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IL MISTERO SVELATO AI DODICI - Dal Genesi all'Apocalisse un'indagine a 360° di Laura e Marisa Angelini
IL MISTERO SVELATO AI DODICI - Dal Genesi all'Apocalisse un'indagine a 360° di Laura e Marisa Angelini
IL MISTERO SVELATO AI DODICI - Dal Genesi all'Apocalisse un'indagine a 360° di Laura e Marisa Angelini
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IL MISTERO SVELATO AI DODICI - Dal Genesi all'Apocalisse un'indagine a 360° di Laura e Marisa Angelini

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Una trama allegorica rivela senza equivoci chi siano realmente personaggi ambigui come Eva o il diavolo. Solo gli apostoli del Cristo e i profeti dell'Antico Testamento erano a conoscenza di un mistero sconosciuto ancora oggi, addirittura ai rabbini Ebrei e alle varie chiese cristiane. Un'indagine a trecentosessanta gradi rivelerà qua e là nelle Scritture l'identità di Satana e la presenza del fatidico numero 666 oltre che nell'Apocalisse di Giovanni, anche nel libro della Genesi e nei Vangeli. Dottrine e dogmi accettati da secoli saranno completamente rovesciati o eliminati, come con un colpo di spugna. Grazie a questa ricerca incrociata dei passi, che non lascerà più luogo a dubbi verranno alla luce i veri significati di concetti e parole fraintesi da secoli, rivelando non solo che Dio ci ama, ma chi rappresentino in realtà personaggi come Sarah, Isacco, Agar, Jezabel o misteriosi luoghi ancora non localizzati, come per esempio la Terra Promessa, l'Eden, i quattro fiumi del Genesi, i territori dei Refahim, così l'Inferno. Si può azzardare con questo saggio di poter dichiarare che la maggior parte degli interrogativi che l'umanità si è sempre posta siano finalmente risolti.
LanguageItaliano
Release dateMar 18, 2014
ISBN9788868859503
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    IL MISTERO SVELATO AI DODICI - Dal Genesi all'Apocalisse un'indagine a 360° di Laura e Marisa Angelini - Laura Angelini

    Helio

    29 Ma Gesù, rispondendo, disse loro: Voi errate, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio. (Matteo 22,29)

    Introduzione

    Quel pomeriggio, la mamma ci aveva lasciati dalla prozia Marta per andare a sbrigare delle faccende urgenti con papà. La casa era grande e odorava di legno e di polvere e gli oggetti che catturavano la nostra attenzione erano tantissimi. Alcuni di essi facevano paura, soprattutto vecchi ritratti di famiglia appesi alle pareti, e numerose bambole sedute su una cassapanca davanti al letto della zia, le quali sembravano guardarci con cattive intenzioni.

    La zia irruppe pochi istanti dopo: «Via di lì! Non si tocca! Non toccate niente». La casa sembrava imbalsamata e così doveva rimanere.

    «Perché, cosa c’è lì dentro?» domandò mia sorella.

    «C’è il diavolo! E… se non state bravi…» Rispose la vecchia zia infastidita.

    Ci allontanammo di scatto verso la cucina, e rimanendo sulla porta mentre zia Marta preparava un goloso budino, osservammo a debita distanza quella cassapanca, per vedere che faccia avrebbe avuto il diavolo nel caso fosse uscito.

    Naturalmente, questa è solo una storiella inventata. Ma tu… hai mai avuto paura del diavolo? Come pensi che sia? Come te lo immagini? Cosa ti hanno raccontato di lui? Credi che esista davvero o che sia solo frutto della fantasia umana? Ti piacerebbe sapere qualcosa di più su di lui?

    Ti piacerebbe conoscere tutta la verità sul diavolo?

    Mai come oggi, il mondo si è trovato di fronte a un bivio: credere o non credere e in chi credere.

    Scienziati, storici, filosofi, letterati e non solo hanno speso e stanno ancora spendendo tutte le loro energie per la ricerca della verità, facendo però, a volte, apparire inverosimili e poco attendibili storie come quelle narrate nella Bibbia. In effetti, come dargli torto! L’intera Bibbia sembra costellata di incongruenze, inesattezze scientifiche e contraddizioni storiche, nonché, di episodi violenti, dettati a quanto pare dalla volontà dell’Eterno.

    Nel nostro piccolo, anche noi, affascinate dalla vibrante passione e dall’enigmaticità che indiscutibilmente traspaiono da questi testi, sopravvissuti ai secoli, ci siamo volute incamminare in questa avventura, concentrando le nostre ricerche sui passi dell’Antico e del Nuovo Testamento. Ne sarebbe valsa la pena? Ci eravamo domandate più volte! O avremmo invece sacrificato la casa e la famiglia per un nulla? Il fatto è che uno strano presentimento non cessava di tormentarci: avevamo intuito qualcosa, che ancora non riuscivamo a definire.

    Con tutta sincerità, non eravamo affatto soddisfatte di ciò che avevamo appreso durante i trascorsi anni scolastici e non ci siamo in seguito accontentate di quanto gli addetti ai lavori avevano spacciato, inconsapevolmente, per corretta interpretazione, ciò che per noi assumeva invece tutt’altro significato. A nostro avviso troppe cose non quadravano: molti particolari importanti erano stati per troppo tempo ignorati, riducendo misteriosi enigmi e apparenti contraddizioni bibliche a fantasiose assurdità, con il conseguente effetto a catena di trascinare potenziali credenti verso o un’accettazione passiva della dottrina o al contrario, verso un cieco ateismo.

    Lo scopo di questo saggio è, quindi, quello di stimolare il lettore a farsi nuove domande, percorrendo inesplorati sentieri e scoprendo così inedite rivelazioni circa fatti e personaggi della Bibbia, considerati sino a oggi da un punto di vista puramente storico-letterale, se non addirittura leggendario.

    Partendo dal presupposto che queste Scritture siano state ispirate da Dio, e siano quindi sacre, dobbiamo anche ammettere che Dio sia in grado di superare gli ostacoli posti dai vari dibattiti in corso, come per esempio, le differenze che emergono tra l’interpretazione jawista ed elowista o come per la scelta dei testi canonici o apocrifi. È vero che se tutto quanto è parte di un disegno divino, anche coloro che in passato credettero di aver preso le redini della storia, pensando di essere stati loro gli artefici degli eventi e del percorso religioso, benché provvisti di libero arbitrio, non sono riusciti in ogni caso a interferire con il progetto divino. Erano inconsapevolmente guidati da Dio.

    Dio è più forte della storia!

    È palese, quindi, che la scelta dei testi non abbia assolutamente influito sul contenuto del messaggio, che noi pensiamo non essere mai stato conosciuto da alcuno, tranne che dai dodici apostoli, istruiti da Rabbi Jehoshua, ma sorprendentemente anche dai profeti dell’Antico Testamento.

    Questo libro non vuole assolutamente essere un tentativo di conversione. Starà infatti al lettore valutare o no la fondatezza delle nostre ipotesi; piuttosto, vuole suggerire una nuova chiave di lettura, esclusivamente di tipo allegorico, alla quale siamo arrivate sicuramente per vie misteriose. Le Scritture stesse, suggerendoci il metodo appropriato per indagarle, contemporaneamente ce ne confermano l’esistenza:

    «Per capire i proverbi e le allegorie,

    le parole dei saggi e i loro enigmi.» (Proverbi 1,6)

    E ancora testimonia Ezechiele:

    «1 E la parola dell’Eterno mi fu rivolta in questi termini: 2 Figliuol d’uomo, proponi un enigma e narra una parabola alla casa d’Israele...» (Ezechiele 1,1-2)

    Non si tratta però di codici segreti, tanto meno di astrusi calcoli numerici, come forse qualcuno si aspetterebbe, ma ci siamo semplicemente fidate delle parole di Gesù il Cristo, quando in Matteo dice:

    «Perciò parlo loro in parabole, perché, vedendo, non vedono; e udendo, non odono e non intendono.» (Matteo 13,13)

    Quelle parole non potevano essere state dette a caso, dovevano avere un chiaro significato; lasciavano, infatti, sottintendere un insegnamento segreto impartito ai discepoli e sconosciuto alle masse. Isaia lascia addirittura intendere di conoscere i responsabili di questa nostra cecità, degli occhi e del cuore, per il momento a tutti ancora ignoti:

    «Non sanno nulla, non capiscono nulla; hanno impiastrato loro gli occhi perché non vedano, e il cuore perché non comprendano.» (Isaia 44,18)

    Sarà l’apostolo Paolo a svelarci in seguito chi è l’autore di questo crimine:

    «… per gli increduli, ai quali il dio di questo mondo ha accecato le menti, affinché non risplenda loro la luce del vangelo della gloria di Cristo, che è l’immagine di Dio.» (2 Corinzi 4,4)

    È lui, dunque, il colpevole, «il dio di questo mondo?»

    E chi sarebbe, se le Scritture fossero per caso veritiere?

    Secondo il passo degli Atti, è però Satana ad avere la potestà su questo mondo:

    «… per aprir loro gli occhi, onde si convertano dalle tenebre alla luce e dalla potestà di Satana a Dio, e ricevano, per la fede in me, la remissione dei peccati e la loro parte d’eredità fra i santificati.»

    (Atti 26,18)

    A incoraggiare ulteriormente la nostra scelta di prediligere un metodo d’interpretazione prevalentemente allegorico, è stata però la lettura del passo che troviamo nella Lettera ai Galati, nella quale Paolo parlando della schiava e della donna libera dice:

    «Le quali cose hanno un senso allegorico» (Galati 4,24)

    Questi passi costituiscono le fondamenta del nostro pensiero e, allo stesso tempo, il carburante per la nostra ricerca.

    Di certo, non possediamo le competenze necessarie per condurre un’indagine storica o archeologica; per questo compito, ci sono gli addetti ai lavori. Ciò che abbiamo invece intuito è che Dio doveva avere per forza lasciato una sua impronta, che nonostante gli studi fatti sino a oggi, non è mai stata rilevata. Un chiaro esempio è l’enigmatico libro dell’Apocalisse dell’Evangelista Giovanni, ricco di simbolismi indecifrabili e, sebbene per l’interpretazione letterale ci si sia basati su di un numero stabilito di libri, detti canonici, la stessa cosa non la si può dire circa l’allegoria; essa infatti sconfina anche negli apocrifi.

    Abbiamo così deciso di percorrere un altro sentiero, scavando sotto l’interpretazione letterale, senza mai, però, dimenticare quel: «… perché, vedendo, non vedono; e udendo, non odono e non intendono». Si è rivelato a noi, con nostra sorpresa, un grande mistero, tenuto insieme da un unico filo conduttore che corre dal primo libro della Genesi all’ultimo libro dell’Apocalisse di Giovanni, e non solo. Proprio questo mistero andrà a svelare l’aspetto sovrumano di Gesù detto il Cristo, nonché un più complesso e imparziale progetto di Dio per noi.

    Questo insolito percorso di studio è stato per noi quasi obbligatorio, in quanto, all’epoca, non eravamo entrambe graziate dalla fede. È stata, quindi, necessaria una ricerca incrociata dei passi biblici per dare concretezza alle nostre intuizioni circa l’interpretazione allegorica.

    Avete presente quelle figure che creando un’illusione ottica danno percezioni diverse secondo il punto di vista dell’osservatore? Per la Bibbia accade la stessa cosa. Un’altra realtà era stata lì da sempre, sotto il nostro naso, ma difficile da scorgere. Ecco perché «vedendo non vedono e udendo non intendono» ed ecco perché i personaggi della Bibbia potrebbero non essere ciò che sembrano a una prima osservazione. I passi biblici assumono così un aspetto poliedrico dove coesistono diverse realtà: storica, archeologica, narrativa, leggendaria, morale, nonché didattica, psicologica, filosofica, ma soprattutto spirituale, con l’intento di accompagnare le varie categorie di umani, dai più materialisti ai più evoluti spiritualmente, verso l’unica meta, che è quella di essere simili al Cristo e ritornare a essere a immagine di Dio. Avvisiamo il lettore che per ragioni di semplificazione, per il termine terra, uno dei concetti chiave espressi in questo libro, sarà fatta una particolare distinzione. Riferendoci al pianeta Terra useremo sempre la T maiuscola, mentre per la terra arabile, la t minuscola.

    Il percorso investigativo partirà proprio da Eva, la donna più misteriosa della Bibbia, la cui progenie schiaccerà la testa al serpente; sarà infatti lei la protagonista di tutto il viaggio, dalla terra maledetta alla Nuova Gerusalemme. Grazie alla scoperta della sua vera identità, la figura femminile, per millenni bistrattata e ridotta a un gradino inferiore rispetto a ciò che Dio aveva stabilito nella creazione, ritroverà finalmente il suo giusto valore.

    Il caso è riaperto.

    Un mistero nascosto da secoli

    Chi ha letto attentamente il Nuovo Testamento deve per forza essersi accorto della presenza di un grande mistero, svelato, però, solo agli apostoli dal loro maestro Gesù, detto il Cristo. Ma di che mistero si tratta? E quali sono i passi in cui se ne accenna? È possibile che sia stato volutamente tenuto segreto per secoli, con la complicità di tutti, o si tratta veramente di una volontà divina? Chi era, o chi è dunque, questo Gesù, per essere stato l’unico a conoscere questo mistero e a essere in grado di svelarlo? Nell’introduzione abbiamo esposto la nostra inconsueta interpretazione circa le Scritture, che metterebbe sotto una nuova e differente luce storie, luoghi e personaggi, dando un senso diverso alla nostra esistenza. Qualche conservatore, però, potrebbe pensare che sia già stato detto tutto e non vi sia più niente da aggiungere. Ma potrebbe non essere così.

    Cosa intendeva dire Gesù in questo brano tratto dal vangelo di Matteo?

    «10 Allora i discepoli, accostatisi, gli dissero: Perché parli loro in parabole? 11 Ed egli rispose loro: Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli; ma a loro non è dato. 12 Perché a chiunque ha, sarà dato, e sarà nell’abbondanza; ma a chiunque non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13 Perciò parlo loro in parabole, perché, vedendo, non vedono; e udendo, non odono e non intendono.» (Matteo 13,10-13)

    Non è però alle ricchezze materiali che si riferisce Gesù in questo brano, e Luca sottilmente ce lo indica:

    «Attenti dunque a come ascoltate: perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, anche quello che pensa di avere gli sarà tolto.» (Luca 8,18)

    Che cosa significa tutto ciò, forse che ancora oggi, noi tutti, ai quali i Vangeli sono giunti in parabole, siamo rimasti all’oscuro di qualche importante messaggio? È escluso che con queste parole Gesù si stesse riferendo semplicemente al famoso insegnamento circa l’amore e il perdono, che tutti ormai conosciamo; seguito o rifiutato, è pur sempre arrivato ai confini del mondo. Verrebbe quindi da pensare che i discepoli di Gesù fossero a conoscenza di una verità ignorata da tutti gli altri, ma, allo stesso tempo, rivelata in parabole anche a chi non era suo discepolo...

    Proprio in questi ultimi tempi sono sempre di più quelli che sorridono e ironizzano sull’ormai consolidato aggettivo sacre, attribuito da migliaia di anni alle nostre Scritture. Dapprima, l’Antico Testamento, fonte di una promessa e di una grande speranza per il popolo ebraico, poi, il Nuovo Testamento, espletamento di questa promessa e unica via della salvezza per i cristiani. Da cosa origina dunque il dubbio di questa sacralità? Molte contraddizioni, dichiarazioni insensate e pura fantasia sono state riscontrate da chi, però, a nostro avviso, si è accontentato di una lettura superficiale, troppo frettolosa ed esclusivamente letterale. Non dimentichiamo quel: «Affinché vedendo non veggano e udendo non intendano». Significa, quindi, che dietro a una semplice frase si nasconde, invece, il vero messaggio. In quali altri punti della Bibbia, però, siamo messi a conoscenza di questo mistero?

    Un brano dell’Antico Testamento che abbiamo ritenuto illuminante lo troviamo nel libro di Isaia:

    9 Stupitevi pure… sarete stupiti! Chiudete pure gli occhi… diventerete ciechi! Costoro sono ubriachi, ma non di vino; barcollano, ma non per bevande spiritose. 10 È l’Eterno che ha sparso su di voi uno spirito di torpore; ha chiuso i vostri occhi (i profeti), ha velato i vostri capi (i veggenti). 11 Tutte le visioni profetiche son divenute per voi come le parole d’uno scritto sigillato che si desse a uno che sa leggere, dicendogli: «Ti prego, leggi questo!» il quale risponderebbe: «Non posso perch’è sigillato!» 12 Ovvero come uno scritto che si desse ad uno che non sa leggere, dicendogli: «Ti prego leggi questo!» il quale risponderebbe: «Non so leggere».

    13 Il signore ha detto: Giacché questo popolo s’avvicina a me colla bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lungi da me e il timore che ha di me non è altro che un comandamento imparato dagli uomini, 14 ecco ch’io continuerò a fare tra questo popolo delle maraviglie, maraviglie su maraviglie; e la saviezza dei suoi savi perirà, e l’intelligenza degl’intelligenti di esso sparirà. (Isaia 29,9-13)

    A quale tipo di intelligenza si riferisce questa profezia di Isaia? Forse a quella elargita dal frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, del quale Eva fu attratta e se ne nutrì?

    Vediamo cosa dice il Genesi:

    «6 E la donna vide che il frutto dell’albero era buono a mangiarsi, ch’era bello a vedere, e che l’albero era desiderabile per diventare intelligenti…» (Genesi 3,6)

    Ancora oggi, le parole di Isaia risuonano più che mai veritiere! Così, come quelle di Ezechiele sembrano corrispondere in pieno a questi squallidi e incerti, nostri tempi:

    «26 Verrà sventura dopo sventura,

    allarme dopo allarme;

    chiederanno visioni ai profeti,

    ai sacerdoti mancherà la conoscenza della legge,

    agli anziani il consiglio.» (Ezechiele 7,26)

    Di passi che accennano a questo mistero, solo nel Nuovo Testamento, ne abbiamo addirittura individuati grossomodo una ventina. Gli elencheremo tutti, pur sapendo quanto possa risultare pesante per il lettore; lo riteniamo in ogni caso necessario, affinché si possa procedere per gradi. Per esempio, nella seconda Lettera di Pietro, vi è scritto:

    «… nelle quali epistole sono alcune cose difficili a capire, che gli uomini ignoranti e instabili torcono, come anche le altre Scritture, a loro propria perdizione.» (2 Pietro 3,16)

    A quali scritture alludeva Pietro in questo passo? Facciamo notare che, se la lettera fosse autentica e non pseudoepigrafa, precederebbe di qualche anno la stesura dei Vangeli, quindi non è da escludere che Pietro si riferisse anche ai libri dell’Antico Testamento, la cui esposizione dichiara essere molto complessa e non adatta a tutti. Oltretutto, la conseguente «perdizione» in cui rischiano di incappare questi uomini «instabili» conferma un insegnamento di tipo spirituale. Marco, altrettanto, accenna a un insegnamento comunicato segretamente:

    «… ma in privato spiegava ogni cosa ai suoi discepoli...» (Marco 4,34)

    Notiamo che, anche Paolo, nella sua Lettera ai Galati, ha mantenuto questa curiosa consuetudine e, cioè, di trasmettere l’insegnamento in due modi differenti, l’uno rivolto alle masse e l’altro rivolto ai più fidati:

    «2 E vi salii in seguito ad una rivelazione, ed esposi loro l’Evangelo che io predico fra i Gentili, ma lo esposi privatamente ai più ragguardevoli, onde io non corressi o non avessi corso in vano.» (Galati 2,2)

    Chi sarebbero questi «ragguardevoli», se non coloro che vedono e che odono, e che soprattutto intendono?

    Ancora nel vangelo di Luca troviamo scritto:

    «… perché hai nascosto queste cose ai savi e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli fanciulli.» (Luca 10,21)

    Sempre Luca dice:

    «Allora aprì loro la mente per intendere le Scritture…» (Luca 24,45)

    Questi ultimi due passi spiegano chiaramente come non sia indispensabile essere intelligenti, e soprattutto sapienti, per comprendere la parola di Dio; piuttosto, è necessario essere ricettivi, nonché privi di malizia e strutture artificiose, proprio come i fanciulli.

    Il tema di questo mistero ritorna ancora nella Prima lettera ai Corinzi:

    «6 Nondimeno fra quelli che son maturi noi esponiamo una sapienza, una sapienza però non di questo secolo né de’ principi di questo secolo che stan per essere annientati, 7 ma esponiamo la sapienza di Dio misteriosa ed occulta che Dio avea innanzi i secoli predestinata a nostra gloria, 8 e che nessuno de’ principi di questo mondo ha conosciuta; perché, se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signor della gloria.» (1 Corinzi 2,6-8) (Corsivo nostro)

    Sempre nella Prima lettera ai Corinzi Paolo scrive:

    «Così ci stimi ognuno come dei ministri di Cristo e degli amministratori dei misteri di Dio.»

    (1 Corinzi 4,1) (Corsivo nostro)

    Così ancora la stessa lettera dice:

    «Cosicché non giudicate di nulla prima del tempo, finché sia venuto il Signore, il quale metterà in luce le cose occulte delle tenebre…» (I Corinzi 4,5) (Corsivo nostro)

     «14 Or l’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché gli sono pazzia; e non le può conoscere, perché le si giudicano spiritualmente. 15 Ma l’uomo spirituale giudica d’ogni cosa, ed egli stesso non è giudicato da alcuno. 16 Poiché chi ha conosciuto la mente del Signore da poterlo ammaestrare? Ma noi abbiamo la mente di Cristo.» (I Corinzi 2,14-16) (Corsivo nostro)

    Paolo nella Seconda lettera ai Corinzi, rammentandoci un episodio della vita di Mosè, non manca di suggerirci una seconda chiave di lettura.

    «12 Avendo dunque una tale speranza, noi usiamo grande franchezza, 13 e non facciamo come Mosè, che si metteva un velo sulla faccia, perché i figliuoli d’Israele non fissassero lo sguardo nella fine di ciò che doveva sparire. 14 Ma le loro menti furon rese ottuse; infatti, sino al dì d’oggi, quando fanno la lettura dell’antico patto, lo stesso velo rimane, senz’essere rimosso, perché è in Cristo ch’esso è abolito. 15 Ma fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo rimane steso sul cuor loro; 16 quando però si saranno convertiti al Signore, il velo sarà rimosso.» (2 Corinzi 3,12- 16) (Corsivo nostro)

    Paolo ci segnala che solo attraverso la piena fiducia nel Verbo, quindi nelle Scritture, senza mai stancarci di leggerle e rileggerle, cadrà quell’ottusità che ci rende tutto velato e incomprensibile. Soprattutto è nel Nuovo Testamento che vengono svelati gli enigmi contenuti nell’Antico, così quelli contenuti nel Nuovo trovano la loro soluzione nell’Antico.

    Senza dubbio, la Seconda lettera ai Corinzi seguita nell’allusione a questo mistero:

    «3 E se il nostro vangelo è ancora velato, è velato per quelli che son sulla via della perdizione, 4 per gl’increduli, dei quali l’iddio di questo secolo ha accecato le menti, affinché la luce dell’evangelo della gloria di Cristo, che è l’immagine di Dio, non risplenda loro.» (2 Corinzi 4,3-4) (Corsivo nostro)

    Qui Paolo sottolinea che solo attraverso la lettura costante del Vangelo e la liberazione dal dio di questo secolo che è Satana, anche gli increduli potranno ricevere la vera luce, sostanza di Cristo, che è il Verbo, e di conseguenza a immagine di Dio. Chiaramente, per «secolo» non si intende un periodo di tempo di cento anni, ma tutta l’era terrena in cui l’umanità è vittima della condizione carnale, e quindi dei suoi peccati; il termine è coerente con «quel vedendo non vedono e udendo non intendono». Molti sono gli increduli che hanno approfittato dell’ambiguità di questo termine, ovvero «secolo», per etichettare la persona di Gesù Cristo come un ingenuo utopista, se non addirittura folle. Proprio Gesù, però, smentisce questa diceria messa in giro dagli uomini, con questa parabola del Vangelo di Luca:

    «34 E Gesù disse loro: I figliuoli di questo secolo sposano e sono sposati; 35 ma quelli che saranno reputati degni d’aver parte al secolo avvenire e alla risurrezione dai morti, non sposano e non sono sposati, 36 perché neanche possono più morire, giacché son simili agli angeli e son figliuoli di Dio, essendo figliuoli della risurrezione.» (Luca 20,34-36)

    Gesù, profondo conoscitore delle Scritture, e quindi delle genealogie, nonché di intelligenza comprovata, sapeva benissimo che i suoi antenati si sposavano già dai secoli precedenti il suo. Il primo secolo di cui parla, quando sposiamo e moriamo, è il periodo in cui viviamo nella prigione della carne, il secondo non è accessibile a tutti, ma solo a quelli che saranno «reputati degni»; di fatti non coinvolge la dimensione temporale quale noi la conosciamo.

    Così, non intendeva dire che nel secolo successivo al suo saremmo diventati tutti angeli ma che, piuttosto, dopo la morte chi ne sarà degno entrerà nel nuovo secolo in spirito, un secolo eterno, quindi, e non come lo intendiamo noi. Nessuno dei due secoli a cui si riferisce Gesù corrisponde a un periodo di cento anni, ma rappresentano entrambi due condizioni del tutto differenti se non opposte.

    A supporto della nostra tesi ci corre in aiuto il Vangelo di Marco con la parabola del giovane ricco:

    «28 E Pietro prese a dirgli: Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e t’abbiam seguitato. 29 E Gesù rispose: Io vi dico in verità che non v’è alcuno che abbia lasciato casa, o fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o figliuoli, o campi, per amor di me e per amor dell’evangelo, 30 il quale ora, in questo tempo, non ne riceva cento volte tanto: case, fratelli, sorelle, madri, figliuoli, campi, insieme a persecuzioni; e nel secolo avvenire, la vita eterna.» (Marco 10,28-30)

    Gesù desidera farci comprendere che le ricchezze e tutto ciò che ci è mancato, lo meritiamo mentre siamo in carne e ossa su questa Terra (cioè in questo secolo) insieme però alla sofferenza. Di queste ricchezze materiali e spirituali ne godremo, perciò, solo nel secolo a venire e cioè, dopo la morte, per l’eternità.

    Risulta quindi vana ogni polemica circa la capacità o meno da parte di Gesù Cristo di saper valutare i tempi e di discernere l’immanente dal trascendente. Volendo essere più puntigliose e prendendo in esame il passo di Matteo 13,40, si nota come Gesù fosse consapevole nell’indicare come età presente tutta l’era terrena, alla quale seguirà il giudizio divino. Molti affermano che quello di Gesù fu un tentativo di tipo politico-rivoluzionario, con l’intento di infiammare le masse contro il regime dell’epoca. Questo sì, che coinvolgerebbe solo la sua generazione contemporanea! Ma la parabola è esplicita sul fatto che il nemico che semina la zizzania sia proprio il diavolo, mentre i mietitori sono angeli. Questo dimostra che Gesù sapeva benissimo che il secolo di cui parlava non si sarebbe concluso con la fine della generazione vivente nel primo secolo. Al passo 49-50 lo conferma nuovamente. Ci spiace per gli scettici, ma non era un rivoluzionario che cercava di liberare Israele dal potere romano, ma dal peccato.

    Ugualmente, nella Lettera agli Efesini, Paolo non lesina di accennare a questo mistero:

    «Egli è stato abbondante inverso noi dandoci ogni sorta di sapienza e di intelligenza col farci conoscere il mistero della sua volontà…» (Efesini 1,9) (Corsivo nostro)

    E ancora:

    «non resto mai dal render grazie per voi, facendo di voi menzione nelle mie orazioni, 17 affinché l’Iddio del Signor nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per la piena conoscenza di lui…» (Efesini 1,16-17)

    Paolo spiega nuovamente che per conoscere Dio, proprio da Lui dobbiamo ricevere uno spirito di sapienza e di rivelazione, da considerare quindi come una grazia. Così, ancora:

    3 come per rivelazione mi sia stato fatto conoscere il mistero, di cui più sopra vi ho scritto in poche parole; 4 le quali leggendo, potete capire la intelligenza che io ho del mistero di Cristo. 5 Il qual mistero, nelle altre età, non fu dato a conoscere ai figliuoli degli uomini nel modo che ora, per mezzo dello Spirito, è stato rivelato ai santi apostoli e profeti di Lui; 6 vale a dire, che i Gentili sono eredi con noi, membra con noi d’un medesimo corpo e con noi partecipi della promessa fatta in Cristo Gesù mediante l’Evangelo, 7 del quale io sono stato fatto ministro, in virtù del dono della grazia di Dio largitami secondo la virtù della sua potenza. 8 A me, dico, che son da meno del minimo di tutti i santi, è stata data questa grazia di recare ai Gentili il buon annunzio delle non investigabili ricchezze di Cristo, 9 e di manifestare a tutti quale sia il piano seguito da Dio riguardo al mistero che è stato fin dalle più remote età nascosto in Dio, il Creatore di tutte le cose… (Efesini 3,3-9) (Corsivi nostri)

    Con questi versi ci viene data conferma che il mistero non era stato conosciuto nei secoli precedenti, eccetto che per ispirazione divina dai profeti; si deve trattare perciò di un mistero trasmesso da Dio ai profeti, e così da Gesù il Cristo ai suoi discepoli, che a loro volta l’hanno rivelato a coloro i quali erano ritenuti maturi per riceverlo.

    Da un frammento di un inno battesimale, la Lettera agli Efesini recita:

    «Risvegliati, o tu che dormi, e risorgi da’ morti, e Cristo t’inonderà di luce.»

    (Efesini 5,14)

    Qui, Paolo è deciso nell’ammonirci, affinché prendiamo consapevolezza della realtà di Cristo e della sua salvezza, … ma non solo! Questo passo contiene altri messaggi.

    Un’ulteriore conferma di questo mistero si trova infatti nella Lettera ai Colossesi:

    «25 della quale io sono stato fatto ministro, secondo l’ufficio datomi da Dio per voi di annunziare nella sua pienezza la parola di Dio, 26 cioè, il mistero, che è stato occulto da tutti i secoli e da tutte le generazioni, ma che ora è stato manifestato ai santi di lui; 27 ai quali Iddio ha voluto far conoscere qual sia la ricchezza della gloria di questo mistero fra i Gentili, che è Cristo in voi, speranza della gloria...» (Colossesi 1,25-27) (Corsivi nostri)

    Intende dire che, se non si conosce il mistero, non si può conoscere completamente la parola di Dio, che è il mistero nascosto a tutte le generazioni e come abbiamo già detto svelato solamente agli apostoli… La vera ricchezza, che in realtà nemmeno Salomone ha mai posseduto. Dovremmo però chiederci: in che modo il Cristo è in noi? A questa domanda risponderemo più avanti. Perciò Paolo si esprime in questo modo:

    «… per giungere alla completa conoscenza del mistero di Dio:3 cioè di Cristo, nel quale tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti.»

    (Colossesi 2,2-3) (Corsivo nostro)

    E per questo Dio ci incoraggia a supplicare:

    «Invocami, e io ti risponderò,

    ti annuncerò cose grandi e impenetrabili

    che tu non conosci.» (Geremia 33,3) (Corsivo nostro)

    Così la Seconda lettera ai Tessalonicesi ci delucida in proposito:

    «Poiché il mistero dell’empietà è già all’opra…» (2 Tessalonicesi 2,7) (Corsivo nostro)

    È chiaro, quindi, che né Gesù né gli Apostoli hanno mai fatto mistero di questo mistero se ci è consentito il gioco di parole. Ma di che mistero si tratta? È possibile che questo mistero non abbia mai oltrepassato i confini di Israele e non sia mai giunto fino a noi, se non in parabole? Forse anche i discepoli di Gesù hanno seguitato a parlare in parabole e i Vangeli ne sono una prova concreta. Proprio Gesù, in Matteo, dice:

    «Non li temete dunque; poiché non v’è niente di nascosto che non abbia a essere scoperto, né di occulto che non abbia a venire a notizia.» (Matteo 10,26)

    Perciò in Isaia è scritto:

    «Io non ho parlato in segreto: in qualche luogo tenebroso della terra; io non ho detto alla progenie di Giacobbe Cercatemi invano! Io, l’Eterno, parlo con giustizia, dichiaro le cose che son rette.»

    (Isaia 45,19)

    Forse è già stato svelato, ma non è stato compreso. A nostro avviso, cosa ancora più straordinaria e incredibile, come ci conferma Efesini 3,5, è che gli stessi segreti comunicati da Gesù ai suoi discepoli erano conosciuti anche dai profeti dell’Antico Testamento, ma non dai sacerdoti del tempio e dal resto del popolo.

    Erano quindi ispirati da Dio?

    Una cosa è certa, affinché questi misteri si dischiudano a noi, sono necessarie: una costante e attenta lettura quotidiana delle Scritture, nonché una fiducia incondizionata, accompagnata da una giusta dose di entusiasmo e di umiltà.

    Come dicono infatti gli Atti degli apostoli:

    «Or questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica, perché ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano così.» (Atti 17,11)

    A torto, è opinione ormai diffusa che non esista alcun mistero e che qualunque dichiarazione fuori dagli schemi e di difficile comprensione sia in realtà frutto di menti contorte e fanatiche. Il mistero, però, c’è… eccome! A prescindere dalle opinioni ed è solo leggendo e rileggendo attentamente ogni brano che lo si può scorgere. Cosa ancora più straordinaria è ancora il fatto che l’autore principale di tutte le Scritture, cioè Dio, sembra essere stato consapevole del risultato strutturale finale di questo complesso libro che è la Bibbia e ce lo dice proprio Isaia:

    «9 A chi vuol dare insegnamenti? A chi vuole far capire la lezione? A dei bambini appena divezzati, staccati dalle mammelle?10 Poiché è un continuo dar precetto dopo precetto, precetto dopo precetto, regola dopo regola, regola dopo regola, un poco qui, un poco là!» 11 Ebbene, sarà mediante labbra balbuzienti e mediante una lingua straniera che il SIGNORE parlerà a questo popolo.»

    (Isaia 28,9-11)

    Il linguaggio biblico non è di certo facile da comprendere. Saranno i più curiosi e costanti nella lettura che individueranno il messaggio inscritto «un poco qui, un poco là», come uscito da labbra balbuzienti e parlanti una lingua straniera. Il Signore parla a noi in questa maniera, Egli vuole così! È un linguaggio frammentato, sparpagliato nei vari libri profetici, reso comprensibile solo a chi ha il coraggio di abbandonare i propri schemi mentali e si rimbocca le maniche iniziando un lungo e meticoloso lavoro a cui non si può giungere al traguardo se non per mezzo di una fede incessante , anche perché ogni singolo passo, benché incomprensibile o banale, ha ragione di esserci, al fine di completare questo gigantesco puzzle che sono le Sacre Scritture, custodi del mistero della nostra esistenza qui sulla Terra e oltre.

    La misteriosa donna della Bibbia

    Da quando furono posate le prime basi della civiltà molte donne, calcando la scena della storia, hanno lasciato un segno indelebile nella nostra memoria. Alcune di loro, artefici del loro destino, altre, invece, vittime dannate delle circostanze o più semplicemente dei costumi della loro epoca. Sante o diaboliche; alcune molto amate, altre odiate e temute. Amanti celebri, regine e principesse, ferventi donne politiche e amorevoli benefattrici. Coraggiose, rivoluzionarie e tenaci donne di scienza. Grandi scrittrici, bravissime e indimenticabili attrici, donne temerarie, straordinarie e creative. Particolare rilievo andrebbe dato altresì alle donne della Bibbia, di cui molte di noi oggi portano ancora orgogliosamente alcuni dei loro nomi. Importantissima è senz’altro la figura di Maria, madre di Gesù, ma anche quella di Maria Maddalena, testimone della risurrezione di Gesù Cristo. Altrettanto si può dire di Elisabetta, madre di Giovanni il Battista, di Marta e Maria di Betania, sorelle di Lazzaro, così di Sarah, moglie d’Abramo e Agar sua schiava. A metà fra mito e realtà troviamo l’enigmatica regina di Saba, oppure donne come Erodiade e Salomè, le quali chiesero la testa di Giovanni il Battista. La più misteriosa, la più oscura, la più antica, rimane comunque Eva; una figura unica, che non ci abbandona mai e continua a perseguitarci nel corso del tempo e che non può essere sostituita da nessun’altra.

    Perché, però, questa sensazione atavica, come se ci seguisse invisibilmente riemergendo dal nostro inconscio, ogni qual volta ci troviamo in bilico tra il bene e il male? Eccola lì, sempre pronta a rammentarci l’errore che ha fatto.

    Il peccato di Adamo ed Eva!

    Risuona ancora l’eco di quelle lontane lezioni di catechismo, dove il peccaminoso frutto, dapprima presentato sotto forma di una mela, si è trasformato poi con l’avvento della maturità in un delittuoso atto sessuale. La scelta è infine ricaduta su un’ingiustificabile disubbidienza a Dio, cosa per altro indiscutibile.

    Chi è in realtà Eva, ed è esatto considerarla la moglie di Adamo? Come vedremo, in ebraico, il nome Eva significa vita (lo approfondiremo più avanti). Nel Levitico, però, si afferma che la vita risiede nel sangue. È possibile quindi, che anche Eva risieda nel sangue? Sarebbe inverosimile pensare una cosa del genere o le Scritture ci forniscono sufficienti informazioni per avvalorare una tale ipotesi? Chi è ancora la figlia di Sion? Si tratta di semplici nomi, o piuttosto rappresentano simboli dietro ai quali si cela la verità? Facciamo, quindi, un passo alla volta. Per esempio, in Genesi è scritto:

    18 Poi l’Eterno Iddio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto che gli sia convenevole». 19 E l’Eterno Iddio avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli dei cieli, li menò all’uomo per vedere come li chiamerebbe, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l’uomo gli darebbe. 20 E l’uomo dette de’ nomi a tutto il bestiame, agli uccelli dei cieli e ad ogni animale dei campi; ma per l’uomo non si trovò aiuto che gli fosse convenevole. 21 Allora l’Eterno Iddio fece cadere un profondo sonno sull’uomo, che s’addormentò; e prese una delle

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