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Mille... e un segreto per convivere con chi ami
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Mille... e un segreto per convivere con chi ami
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Mille... e un segreto per convivere con chi ami

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Vivere sotto lo stesso tetto, nonostante l’esistenza di un profondo sentimento che unisce la coppia, può non essere facile. Quando è giusto andare a vivere insieme? Quali sono le gioie e i dolori della convivenza? Come si suddivide la gestione domestica? Cosa viene sacrificato quando si decide di fare questo passo? Convivere. La parola deriva dal latino cum (con) e vivere (vivere) e significa vivere, coabitare abitualmente insieme ad altri. Far vita comune. Si dice di uomini e donne non uniti dal vincolo del matrimonio. Una consuetudine antica come il mondo vissuta quasi sempre nell’ombra. “Mille… e un segreto per convivere con chi ami” è la guida con conduce per mano il lettore a una convivenza serena con uguali diritti e uguali doveri, nel rispetto reciproco.
LanguageItaliano
PublisherSEM
Release dateMar 15, 2011
ISBN9788897093022
Mille... e un segreto per convivere con chi ami

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    Mille... e un segreto per convivere con chi ami - Liza McKinsley

    XXIII

    01. Quando la convivenza dà i numeri

    Convivere. La parola deriva dal latino cum (con) e vivere (vivere) e significa vivere, coabitare abitualmente insieme ad altri. Far vita comune. Si dice di uomini e donne non uniti dal vincolo del matrimonio. Una consuetudine antica come il mondo vissuta, quasi sempre nell’ombra, spesso perseguitata, nella migliore delle ipotesi tollerata. Un’usanza emersa alla luce del sole grazie all’opera meritoria di pioniere coraggiose che le hanno fatto assumere una rilevanza e una dignità assoluta.

    In principio con l’ opposizione alle norme discriminatorie contenute nelle leggi matrimoniali che relegavano il coniuge femminile in una condizione di generale subalternità. Poi, rivendicando una quasi sostanziale equiparazione tra convivenza e matrimonio. Solo la fine del secondo millennio ha visto legiferare gli Stati occidentali a favore delle libere unioni. Prima, l’idea che una coppia vivesse sotto lo stesso tetto senza che fosse prima celebrato un matrimonio era inconcepibile e addirittura quasi immorale. Ci si sposava in giovane età e la convivenza prima del matrimonio era un’ipotesi assolutamente non contemplata.

    In Italia, la pesante influenza cattolica ha storicamente influenzato anche in questa materia. Gli Anni ’50 sono stati emblematici. Il concubinato adulterino era punibile per legge. Un primo passo fu compiuto nel 1975, quando fu concesso anche alla madre di esercitare la patria potestà sui minori. Ma quella riforma del diritto di famiglia, tuttavia, evitò accuratamente di regolare la convivenza, di fatto diffusissima in tutto il Paese.

    Ai nostri tempi è molto diverso: oggi, infatti, si convola a nozze relativamente tardi e in molti casi la cerimonia si celebra dopo un discreto periodo di convivenza. Inoltre, dato il crescente numero di divorzi, dopo quest’esperienza spesso traumatica molti rifiutano un secondo matrimonio e quindi, se tornano in coppia, scelgono la convivenza. Dall’altro lato, anche a fronte della crisi economica, molte persone scelgono di vivere insieme senza essere sposate per dividere le spese di affitto, bollette e quant’altro.

    Ma, nonostante i progressi compiuti, ancora oggi in Italia manca una legislazione complessiva che regoli la materia. Ha fatto capolino solo in alcuni bandi regionali per la concessione di alloggi in edilizia popolare. Generalmente attribuisce ai conviventi un punteggio più basso rispetto alle coppie sposate perché la Costituzione dà priorità alla famiglia fondata sul matrimonio. Di fronte all’immobilismo del Parlamento in quest’ambito, alcuni Comuni e Regioni hanno preso iniziative, anche di tipo economico, per il riconoscimento delle coppie di fatto. Nel giugno 2006 la Regione Puglia ha varato una legge regionale che estende i servizi sociali alle unioni di fatto e alle coppie gay.

    I numeri del fenomeno sono chiari. Non è più una tendenza, è un fenomeno sociale di vastissime proporzioni. Secondo l’Istat, le coppie di fatto eterosessuali italiane che vivono nei confini dello Stivale sono più di seicentomila. Solo dieci anni fa erano la metà. Non solo. Quasi il tredici per cento del totale dei matrimoni è preceduto da una convivenza più o meno lunga.

    Anche in questo caso si tratta di una cifra che è raddoppiata rispetto al 1988. Oggi, in Italia, su 100 coppie dai 16 ai 30 anni, quelle di fatto sono l’8% (il quaranta in Inghilterra, il 45% in Germania, il 46% in Francia. Al di là dei numeri, però, la convivenza, per qualunque ragione la si scelga, è per molti versi una opzione non priva di problemi e di rischi. Vivere sotto lo stesso tetto, infatti, nonostante l’esistenza di un anche molto profondo sentimento che unisce la coppia, può non essere affatto facile.

    Se ognuno vive a casa propria infatti, ha tutto il tempo di scaricare tensioni e nervosismo, senza necessariamente appoggiarsi all’altro. Passato il brutto momento, la voglia di rivedersi è maggiore e più intensa.

    Alla base di una convivenza di successo c’è innanzitutto la tolleranza. Che non è certo una qualità innata, ma si acquista con allenamento, fatica e volontà, sforzandosi ogni giorno di mettere in atto un confronto aperto e sereno con il proprio partner.

    Spesso e volentieri questo difficile percorso porta a sopportare contrarietà anche grandi: se ci si riesce, è altamente probabile che si realizzi un rapporto solido e in continua maturazione. Inoltre, si allena lo spirito con esercizi e prove che non possono far altro che migliorarlo.

    Se non c’è tolleranza è quindi decisamente sconsigliato - se non addirittura impossibile - iniziare una tranquilla convivenza. Chi sceglie di andare a vivere con la persona amata deve essere consapevole di questa premessa e impegnarsi molto in questa direzione. Se per esempio all’improvviso ci si accorge che manca la luce perché le bollette non sono state pagate o la serranda della sala da pranzo è ancora rotta dopo settimane, è inutile rinfacciarsi a vicenda le varie responsabilità e iniziare una discussione che non porta a nulla se non a inasprire la tensione. Bisogna essere reciprocamente pazienti e non addossarsi colpe che in realtà sono probabilmente di entrambi.

    Vivere insieme, se quest’avventura è affrontata nel modo giusto, rinforza l’amore che ne è alla base. Questo volumetto si propone di fornire, alle persone che hanno scelto questa via, una serie di consigli e suggerimenti divisi per argomenti e situazioni che possono frequentemente verificarsi.

    Al di là di ogni perla di saggezza che sociologi, psicologi ed esperti vari possono fornire, va detto comunque che alla base di una convivenza soddisfacente c’è il dialogo sincero, che consente di chiarirsi e conoscersi sempre meglio. Per ottenere lo scopo, come detto poc’anzi, sono necessari impegno e dedizione.

    Il risultato, però, può essere davvero meraviglioso.

    02. Una strada difficile da percorrere

    Come già scritto nel capitolo precedente, in Italia manca una legge che regoli la convivenza e tutte le questioni che ruotano attorno a questo argomento. Qual è uno degli ostacoli più impegnativi per una sua disciplina? Forse l’articolo 29, comma 1, della Carta Costituzionale che recita: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Si tratta di uno scoglio insormontabile se lo si interpreta in modo riduttivo.

    Secondo alcuni esponenti cattolici questo enunciato rende impossibile l’intervento del del legislatore. L’unico riconoscimento rimane un decreto della presidenza della repubblica che stabilisce come, ai fini anagrafici, per famiglia si intenda anche la comunità fondata su vincoli affettivi e caratterizzata dal rapporto di convivenza. I romantici e gli sprovveduti sono quindi avvisati: la convivenza non è affatto una passeggiata, ma è anzi una strada estremamente difficile da percorrere e piena di ostacoli. E questo va detto fin da subito non con l’intento di scoraggiare chi ci sta pensando, ma per chiarire che l’importanza di una scelta come questa richiede riflessione e convinzione e quindi non può e non deve essere presa in modo superficiale e affrettato.

    Essendoci un vero e proprio vuoto legislativo, rimane solo la giurisprudenza a mettere un po’ di ordine. Alcune sentenze hanno, infatti, sancito la possibilità, in caso di rottura, di non restituire quanto sia stato ricevuto dall’altro convivente. Non sempre fila tutto liscio. Un altro esempio? Riguarda l’abitazione della coppia che, sempre in caso di rottura, resta di proprietà di entrambi solo se nell’atto notarile sono espressamente indicati entrambi i nomi dei propietari-conviventi. Altrimenti, uno dei due incassa anche la metà dell’altro. Trascorrere la vita sotto lo stesso tetto con la propria metà è un qualcosa che si ripercuote continuamente sugli equilibri personali e di coppia. Quelli sentimentali e quelli economici. Certo, è un ottimo training per testare le possibilità di successo di un eventuale matrimonio, ma si deve essere consapevoli, prima di cominciare un’avventura di questo tipo, che l’equilibrio di entrambi sarà continuamente sollecitato. In ogni ambito. Dalla spesa qutidiana al contratto di affitto, dal leasing dell’auto al mutuo per le vacanze. Anche la Corte Costituzionale ha emesso alcune sentenze di merito: la numero 404 del 1988 ha esteso al partner il diritto di successione nel canone di locazione, mentre la numero 372 del 1994 ha riconosciuto, in caso di uccisione del convivente, il danno morale subito al partner superstite.

    Nell’aprile 2000 poi, la Cassazione ha riconosciuto il diritto di un lavoratore a ottenere dall’Inail un indennizzo per un infortunio di cui era stato vittima capitatogli lungo il tragitto lavoro-casa. La casa era quella della convivente. Una vita a due sotto lo stesso tetto senza matrimonio ha minori influenza, rispetto al passato e sul futuro dei figli nati durante la relazione.

    Dalla riforma del diritto di famiglia del 1975, non ci sono differenze tra famiglia legittima e famiglia di fatto: i figli legittimi e quelli naturali sono stati equiparati giuridicamente. Esistono però ancora alcuni privilegi per gli uni e ostacoli per gli altri. Nel primo caso, la famiglia legittima può rifiutarsi di convivere con il figlio naturale di uno dei coniugi. Nel secondo, i figli nati all’interno di una convivenza sono in rapporto giuridico solo con gli ascendenti - cioè i nonni e i bisnonni - e non, per esempio, con gli zii e i cugini.

    Questa situazione li discrimina dal punto di vista dell’eredità e dei rapporti patrimoniali. Nel caso si interrompa la convivenza, il tribunale dei minori è competente sia per l’affidamento sia per il mantenimento della prole.

    Questo lungo preambolo è, ancora una volta propedeutico alla scelta di una convivenza non consapevole. Le conseguenze potrebbero essere devastanti. Se è vero infatti che una vacanza, anche prolungata e trascorsa in spazi ristrettissimi, può far pensare che sarebbe meraviglioso e anche facile vivere sempre insieme, nella realtà quotidiana può non essere affatto così.

    Quando si è in ferie, infatti, si è tranquilli, rilassati e prevalentemente senza troppi problemi da affrontare. Durante l’anno, tensioni sul lavoro, rapporti non chiari e... mille altri fattori possono verificarsi di frequente nella vita e determinare svolte non previste. Se quindi la decisione di andare ad abitare sotto lo stesso tetto non è presa dopo una giusta riflessione, l’accumularsi di nervosismo può portare a conseguenze a volte irreparabili. Come l’istinto di fare le valigie e scappare. Pensare prima alle eventuali conseguenze della convivenza diventa allora addirittura vitale. È chiaro che, soprattutto nei primi tempi della storia, si vive il proprio rapporto con molto entusiasmo e ingenuamente si crede che il bene che ci si vuole sia l’unico requisito per una felicissima convivenza. Alla luce di quanto spiegato in queste righe però, non è affatto così. E bisogna sforzarsi di mantenere l’autocontrollo in modo da non prendere decisioni affrettate o dettate dall’euforia.

    Anche l’amore più grande può pian piano soffocare di fronte a una casa senza la luce perché lui o lei hanno di nuovo dimenticato di

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