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La vita felice
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Ebook74 pages1 hour

La vita felice

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Dialogo di Agostino trentenne con amici e parenti sul significato della felicità e sulla possibilità, per l'uomo, di conseguirla. Interessante anche come primo approccio al grande santo, oltre che per l'accattivante argomento.
LanguageItaliano
Release dateDec 1, 2009
ISBN9788896720127
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    La vita felice - Sant’ Agostino

    - BIBLIOTECA DELL’ANIMA -

    Collana diretta da Bruno Cerchio

    Sant’Agostino

    La vita felice

    (De beata vita)

    Traduzione e note di

    Maurizio Barracano

    art

    In copertina:

    incisione dall’Iconologia di Cesare Ripa (1690)

    ISBN: 978-88-96720-12-7

    © 1997

    Edizioni Il leone verde

    Via della Consolata 7, Torino

    Tel/fax 011 52.11.790

    e-mail: leoneverde@mailbox.icom.it

    INTRODUZIONE

    "…ormai è necessario che tu capisca di qual mondo sei parte;

    chi sia colui che governa il mondo e che di lui tu sei l’emana-

    zione;

    che un limite di tempo è stato a te prescritto.

    E se non saprai approfittarne per fare in te serenità e luce,

    quel limite passerà e non ti sarà concesso ripetere".

    Marco Aurelio Antonino Imperatore, Ricordi, 2, 4

    DEIFICARI IN OTIO– immaginare Dio stando in requie: in questa frase risiede uno tra i principi centrali cui s’ispirarono la vita e l’opera di Sant’ Agostino. Come l’immaginazione non è mai fantasia, ma severo e attento atto interiore, così il deificare ci fa riandare a un concetto che molti potrebbero considerare blasfemo, ma che tale non è. Essere attivi verso Dio non è concetto opposto alla contemplazione: come Giacobbe¹, forte contro Dio e contro gli uomini, combatté fino alla interiore Luce (l’alba), così l’ascesi indica una precisa creazione ad Arte, una specifica fabbricazione volontaria dell’esperienza sacra. Il deificio interiore è quanto, eminentemente, viene adombrato nel binomio opere/grazia; Sant’Agostino più volte soleva dire che la fede priva di carità era fede morta, e aggiungeva charitas est vita cordis, la carità è la vita del cuore. Le opere, il deificio, l’immaginazione, la carità, la vita del cuore sono tutte una stessa e medesima cosa. Da questa vita cordis promanano sia i suoi scritti filosofici ed esegetici sia le altre opere di apologetica, oratoria, etica e polemica; parimenti essa si esprime nelle sue lettere (da quelle severe a quelle cordiali, da quelle di monito a quelle di altissima pastorale), che perciò non smettono di essere attuali, dopo aver ispirato a lungo il magistero ecclesiastico. Intelligente, unico, saldo, cordiale, Sant’Agostino quasi c’impone i suoi scritti. Come nei suoi lavori esegetici i Testi sacri rivivono di luce simbolica, superando la loro dimensione letterale e morale, così nei suoi scritti convive il Dio che agisce nella storia e la nostra possibilità di conoscerlo fuori da essa.

    La letteralità tramonta con il tramontare dei tempi², ma ciò che proviene dalla vita del cuore non tramonta mai: è questo lo spirito vivificante, la viva vita contrapposta da Agostino alla letteralità ossessiva: essa, in ogni tempo, opprime la vitalità essenziale dello spirito che si conosce e, conoscendosi, rende l’uomo simile a Dio³.

    Per la vita che ne promana, ma anche per l’intrinseca filosofia della storia (che mai si trasforma in storicismo), abbiamo scelto di presentare tra le sue opere La vita felice. Filosofo in requie, Agostino vi insegna un modo di vivere normale, che non è un vivere medio e nemmeno coincide con un certo quietismo: è invece un vivere secondo il Giusto, la Misura, la Norma. Attuale dovunque esista un uomo intelligente, questo libro insegna a redimere il tempo: "(…) che cos’è redimere il tempo se non, come è giusto, ricercare le eterne cose e appropriarsi di quegli intervalli conseguibili del tempo, anche a detrimento dei vantaggi che il tempo offrirebbe?, chiariva il vescovo d’Ippona, e altrove aggiunse: Dio, infatti, ti vuol fare Dio (…) invero come Egli, attraverso l’umanità, venne reso partecipe della tua mortalità, del pari, attraverso l’esaltazione, ti rende partecipe della Sua immortalità⁵".

    La vita felice indica come superare la storia, il mondo del mutevole, e in definitiva l’umanità, attraverso il Principio dell’umanità stessa; non vi si trova una base, ma un superiore vertice cui ispirarsi nel vivere una vita piena, beata. Non è da confondersi ciò con i portati della moderna psicologia: l’ambula ad intra, l’imperativo pòrtati all’interno di te stesso indica un preciso modo di compiere le doverose opere. Le eterne cose sono oltre e sopra il tempo, si colgono nell’attimo e nella soluzione da illusioni, le quali (come diceva il Buddha al prediletto discepolo Ananda) sono ad un tempo madri e figlie di a-vidja, la non-visione, l’ignoranza ontologica, pronta a tutto ricorrere pur di mantenere l’individuo nel sonno dello spirito.

    Il momento storico in cui viene scritto il De beata vita (386 d. C.) è liminale: Roma è nel pieno della sua decadenza, l’unità politico-religiosa su cui s’era fondata la sua grandezza sta venendo meno, e a lei si contrappone da poco più di cinquant’anni Costantinopoli: questa, capitale cristiana dell’Impero – l’altra, l’urbs æterna, capitale pagana⁶. Novant’anni mancano alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Come per Roma la religione sacra, giustificatrice dell’Impero, subisce una scissione e parcellizzazione, subito la nuova religione nascente, quella cristiana, diviene religione di stato (391 d. C.). Il momento è di particolare fermento ed incertezza: non è solo una specifica cultura, è un intero cosmo che viene meno; perciò modelli e valori stanno ricercando nuovi equilibri. I fondamenti sacri su cui ricostruire un cosmo – un preciso ordine – sono ora forniti da quella religione giunta dalle province, la quale (prima nascosta e insieme drammaticamente palese) aveva saputo mietere sia tra i semplici sia

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