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La Foresta degli Incanti: Jacques Korrigan a Brocéliande
La Foresta degli Incanti: Jacques Korrigan a Brocéliande
La Foresta degli Incanti: Jacques Korrigan a Brocéliande
Ebook381 pages5 hours

La Foresta degli Incanti: Jacques Korrigan a Brocéliande

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About this ebook

Strani, inquietanti eventi si ripetono nella leggendaria Brocéliande. Tra avvistamenti alieni, folletti, antiche ricerche naziste, agenti della CIA e investigatori assortiti, l'unica speranza di venire a capo dell'intrigo è affidarsi a uno studioso di cultura e mitologia celtica e alla sua squadra.

Cominciano così le indagini di Jacques Korrigan, riluttante consulente dell'Interpol, tra inseguimenti, sparatorie e sconvolgenti rivelazioni sui misteri che riguardano la Foresta degli Incanti.
LanguageItaliano
Release dateSep 16, 2015
ISBN9788893066488
La Foresta degli Incanti: Jacques Korrigan a Brocéliande

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    La Foresta degli Incanti - Andrea Marinucci Foa

    Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni

    LA FORESTA DEGLI INCANTI

    Jacques Korrigan a Brocéliande

    Seconda Edizione

    © Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni, 2012

    Youcanprint Self-Publishing

    ISBN: 9788893066488

    A Nicole, Viviana e Morgana

    Che sono la magia che noi lasciamo ai mondi

    PRESENTAZIONE

    Le avventure di Jacques Korrigan, di cui questo che avete in mano (o su un adeguato supporto informatico) è il primo romanzo, sono difficili da catalogare. Che genere è? Avventuroso, fantasy, spionaggio? La questione in realtà è problematica solo per chi vorrà piazzarlo in un posto adeguato nello scaffale o nella libreria: potete benissimo alzare le spalle e considerarlo una sorta di ornitorinco narrativo, mettendolo là dove trovate un angoletto libero.

    L'importante è che vi troviate in condizione di prendere una decisione in merito, ovvero l'importante è comprarlo e leggerlo. Anche farvelo prestare da un amico va bene, perché tanto finirete comunque nella nostra ragnatela. È meglio essere assolutamente onesti e ammettere di averlo scritto per divertire proprio voi, sì voi che state leggendo questa presentazione in questo momento. Chi altri sennò?

    Questo romanzo è autoconclusivo: non vi lascia in sospeso, costringendovi ad aspettare mesi per sapere cosa succederà a questo o quel personaggio, e tuttavia è parte di una lunga e - speriamo - felice serie. Prelude a nuove avventure, in cui i nostri personaggi (a cui nel frattempo vi sarete affezionati almeno un po') combineranno altri guai, si innamoreranno, faranno qualcosa di terribilmente stupido e di terribilmente saggio.

    Nella Francia del 2011, il giovane etnologo bretone Jean-Jacques Korrigan Mevel viene reclutato da una organizzazione internazionale di investigazione, fortemente voluta dall'amministrazione americana, per dipanare l'ingarbugliata matassa che riguarda una serie di misteri, alcune organizzazioni spionistiche e dei crimini veri e propri. A fianco di Jacques Korrigan, sotto la guida dell'asiatico vicedirettore Kim, lavoreranno una coppia di informatici canadesi, un cacciatore africano, una parigina dotata di un'empatia fenomenale, una giovanissima ex agente dell'FBI e due poliziotti dal grilletto facile, uno spagnolo e l'altro irlandese.

    Spionaggio, tecnologia, pirateria informatica, leggende e archeologia, scienza, crimine, storia e mito… Tutto questo e molto altro vi aspetta nelle pagine che seguono. L'abbiamo scritto per voi e se vi regaleremo un sorriso saremo ripagati del nostro lavoro.

    LA FORESTA DEGLI INCANTI

    PROLOGO

    L’elfo era appostato dietro al piccolo edificio, in disparte. Era alto e dinoccolato. Stringeva nervosamente il suo arco, mentre carezzava distrattamente Kera, la sua gigantesca tigre dai denti a sciabola, nera come la notte, che lo seguiva fedelmente dall'inizio della sua lunga carriera di Ranger. Il suo istinto gli diceva che un nemico si avvicinava, diretto verso la base che al momento non era protetta. Al centro della piccola valle infuriava una cruenta battaglia e in qualche modo quell'orrenda creatura era riuscita ad aggirare la mischia e ora correva liberamente verso il suo obiettivo.

    Bene, non sarebbe riuscita a portare a termine la sua missione!

    Prendilo, Kera! fece l'elfo, mentre estraeva dalla faretra una freccia dalla punta imbevuta di un raro veleno. La tigre si lanciò sul mostro, un orco completamente coperto di metallo che impugnava una pesante ascia a due mani. Il dardo lo colpì, superando la protezione della corazza come se si fosse trattato di un vestito di seta e Kera gli si gettò addosso con tutto il suo peso. L'orco evitò il felino e si gettò alla carica dell'arciere, confidando nell'armatura possente. L'elfo sorrise e balzò indietro, disimpegnandosi e tirando allo stesso tempo un secondo dardo, mentre pronunciava il comando magico che lo avrebbe reso in grado di stordire l'orco. Era una tecnica che i Ranger si tramandavano da maestro ad allievo da secoli e che aveva effetto anche sui mostri più grossi e violenti.

    Kera continuava ad aggredire la bestia alle spalle e l'elfo incoccò un terzo dardo ma, mentre prendeva la mira, s'interruppe. Abbassò improvvisamente l'arma e cominciò a saltare sul posto con aria ebete.

    Armagnac! La vuoi piantare con quella dannata barra spaziatrice?!

    L'orco aveva ormai raggiunto l'elfo e lo stava colpendo ripetutamente in un vortice di metallo e sangue.

    Jacques sospirò. Una scritta lo invitava a rilasciare. Era impossibile godersi un battleground con quel gatto che gli schiacciava tasti a caso nel mezzo della battaglia di Warsong. Mancavano 20 secondi al ress e l'orco aveva libero accesso alla base!

    Nabbi! Non fateli flaggare! ordinò il battleground leader, uno dei più acidi di Blackwing Lair.

    Jacques non rispose.

    Era un uomo snello di media statura. Anche se aveva passato da poco i trent'anni aveva i capelli completamente bianchi, raccolti in un codino ordinato; i tratti del viso erano regolari e delicati. Dietro gli occhiali sottili dalla montatura di metallo, gli occhi nocciola brillavano vivaci.

    Mentre il timer effettuava il conto alla rovescia diede una lunga occhiata di rimprovero al grosso gatto rosso e fu allora che intravide con la coda dell'occhio del movimento fuori dalla finestra.

    Ancora? si sfogò Jacques, aggiungendo un paio di colorite imprecazioni. Facciamo i bagagli 'Gnac, ripartiamo subito prima che arrivino degli ospiti indesiderati. Stava smontando le periferiche dal portatile e mettendo tutto dentro l'apposita borsa nera alla rinfusa. Raccolse i libri e li gettò nel borsone blu notte, assieme a un paio di calzini dimenticati su una sedia la sera prima. Prese il grosso gatto rosso e lo ficcò nella gabbia di plastica senza grande riguardo.

    Scusa micione, siamo di fretta. Uscì dalla camera e chiuse a chiave la porta dietro le sue spalle. Invece di andare nella reception dell’hotel cercò una stanza aperta sul lato opposto del corridoio, entrò e richiuse la porta alle sue spalle. Contò dei soldi e li infilò in una busta insieme a un biglietto. Aprì la finestra, che dava sul giardinetto sul retro dell'albergo, e si calò rapidamente. Per fortuna era al piano terra. Con cautela girò intorno all'edificio e si avviò verso il parcheggio; mise la busta con i soldi nella cassetta delle lettere e raggiunse la sua auto, un maggiolino Volkswagen rosso, e caricò gatto e borse sul sedile posteriore.

    Troppo facile, sussurrò tra sé e sé, mentre rimetteva a posto il sedile.

    Bella mattina, vero Korrigan? La voce echeggiò nel parcheggio.

    Jacques si fermò e si guardò intorno. Due uomini con uniformi militari, uno sulla destra e uno sulla sinistra, tenevano dei fucili puntati su di lui; una terza figura aveva il sole alle spalle e appariva come un contorno confuso. Non importava, Jacques aveva riconosciuto la voce della donna.

    Lo era fino a poco fa, rispose.

    Vedo che i tuoi capelli non sono più grigi come un tempo, Korrigan. Hai un'aria strana, da albino. Hai mai pensato di tingerli?

    Fai mettere via quei fucili: mi rendono nervoso. Sono convinto che non intendi farmi sparare, altrimenti sarei già morto.

    I fucili restano dove sono. Non voglio ucciderti, voglio solo assicurarmi che non ti dilegui un'altra volta: sono caricati a tranquillanti. Oh, ma ti sconsiglio di farceli usare. L'anestetico non è molto potente ma è lungo da smaltire e passeresti un paio di giorni sulla tazza del cesso.

    Ho sempre ammirato la tua finezza, Viper, disse Jacques. Che ne dici di tagliare corto e dirmi cosa vuoi?

    Devo parlarti a lungo e un parcheggio mi sembra un posto scomodo per questo genere di cose. La sede di Parigi mi pare più appropriata. Avanzò verso di lui con la pistola puntata. Dimostrava cinquant'anni, portava i capelli biondo cenere tagliati molto corti, la bocca sottolineata da un rossetto marcato. Gli occhi erano nascosti dietro occhiali a specchio. Avrebbe potuto essere bella, se non fosse stato per la lunga cicatrice in rilievo che le attraversava verticalmente la guancia destra. Vestiva con un completo militare simile a quello dei suoi uomini, solo completamente nero.

    D'accordo, visto che lo chiedi con tanta gentilezza. L’etnologo si strinse nelle spalle.

    Sei cambiato, Korrigan, commentò, fissandolo intensamente.

    Non abbastanza per voler avere ancora a che fare con voialtri. Il Colonnello è ancora tra noi?

    È in pensione.

    Ottimo, uno fuori dai piedi, sorrise l'uomo dai capelli bianchi.

    La donna scosse la testa. Korrigan, il vecchio ti voleva bene.

    Si, certo. Si vedeva da come mi trattava e da come mi prendeva sul serio. Jacques indicò i sedili di dietro della sua auto. Vengo con voi. Portate la mia auto e state attenti al mio gatto: se gli succede qualcosa… beh, non immaginate neppure in che guai potreste finire. E non ficcate le mani nel mio computer, se sbagliate password il disco fa un low format e anche in quel caso ve la farò pagare cara.

    Hai preso le tue precauzioni, vedo.

    Ho imparato dai casini che fate voi abitualmente. Facendo l'opposto si ottengono buoni risultati.

    Davvero divertente, Korrigan.

    Già, da morire dal ridere, commentò Jacques.

    Basta con le chiacchiere! Vai verso quel furgone nero. L'agente Smith ci seguirà con la tua auto. Cammina lentamente e tieni le mani bene in vista, fece la donna soprannominata Viper. Jacques si incamminò verso la vettura, seguito a pochi passi da lei e da uno degli uomini.

    L'agente Smith, che fantasia! borbottò Jacques, mentre lo sportello laterale del furgone si apriva. Salì nel veicolo sbuffando, subito seguito dagli altri due.

    PARTE PRIMA LA SQUADRA

    1. KIM

    La stanza era piuttosto grande, anonima: un tavolo, due sedie, una luce al neon sul soffitto e pareti scure. Jacques sapeva bene che c’erano altre persone che guardavano e ascoltavano dietro un vetro oscurato, invisibile dalla sua posizione, come nei film polizieschi. Non era ammanettato: questo già indicava che non avevano intenzione di farlo sparire. Il giovane sapeva già quale tecnica avrebbero seguito i suoi catturatori: lo avrebbero lasciato lì da solo qualche ora, per innervosirlo, quindi lo avrebbero affrontato o con provocazioni e minacce o con finta condiscendenza per farlo crollare.

    Jacques approfittò della solitudine per meditare, soprattutto per non perdere la calma e sopportare il fastidio di avere a che fare con i suoi vecchi colleghi. Gli avevano tolto cellulare, portachiavi, portafoglio, perfino l'orologio e il ciondolo d'argento di Herne che portava sempre al collo, la riproduzione del bassorilievo del Calderone di Gundestrup. Tutto quello che aveva con sé. Era davvero seccante: probabilmente l'effetto che volevano raggiungere era quello farlo sentire impotente come un lupo in un recinto.

    La donna entrò una mezzora dopo e si sedette di fronte a Jacques. Era in anticipo sui tempi che solitamente si seguivano negli interrogatori di questo genere: si vede che avevano fretta. Viper lo guardò qualche istante negli occhi prima di cominciare.

    Korrigan, non ci piace che i nostri scompaiano in questo modo. Ci hai costretto a una lunga caccia e neppure questo ci piace, esordì la donna, in tono dispiaciuto.

    Viper, possiamo risparmiarci le tecniche? In tre anni ho assistito ad almeno una cinquantina di questi interrogatori e conosco tutti i trucchi del mestiere. Le ragioni per cui me ne sono andato le conosci, visto che le ho spiegate a te, al Colonnello e agli altri, quasi quattro anni fa e senza giri di parole. Ho lavorato per la tua organizzazione segreta come consulente civile: è stato un inferno e non abbiamo concluso nulla; i vostri metodi sono stupidi, brutali… militari sotto tutti i punti di vista, ottusi. Voi siete ottusi. E non ascoltate, pretendete risposte terra terra quando il mondo è fatto di domande. E anche quando vi si trova una risposta terra terra, non vi piace e la respingete perché il mondo deve essere come voi volete che sia fatto. Inoltre il semplice fatto di avere una divisa e di essere addestrati alla violenza vi rende arroganti, vi permette di ritenervi dei superuomini. Ho subito tanto di quel bullismo da voi coglioni in uniforme da aver imparato a starvi il più lontano possibile. Bene, adesso è più chiaro?

    Korrigan, tu hai frainteso… erano semplicemente degli scherzi…

    Scherzi? Jacques rise senza allegria. E il fatto di considerare il mio lavoro qualcosa di assolutamente inutile? Siete una banda di imbecilli, e l'insuccesso della Compagnia della Notte va ascritto interamente alla vostra ottusa arroganza.

    Abbiamo conseguito importanti risultati, si difese Viper.

    Sì, abbiamo arrestato una banda di ladri d'automobile, quando davamo la caccia a un gruppo di terroristi neonazisti che si trovavano a 200 Km da dove eravamo appostati; io lo avevo previsto, ma voi tanto non ascoltavate. Ah, certo, abbiamo anche svelato il trucco della sirena di Mont Saint-Michel e arrestato due albergatori e una ragazza con un costume da pesce e le tette di fuori. Due successi, statisticamente inevitabili in tre anni di buchi nell'acqua.

    Non è per niente carino, rivangare quelle vecchie storie. E poi c’è qualcosa che non sai, Korrigan… Qualcosa che è emerso dal lavoro della nostra squadra.

    Non mi interessa, Viper.

    D’accordo: hai del risentimento e non vuoi avere a che fare con noi. È comprensibile. Viper sorrise, stava portando la conversazione sul suo campo.

    Oh, certo. Sono io che ho del risentimento, una emozione che mi svia dal valutare quello che mi dirai tra poco dal punto di vista razionale! Jacques strinse gli occhi. Bene, allora lasciamo in sospeso la questione del fallimento della Compagnia della Notte e passiamo alla domanda principale: perché mi avete dato la caccia e perché sono qui ora?

    Ci servi, Korrigan.

    Ah sì? E non potete prendere qualche altro neolaureato da trattare come un topo di biblioteca e da trasportare su e giù per il mondo solo per buttare nel cesso le sue note? Vi servo proprio io?

    Se ti dico che ci servi, ci servi tu.

    D’accordo, vi servo. Ma non sono disponibile.

    Temo che non potremmo permetterci di ricevere un rifiuto, Korrigan.

    Ecco, adesso passiamo alla minaccia.

    Perché devi rendere tutto così difficile?

    Non c’è nulla di difficile, Viper. Voi avete me, ma io ho un po’ di cose: nomi, luoghi, situazioni, rendiconti, fotografie. Si tratta di cose riservate che ho raccolto prima di andar via, come assicurazione personale.

    È un bluff, azzardò la donna, ma si alzò dalla sedia. C’è un contratto firmato di riservatezza.

    Jacques annuì. Esatto, e su quel contratto non c’è scritto che potete rapirmi e costringermi a lavorare per voi. Mi sembra di ricordare un vincolo alla lealtà reciproca, vincolo che tu hai appena violato. Significa che il contratto è appena diventato nullo, o sbaglio?

    Troveremo quel materiale, Korrigan.

    Sei ottimista, mi fa piacere. Conosci le regole dei sette punti di passaggio? No? Bene, te la spiego brevemente: tra ogni essere umano ci sono un massimo di sette punti di contatto, sei se si esclude il soggetto di partenza. Ora io ho distribuito il materiale e ogni copia è stata trasmessa a conoscenti non direttamente connessi con me, con la disposizione di effettuare questa operazione altre sei volte. Questo significa che teoricamente chiunque dei quasi sette miliardi di esseri umani attualmente viventi può essere uno di quelli che hanno questo materiale e che possono pubblicarlo se io sparisco. Ah, a proposito, le prime copie sono state trasmesse via email a indirizzi casuali all’interno di una rubrica piuttosto vasta, per cui non so dirvi nulla di utile per rintracciare queste persone.

    Cosa c’è in quel materiale?

    Abbastanza, per farvi passare l’idea di obbligarmi a fare qualsiasi cosa io non voglia fare.

    Sei un figlio di puttana! sibilò Viper avanzando a pugni stretti.

    Jacques si alzò. Bene, adesso passiamo alle maniere forti? Forza allora, scatena il tuo addestramento da servizi segreti del cazzo!

    Non ne vale la pena. La donna sputò per terra.

    Per quattro anni mi sono preparato a questa eventualità, non c’è nessuna mossa che non sia stata prevista. Adesso hai due scelte, o mi fai andar via con tante scuse, oppure mi dici finalmente che diavolo vuoi da me senza giochetti.

    Viper imprecò. Devo parlare con i miei superiori.

    Jacques sorrise. L’offerta scade tra trenta secondi, passati i quali io me ne andrò, ovviamente a meno che non vogliate arrestarmi, nel qual caso chiamerò un avvocato.

    La donna cedette. D’accordo. Negli ultimi anni hanno cominciato a verificarsi degli eventi strani, inspiegabili. Ci siamo accorti che alcuni dei luoghi in cui capitavano questi eventi sono coerenti con uno studio che ci avevi proposto anni fa, quando eri entrato da poco nella Compagnia della Notte. Era poco più che un’intuizione, una sorta di localizzazione geografica, ma andrebbe sviluppata, chiarita.

    Era quella che il colonnello all’epoca definì una stronzata super?

    Sembrava strampalata a tutti.

    Ma bene! Adesso siete diventati tutti esperti di letteratura, mitologia e antropologia? Dove nascondi la tua laurea, Viper? Sopra il caminetto? Volete farmi domande su quella ricerca? Benissimo. Prendi carta e penna e segnati questo numero di conto. E dettò una serie di numeri. Vi concedo 10 ore di consulenza, a partire dal momento in cui mi avete puntato delle armi addosso, per cui ve ne restano tre e qualcosa... Senza orologio non saprei esattamente. Ogni ora vi costa venticinquemila euro al netto di tasse e contributi, che sono a vostro carico. Metà anticipata. Appena riceverò conferma del bonifico di centoventicinquemila euro vi darò delle risposte.

    Duecentocinquantamila euro? Ma sei pazzo?

    No, affatto. Ascolta il mio ragionamento: visto che avete sbeffeggiato e trascurato tutto il mio lavoro in passato, pagandolo così caro sarete costretti a soppesare ogni parola. Ogni articolo, ogni aggettivo. In un certo senso, andrà a vostro vantaggio pagarmi così tanto.

    Prima o poi ti faranno fuori.

    Benissimo, allora il prezzo è appena salito a cinquantamila euro l’ora. Se dovrò morire presto, tanto vale che mi dia alla pazza gioia per un po’.

    Chiederò ai miei superiori. Viper scosse il capo.

    Ecco brava, chiedi ai tuoi superiori e già che ci sei, portami le mie cose.

    Viper. Quando l'aveva conosciuta gli era sembrata simpatica. Nei primi dieci minuti. Era il 2003 quando il timido dottore Jean-Jacques Mevel, originario di Rennes e considerato in ambienti accademici parigini una delle giovani promesse nel campo delle tradizioni celtiche, incontrò il suo futuro capo. Jacques aveva appena ottenuto il dottorato e aveva accettato con titubanza di incontrare il fantomatico colonnello Klein, un americano di origini austriache che si era presentato al telefono come membro dei servizi di sicurezza dell'Interpol. Il colonnello si era recato all'appuntamento con la sua squadra. Klein era vecchio, anche se nessuno sapeva quanti anni avesse davvero, alto e magro come un chiodo, aveva una ragnatela di rughe e radi capelli bianchi, il sigaro sempre in bocca anche quando era spento e occhi color ghiaccio. In un inglese perfetto, senza accento, aveva presentato al dottor Mevel la squadra. Il suo braccio destro, il maggiore Mary Johnson, detta Viper, che allora aveva quarantacinque anni e il dottor John Gherardi, corpulento medico italo-americano piuttosto strampalato, con il nome in codice Phlox, preso in prestito da una serie di Star Trek. Nelle asciutte parole di Klein, si trattava di un gruppo di specialisti addestrati per prevenire crimini internazionali, una di quelle task force nate dopo l'11 settembre del 2001, in un'era di paranoia e guerra. Viper, l'unica donna del gruppo, gli aveva ispirato una certa simpatia, prima di capire che il suo ruolo era quello di annientare e massacrare il nemico, come mastino del colonnello. Rapida e mortale, come il suo nome di battaglia affermava candidamente. La prima cosa che aveva detto Viper a quell'incontro era stata a che ci serve un fottuto topo di biblioteca? Un esordio davvero carino, che aveva dissipato istantaneamente la simpatia di Jacques e che aveva impostato i futuri rapporti tra i due membri della Compagnia della Notte e l'attuale clima di cordiale fiducia.

    Viper rientrò nella stanza accompagnata da un uomo orientale apparentemente di mezza età. Aveva capelli neri tagliati cortissimi con qualche filo argenteo sulle tempie e il viso squadrato dall’aria imperturbabile. Vestiva un completo blu molto elegante, camicia bianca con particolari gemelli d’oro e corallo ai polsini; una cravatta blu ricamata con motivi orientali dai toni delicati completava l’insieme sobrio e ricercato. L’uomo si sedette di fronte a Jacques, mentre Viper si mise in disparte, con uno sguardo pieno di rancore.

    Dottor Mevel, io sono il vicedirettore Masaru Kim. Credo che il colonnello Johnson dopotutto non si sia rivelata la persona giusta per trattare con lei.

    Ah, l'avete promossa… Tanti auguri, vicedirettore.

    Senta dottore, a me personalmente non interessano le imprese della sua giovinezza e i suoi trascorsi con la famigerata Compagnia della Notte. Il mio unico collegamento con le vecchie storie, di cui lei è protagonista con il colonnello, sono le sue osservazioni dell'epoca. Osservazioni brillanti, che allora passarono inosservate per ragioni che non hanno nulla a che vedere con me e con la struttura di cui faccio parte.

    Vuol dire che lei non è della CIA? chiese Jacques sorridendo.

    No, io sono un vecchio poliziotto non una spia, spiegò l'orientale. Sono stato trasferito a questa struttura dall'FBI, sede centrale di Washington, solo pochi mesi fa. Il colonnello Johnson ha insistito per essere lei stessa a contattarla, e i miei superiori hanno accettato la proposta prima che io prendessi in carico l'onere del comando. Mi rendo conto che è stato un errore assecondarla e le chiedo scusa a nome del mio dipartimento.

    In effetti Viper voleva riaffermare il suo potere su di me, vicedirettore. Credo sia perfettamente comprensibile, ma le cose cambiano con il tempo e anche i topi di biblioteca possono mettere su i denti e imparare ad usarli.

    Te la farò pagare, lo sai che sarà così, borbottò Viper.

    Colonnello, lei ha detto fin troppo per oggi. Può andare! disse Kim, girando la testa per fissarla negli occhi. Viper arrossì e uscì dalla stanza con espressione rabbiosa.

    Tornando a noi, dottor Mevel… riprese Kim. Credo che le sue richieste possano essere accettate: un modo piuttosto diretto per regolare i vecchi conti in sospeso e ripartire da zero. In questo momento stiamo accreditando sul suo conto duecentocinquantamila euro e l'ufficio legale sta mettendo su un contratto di consulenza.

    In pratica lei accetta le mie condizioni pur di avere la possibilità di riprendermi nella squadra? Jacques era perplesso: non si aspettava i nuovi sviluppi.

    Non c'è più nessuna squadra, dottor Mevel. La Compagnia della Notte non esiste più, il vecchio dipartimento segreto è stato sciolto già da qualche tempo e ora anche le ricerche non ufficiali sono terminate, perché è stato deciso di passare da un approccio spionistico ad uno investigativo. Niente più agenti segreti. Io sono stato scelto come coordinatore del Centro Investigativo di Parigi.

    Jacques scosse la testa. Investigativo o spionistico, qual è la differenza?

    Lei è un etnologo, dottor Mevel. L'etnologia è interconnessa con molteplici discipline che studiano l'organizzazione e la struttura anche attraverso il tempo, antropologia, storia, archeologia, evoluzione. Il mio paese è estremamente giovane, offre all'estero un'immagine terribilmente semplice di se stessa, ma al suo interno è estremamente complesso. Se ha avuto a che fare per quattro lunghi anni con l'intelligence, lei ha conosciuto e fatto esperienza, ha lavorato con una delle due caratteristiche esteriori americane più forti.

    Non basta cambiare amministrazione per cambiare la propria identità, vicedirettore, protestò Jacques.

    No, certamente. Tuttavia, avrà riflettuto sulla società statunitense, immagino. Dal punto di vista sociologico, etnologico, intendo.

    Certamente, dal punto di vista etnologico, le principali città del nord America sono luoghi di frontiera, alla ricerca perpetua di una propria identità inclusiva.

    Un modo simpatico per descrivere la nostra caratteristica principale: siamo dei bastardi, non in senso metaforico, ma alla lettera. Al di fuori delle città la situazione è totalmente differente, ma le città sono dei laboratori in cui si sperimenta di tutto. La nostra vitalità, la nostra apertura al cambiamento dipende dal fatto che siamo bastardi. Come anche la spinta opposta, l'egocentrismo, la chiusura al mondo. Un bastardo realizzato, lei lo sa meglio di me, è fondamentalmente un espansivo, forse un po' arrogante, ma anche una persona che ha bisogno di punti di riferimento molto stabili a cui tornare.

    Spinte diverse, conservatori e progressisti nello stesso tempo, concordò Jacques.

    Esattamente. Non posso spiegarle nulla che lei non abbia già studiato, dottor Mevel, ma mi occorre inquadrare questa struttura nel giusto contesto affinché lei abbia gli strumenti per valutare quanto le dirò. Ora, la società americana è portata all'eccesso, abbiamo spinte estreme e contrastanti che l'Europa non si sognerà mai: ambientalismo, tradizionalismo, razionalismo, spiritualismo, puritanesimo, trasgressione. Alcune di queste spinte radicali storicamente hanno aperto delle strade, giuste o sbagliate, e hanno connotato delle epoche. Il nostro estremismo ha innescato dei cambiamenti di grande impatto sociale: la rivoluzione degli anni 70, il femminismo, il superamento del razzismo e dell'omofobia. La nostra chiusura ha dato forma all'era che ha seguito l'11 Settembre, senza considerare il proibizionismo e il maccartismo. Tutto radicalismo. Lo ammetta, voi europei siete molto meno folli ma anche molto meno coraggiosi.

    È un discorso estremamente onesto, commentò Jacques.

    Kim gli sorrise. Lei mi coglierebbe subito in fallo, se non lo fossi. Semplificando al massimo, l'effetto che la nostra natura ha sulla politica estera si può tradurre in una spinta collaborativa, tesa a includere, che interpreta la nostra voglia di fare parte di una comunità internazionale, e una spinta difensiva, tesa ad affermare la nostra autosufficienza. Uno psicologo probabilmente direbbe che tutto questo deriva dalla giovane età della nazione. Questi due impulsi sono sempre presenti nella nostra politica estera, ma il loro equilibrio cambia a seconda dell'amministrazione. L'organizzazione segreta a cui collaborava suo malgrado fino al 2007, era figlia dell'era Bush. Adesso siamo in un'epoca diversa, dottor Mevel. Questo cambio di amministrazione porta mutamenti più profondi di quello che potrebbe apparire. La sua squadra era comandata da un gruppo di intelligence che faceva capo alla NATO soltanto in apparenza: agivate sotto il diretto controllo della CIA e dei servizi segreti militari degli Stati Uniti; le altre nazioni spianavano la strada, ma non collaboravano davvero alle operazioni.

    Sembra fantascientifico, ma erano davvero interessati all'insolito, all'inspiegabile, al sovrannaturale, disse Jacques.

    "Infatti, ma non erano i primi a farlo. Fin dal 1935 la caccia all'occulto è nei file dell'intelligence militare. Le dice nulla la parola SS-Ahnenerbe?"

    Le ricerche naziste? Sì, ho letto qualcosa a proposito di ricerche nei pressi di Cosenza, riguardanti la sepoltura di Alarico. Non ho fatto collegamenti con quello che facevamo noi, però.

    Bene, le interesserà sapere che fin dall'inizio delle ricerche tedesche del 1935, prima ancora della Seconda Guerra Mondiale, le intelligence di altri paesi hanno messo su squadre specializzate con l'obiettivo di raccogliere pezzi e informazioni prima dei concorrenti. Se durante la guerra si era costituito un fronte comune, con la guerra fredda si erano formati due blocchi che lavoravano in forte competizione.

    Posso immaginarlo. Ho visto tutti i film di Indiana Jones, vicedirettore.

    Oh, in verità non si cercò mai niente di così grande come l'Arca dell'Alleanza o il Santo Graal, dottor Mevel.

    Suppongo che con la fine della guerra fredda e con la globalizzazione anche questo genere di caccia si sia complicata notevolmente.

    "Fino all'11 Settembre i progetti erano in

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