La violenza psicologica nella coppia: Cosa c'è prima di un femminicidio?
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La violenza psicologica nella coppia - Monica Bonsangue
Sommario
LA VIOLENZA PSICOLOGICA NELLA COPPIA
Prefazione
Introduzione
Breve nota sulla terminologia
PARTE I - LA RELAZIONE MALTRATTANTE
CAPITOLO 1 - La relazione maltrattante: definizione, termini, confini
1.1 Un’introduzione psicologica
1.2 Cos’è un maltrattamento?
1.3 La relazione maltrattante
1.4 Il ciclo della violenza
CAPITOLO 2 - Quanti tipi di maltrattamento esistono?
2.1 Le violenze fisiche
2.2 Le violenze psicologiche
2.3 Maltrattano più gli uomini o le donne?
2.4 Maltrattamento: radice culturale o psicologica?
CAPITOLO 3 - Chi è il maltrattante psicologico?
3.1 Il maltrattante è un bambino
3.2 I bisogni
3.3 L’egocentrismo
3.4 L’empatia
3.5 La negazione
3.6 Il maltrattante spesso non reagisce ai feedback comunicativi
3.7 Il maltrattante scambia l’attaccamento per amore
3.8 Una definizione di maltrattante
CAPITOLO 4 - Manipolazione, suggestione, plagio
4.1 I trucchi del maltrattante
4.2 La Sindrome di Stoccolma fra le mura domestiche
CAPITOLO 5 - Dinamica e sviluppo delle relazioni maltrattanti
5.1 Dal paradiso dell’amore all’inferno della sottomissione: come si sviluppa una relazione maltrattante
5.2 Le strade
5.3 I figli
SECONDA PARTE - I PROFILI PSICOLOGICI DEI MALTRATTANTI
CAPITOLO 6 - I profili psicologici dei maltrattanti
6.1 Attenzioni all’uso
6.2 I profili psicologici
CAPITOLO 7 - Il maltrattante narcisista
7.1 Il narcisista
7.2 Il maltrattante narcisista
CAPITOLO 8 - Il maltrattante ossessivo
8.1 L’ossessivo
8.2 L’ossessivo maltrattante
CAPITOLO 9 - Il maltrattante paranoico
9.1 Il paranoico
9.2 Il maltrattante paranoico
CAPITOLO 10 - Il maltrattante vittimista
10.1 Il vittimista
10.2 Il vittimista maltrattante
CAPITOLO 11 - La vittima
11.1 Dei giudizi e dei pregiudizi sulla vittima
11.2 I primi passi verso la libertà
CONCLUSIONI
RINGRAZIAMENTI
Bibliografia
Sitografia
L’AUTRICE
LA VIOLENZA PSICOLOGICA NELLA COPPIA
COSA C’È PRIMA DI UN FEMMINICIDIO?
MONICA BONSANGUE
Copyright © 2015 by Invictus società cooperativa
Dedica
A tutte le donne che ho incontrato e conosciuto in questi anni.
A tutte loro che hanno trovato il coraggio di prendere in mano la loro vita e trasformarla.
Monica Bonsangue
Prefazione
Il maltrattamento c’è sempre stato. Non si sa chi l’ha cominciato per primo. Se fosse stato Adamo, Eva o il Serpente. Comunque, uno dei tre.
Gli altri due erano i maltrattati. Ma no!
Non erano in tre.
Erano in quattro!
La cosa si complica.
Quando c’è di mezzo il maltrattamento le cose sono sempre complicate.
L’unico caso chiaro è quello di Caino e Abele.
Anche qui erano in tre.
Chiaramente il maltrattato era Caino.
Ha fatto male, però, a ribellarsi.
È passato alla storia come il maltrattante.
Se si faceva ammazzare, come ogni buon maltrattato, ci faceva più bella figura e nessuno avrebbe parlato male di lui.
Da allora la storia va così.
Il maltrattante si fa passare spesso per maltrattato.
Il carnefice si fa passare per vittima.
Perché il maltrattante è spesso furbo come un baro.
E come un baro cambia, di nascosto, le carte in tavola. Il maltrattato, invece, è un povero illuso.
Come la vittima, può smettere di farlo quando vuole.[1]
[1] Vedi il mio libro Come smettere di fare la vittima e non diventare carnefice, Mondadori, 2008.
E invece non lo fa.
Perché in realtà non lo vuole.
Non tanto perché dentro ognuno di noi, come ha detto Freud, c’è un masochistico istinto di thanatos.
Quanto per il fatto che essere maltrattato comporta comunque l’essere trattato.
E l’essere trattato, cioè accudito, l’essere oggetto di attenzione, è comunque il sogno di ogni bambino.
Perché sì, diciamocelo una volta per tutte.
Il maltrattato è un bambino.
Un bambino che non ha il coraggio di staccarsi dalla madre punitiva, crudele, assassina, ma pur sempre una madre.
Quando mille esempi quotidiani, anche feroci, dimostrano che è possibile fuggire, liberarsi.
Come la fanciulla che, portata con l’inganno in un altro paese e costretta a prostituirsi, denuncia il proprio persecutore e si libera dalla schiavitù.
Come il marito che con un colpo di testa riacquista la propria dignità. «Ho scoperto che lavorare in Italia è una pacchia. Come ti svegli al mattino ti danno il cappuccino. Poi trombi tutta la mattina e a mezzogiorno ti danno gli spaghetti. Trombi tutto il pomeriggio e la sera ti danno la pizza. E poi trombi tutta la notte e ti danno il vino bianco frizzante.»
«Ma tu quando ci sei stato, a lavorare in Italia?»
«Io mai. Mia moglie. Ma adesso ci vado anch’io.»
Non ho detto niente del libro.
Lo faccio adesso.
Non maltrattatelo.
È un gran bel libro.
Giulio Cesare Giacobbe
Introduzione
Il tema dei maltrattamenti, al contrario dell’economia, pare non conoscere tempi di crisi.
Le cifre parlano chiaro: ogni anno nel mondo (e non solo nei paesi in cui non v’è ancora stata una rivoluzione/evoluzione rispetto alla parità di genere, ma anche in paesi più moderni) centinaia di donne vengono uccise dai propri compagni o ex compagni, mentre migliaia subiscono violenza fisica o psicologica, senza denunciare.
Nel 2014 l’Eures, nel II rapporto sul femminicidio in Italia (riferimento anno 2013) ha calcolato che sono state uccise 179 donne, per una media di una ogni due giorni. Il dato mostra un incremento del +14% rispetto al 2012. Aumentano anche, rispetto all’anno precedente, gli omicidi effettuati in ambito familiare (+16,2%) che passano così da 105 a 122. Il 2013 ha rappresentato l’anno con la più elevata percentuale di donne tra le vittime di omicidio mai registrata in Italia, un dato pari al 35,7% dei morti ammazzati (179 su 502).
Le cifre sono impressionanti, anche se le rilevazioni del primo bimestre 2014 sembrano mostrare un calo (38 vittime del 2014 contro le 76 del 20131). Servono purtroppo anni per stabilire se l’oscillazione del dato al ribasso sia l’effetto delle nuove politiche messe in campo per fronteggiare il fenomeno o rientrino piuttosto nelle fisiologiche oscillazioni che subisce periodicamente.
I giornali riportano continuamente casi di omicidio passionale, definendo in tal modo un crimine (l’omicidio della compagna o ex) perpetrato sull’onda di un sentimento d’amore. Tale definizione è assurda e fuorviante allo stesso tempo: è chiaro, infatti, che chi uccide, in realtà non ama.
Esistono troppa sufficienza e troppa imprecisione nel riportare e presentare mediaticamente questa tipologia di comportamenti.
Omicidio passionale è un termine inadatto per descrivere questo fenomeno, anche se il suo utilizzo ha l’effetto di alzare gli ascolti ed aumentare le vendite delle testate giornalistiche.
1) Fonte: http://www.istat.it/it/archivio/161716
Nessuno ucciderebbe chi ama davvero. Molti, invece, uccidono la persona che temono di perdere, perché è dal possesso della persona stessa che dipendono il proprio benessere, la propria sicurezza e la propria sopravvivenza.
Se non mia, di nessun altro.
Meglio morta e di nessuno piuttosto che viva, ma non mia. Esiste un filo (o sarebbe meglio dire una catena?) che unisce possesso, controllo e potere in alcune relazioni.
Il possesso non ha nulla a che vedere con l’amore. Anzi, a ben vedere, ne è l’esatto contrario. Amore è, infatti, ammirazione verso l’Altro, rispetto per la Sua vita, della Sua dignità e della Sua libertà.
Per citare una frase di R. Norwood ² :
Nessuno può controllare nessuno.
2) Norwood, R., Donne che amano troppo, Feltrinelli, Milano, 1989.
In una relazione, il tentativo di possesso dell’altra persona (confuso spesso con l’ amore) è un’illusione che porta solo a terribili sofferenze, gelosia sconclusionata, comportamenti abominevoli.
Il possesso ha, invece, molto a che vedere con il potere.
Il dominio sul partner è l’effetto dello sbilanciamento del potere su uno solo dei membri della coppia e lo si può ottenere in diversi modi, dai più diretti ai più sottili, che andremo a conoscere nel corso della trattazione.
Come ben osserva Lowen³, padre della bioenergetica:
3) A. Lowen, Il narcisismo,Feltrinelli, Milano,1985 p. 90.
Se tutti avessero pari potere, nessuno controllerebbe nessuno.
Ma per quale fine alcune persone desiderano così prepotentemente il controllo?
Quale è lo scopo o il motivo del riuscire ad avere totale potere in una relazione?
Secondo Raimon Panikkar, filosofo, teologo, scrittore spagnolo contemporaneo, sono due le forze che governano il mondo: l’amore e la ricerca di potere. Pensiero condiviso anche da Jung. L’una esclude l’altra, poiché affondano le loro radici in terreni totalmente differenti. L’amore è un potenziale che conduce l’uomo a superare i propri limiti, a differenziarsi dal mondo più istintuale ed animale, evolvendo verso stati di consapevolezza più ampi e comprensivi, fino allo sviluppo di funzioni superiori, quali la spiritualità. Il potere, al contrario, lo trascina verso le sue manifestazioni più terribili e crudeli, facendolo regredire a stati meno complessi ed evoluti, destinato alla nevrosi ed alla sofferenza.
E’ quindi evidente che chi non è in grado di amare possa esercitare, nella relazione con l’Altro, solo il potere.
Se non posso amare, posso solo possedere.
Se non posso dare, posso solo prendere (o pretendere).
Se non posso rispettare, posso solo disprezzare.
Il potere, quindi, è direttamente collegato al comando.
Chi domina decide, per sé stesso e per l’Altro.
La maggior parte delle teorie psicologiche è concorde con l’affermare che l’esigenza di potere, controllo e dominanza sono riconducibili alla presenza di più paure, spesso di origini profonde, che grazie a questa posizione di superiorità verrebbero sedate e controllate. Lo scopo del potere nella relazione sarebbe quello di ottenere vantaggi personali e soddisfare bisogni profondi ed egoistici.⁴
4) C. Madanes, Amore, sesso e violenza, Ponte alle Grazie, Torino, 2000.
Lowen ipotizza che la ricerca di potere, a livello psicologico, non servirebbe per eliminare il senso di impotenza, di inferiorità e di incapacità, ma servirebbe piuttosto a negarle dentro di sé, per non sentirli.
La differenza c’è, anche se è sottile.
L’eliminazione del senso di impotenza, infatti, prevede la scomparsa della sensazione di impotenza; risultato, questo difficile (se non impossibile) da realizzare. La persona, allora, può tentare di negare le sensazioni sopra elencate affermando (e agendo) il contrario.
Questo è il meccanismo basilare da comprendere: per negare un’emozione o una sensazione che mi procura sofferenza, devo agire il suo opposto.
Solo così posso controllarla.
Per negare la paura, devo agire il coraggio.
Per negare la dipendenza, devo agire il distacco.
Per negare il senso di fallimento, devo agire la grandiosità. Per negare l’impotenza, devo agire il dominio.
Per negare il rifiuto, devo agire il possesso.
I maltrattanti, uomini o donne che siano, appartengono ad una categoria molto eterogenea, il cui tratto in comune è l’incapacità di amare. Il loro tentativo di entrare in relazione con l‘Altro è basato esclusivamente sul possesso e sullo sfruttamento. La modalità attraverso cui lo agiscono, come vedremo, ne definisce la tipologia, ossia il profilo.
Nel testo verranno presentati i profili di quattro tipologie di maltrattanti, derivati tutti dall’esperienza clinica di questi anni a contatto con donne maltrattate a livello psicologico. Tre di questi erano già stati identificati da M.F. Hirigoyen⁵, psichiatra francese che si è occupata di violenza nei rapporti umani, anche se la strada percorsa dal presente studio (e che giunge sostanzialmente alla definizione delle medesime categorie) è partito dall’analisi di aspetti differenti, quali la tipologia di relazione e comunicazione che gli attori stabiliscono nella coppia, ma soprattutto in base a come agiscono il controllo. Il quarto profilo, non presente nella descrizione della Hirigoyen, deriva da un’osservazione personale.
5) M.F. Hirigoyen, Sottomesse, Einaudi, Torino, 2006.
Ciascun gruppo di maltrattanti è caratterizzato da un modo particolare di dominare la relazione, specializzandosi nella violenza fisica e/o psicologica, allo scopo di ottenere potere. E’ in base alla modalità di controllo sviluppata (la principale tentata soluzione del maltrattante) che possiamo distinguere gli stili comportamentali, da cui deriva la costruzione dei profili.
Il potere sarebbe quindi il mezzo tramite cui l’uomo crea la propria illusione di controllo, e attraverso il quale i nostri maltrattanti negano un mondo affettivo ed emotivo devastato, che corrisponde al loro inferno.
Il possesso derivato dal potere è l’esatto contrario della libertà, diritto fondamentale di ogni individuo.
In molte delle relazioni che si concludono con l’omicidio della donna la libertà (fisica, ma anche mentale) è qualcosa che viene persa progressivamente, fino ad arrivare a perdere la vita⁶.
6) I dati raccolti dai vari enti incaricati di monitorare il fenomeno riferiscono con buona precisione il numero di donne uccise da uomini, compagni o ex. Quello che non raccolgono è invece il numero di donne che si tolgono la vita o si ammalano gravemente a causa di una relazione maltrattante.
L’omicidio è solo l’atto finale della privazione della libertà dell’Altro, crimine agito quando sono falliti tutti gli altri tentativi di possesso e di controllo.
In queste relazioni in pericolo non c’è solo la libertà di movimento o la libertà di vedere amici, ma anche libertà di pensiero e la libertà di costruire e vivere la propria identità di Soggetto.
Vedremo come questa relazione (definita perversa dalla maggior parte degli studiosi) sia prodotta dalla percezione della propria compagna come strumento di soddisfacimento dei bisogni (oggetto) e non come
Soggetto, con una propria identità e dignità.
L’altra leggerezza mediatica è il riportare questi gesti come causati da raptus, termine utilizzato per indicare una perdita di controllo degli impulsi, un atto sconsiderato, fuori dal controllo della volontà della persona.
Anche in questo caso è necessario fare le dovute correzioni, poiché nelle analisi delle casistiche si nota chiaramente come il tanto invocato raptus non sia altro che il gesto finale di ripetuti comportamenti di maltrattamento. Le donne di cui parliamo vivono da anni una vita matrimoniale o di convivenza connotata da maltrattamenti fisici e psicologici, che solo in alcuni casi si concludono con l’omicidio. Gli omicidi commessi per improvvisa perdita di senno corrispondono ad una percentuale minima; tutte le altre situazioni rientrano in quelle che chiamiamo relazioni maltrattanti e che prevedono comportamenti coscienti e reiterati di abuso, non certo caratterizzati da perdita di controllo.
Il maltrattamento relazionale è un fenomeno di proporzioni enormi che nonostante gli interventi, i programmi divulgativi, le Pubblicità progresso
, gli avanzamenti legislativi, continua a provocare vittime.
Parlarne non è semplice.
La casistica è complessa e va letta e compresa sotto diversi punti di vista. Esistono infatti moltissime forme di maltrattamento, alcune del tutto invisibili. Ed esistono numerose sfumature di presenza e manifestazione del fenomeno che dipendono da come agiscono e reagiscono i protagonisti (vittima ed aguzzino), ma anche tutte le persone coinvolte: parenti, amici, forze dell’ordine, tribunali, medici, terapeuti.
Il femminicidio attuato all’interno di una relazione è solo l’epilogo tragico di una storia costellata da violenza domestica, nella quale la componente psicologica è sempre presente, anche se non sempre visibile.
Ma come è possibile trasformare la propria vita in un susseguirsi continuo di tragedie?
Le donne che allacciano relazioni con uomini maltrattanti, finendo poi per rimanerne invischiate, soffrono di qualche problema?
Possiamo riconoscere da subito i nostri aguzzini o si trasformano come tali durante il proseguire del rapporto?
Perché non ci sottraiamo alle violenze psicologiche o fisiche, anche quando ci rendiamo conto che provocano enorme sofferenza a noi stessi o ai nostri figli?
Quanti tipi di violenza esistono?
Maltrattano di più gli uomini o le donne?
Che differenza esiste fra un litigio con toni aspri e maltrattamento? C’è modo di sapere se mi trovo all’interno di una relazione maltrattante?
E’ possibile uscirne?
Nel corso dei capitoli, cercherò di rispondere a tutte queste domande.
In letteratura sono presenti autorevoli testi che descrivono da diversi punti di vista questo fenomeno.
Lo scopo di questo libro è quello di portare un contributo alla comprensione dell’abuso relazionale ponendo particolare attenzione al maltrattamento psicologico che avviene all’interno della coppia, subdolo e mimetico protagonista di numerose vicende. L’attenzione è orientata soprattutto a comprendere le dinamiche comunicative che rendono questo legame una relazione perversa
orientata alla sottomissione e quali siano le azioni-reazioni dei protagonisti che portano, nel tempo, a cementare il legame sofferente.
Il maltrattamento psicologico è un campo di indagine estremamente complesso ed ambiguo, ancora poco conosciuto dal pubblico, ma anche dagli psicologi. E’ fondamentale, per chi lavora con le coppie una formazione specifica in questo ambito, poiché i rischi che si corrono sono molteplici: il non saper riconoscere il fenomeno, non sapere essere di aiuto e nei casi più gravi, come ho potuto osservare, colludere col maltrattante.
Il testo è diviso in due parti.
Nella prima sezione vengono affrontati, capitolo per capitolo, i concetti che servono a comprendere il fenomeno nella sua complessità. Mi preoccuperò di definire il concetto di maltrattamento, di relazione maltrattante, andando poi a esporre le caratteristiche psicologiche generiche di un potenziale maltrattante. In questa parte del testo verranno anche presentate le forme di manipolazione maggiormente utilizzate dagli abusanti relazionali, fino ad arrivare al plagio mentale nei casi più gravi.
La seconda parte è dedicata all’esposizione della dinamica vittimaaguzzino (analizzata nella sua dualità), dei profili dei maltrattanti, le possibili manifestazioni dei loro comportamenti e la tipologia di comunicazione più frequentemente utilizzata.
Spero che questo libro possa essere utile a tutte le donne che si stanno interrogando sulla propria relazione, affinché possano trovare risposte, chiarire dubbi o forse trovare il coraggio per chiedere aiuto.
Ma spero anche che il testo possa aiutare gli psicologi che per la prima volta affrontano questo tipo di problematiche, non facili da rilevare, soprattutto quando si prendono in carico pazienti con condizionamenti in stadio avanzato. Non solo psicologi e psicoterapeuti possono trovarsi di fronte a casi di maltrattamento psicologico, ma anche psichiatri, avvocati matrimonialisti, medici di base, counselors, criminologi, assistenti sociali, operatori degli sportelli antiviolenza, forze dell’ordine.
A loro sono chiaramente dedicati i capitoli più tecnici sulla manipolazione, sulla suggestione e sul plagio e sui profili dei maltrattanti.
Oggiono, luglio 2015
Breve nota sulla terminologia
In questo testo troverete, a volte, la parola Altro scritta con la lettera maiuscola. Questo viene fatto ogni volta che ci si riferisce all’altra persona per sottolineare la sua qualità di soggetto in possesso di una identità e di una dignità, per diversificarlo da un altro qualunque.
Nota sulle narrazioni
Per comprendere le situazioni e le dinamiche di una relazione maltrattante, nel testo sono spesso inserite narrazioni di eventi raccolti grazie alle testimonianze delle vittime che ho seguito in questi anni. Gli stralci dei racconti servono per mettere a fuoco il concetto di cui si sta discutendo in quel punto del testo e vanno considerate come appartenenti ad un contesto più ampio di maltrattamento che per motivi di ordine e spazio non è possibile inserire in maniera completa.
PARTE I - LA RELAZIONE MALTRATTANTE
Perché una realtà non ci fu data e non c’è; ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere; e non sarà mai una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile.
(L. PIRANDELLO, Uno, nessuno, centomila)
La casa del vento … di Ausilia Minasi⁷
7) La casa del vento è una poesia di Ausilia Minasi, poetessa, attrice, regista, artista dallo spirito eclettico, che ha gentilmente donato questi versi alla causa di questo libro. Vincitrice di numerosi riconoscimenti internazionali, fra cui il premio Salvo D’Acquisto, è impegnata in prima persona in molte iniziative culturali (fra cui l’ultima Poesia in viaggio nutriamo il mondo con la poesia
) in cui non manca l’attenzione verso la quotidianità, la condizione della donna e la sofferenza dell’essere umano. Nel suo essere in continuo cammino verso l’aperto incontro con il prossimo, ha scritto questa poesia dopo avere ascoltato il racconto di una donna maltrattata, trasformando la sua storia in versi. Il vento, nelle sue opere, è spesso utilizzato come metafora della violenza dell’uomo: forte, veloce, inafferrabile e di fronte al quale ogni tentativo di difesa è vano. Potete conoscere la storia e le iniziative di Ausilia Minasi presso questo link http://origanoselvatico.weebly.com/
A casa mia c’è sempre il vento,
inutile affannarsi
riordinare, spazzare,
ogni tentativo è vano …
Soffia forte e spesso s’adira
spezzando ogni cosa,
anche la più fragile,
innocente, delicata.
Nella mia casa c’è …
ancora il vento. Chiudo finestre,
sbarro portoni,
ma lui spia
e si insinua tra le fessure,
arriva alle spalle
e con la potenza che l’ha reso uomo
mi volta guardandomi
dritto negli occhi,
vedo il terrore riflesso nei suoi e il gelo incatena la mia anima.
Il soffio feroce sibila nell’aria
creando la spirale vorticosa
di un tornado immane,
che si avvinghia stritolandomi come la morsa mortale di una serpe
e mi trascina nell’imbuto
dove si fa più stretto,
dove la violenza,
l’oltraggio, la pazzia nascono e muoiono dalle sue mani
come sferzate, che tagliano
la gola, le vene, la vita.
S’aprisse la terra
Ad inghiottirmi per compassione,
in un’altra vita potrei pregare.
CAPITOLO 1 - La relazione maltrattante: definizione, termini, confini
I matrimoni senza amore sono orribili.
Ma vi è qualcosa di peggiore di un matrimonio assolutamente senza amore.
É il matrimonio in cui vi sono amore, fedeltà, devozione, ma solo da una parte:
uno dei due cuori si spezzerà sicuramente.
(OSCAR WILDE)
Il tema affrontato in questo testo è quello delle relazioni maltrattanti all’interno delle coppie, con particolare attenzione alla violenza psicologica.
Per quale motivo tanta attenzione all’aspetto psicologico del maltrattamento?
La risposta è semplice: perché le relazioni in cui è presente violenza psicologica sono estremamente diffuse, ma la loro presenza è difficile da cogliere, la loro opera difficile da dimostrare, il processo terapeutico più difficile da condurre a livello tecnico.
Il risultato è quello di sottovalutarle, fino a dimenticarsene, considerando degna di attenzione solo la casistica che riporta violenza fisica.
C’è però da osservare che mentre può esservi violenza psicologica senza violenza fisica, non è possibile il contrario: ogni aggressione fisica ha sempre un impatto psicologico in chi la subisce.
La violenza psicologica si connota quindi come una costante del fenomeno del maltrattamento.
Dei maltrattamenti psicologici se ne contano purtroppo gli effetti quando è troppo tardi. Come già evidenziato, l’uccisione di una donna da parte del proprio compagno (o ex compagno) è di frequente l’ultimo gesto, il più eclatante e tragico, di una serie infinita di violenze fisiche e numerosi maltrattamenti psicologici.
Si tratta infatti di un mondo poco conosciuto, le cui cifre sono ancora sottostime del fenomeno reale.
Ci occuperemo, in questo testo, dei maltrattamenti operati dagli uomini verso le donne all’interno della coppia.
La scelta è stata dettata da alcune condizioni.
Prima di tutto perché rispetto alla violenza dell’uomo sulla donna vi sono una casistica ed una statistica più ampia e completa da cui attingere dati su cui riflettere.
In secondo luogo perché è più facile raccogliere testimonianze di donne maltrattate piuttosto che di uomini maltrattati, i quali sono fortemente restii a manifestarsi e a collaborare a causa di paure condizionanti, forse peggiori di quelle che influenzano le donne.
In terzo luogo perché lo studio del maltrattamento al femminile richiede una ricerca a parte, proprio per identificarne la psicologia e gli stili⁸.
8) Al termine di questo studio sul maltrattamento uomo vs donna sono propensa a credere che la dinamica che origina la relazione maltrattante sia la stessa, ma che cambino i profili dei maltrattanti. Lo studio per analizzare questo secondo fenomeno (il maltrattamento donne vs uomini) è appena iniziato e richiederà alcuni anni di lavoro.
Ciò non toglie che nell’immediato futuro sarà doveroso indagare anche la violenza delle donne nei confronti degli uomini, area che viene