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Ali di Tenebra
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Ali di Tenebra

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About this ebook

Angeli e demoni combattono da millenni sul nostro piano esistenziale e gli esseri umani svolgono per loro la funzione di pedine preziose. Non possono però essere manipolati direttamente, poiché protetti dal divino libero arbitrio. In questo scenario si muove Mayra, una delle poche persone a conoscenza del segreto a causa di un terribile presagio avuto da adolescente. È una ragazza sola, caparbia e cinica, votata alla caccia di quelle che vengono chiamate “ali bianche”. Al contempo troviamo tra le pagine di questa storia Alessio, all’oscuro di tutto e alle prese con la sua drammatica situazione familiare. Il ragazzo, impreparato a conoscere la realtà, non sa di reggere in mano la bilancia della guerra in atto.
LanguageItaliano
Release dateJun 7, 2013
ISBN9788890646287
Ali di Tenebra

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    Ali di Tenebra - Mauro Saracino

    Giordana Gradara Normal Lorenzo Ceci 2 304 2012-04-06T07:16:00Z 2013-06-04T20:03:00Z 2013-06-04T20:03:00Z 76 76419 435590 3629 1021 510988 12.00

    Mauro Saracino

    Ali di Tenebra

    Giordana Gradara Normal Lorenzo Ceci 2 304 2012-04-06T07:16:00Z 2013-06-04T20:03:00Z 2013-06-04T20:03:00Z 76 76419 435590 3629 1021 510988 12.00

    Capitolo primo

    La donna arrivò all’esterno della villa intorno alle venti. La pioggia continuava a scendere, ma non era una sensazione fastidiosa. Le era sempre piaciuta, soprattutto quando aiutava a coprire i suoi spostamenti.

    Non aveva mangiato nulla tutto il giorno e il suo stomaco se ne lagnava, rumoreggiando di tanto in tanto, ma era meglio così. Non riusciva mai a mandare giù nulla quando sapeva di dover lavorare. Se tutto fosse andato per il verso giusto si sarebbe rimpinzata più tardi, subito prima di andare a riscuotere. Il suo committente non poteva immaginare quanto i soldi facessero solo da contorno rispetto alla soddisfazione che traeva dal suo lavoro.

    Aveva lasciato l’automobile parcheggiata di fronte a un’altra abitazione che al momento sapeva essere vuota. Non era una macchina vistosa e difficilmente avrebbe attirato l’attenzione, ma era meglio andare sul sicuro, soprattutto in una zona che non aveva mai frequentato.

    Si legò i capelli bagnati e si preparò a scavalcare la cinta. Era una villetta a un solo piano, circondata da un muro in mattoni con dei rampicanti finti a darle un tocco di verde. Persino con la pioggia e l’oscurità della sera si vedeva che erano artificiali. Non era comunque da quel tipo di proprietario che si aspettava di trovare buon gusto per l’arredamento. Sul cancello d’ingresso un cartello avvertiva di stare attenti al cane, ma la donna già sapeva che si trattava di un bluff. Qualunque cosa ci fosse a guardia del cortile, di sicuro non poteva essere un cane. Qualunque animale non avrebbe retto una vita a stretto contatto con un padrone simile.

    Non si ricorderebbe neanche di dargli da mangiare, commentò lei.

    Intorno era tutto silenzioso, fatta eccezione per la pioggia. La villa vicina, quella dove aveva lasciato l’auto, apparteneva a una coppia inglese che veniva in Italia soltanto d’estate. Da quello che aveva scoperto, c’era un tizio che si occupava di tenere la casa pulita e in ordine, ma veniva solo una volta a settimana e lo aveva già visto due giorni prima.

    L’altra abitazione distava un centinaio di metri. C’erano le luci accese ma dubitava che sarebbero stati capaci di notare un’ombra scavalcare la villa che erano abituati a vedere quasi sempre chiusa e disabitata.

    E tra poco disabitata lo sarà davvero.

    Si issò sul muretto e annusò l’aria. Non le sembrò di cogliere nulla di strano. Se anche aveva osservato la casa diverse volte nei giorni passati, era la prima volta che invadeva lo spazio interno e correre rischi inutili non rientrava nel suo stile. C’era dell’erba subito sotto di sé. Almeno quella sembrava vera. Meglio, avrebbe evitato di fare rumore con gli stivali. Si lasciò cadere e nello stesso istante tirò fuori la pistola da sotto la giacca di pelle. Anche se non aveva fatto il minimo rumore, sapeva che l’occupante della casa doveva aver percepito la sua presenza.

    Le imposte erano chiuse e le luci spente, ma la donna si sentiva comunque osservata. La separavano dalla porta d’ingresso soltanto pochi passi, ma non era da lì che sarebbe entrata. Perché offrire una via di fuga al suo obiettivo, quando poteva tenerlo in trappola?

    Mosse il primo passo sul pavimento del cortile. Sentiva i nervi tesi, ma non era spaventata. L’odio che covava verso i suoi nemici non lasciava spazio a molto altro.

    Si diresse con passo deciso verso il retro della villetta. L’acqua coprì il suono dei suoi passi. Gli sembrò di udire un rumore dall’interno dell’abitazione. Come di qualcuno che spostasse un mobile. Che l’avesse sentita arrivare e cercasse di costruire una barricata di fortuna? Sorrise all’idea. Sarebbe stato divertente.

    Il retro era immerso nelle tenebre. Si fermò di nuovo per ascoltare. Ancora niente.

    Avvicinò la piccola scala a tre gradini al muro e si preparò a saltare. Sarebbe stato un gioco da ragazzi anche senza aiuto, ma con la pioggia era meglio non correre il rischio di scivolare. Si aggrappò alla grondaia e con un unico gesto si trovò sul tetto. Un singolo lampo squarciò il buio e la donna si appiattì sulle tegole, più per istinto che per paura di essere davvero vista da qualcuno. Il suo punto d’ingresso era a circa tre metri, poco più in alto. In quel momento il lucernario era chiuso, ma la donna aveva l’argomento giusto per convincerlo ad aprirsi.

    Quando tutta questa faccenda sarà finalmente finita potrò sempre reinventarmi come topo d’appartamento.

    Arrivò alla finestra e rimase in ascolto per qualche istante, giusto per essere sicura che nessuno l’avrebbe aggredita quando era più vulnerabile. Quindi si mise al lavoro. Avrebbe fatto rumore, ma non le importava molto: in fondo l’inquilino già sapeva che stava arrivando per lui.

    Impiegò poco meno di un minuto per forzare la finestra. La stanza sulla quale dava era buia, così come il resto della casa. Si aggrappò al margine esterno, dondolò per un attimo, quindi si lasciò cadere all’interno.

    Il tonfo dei suoi piedi le sembrò sconquassare l’ambiente, neanche avesse lanciato una granata all’interno della villa. Avrebbe dovuto decidersi a trovare un silenziatore anche per gli stivali un giorno o l’altro. La pioggia ora stava entrando anche all’interno della camera che odorava di polvere e umidità. Si allungò verso l’alto e accostò la finestra. Non c’era bisogno di rovinare la villa più di quanto non avesse dovuto.

    Che a nessuno venga in mente di accusarmi di essere una vandala.

    Non appena gli occhi si abituarono all’oscurità fittissima, si accorse di trovarsi in una stanza praticamente vuota. C’era solo un baule chiuso dimenticato in un angolo. Non aveva bisogno di controllare per sapere che conteneva oggetti che non avevano nulla a che vedere con l’attuale proprietario dell’abitazione. Sembrava che detestassero mantenere un qualunque tipo di continuità con il passato, anche se di quello si nutrivano.

    Fottute sanguisughe, mormorò la donna, muovendosi il più silenziosamente possibile verso l’unica porta. Strinse più forte il calcio della pistola, mentre metteva la mano sinistra sulla maniglia. Sapeva che se fino a quel momento tutto si era svolto molto lentamente, il seguito sarebbe stato rapidissimo.

    Avrebbe voluto una sigaretta, l’unico vizio che si concedeva ormai da tre anni. Peccato che l’unica sigaretta della giornata l’avrebbe fumata a lavoro svolto, non prima.

    Ora come ora le sarebbe bastato avere la certezza di quell'unica dose di nicotina per sentirsi tranquilla.

    Vide un leggero chiarore provenire da sotto la porta. Dunque era vero che l’occupante sapeva di lei. Era giunto il momento. Aveva a disposizione nove proiettili per raggiungere l’obiettivo.

    Spinse la porta in avanti.

    L’aroma di carne e patate arrosto le investì le narici, insieme al calore del fuoco del camino, che bruciava poco distante. C’era un tavolo apparecchiato per due e due candele contribuivano a illuminare le decorazioni natalizie. L’uomo era invece dall’altra parte del tavolo, apparentemente intento a stappare una bottiglia di spumante.

    Mayra, le disse e la sua voce era quella di sempre. Ce ne hai messo di tempo per tornare a casa.

    La donna si stupì di quanto ogni volta riuscisse solo a stento a liberarsi dalla voglia di lasciarsi andare e di vivere quella piacevole sensazione domestica. Eppure sapeva cosa doveva fare.

    Alzò la pistola. Gli occhi dell’uomo si incupirono e si riempirono di tristezza.

    Cosa ci fai con quell’arma, tesoro?

    Non gli rispose neanche. Fece fuoco due volte, in rapida successione. La luce si fece abbagliante nello stesso momento in cui premette il grilletto, rendendola cieca. Non si perse d’animo e sparò di nuovo nella direzione in cui credeva ci fosse l’uomo. Sentì il proiettile trovare una rapida fine nel muro.

    Un attimo dopo si sentì circondare da braccia incorporee. I polmoni le si svuotarono d’aria e sentì quella tremenda luce bruciarle la pelle.

    Perché vuoi farmi questo? le domandò la voce.

    Di nuovo non rispose. Alzò l’arma dietro di sé e fece fuoco. La presa su di lei si intensificò e quasi lasciò andare la pistola; tutti i suoi sforzi erano rivolti a prendere aria. Ma non c’era ossigeno per lei, solo luce. Serrò gli occhi, ma era come se ormai si fosse impressa sulla retina.

    Si lasciò cadere a terra, dove riuscì a prendere fiato un’unica volta.

    Ti aiuto io, bambina mia, disse la voce.

    Si sentì di nuovo circondare da quella luce quasi corporea. Decise di non perdere tempo. Prima che la stringesse di nuovo in quell’abbraccio mortale, sparò intorno a sé, sapendo che il nemico era vicino. La luce si abbassò d’intensità velocemente e vide l’uomo davanti a lei che si guardava il petto ferito come se fosse sorpreso di vedere la camicia sporcarsi di sangue.

    Mayra ne approfittò per alzarsi in piedi. Non voleva sprecare munizioni, ma non voleva neanche rischiare che il nemico si riprendesse.

    Quando l’uomo tornò a guardare lei, aveva un’espressione di scherno dipinta sul volto.

    Davvero pensi che questa roba funzioni con me? le domandò.

    Lei si limitò a tenerlo sotto tiro, ma la luce stava continuando a smorzarsi. Ormai la sostanza contenuta nei proiettili doveva iniziare a espandersi. L’espressione sul volto dell’uomo si dipinse di orrore mentre realizzava cosa stava accadendo. La visione alle sue spalle cominciò a vacillare, mentre la forza vitale lo abbandonava.

    La tavola imbandita divenne un semplice tavolaccio di legno divorato dai tarli e il fuoco sbiadì fino a spegnersi del tutto. Un attimo dopo tutto ciò che rimaneva era l’ombra di un uomo che si affannava per cercare di rimanere in vita.

    E con questa, disse Mayra, avvicinandosi a lui, sono tre volte che ti ammazzo. Non è vero, papà?

    Lui cercò di alzare la mano verso di lei, ma non ne aveva la forza. Mayra rimase al suo fianco per tutta la durata dell’agonia che, a onor del vero, non durò poi molto.

    Mezz’ora dopo era già di ritorno verso Roma.

    Giordana Gradara Normal Lorenzo Ceci 2 304 2012-04-06T07:16:00Z 2013-06-04T20:03:00Z 2013-06-04T20:03:00Z 76 76419 435590 3629 1021 510988 12.00

    Capitolo secondo

    Era al secondo bicchiere di Cannonau della serata quando suonò il citofono. Alessio Montanari lo ignorò, preferendo mandare giù un altro sorso di rosso, sapendo che sarebbe stato la sua compagnia ideale per il resto della serata. A dispetto di una cena a dir poco limitata – a base di qualche cracker, prosciutto e un po' di formaggio – era consapevole che avrebbe dovuto alzare di parecchio il gomito per stordirsi come era abituato a fare negli ultimi mesi. Dovevano essersi sbagliati; chi poteva avere ancora la malsana idea di cercarlo di sabato sera? Era stato molto bravo a farsi terra bruciata intorno. Al terzo bicchiere sarebbe arrivato a pensare che anche gli altri erano stati molto bravi a sparire ai primi cenni di ostilità. Al quarto se la sarebbe presa con Dio. Al quinto avrebbe cominciato a farfugliare e a piagnucolare, cercando con gli occhi il cassetto dove aveva nascosto la foto di Silvia. Il fatto che fosse celata non rendeva la sua immagine meno vivida e quando aveva voglia di rivederla, di solito quando anche la seconda bottiglia della serata cominciava a esaurirsi, spesso si limitava a barcollare nel salone fino a cadere sul divano in stato comatoso.

    Il fatto che conoscesse così bene il programma della serata, non rendeva quest'ultimo meno piacevole, se così si poteva definire. Fino alla settimana prima aveva cercato di limitare le sue scorribande alcoliche alla notte antecedente il giorno di riposo. Ora che aveva saputo che la fabbrica della birra dove lavorava era in procinto di chiudere i battenti nel giro di sei mesi, la tentazione di intossicarsi ogni giorno era fortissima.

    Stava per versarsi il terzo bicchiere, quando il citofono suonò di nuovo. Questa volta non c'erano dubbi; stavano cercando proprio lui. Imprecò e si alzò in piedi. Non era abituato a sentirsi ancora così bene e la cosa non gli piacque affatto.

    Attraversando il salone per raggiungere l'ingresso, si domandò chi potesse ancora provare a contattarlo. Be', chiunque fosse in ogni caso era stato abbastanza accorto almeno da non provare a telefonare. Non rispondeva a nessuno da settimane. Il coraggio dello sconosciuto sarebbe stato premiato.

    Afferrò la cornetta del citofono.

    Chi è? domandò.

    Alessio, sei tu? era una voce femminile. Se fosse stato abbastanza ubriaco avrebbe volentieri creduto che potesse essere lei. Il fatto di essere invece abbastanza lucido da sapere di volerlo solo credere lo fece infuriare ancora di più.

    Sì, cazzo, rispose. E tu chi sei?

    Francesca, disse la voce.

    Cercò di fare mente locale, ma non c'era molto su cui ragionare. Non era uscito con nessuna nell'ultimo anno, fatta eccezione per un'unica occasione in cui si era sforzato per fare contenti i suoi amici, ma, almeno da come era andata la serata, non credeva che la ragazza in questione avrebbe avuto il coraggio di andare a citofonargli.

    La ragazza di tuo fratello, aggiunse lei, andando in suo soccorso. Ci siamo incontrati un paio di mesi fa. Dai tuoi.

    Ricordava vagamente quella cena. Stefano era andato a prenderlo, nella speranza che un po' di calore familiare potesse solo fargli bene. Il risultato era stato pessimo. Si era ubriacato ancor prima che fosse servito il primo e aveva iniziato a farneticare a proposito di quanto veleno fosse contenuto nel cibo. Era uno dei suoi argomenti preferiti da quando Silvia se n'era andata. In ogni caso Stefano era stato veloce a riportarlo a casa, subito prima del dolce, in modo da limitare i danni e con l'ormai raggiunta consapevolezza che il brutto momento doveva essere superato in solitudine. Per come la vedeva lui, almeno dal terzo bicchiere in poi, era un ottimo modo per lavarsene le mani. Non era tanto male; in fondo gli permettevano di annegare in santa pace.

    Il fatto che suo fratello avesse mandato avanti Francesca, di cui tra le altre cose neanche ricordava l'esistenza, non gli piaceva affatto.

    Devo parlarti, continuò lei, incurante del silenzio ostile che arrivava dall'altra parte. Mi fai salire?

    Dove hai lasciato il tuo compare?

    Non è con me, rispose. Anzi devo parlarti proprio di lui.

    Si sentì in colpa. Aveva pensato che fosse un estremo tentativo di farlo uscire dal bozzolo che si era costruito e si era dimenticato che anche gli altri potevano avere una vita. Cercò di ricacciare indietro il senso di colpa, ma era troppo lucido per riuscirci. Sarebbe stato più semplice se si fosse trovato nella condizione di non ricordare di avere una famiglia.

    Cosa è successo? domandò.

    Posso salire o no?

    Terzo piano, rispose lui.

    Ora era preoccupato. Lasciò la porta d'ingresso socchiusa e tornò in salone dove il bicchiere era stato riempito solo per metà. Lo vuotò in un solo sorso. Quale che fosse la brutta notizia che sarebbe stato costretto a sentire, non aveva la minima intenzione di affrontarla da sobrio. Allo stesso tempo non avrebbe voluto spaventare la ragazza con il suo aspetto. Andò nella sua stanza e indossò una camicia sopra la canottiera. Quasi inciampò per cambiare i pantaloni della tuta con un paio di jeans puliti – l'ultimo rimasto nell'armadio. Sentì il rumore dell'ascensore. Raccolse un elastico dalla mensola e si legò i capelli. Aveva la barba di quattro giorni, ma per quella non poteva farci nulla. E poi la ragazza di suo fratello l'aveva già visto in condizioni estreme. Cosa poteva cambiare ora?

    Che tuo fratello è nei guai e se non è con lei, allora forse dovrai raggiungerlo alla svelta. Magari la scelta del bicchiere non era quella giusta.

    Tornò in corridoio, mentre la ragazza spalancava la porta. Accese la luce, sapendo che la casa avrebbe avuto un aspetto ancora più losco una volta illuminata. Lei non sembrò neanche farci caso. Anche Francesca aveva i capelli legati ed era vestita completamente di nero. Ora che la vedeva ricordava di aver memorizzato da qualche parte nella sua mente che la ragazza di suo fratello era una specie di goth girl o come diavolo si facevano chiamare, anche se in quel momento non era neanche truccata.

    Alessio le fece strada nel salone e la fece accomodare.

    Posso offrirti qualcosa? le domandò, non sapendo neanche bene cosa dirle. Era da troppo tempo che qualcuno non riusciva a penetrare in quella fortezza che aveva fatto della sua abitazione.

    Un bicchiere di questo andrà bene, rispose lei.

    Alessio andò in cucina e prese un bicchiere pulito. Lo passò alla ragazza, che lo riempì fino all'orlo. Lui fece lo stesso. Si sentiva a disagio, oltre a essere preoccupato per la sorte di suo fratello.

    Allora?

    Siediti, ordinò lei.

    Fece come gli era stato detto. Ancora non sei del tutto andato, vero?

    Non avrebbe avuto senso protestare. Tutti in famiglia sapevano che piega aveva preso. Si limitò a scuotere la testa.

    Meglio così. Mi servi lucido

    Dimmi cosa è successo.

    Si sentiva un nodo in gola e un senso di stordimento crescente. In parte non voleva sapere ciò che la ragazza aveva da dirgli. Temeva che avrebbe finito per cambiare ancora in peggio la sua esistenza.

    Peggio di così? Ne sei sicuro?

    Lo era. Altrimenti non avrebbe avuto paura.

    Ancora niente, ma, se non interveniamo, qualcosa succede di sicuro.

    Gli sarebbe piaciuto tirare un sospiro di sollievo, ma lo sguardo preoccupato della ragazza lo dissuase. Trangugiò mezzo bicchiere di vino, pur continuando a sentirsi lucidissimo. Altra novità era che per la prima volta da mesi, il senso di preoccupazione stava avendo la meglio sul dolore che non lo aveva mai abbandonato.

    Così non hai detto nulla, osservò lui. Non tenermi sulle spine

    È che non so da dove cominciare, si giustificò lei, scusa

    È praticamente da un anno che so poco o niente di mio fratello, disse Alessio. Puoi anche cominciare da lì.

    Circa un anno prima a Silvia era stata diagnosticata la leucemia. Stavano insieme da circa due anni e convivevano da poco, pensando a come racimolare i soldi per sposarsi regolarmente. Nel giro di pochi minuti si erano trovati a trovare i modi per prolungare una vita che era destinata a terminare. C'era voluto solo un mese: la malattia se l'era portata via, lasciandolo alle prese con un vuoto che riusciva a riempire solo con altra sofferenza e con domande che fino a quel momento non aveva avuto neanche il tempo di porsi. Per come la ricordava lui, era come se tra il momento della diagnosi e il funerale fossero passati soltanto pochi minuti. Le settimane successive erano raccolte in ricordi nebulosi, in cui neanche avrebbe saputo dire chi l'avesse aiutato a eliminare ogni traccia del passaggio di Silvia in quella casa. Al resto aveva pensato lui.

    Ricordi il lavoro che aveva trovato?

    Certo, rispose lui. Avveniva prima del giorno in cui la sua vita era cambiata. Stefano aveva trovato lavoro come proiezionista in un cinema di periferia. Lavorava solo quattro sere a settimana, ma la paga era ottima, almeno a sentire lui.

    Lo ha perso, rispose lei, un mese fa. Il cinema ha chiuso

    Okay e con questo?

    Conosci il suo migliore amico? Quello che chiamano Ragno?

    Alessio lo cercò tra i suoi ricordi.

    Mirko? domandò infine.

    Io l'ho sempre sentito chiamare Ragno. Be', lui ha avuto un'idea su come tirare su qualche soldo facile.

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    Capitolo terzo

    Mirko? ripeté Alessio. Da quando è in grado di rimediare qualche soldo facile?

    Quello che ricordava del migliore amico del fratello minore era l'immagine di due ragazzi che vedevano film dell'orrore sul divano di casa, rollandosi di tanto in tanto uno spinello. Da ciò che sapeva non aveva mai svolto lavori più redditizi della consegna di pizze a domicilio. Era difficile immaginarselo come qualcuno in grado anche solo di pensare a fare soldi veri. Bisognava anche ammettere che il suo distacco dal mondo durava da quasi un anno e in quel lasso di tempo potevano essere cambiate molte cose.

    Come no. Tu ad esempio ti sei trasformato in un depresso e alcolizzato.

    Si sforzò di ignorare la voce che continuava a spronarlo ad abbattersi, se possibile, ancora di più.

    Infatti non è stato in grado di rimediare nulla, spiegò la ragazza. Ha solo proposto la cosa a tuo fratello, che ci si è buttato a capofitto, senza neanche parlarne con me. Fino a quando non è stato troppo tardi, almeno

    Qual era la proposta di quell'idiota? domandò Alessio.

    Droga, rispose Francesca, secca. Per un valore di circa trentamila euro. Da rivendere per strada

    No, aspetta, la interruppe lui, mentre un brivido freddo gli scendeva lungo la schiena. Non è possibile. Dove hanno preso i soldi per permettersi di pagare tutta quella roba?

    Non l'hanno pagata, infatti. Non ancora. L'hanno solo presa dalle alte sfere

    "Non ci voglio credere. Hanno preso droga... a credito?"

    Esatto.

    L'ipotesi che fosse solo un trucco per farlo uscire di casa tornò a ronzargli nella testa. Quella storia era decisamente troppo assurda perché potesse essere vera. Stava per protestare, quando tornò a guardare negli occhi la ragazza del fratello. No, la sua preoccupazione era troppo reale perché fosse simulata.

    E quest'idea è stata di Ragno, commentò lui.

    Già. Ai loro occhi era fin troppo facile. Prendere un bel mucchio di roba e venderla per strada. Considerando che la maggior parte della gente che conoscono si fa abitualmente di hashish non deve essere stato difficile pensare di vendere presto tutto il carico

    No, aspetta ancora. Stai parlando di trentamila euro di fumo?

    No, c'era un po' di tutto. Anche se non saprei dirti cosa; non ho mai fumato neanche una canna

    Brava. Sono contento che mio fratello abbia scelto una ragazza con la testa sulle spalle

    Bel complimento da parte di qualcuno che è stato interrotto mentre si impegnava al cento per cento nella sbronza solitaria del sabato sera.

    Peccato non abbia scelto un amico con la stessa testa, replicò lei. In ogni caso credo abbiano ricevuto il carico circa un mese e mezzo fa. Non ho dati precisi perché non me ne ha parlato davvero fino alla scorsa settimana. Ricordo però che quella sera era eccitato. Diceva che doveva vedersi con Ragno per una serata diversa. All'inizio mi ero preoccupata, più per istinto che per altro, ma la sua felicità mi sembrava genuina e lo lasciai fare. Il mattino dopo era ancora fatto di quello che si era fumato nel corso della notte

    Lo immagino, disse lui. Arriva tutto quel ben di Dio e loro non pensano ad altro che a festeggiare, vero?

    Qualcosa di simile l'ho pensato anch'io. Ma non era la prima volta che capitava. Insomma, non sono una bacchettona e so che farsi qualche canna non è la cosa peggiore che possa capitare

    Capisco, commentò lui. Ma la sua mente era di nuovo altrove, pronta ad auto flagellarsi, questa volta con l'accusa di non essere stato presente, mentre anche suo fratello cercava di recuperare qualche posizione nei suoi confronti in quello che stava diventando lo sport di famiglia.

    Una settimana fa si è presentato a casa mia in condizioni pietose. Aveva un labbro spaccato e perdeva sangue dal sopracciglio

    No...

    Per farla breve; lo avevano sistemato per le feste. È stato allora che l'ho costretto a raccontarmi tutto. Anche perché l'ho minacciato di andare a parlare con i vostri genitori

    Tu vivi da sola?

    Avresti dovuto saperlo, sospirò lei, visto che all'inizio non si è parlato d'altro in quella famosa cena in cui ci siamo conosciuti. Comunque sì, sono di origine calabrese. Mio padre ha affittato per me un appartamento qui a Roma per farmi studiare

    Scusa, disse lui. Vai avanti

    Si sono accorti in breve tempo che, a parte qualche amico che voleva farsi uno spinello a buon mercato, per vendere il resto avevano bisogno di darsi una svegliata. Per farla breve, nel giro di un mese erano riusciti a incassare poco più di mille euro, che per come la vedo io sono anche troppi. E nel giro di due settimane avrebbero dovuto guadagnarne trenta volte tanto. Come immaginerai, a quel punto è subentrato il panico

    E perché non è venuto da me?

    Gli rispose con un'occhiata che era più eloquente di qualunque parola. Ci pensò la sua mente a metterci il carico.

    E certo, perché in una situazione di pericolo chiunque andrebbe a chiedere aiuto al fratello alcolizzato, no?

    L'idea generale era di scendere per le strade. Pensavano che gli amici avrebbero dato una mano, ma gli amici vedevano solo ottimo fumo a prezzi stracciati. Non conosco i dettagli, ma li posso immaginare; quando hanno chiesto aiuto, hanno solo ottenuto porte sbattute in faccia e risposte evasive

    Gli amici, ripeté Alessio, disgustato.

    Te la senti di biasimarli? Io no. Non fosse che voglio bene a Stefano, già sarei scappata da tempo. Dunque si ritrovano a far finta di essere ragazzi di strada. Il bello è che la prima sera gli va anche bene. Mi ha raccontato di aver racimolato millecinquecento euro in poche ore. Per quello hanno pensato di farcela. E quindi cosa decidono di fare? Qualcosa di molto stupido. Piazzare roba nel quartiere di San Lorenzo di sabato sera

    Non posso crederci

    "Neanche io, ma è la verità. Si sono piazzati sul posto e hanno cominciato a fare domande. Hanno venduto qualcosina, prima che i pusher del luogo li abbiano notati e abbiano stabilito che non era il caso di lasciare agire dei

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