impegnati a preservare delle vite. I ricordi della protagonista ci insegnano piacevolmente, grazie ad uno stile condito con un pizzico d’umorismo, anche un po’ di storia del soccorso, in un arco di tempo che inizia con i “lettighieri” in camice bianco, costretti ad affidarsi spesso solo ad un’ autocultura e allo spirito altruistico, e termina con l’avvento degli operatori in tuta munita di bande rifrangenti, istruiti e coordinati dalle centrali del 118.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMar 3, 2012
ISBN9788866185413
Una vita in ambulanza

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    Una vita in ambulanza - Nicoletta Niccolai

    DONDOLO

    NOTTE IN GIALLO

    Kung fu

    Si sfilò i pesanti scarponi e avvicinatasi al tavolino si tolse con destrezza le lenti a contatto, dopo più’ di vent’anni quell’operazione le portava via solo pochi secondi, e le ripose accuratamente dentro il contenitore chiuso nella tasca superiore della giacca della divisa da soccorso.

    Spense la luce, poi, tentoni, raggiunse la scaletta e si isso’ sul letto a castello.

    Faceva caldo, avvicino’ l’orologio agli occhi, per riuscire a leggere l’ora….le lancette fosforescenti segnavano le due e venti, chissà se sarebbero riusciti a riposare un po’?

    Il sudore le correva lungo il collo e tra i capelli, raccolti a treccia, le appiccicava la polo alla schiena e si insinuava a formare pozzanghere, sotto le ginocchia.

    Stava rigirandosi per la decima volta, producendo il lamentoso scricchiolio della rete che aveva pero’ il potere di far cessare, per qualche istante, il russare di Mauro, quando dall’interfono la voce del centralinista urlo’: Servizio !.

    Erano ormai passati i tempi in cui, quell’an-nuncio, avrebbe provocato, in Luciana, un repentino aumento delle pulsazioni e quell’eccitazione che culminava con un groppo in gola.

    Quanti servizi d’emergenza aveva svolto in tanti anni? Ottomila? diecimila? O più?

    Non si era mai presa la briga di fare il calcolo.

    Rapidamente rifece, all’inverso, le operazioni appena compiute, riguardando l’orologio si accorse, infatti, che erano trascorsi solo otto minuti, e si avvio’ verso la sala radio.

    "Codice Giallo, Milano via Condello 15, uomo che sanguina, non si sa’ altro", nel dire questo Carlo gli mise in mano un foglietto con tutti i dati e Luciana corse fuori e sali’ in ambulanza.

    Mauro aveva già preso posto alla guida e inserito l’indirizzo nel satellitare.

    Luciana lo guardo’, nella capigliatura del suo uomo cominciava a prevalere il grigio e aveva bisogno degli occhiali per vedere lo schermo del computer di bordo, ma, lui sì aveva ancora il potere di farle battere il cuore.

    Pietro si era sistemato dietro e stava controllando che il vano sanitario fosse a posto. Il tremolio delle sue mani denotava l’inesperienza, il suo diploma di soccorritore, era stato incorniciato ed appeso, come un trofeo, nella sua camera da letto solo da tre mesi. Aveva scelto il turno notturno con i capi proprio per sentirsi più’ sicuro.

    Nel giro di un minuto l’ambulanza era in strada e ululava nelle vie deserte, era il 9 agosto.

    Stai attento, quelli che sono in giro si credono i padroni della città’ Porca….. Un’auto grigia taglio’ la strada, incurante delle segnalazioni d’emergenza. Mauro con maestria sterzò quel tanto indispensabile per evitarla e per proseguire la sua corsa. Senti, bionda, va bene che sei un’appren-dista veggente, ma potresti startene zitta? Bionda era l’appellativo che lui usava con lei da sempre, pur avendo, ancora, Luciana, i capelli color nero corvino.

    La 12 è sul posto informò via radio e, senza attendere l’ok del centralino, aprì lo sportello e balzò giù velocemente dal mezzo. Sentì le ginocchia piegarsi e ammortizzare il leggero urto dovuto al salto e mentalmente si congratulò con se stessa per la sua forma fisica, la ferrea dieta dimagrante le aveva giovato.

    Sul marciapiede vi era una figura minuta che gesticolava, era una cinese visibilmente in preda al panico che, a gesti concitati e nella sua incomprensibile lingua, invitava a seguirla.

    Luciana si addentrò in un portone buio. Dal rumore del portellone che si chiudeva intuì che Pietro era a pochi passi dietro di lei, di sicuro con lo zaino sulle spalle. Alla prima figura femminile se n’aggiunse un’altra e le grida si moltiplicarono. Una rampa di scale, una porta, sempre più voci urlanti d’uomini, donne e bambini.

    Tutto l’ambiente era giallo. Un bimbetto con gli occhi a mandorla le si proiettò incontro, aveva in braccio, due fagottini più piccoli di lui. Facevano a gara a chi piangeva di più.

    Un altro più grandicello lo seguiva, anche lui con un carico urlante tra le braccia. Tre donne spostandosi ai lati della stanza cercavano di placare, tenendosi a debita distanza, due uomini intenti a lottare tra loro. Uno perdeva visibilmente sangue da una mano. Il pavimento e gli unici arredi: un tavolo e due sedie, erano cosparsi di vetri. Tutti erano a piedi nudi.

    Pietro, che era rimasto appiccicato alla porta, bisbigliò Devo chiamare Mauro?

    No, aspetta!

    Luciana si avvicinò ai due contendenti che simultaneamente si resero conto della presenza d’estranei e all’unisono smisero di colpirsi.

    Un silenzio irreale occupò lo spazio, ma durò solo pochi secondi. Il karateka ferito sferrò un calcio alla porta dietro di lui, poi, entrambi ripresero l’incontro in quel locale attiguo. Gli strepiti e i pianti ricominciarono all’istante, così come l’andirivieni, scoordinato e privo di senso, di tutti i restanti membri di quella famiglia. Occorreva intervenire in qualche modo.

    Luciana, facendo bene attenzione a scandire le parole ed ad usare un tono deciso, sovrastò tutte le voci:

    I Bambini, ci sono i bambini, i bambini si possono fare del male.

    L’uomo più giovane uscì dalla stanza e si lasciò cadere su una sedia, sbraitando qualcosa in cinese spazzò via dal tavolo quel che restava di bottiglie e bicchieri.

    L’altro, con un asciugamano avvolto sulla mano corse verso il bagno. Quella che presumibilmente era la sua compagna incitò Luciana a seguirlo Sangue, sangue, sta male. Luciana guardò il cinese negli occhi e intuì che più che all’ira era in preda ai fumi dell‘alcool.

    Di sicuro era quella una delle cause del litigio.

    No, non volele, sto bene

    Fammi vedere la ferita, vedi che perdi ancora sangue, mi capisci?

    Si io lavolale, io cuoco, non volele andale in ospedale

    Se la ferita è grave poi non puoi più lavorare, fammi vedere dai.

    L’uomo svolse l’asciugamano e, non abbandonando la sua aria baldanzosa, mostró la mano. Aveva una profonda ferita da taglio che correva lungo l’attaccatura del pollice sfiorando le vene del polso.

    Bisogna mettere dei punti, altrimenti rischi di non riuscire ad usare più questo dito

    La radio portatile si mise a gracchiare, ma la voce di Mauro giunse chiara Tutto bene lì dentro?

    Si faccio mettere un paio di scarpe a Bruce Lee, poi arriviamo.

    Nessun parto sulla 12

    Mentre varcavano le porte automatiche del Pronto Soccorso, Pietro chiese:

    Perché hai usato proprio quella frase, mi riferisco ai bambini?"

    Dovevo smorzare la tensione indirizzando la loro attenzione verso qualcos’altro, forse perché sono una donna ho pensato ai bambini, non so se per la loro cultura siano poi così importanti, però ha funzionato

    Risalita al suo posto Luciana terminò di compilare il bollettario

    Quanti chilometri, capo?

    Sei

    La 12 è libera e disponibile, con sei chilometri

    Ricevuto! Sono le tre e diciassette!

    Mauro le scoccò un’occhiata allettante al di sopra degli occhiali Non avresti voglia di un gelato?

    A quest’ora? Il nove d’agosto? E dove la scoviamo una gelateria aperta? E poi guarda che stomaco ti ritrovi!

    Guarda la tua ..di pancia Disse lui allungandole un pizzicotto, non proprio sulla pancia.

    Smettila, siamo in servizio e non siamo soli

    Io non vedo e non sento niente precisò Pietro da dietro.

    Comunque, a proposito del gelato continuò lei se anche trovassimo un venditore ambulante in mezzo alla strada, impazzito per il caldo, che ci volesse regalare dei coni, potrebbe capitare come quella volta che, dopo si o no, una leccatina siamo stati costretti a buttarli fuori dal finestrino……

    " 12…118!…and.."

    Ma sei una strega!

    La voce proveniente dall’altoparlante si confuse, per un attimo, con l’esclamazione di Mauro

    …. lano via dei Campi 2 , donna gravida con perdite ematiche, codice Giallo

    Il Capo digitò l’indirizzo e attese che lo schermo gli segnalasse la direzione da prendere, accese poi lampeggianti e sirena e tornò a rivolgere tutta la sua attenzione alla guida.

    Luciana prese lo stradario e controllò l’indirizzo. Lei e Giovanna (così avevano battezzato la suadente voce che usciva dal computer, per indicare la strada), qualche volta non erano dello stesso parere. Si fidava di più della sua memoria e della sua esperienza, del resto prima dell’avvento di quell’aggeggio elettronico era sempre stata lei a fare le funzioni di navigatore. O forse c’era un pizzico di gelosia inconscia, per quella femmina, che le aveva rubato un compito così importante per il suo autista?

    Puntò i piedi, per avere più stabilità e contrastare le oscillazioni dell’ambulanza in corsa, e anche lei si concentrò sulla strada. Nonostante la sua miopia, aveva un ottimo colpo d’occhio, in più di un’occasione aveva contribuito ad evitare incidenti. Questo, Giovanna, non lo sapeva fare.

    "…TRA CENTO METRI GIRARE A DESTRA… POI DESTINAZIONE RAGGIUNTA."

    Anche questa volta c’era qualcuno ad attenderli, ancora una donna, ma di colore diverso, decisamente nera.

    Attraversarono un cortile. Pietro, tirandola per una manica, fece un cenno col capo alla sua sinistra. Luciana guardò da quel lato e scorse, dietro una lunga vetrata, un locale illuminato a giorno dove decine di asiatici, donne e bambini erano chini su lunghi banconi; sembravano formiche al lavoro.

    Si domandò come fosse possibile che solo lei, e i suoi colleghi, fossero testimoni di tante realtà sommerse. Di sicuro tanti sapevano…

    Salirono una stretta rampa di scale e si ritrovarono in una sala ancora più stretta.

    Una giovane senegalese dai lineamenti delicati sedeva su una sedia, a gambe allargate, mostrando, in tutta la sua rotondità, una gravidanza forse giunta al termine. Era tutta sudata, era tutta tremante.

    Naturalmente nessuna delle due conosceva una parola della nostra lingua.

    Perché ci insegnano l’inglese? Oggi occorre studiare il cinese, l’arabo, l’albanese e naturalmente il senegalese.

    Con il linguaggio universale dei gesti, riuscirono a capire tutto ciò che occorreva: che aveva superato l’ottavo mese, che aveva perso sangue ma non aveva rotto le acque, che non aveva contrazioni e che, come avevano già intuito, aveva una paura terribile

    Luciana strinse la mano alla ragazza e le accarezzò i capelli, aveva la capacità di calmare le persone. Forse era il tono di voce, forse lo sguardo, forse quel fluido innato che Mauro le invidiava (quello di lui, però funzionava egregiamente sugli animali).

    Dopo averne valutato le condizioni generali, fece alzare la donna e, sempre temendola per mano, si assicurò che potesse camminare. Aveva infatti optato per la scelta secondo lei più sicura: la sedia cardiopatica non ci passava, altre attrezzature sarebbero state traumatizzanti.

    Scesero lentamente e con cautela le scale.

    Mauro aveva già provveduto a portare la barella in mezzo al cortile, l’aveva abbassata a livello del suolo e stava sistemando telo, cuscinetto, e coperta. Poteva sembrare assurdo usare una coperta in agosto, ma le persone in stato di shock patiscono il freddo anche con temperature eccezionalmente alte.

    In ambulanza, Luciana, dopo essersi accertata della consistenza e del tipo di perdite della sua paziente, la sistemò nel modo più consono al suo stato. La fece, cioè, sdraiare voltata leggermente sul fianco sinistro, aiutandola con un cuscino dietro la schiena, e le posizionò le gambe, per essere pronta ad ogni evenienza.

    Percepiva la paura della ragazza, di sicuro temeva per il suo bambino, il sangue la spaventava. Allora, aiutandosi con la mimica, le chiese se lo sentiva muoversi.

    La senegalese le guidò la mano, ancora avvinghiata alla sua, su un lato della pancia e Luciana avvertì nettamente il movimento di quell’esserino che aveva voglia di nascere. La rincuorò con un sorriso e ordinò a Mauro Vai al S. Giacomo, per ora in Verde

    D’un tratto i lineamenti della donna si deformarono, in una smorfia di dolore, la stretta della mano diventò una morsa.

    Stai calma, tra poco arriveremo in ospedale, sono molto bravi, vedrai che andrà tutto bene…. Mauro accelera un po’, ma senza scosse.

    Una nuova smorfia, stavolta accompagnata da un grido. Luciana controllò l’orologio.

    La successiva contrazione arrivò mentre la 12 oltrepassava il cancello del S. Giacomo.

    Luciana passò mentalmente in rassegna le decine di donne, che aveva accompagnato in quel particolare ed indelebile momento della loro vita.

    Donne di diversa età, di diverso colore, di diverso ceto.

    Donne che avevano affrontato la maternità, in maniera diversa: con emozione, con tranquillità, con consapevolezza, e purtroppo anche con indifferenza.

    Donne confortate da un compagno, a volte più trepidante di loro, e donne sole.

    Gli ospedali di Milano e provincia erano raggiungibili, per fortuna, in pochi minuti.

    Tutte erano arrivate fino in sala parto.

    Una grossa infermiera venne incontro, trascinando i piedi, alla barella e al suo carico.

    Ciao Ilaria … otto mesi, perdite ematiche, inizio contrazioni da pochi minuti, un minuto di frequenza

    Ilaria si avvicinò ad un microfono e scandì a voce alta il ginecologo in Pronto Soccorso, il ginecologo in Pronto Soccorso Mettetela lì , sul lettino, poi ce ne occupiamo noi

    Hai visto che siamo arrivati in tempo disse Luciana, a mo’ di saluto.

    La senegalese le riprese la mano e se l’avvicinò a una gota strusciandola, con incredibile delicatezza, avanti ed indietro sulla sua pelle liscia grazie… grazie

    Luciana sentì i propri occhi inumidirsi, il loro era un duro lavoro, carico di responsabilità ma non apprezzato, ma … come era appagante quel grazie.

    Estricazione

    Il rumore di una porta sbattuta la riscosse dal dormiveglia, pensò.

    Non occorreva, stavolta, controllare l’orologio, erano, di sicuro, le cinque e mezza.

    Stavano entrando le squadre addette al trasporto dei dializzati.

    Trenta minuti più tardi sarebbero arrivati gli equipaggi dei servizi ospedalieri.

    La porta d’ingresso cominciò ad aprirsi ed a chiudersi ripetutamente.

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