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Dal genio alla didattica
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Dal genio alla didattica

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Da quanto tempo sentiamo parlare di una nuova riforma del sistema dell’istruzione in Italia?
Dopo vari tentativi fallimentari, visti i pessimi risultati sotto gli occhi di tutti, un modesto professore di scuola media prova a calarsi nei panni di un ipotetico ministro e ci propone alcune idee “rivoluzionarie” per un vero cambiamento, partendo da una filosofia di base ispirata al Rinascimento e che abbia come punti fondamentali la ragione individuale e il bene comune. Una concezione introggettiva dell’esistenza che l’autore mette in primo piano evidenziando il rapporto fra rigore e creatività. Smanettando su internet e intervistando i colleghi, troverà gli spunti più interessanti e necessari per la stesura di questo libro. Dopo anni di esperienza nel campo della didattica e nelle forme espressive della comunicazione, Bruno Marazzita si inventa saggista e filosofo innovatore di una pedagogia strutturata sulla progettazione.
Auspicando con questo suo messaggio la collaborazione fattiva di un coordinamento nazionale degli insegnanti.
LanguageItaliano
Release dateOct 14, 2013
ISBN9788886631730
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    Dal genio alla didattica - Bruno Marazzita

    Riepilogando

    Introduzione

    Negli ultimi vent’anni almeno, abbiamo visto l’avvicendarsi di ministri dell’istruzione che hanno cercato di riformare il sistema scolastico italiano, apportando provvedimenti talvolta discutibili sotto il piano della logica, se non del buon senso, tal altra hanno operato promuovendo soluzioni e aggiustamenti con esiti impercettibili, senza per altro muovere una virgola dal deludente stato di fatto.

    Nel periodo più recente, il rapporto fra i criteri operativi dell’istruzione in tandem col ministero del tesoro si è fatto più pressante, tanto da far prevalere l’uno sull’altro per questioni di economia, più che di qualità della didattica. I continui tagli, perpetrati dai ministri che si sono succeduti in incarichi più o meno duraturi, hanno provocato un progressivo peggioramento del sistema scolastico italiano, portando all’evidenza le problematiche che da tempo sono sotto gli occhi di tutti.

    Il ministro Profumo, eletto come tecnico capace che avrebbe dovuto risolvere alcuni dei nodi cruciali dell’istruzione nel suo insieme, ha prodotto una proposta con un provvedimento per ora fallito: aumentare le ore di insegnamento, portandole da 18 a 24 a parità di stipendio, per risparmiare i soldi necessari a creare investimenti futuri con la motivazione di volerci portare ai parametri europei. Ancora una volta un atteggiamento basato più su principi economici al ribasso che di effettiva attenzione per possibili soluzioni organizzative di efficace miglioramento.

    Tralascio per ora, in questa introduzione, gli effetti negativi che, se venisse attuato, questo provvedimento causerebbe, con pesanti ricadute fattive sulla qualità dell’insegnamento, riservandomi lo spazio per parlarne più avanti e approfondendo la questione in un capitolo dedicato alle motivazioni che hanno portato alla protesta degli insegnanti. Al momento, non posso che esprimere tutte le mie perplessità, accumulate in oltre vent’anni di lavoro nella scuola che, insieme alle esperienze acquisite, mi portano a elaborare la formulazione di un semplice pensiero:- se io fossi il ministro dell’istruzione, che cosa farei?...-

    Forse qualcuno di voi si sarà posta questa domanda, ritirandosi subito dopo in buon ordine, per evitare come minimo un gran mal di testa, giusto per non contribuire ad aggiungere un altro po’ di disordine a quello che sembra un gran guazzabuglio se visto dal di fuori. Sarà che alle emicranie noi insegnanti oramai ci siamo abituati, ma quello che mi vorrei azzardare di proporre in questo libretto, tutto da scrivere, iniziato come un semplice documento redatto per l’assemblea cittadina del 15 febbraio 2013, è di rivolgermi, con una serie di iniziative concrete e fattibili, soprattutto a un pubblico di non addetti ai lavori: genitori di alunni, persone comuni, ma anche a studenti, insegnati ecc. interessati al buon andamento di tutta la scuola pubblica italiana. Da dove iniziare?

    Premetto che questo libro lo tengo nel cassetto delle buone intenzioni da diversi anni, un decennio almeno, e che forse alcune delle idee che mi accingo a esporre adesso, allora sarebbero state premature, mentre proprio oggi, grazie anche alla favorevole congiuntura elettorale, a una maggiore padronanza del materiale trattato e la percezione della volontà di una tendenza più razionale in atto, possiamo trarre le conseguenze di una esigenza urgente per aprire un dibattito di confronto creativo, nonché di ipotesi strutturale che coinvolga i principali attori del sistema scuola, come intellettuali capaci di produrre idee efficaci e risolutive per il rinnovamento di quella realtà che ci coinvolge in primo luogo: la didattica.

    Ricordo che alcuni anni fa si parlava molto di autonomia e di progettazione (termini usati troppo spesso a sproposito) come fondamenti attuativi capaci di rimuovere schemi di pensiero già allora considerati obsoleti. Nella pratica quotidiana, abbiamo visto ben poco dell’applicazione di quei principi e, invece, il permanere di una concezione arcaica legata a una ripetitività di routine difficile da rimuovere, senza una filosofia adatta al cambiamento: porsi come priorità l’individuazione e la valorizzazione dei meriti e dei talenti come già avvenne nel Rinascimento.

    Quante volte abbiamo sentito esprimere questo concetto, senza che qualcuno ci dicesse poi come fare per renderlo concreto. Quante volte, ancora in tempi recenti, importanti esponenti politici si sono riempiti la bocca con questa parola evocativa, Rinascimento, senza peraltro dare una dimostrazione nei fatti di conoscerne appieno, se non il significato, almeno il valore educativo.

    Dal genio alla didattica, il titolo scelto per il nostro libro, vuole evidenziare proprio questo: definire un passaggio cruciale della nostra esistenza evolutiva, quando si realizza, grazie all’insegnamento, la trasmissione dei saperi e delle competenze dai maestri agli allievi più desiderosi di conoscere e apprendere l’arte preziosa della cultura in divenire. Ciò che ci è sembrato la realizzazione di un miracolo, già avvenuto con l’avvento dell’Umanesimo, oggi potrebbe essere possibile solo per merito di un diverso uso di valori quali la ragione e il bene comune. Una filosofia introggettiva in cui il rapporto fra soggetto e oggetto, se vogliamo fra pubblico e privato, può scaturire solo da una fusione percettiva totalizzante. Se in un oriente Zen ne permane ancora la traccia, noi occidentali ne stiamo perdendo ormai ogni connotazione, assorbiti come siamo dall’incapacità di risolvere le problematiche vigenti. Limitati, soprattutto, da una classe politica miope e mediocre che ancora dimostra di non avere capito che la crescita e lo sviluppo di una Nazione dovrebbero cominciare proprio dalla scuola.

    Incrementare le risorse per l’istruzione significa investire per il futuro e quindi riattivare in un moto perpetuo il cosiddetto volano dell’economia. Ciò può apparire una ovvietà, ma sembra proprio che i nostri alternanti governi siano refrattari ad assimilare un pensiero così semplice: è il sistema bellezza, direbbe qualcuno, pretendere tutto e subito senza alcun merito e impegno è un costume che purtroppo si è diffuso come una metastasi che ha incancrenito la nostra società a partire dai più giovani, di cui alcuni, forse troppi e in numero sempre maggiore, agiscono come meteore vaganti che sbandano immersi in una quotidianità che non offre più validi punti di appoggio o parametri di sostegno sul baratro di un decadimento che vorremmo scongiurare, altro che Rinascimento!

    I nostri modelli di riferimento, quelli che un tempo erano considerati maestri da seguire, sono stati spostati in una categoria di deprecabile notorietà: il successo facile e a tutti i costi e l’arroganza del potere che esibisce ormai senza pudore tutti i suoi privilegi acquisiti a spese della collettività. Ammirati, invidiati, ma qualcuno si indigna e li bolla come casta e dice pure basta, incitando al rinnovamento.

    Ma noi qui non vogliamo farci paladini di alcuna morale ipocrita e perbenista, ci proponiamo, invece, di parlare di cultura, di istruzione e di economia, un binomio che è proprio il criterio opposto a quello perpetrato fin’ora. Il nostro compito, in questo strenuo tentativo di difesa, è di proporre l’individuazione dei metodi e dei mezzi per alzare solide barricate contro una ignoranza imperante che nega anche l’evidenza: il pane necessario della conoscenza, la cultura come vita e come risorsa per il nutrimento. Impedire la degenerazione col sale della terra.

    Col nostro modesto contributo di docenti, abbiamo formato generazioni di ideali che avranno pur costituito la trama e l’ordito di un tessuto sociale. Permane il pentimento, il rimpianto ferito per non averlo fatto prima, di alzare la testa e gridare con forza inaudita la nostra frustrazione. Adesso è troppo tardi? O possiamo sperare, noi che per mestiere dobbiamo essere ottimisti e ci prendiamo ogni giorno la responsabilità di un’avventura meravigliosa, quella dell’apprendimento, e a volte ancora ci stupiamo e cerchiamo di farlo sempre con pazienza e attenzione. Ci tocca la costanza di cercare motivi d’interesse in quelle testoline che ormai sempre più spesso si rivolgono altrove. E’ il dovere di sapere quali giuste indicazioni dare e per quale direzione proiettati nel futuro.

    Il nostro compito, in questo breve scritto, è quello di individuare alcuni punti salienti, come traccia di proposte operative per l’attuazione di una vera riforma del sistema scolastico italiano e vorremmo farlo partendo da una solida filosofia di base che non trascenda per questo dall’attuazione di categorie condivise quali la valorizzazione del merito e del talento per una concezione

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