Un bosone da Ginevra
By Pietro Cornelio and Silvia Pedicelli
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Book preview
Un bosone da Ginevra - Pietro Cornelio
Anno 2012
ISBN 978-88-97324-72-0
© goWare per l’edizione digitale
Redazione: Stefano Cipriani
Copertina: Lorenzo Puliti
Sviluppo ePub: Elisa Baglioni
Si ringrazia l’INFN per la disponibilità a riprodurre le illustrazioni
goWare è una startup del Polo Tecnologico di Navacchio, a pochi chilometri da Pisa, la città della Torre e di Galileo.
Fateci avere i vostri commenti a: info@goware-apps.it.
Blogger e giornalisti possono richiedere una copia saggio a Maria Ranieri: mari@goware-apps.com.
Made in Navacchio on a Mac.
Prefazione
Chi non ammette l’insondabile mistero,
non può essere neanche uno scienziato
Albert Einstein
L’annuncio ufficiale dato al CERN di Ginevra il 5 luglio 2012 sulla scoperta del bosone¹ di Higgs, conosciuto anche come particella di Dio²
, pone fine a una caccia
durata 48 anni, ma la sua scoperta non ha ancora finito di stupire. «È come vedere da lontano un uomo che somiglia molto a un nostro amico, ma dobbiamo avvicinarci per capire bene se si tratta davvero di lui o di un gemello con qualcosa di diverso», questo il pensiero del direttore generale del CERN, Rolf Heuer per spiegare e contemporaneamente comunicare un certo senso di cautela scientifica sull’importantissima scoperta.
La particella è stata misurata, o meglio vista
, nei rivelatori CMS e ATLAS del potente acceleratore di particelle LHC (Large Hadron Collider) e sembra abbia tutti i requisiti previsti dalla teoria definita come Modello standard. Tuttavia, da subito, presenta alcune anomalie, soprattutto nel modo in cui essa interagisce con altre particelle, in particolare con i fotoni e con alcune famiglie di quark. Questo comportamento, secondo gli studiosi del CERN, è l’indizio che c’è qualcosa di strano, di non compreso pienamente. Il fisico Guido Tonelli, che è stato alla guida dell’esperimento CMS per molti anni, sottolinea che «questa particella somiglia al bosone di Higgs, ma è fragilissima e sensibilissima». Soltanto nei prossimi mesi e forse anni, i ricercatori potranno capire se il bosone di Higgs osservato è quello previsto dal Modello standard o se è qualcosa di effettivamente diverso.
«Il Modello standard non è completo», ha detto il responsabile del progetto ATLAS, Fabiola Gianotti, che al CERN coordina decine e decine di fisici ed è designata ad annunciare alla comunità scientifica internazionale i risultati dell’esperimento; il bosone di Higgs è l’ultimo tassello necessario per completare il modello teorico, ma non è certo che questa particella, ancora considerata strana
dai fisici, possa effettivamente esaurirlo.
Bisogna sottolineare che al CERN si parla di una probabilità molto alta di trovarsi di fronte a risultati scientifici che inducono a pensare di aver rivelato l’importante bosone, ma a voler essere rigorosi, come la scienza galileiana insegna, il bosone di Higgs non è stato ancora trovato. È stata invece individuata una nuova particella che sembra comportarsi come il bosone di Higgs, il che apre certamente una nuova pagina della fisica, che va oltre le attuali incomplete teorie.
Dal CERN, comunque, si precisa che il bosone di Higgs è ancora la spiegazione teorica più corretta per giustificare la massa dell’universo. Ciò che però è stato visto
a Ginevra non è semplicemente la tanto ricercata particella di Dio, ma un bosone scaturito dallo scontro di due particelle pesanti che, in un tempo infinitesimale, decade in altre particelle. Un fenomeno inaspettato, ma comunque riconducibile a meccaniche
del Modello standard. In pratica, è come aver intravisto la coda
del bosone Higgs, ovvero le particelle prodotte dal suo decadimento. Alcuni scienziati, Ian Low, Joseph Lykken e Gabe Shaughnessy del laboratorio Argonne nell’Illinois, hanno pubblicato uno studio da cui emergono due ipotesi sulla scoperta del bosone di Higgs. Una di esse afferma che i dati scientifici evidenziano inequivocabilmente il bosone di Higgs (a parte anomalie collaterali ancora in studio). L’altra ipotesi invece è che i dati evidenziano una teoria più esotica, nella quale il bosone esisterebbe in varie forme quantistiche, cioè la nuova particella scoperta risulta essere, in realtà, parte di un gruppo di particelle simili a quella di Higgs. In tal caso, si parlerebbe di un Higgs doublet o un triplet imposter. L’idea fondamentale è che le particelle possano esistere anche in cluster quantistici e che questo sia ciò che hanno visto i fisici del CERN: non semplicemente la particella di Higgs, ma un miscuglio di essa e/o di altre particelle ► figura 1.
Naturalmente ci vorranno ancora molti mesi e forse anni per decifrare i dati e capire cosa effettivamente sia stato scoperto nel grande acceleratore LHC e in particolare nei sui sofisticati rivelatori.
Ma prima di capire cosa è il bosone di Higgs è necessario quanto propedeutico partire dall’inizio con alcuni richiami storici.
Note
[1] · In fisica quantistica i bosoni sono chiamati così in onore del fisico Satyendra Nath Bose, che descrisse le leggi statistiche a cui queste particelle obbediscono (statistica di Bose-Einstein). I bosoni, insieme all’altra categoria di particelle i fermioni, rappresentano le due classi fondamentali in cui si suddividono le particelle. Mentre i fermioni, obbediscono al principio di esclusione di Pauli (secondo il quale un singolo stato quantico non può essere occupato da più di una particella), i bosoni sono liberi d’affollare in gran numero, uno stesso stato quantico. La luce laser ne è un caso specifico relativo ai fotoni. Tutte le particelle elementari mediatrici delle forze fondamentali sono bosoni.
[2] · Il termine è stato coniato dal premio Nobel per la fisica Leon Lederman, ma non è esattamente così che egli voleva chiamare la misteriosa particella, quanto piuttosto la particella dannata
(in inglese Goddamn particle). Dannata perché era un rompicapo inspiegabile della fisica. Purtroppo l’editore di Lederman decise di censurare
questa definizione puntando invece su una più affascinante (e moderata) particella di Dio
.
Introduzione
Scienziato non è colui che sa dare le vere risposte,
ma colui che sa porre le giuste domande
Claude Lévi-Strauss
Nel libro della Genesi è scritto: «Dio disse: Sia la luce!». Dio poi creò il cielo e la terra e tutte le creature che li abitano.
L’umanità si è affannata per secoli nel tentativo di comprendere la natura della luce e della materia. Come ci ha mostrato Einstein, la luce e la materia sono in realtà forme di energia che si controbilanciano, facce della stessa medaglia. L’uomo si è sforzato di comprendere il carattere di queste forme di energia. Di cosa è fatta la materia? E la luce cos’è veramente?
Sappiamo che la luce è una forma d’energia concreta, ma impalpabile e dinamica che sfugge alle definizioni cosiddette normali
. La luce si mostra con volti diversi agli osservatori che ne indagano le proprietà e le caratteristiche fisiche. Un oscuro scrutare
dove la natura sembra voler ingannare
, quasi nascondere
qualcosa di meraviglioso: onda o corpuscolo? Vibrazione discreta o continua? Il fisico scozzese James Clerk Maxwell aveva fornito prove matematiche di un’idea straordinaria: la luce era fatta di onde, onde costituite di elettricità e magnetismo.
Secondo Maxwell la luce era una invisibile ondulazione di elettromagnetismo che viaggiava nello spazio, dimostrando matematicamente che tale movimento era proprio ciò che si chiamava onda luminosa.
Ma nonostante Maxwell la luce, quale forma di energia, non è pienamente compresa: in un continuo trasformarsi sembra quasi voglia sfuggire alla ragione di chi, in qualche modo, voglia racchiuderla in una definizione standard
e, perché no, banale. Com’è possibile che la luce e la materia siano un tutt’uno, come la famosa formula di Einstein (E = mc²) evidenziò elegantemente nel lontano 1905?
Il padre della teoria quantistica, il fisico Max Plank, affermò negli ultimi anni della