Un ponte tra la vita e la morte
By Silvia Brown
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Un ponte tra la vita e la morte - Silvia Brown
Silvia Brown
Un ponte fra la vita e la morte
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Ringraziamenti
A mia mamma, che c'era, c'é e ci sarà sempre nel mio cuore, nella mia anima e nella mia mente. Tutto questo in punta di piedi.
A Silvia Ferrari, la mia preziosa amica che non mi ha mai visto depressa e mai mi vedrà, perché, in sua presenza, il sorriso sulle mie labbra comparirà sempre e comunque.
A tutti gli altri che non ho nominato, perché loro sanno che li tengo presente.
A volte si desidera scomparire, ma tutto quello che si vuole veramente é essere trovati
(Anonimo)
La depressione é come se sentissi di aver perso qualcosa, ma che non hai idea di quando o dove l'hai perso l'ultima volta. Poi un giorno ti rendi conto che quello che hai perso é te stesso
(Anonimo)
Guardaci da vicino, che belli che siamo, con qualcosa che abbiamo perso per strada è quel tanto che abbiamo
(N. Agliardi - F. De Martino - R. Vecchioni - E. Roberts)
Non smettere affatto di piangere forte, che il bene si avvera
(N. Agliardi)
Indice
Ringraziamenti
Prefazione
Prima parte Elena
Capitolo 1 Tutto ha inizio quando…
Capitolo 2 Benvenuta all’inferno
Capitolo 3 Lucky
Capitolo 4 Un po’ di storia
Capitolo 5 Sempre peggio
Capitolo 6 Fuga
Capitolo 7 Nascondiglio
Capitolo 8 La compagna di stanza
Capitolo 9 Colpo di fulmine
Capitolo 10 Finalmente una buona notizia
Capitolo 11 Il ‘premio cancro’
Capitolo 12 Il fidanzato di Monica
Capitolo 13 No, di nuovo!
Capitolo 14 Il pic-nic
Capitolo 15 Il nuovo medico
Capitolo 16 Risonanza magnetica
Capitolo 17 Ancora viva
Capitolo 18 Al peggio non c’è mai fine
Capitolo 19 La fine
Capitolo 20 Così vuole il destino
Seconda parte Matteo
Capitolo 21 Solo
Capitolo 22 L’incubo continua
Capitolo 23 La lettera
Capitolo 24 Un nuovo inizio
Capitolo 25 Un mondo di colori e una speranza in più
Capitolo 26 Ti ricorderò sempre
Ringraziamenti finali
Silvia Brown
Prefazione
Il romanzo che vi apprestate a leggere racconta una storia drammatica che tratta di argomenti molto forti. Esso si compone di dettagli e descrizioni frutto della fantasia della stessa autrice, la sottoscritta, ed é perciò doveroso specificare che ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti é puramente casuale.
Scrivere é la mia passione, e digitare queste parole sulla tastiera mi riempie il cuore di emozione. Spero tanto che questo sia l'inizio di un viaggio che farò assieme a tanti passeggeri che, tappa dopo tappa, si aggiungeranno al cammino. Vi aspetto con le braccia aperte, per un pensiero, un'opinione, una condivisione, un chiarimento o qualsiasi cosa vogliate dalla mia persona e/o dalla mia creatura
.
Intanto, vi auguro buona lettura!
Ci si vede alla fine, cari lettori!
Silvia Brown
Prima parte
Elena
Capitolo 1
Tutto ha inizio quando…
C'era una volta la mia vita: ora non c'è più. C'erano una volta i miei genitori pazienti e comprensivi, ora sostituiti da esseri quasi non più umani ridotti alla disperazione. C'erano una volta la scuola, gli amici, lo sport, le risate. Appunto, c'era la vita: la mia.
Sono sdraiata nei sedili posteriori dell'auto di mio padre, che avanza in una triste serata d'inverno. Sto piangendo, e anche forte. La ragione conosce la destinazione di questo viaggio verso l'inferno, ma il cuore cerca di salvaguardarmi, si oppone con tutte le sue forze a questo martirio. Ma lui non sa che ne è la principale causa.
Il cuore è il sole del nostro corpo, da cui nascono sensazioni, emozioni e sentimenti, che si irradiano con potenza, attraverso i raggi, dall'alto al basso, da destra verso sinistra, fino ai lochi più segreti, che solo un grande studioso di anatomia umana conosce. O almeno è così che la penso io.
La testa è sul punto di scoppiare. Fa male, molto male. Le lacrime sembrano sgorgare da ogni foro, come copiose cascate.
Sono tesa, nervosa, in ansia perché so e non so cosa dovrò affrontare. Sarà una nuova avventura, questa volta probabilmente l'ultima. Dopo anni macinati come chilometri all'insegna dello scarso entusiasmo per tutto ciò che mi circondava, degli insulti, delle diffamazioni, di atti di bullismo subiti, della separazione dei miei quando avevo solo sette anni (già, avevo da poco imparato a leggere e a scrivere, ma nessuno mi aveva insegnato a soffrire). Dovevo immaginare che la mia vita da lì sarebbe stata una salita infinita, e invece lottavo per essere normale, fare le cose normali, comportarmi come le persone normali. Rido a pensarci.
Distesa su quella barella improvvisata, osservo i contorni del freddo paesaggio, offuscati dalle lacrime che rigano il mio volto.
In pochi istanti il cielo proietta il film della mia vita. Nonostante tutto, nonostante la sofferenza patita, non posso fare a meno di provare un pizzico di nostalgia per quei momenti che, in fondo, pregustavano un finale sconvolgente, quello che sto per vivere, ma che non avevano il sapore di una fine. Erano solo ostacoli nel percorso chiamato vita;
La macchina rallenta...poi si ferma. Resto distesa nell'illusione di poter guadagnare ancora una manciata di secondi. Ma di tempo non c'è più. Ho quasi raggiunto il traguardo, la meta. E sta scritto Pronto soccorso
. Ma non è l'ultimo step. L'ultimo step è un reparto dimenticato da tutti, o ricordato con disprezzo. Mi reggo in piedi a stento. Alzo gli occhi in alto e una scritta tetra sembra comparire nel momento in cui io ci poso gli occhi. Undici lettere. Psichiatria. È l'inizio di un incubo, l'ennesimo. Ma quello peggiore di tutti.
Capitolo 2
Benvenuta all’inferno
Dante attraversò l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, e ne uscì non soltanto illeso, ma anche rinato spiritualmente. Il mio itinerario prevede di scendere, scendere e scendere; e quando sono stanca di camminare, il mio viaggio è appena cominciato.
La psichiatria è un reparto ospedaliero, dicono. In realtà, credete a me, è una galera. Un insieme di celle che poi sarebbero le camere. Qui però non ci trovi Lucifero. No, lui ci guarda dall'alto. Trovi essere umani vivi, vestiti con una specie di divisa, che differiscono solo per l'aspetto dei volti: annoiati, scavati, severi, indifferenti, seri, cattivi, superficiali.
Mi mostrano la mia camera. Beh dai, il bagno ha una porta. Vorrà dire che non dovrò pisciare davanti a tutti. Come se fosse l'unico dei miei problemi.
Mi adagio sul letto. Sono distrutta. Piangere ti strema le forze.
Ma non è solo quello. Mi sento sola, abbandonata e più triste che mai. Tristezza che ora è meglio chiamare con il suo vero nome: depressione.
Rifletto a lungo su quello che ho fatto, mentre il mondo intorno a me si fa sempre più sfuocato, i rumori ovattati. Sento urlare, un urlo straziante. Sento piangere, come se dai miei occhi non fosse già scesa tutta l'acqua del mondo. Il dolore che parte dal profondo del mio cuore mi offusca i sensi.
Mi accorgo che accanto al mio letto c'è una valigia. La mia. Vorrei potesse contenere tutti i ricordi belli che associo a quell'oggetto inanimato. I viaggi con la famiglia, gli amici. E invece ci trovo solo vestiti. I miei. Dalla quantità deduco che dovrò stare in questo posto per un lungo periodo. È uno shock. Io non ho riempito quella valigia, tantomeno mi sono presa la briga di portarla con me. Sono stati sicuramente i miei genitori, non c'è ombra di dubbio. E io...beh...non me ne sono neanche accorta.
Mi sento svenire. Paura? Forse. Ma intuisco che c'è sotto qualcos'altro. Se prima ero stata condotta alla mia camera senza un briciolo di tatto e sono stata abbandonata, confusa, con milioni di domande, cui nessuno poteva (e può) rispondere, ora vedo rientrare un gruppo di persone in divisa; in mezzo, un uomo e una donna vestiti normali: mia mamma, mio papà.
Sento che sto lentamente perdendo i sensi. Mi sento morire...la sensazione più bella mai provata in vita. Le ultime parole che le mie orecchie odono sono sussurrate:...abuso di psicofarmaci...
. In altre parole, ho tentato il suicidio...