Qualcosa per cui vivere
By Carla Pisu
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Qualcosa per cui vivere - Carla Pisu
QUALCOSA PER CUI VIVERE
Versione elettronica
IA edizione - maggio 2013
© Logus mondi interattivi
ISBN: 9788898062249
Autore: Carla Pisu
Editore: Logus mondi interattivi
eBook design: Pier Luigi Lai
Immagine di copertina:
Francesco Cocco,
Bianca
,
china su carta, 21x30, 2013
Per gentile concessione.
Info su Francesco Cocco
Contatti: info@logus.it - www.logus.it
Carla Pisu
Qualcosa per cui vivere
* * *
Questo romanzo è interamente opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni dell’autrice e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è assolutamente casuale.
Per comunicare con l’autrice
http://qualcosapercuivivere.iobloggo.com
Alla mia famiglia.
Il mio amorevole guscio protettivo.
RINGRAZIAMENTI
Grazie ai miei genitori, per l’appoggio incondizionato e la fiducia che sempre mi hanno donato. Grazie alle mie sorelle Roberta e Marina, entusiaste quanto la sottoscritta per questo progetto a me molto caro.
Grazie a Fabio, cognato prediletto ed esperto informatico: ho apprezzato tanto la sua disponibilità sempre e comunque! Grazie ad Alice, cara amica e prima lettrice di questo romanzo, quando ancora era un malloppo di fogli sparsi. E a tutte quelle persone che, direttamente o indirettamente, hanno contribuito al compimento di questo piccolo grande sogno.
Grazie per il vostro prezioso aiuto!
Uno
Una timida mattina di aprile, in un piccolo paese di campagna, il sole era già alto nel cielo quando suor Agata correva trafelata ad aprire il portone del convento. Qualcuno continuava a bussare insistentemente.
«Un attimo, arrivo! Un attimo!» disse la suora spalancando il portone di legno scuro. Si trovò davanti Antonio Levi, il giardiniere del convento che viveva nella casetta in fondo al cortile. «Suor Agata!» esclamò l'uomo agitato. «Venivo ad avvertire che andavo giù in paese, quando sui gradini ho trovato questo bimbo che piangeva!» Con un'espressione sconvolta, mostrò alla donna un fagottino che teneva in modo goffo fra le braccia.
Il bimbo, in effetti, piangeva forte e Antonio cercava di calmarlo, cullandolo senza alcun risultato.
«Entri Antonio, dobbiamo avvertire subito suor Amelia!» disse la donna chiudendo il portone e guidandolo lungo il corridoio. Lo fece accomodare in cucina e sparì alla ricerca della vecchia suora che stava a capo del piccolo convento. Antonio cercò di sistemare il piccolo sulle sue ginocchia come meglio poté, sperando che qualcuno accorresse presto in suo aiuto. Non aveva alcuna dimestichezza con i bambini e temeva di fargli male.
«Mamma mia quanto strilla! Deve avere proprio dei bei polmoni!» esclamò suor Amelia entrando in cucina.
Prese il piccolo con dolcezza dalle braccia di Antonio e mentre lo cullava lo rassicurò dolcemente. «Su, su, tranquillo piccolino sei al sicuro.» e intonò una ninna nanna che poco a poco, fece calmare il neonato. Intanto suor Agata era corsa ad avvisare le altre suore che riunitesi attorno alla vecchia donna, vollero vedere il piccolo.
«Madonna Santissima aiutaci tu! Un bimbo in convento! Come faremo?» esclamò suor Letizia a mani giunte.
«Suor Letizia!» la ammonì suor Amelia. «Lasci stare la Santa Madre che avrà il suo bel da fare e vada in paese con Antonio. Questo bimbo va cambiato e nutrito!» Si voltò verso il giardiniere mostrando un’espressione imperturbabile. «Mentre lei acquista l'occorrente da Mino il farmacista, tu Antonio, avverti il dottor Raffaele dell'accaduto. Chiedigli di venire prima possibile per dar un'occhiatina a questa creatura.»
«Pensa sia ammalato?» chiese suor Agata preoccupata.
«Ma no, a me pare stia benissimo.» rispose la vecchia sbirciando quel visetto delicato e paffuto attraverso la copertina che lo avvolgeva.
«Un controllo però, non gli farà certo male!»
Suor Letizia e Antonio si recarono al paese lasciando le altre donne fra mille dubbi.
«Suor Amelia, che intende fare?» domandò ancora suor Agata.
«Per il momento ci prenderemo cura di lui. La madre forse cambierà idea e tornerà a riprenderselo.». Suor Amelia pregò in cuor suo che ciò accadesse presto.
Lo sistemarono in una piccola cesta di vimini imbottita e attesero, impazienti, l'arrivo del dottore.
Due
Il piccolo convento era abitato dalle suore appartenenti all'ordine delle Figlie di Maria Ausiliatrice, fondato nel 1872 da San Giovanni Bosco e da Santa Maria Domenica Mazzarello. I due ideatori posero la loro attenzione verso i problemi della donna e dei giovani. Istituirono delle opere assistenziali dedite all'educazione dei ragazzi e all'aiuto di orfani, anziani, ammalati.
La casa delle religiose si trovava a cinquecento metri dal paesino situato nei pressi di Roma. In passato era stata l'abitazione di un ricco signore molto devoto alla chiesa, che alla sua morte volle donarla alle suore, giacché il vecchio convento cadeva in pezzi.
L'edificio era immerso nel verde di un parco rigoglioso dove crescevano magnifici alberi di ogni genere, aiuole dai fiori colorati e stupendi roseti. Attorno alla casa il vecchio padrone aveva fatto costruire una bassa recinzione in pietra, dove poter prendere un po' di sole nelle belle giornate. Si accedeva all'interno salendo alcuni gradini.
Varcato un pesante portone di legno di ciliegio e percorrendo un lungo corridoio all'aperto, si costeggiava un orticello, dove le suore coltivavano qualche ortaggio e alcuni alberi da frutto. Alla fine del corridoio si entrava nella grande cucina che portava alle camere delle suore, alle stanze da bagno e a una cappella privata. A un centinaio di metri sorgeva una chiesetta gestita dalle suore e da don Mario, il parroco del paese.
Suor Amelia era a capo del convento da parecchio tempo. La madre superiora, pur essendo vicina ai sessantacinque anni, era una donna molto forte nel corpo e nello spirito. Alta e magra e con dolcissimi occhi azzurri, in gioventù era stata molto corteggiata, ma aveva scelto presto di dedicare la sua vita al Signore. Figlia di due poveri contadini, si era ritirata in convento con la benedizione dei parenti e il sollievo dei suoi di una bocca in meno da sfamare. Soffriva di terribili mal di schiena che peggioravano a causa dell'età avanzata, ma lei minimizzava e tirava avanti come un soldato in tempo di guerra.
Aveva un carattere deciso e spiccio e un gran senso dell'umorismo, anche se a primo impatto poteva sembrare un po' burbera. Tutti quelli che la conoscevano le volevano un gran bene perché possedeva un cuore d'oro, sempre pronto ad aiutare i bisognosi.
Suor Agata abitava insieme alle suore da tre anni ma si era ambientata subito. Aveva trent'anni, i capelli e gli occhi scuri e un dolce viso. Amava cucire e andare a passeggio con la sua bicicletta bianca. La sua grande curiosità la spingeva a porre agli altri mille domande. Al suo paese aveva avuto un fidanzato ma la storia era finita presto e lei aveva seguito la sua vera strada.
Suor Assunta aveva quarant’anni, scuri capelli ricci e occhi verdi. Amava dedicarsi al ricamo e alla lettura ma la sua passione era cucinare: al termine di un corso di alta cucina aveva ricevuto qualche interessante proposta di lavoro ma avrebbe dovuto lasciare il convento per trasferirsi altrove, perciò rifiutò senza alcun rimorso. Le suore erano la sua famiglia e avendo solo un fratello che viveva in America, non si era sentita di abbandonarle.
Suor Letizia era una suora di trentacinque anni, una bella donna e una grande artista, possedeva un fisico slanciato e il viso cosparso di lentiggini. I capelli rossi e ricci faticavano a rimanere composti dentro il fazzoletto tant’è che qualche ricciolo spuntava sempre. Prima di entrare in convento, forzata da una madre ambiziosa, aveva partecipato e vinto parecchi concorsi di bellezza.
Quando si era decisa a chiudere con quel mondo e a rivelare a sua madre il desiderio di pronunciare i voti, questa non le aveva rivolto la parola fino al giorno della partenza in convento. Per fortuna, col passar degli anni, si era rassegnata.
La giornata delle religiose iniziava alle cinque del mattino al cantar del gallo. Esse si recavano alla cappella per la prima meditazione, dopo un'ora di preghiere andavano silenziosamente in cucina per fare colazione durante la quale spartivano i vari compiti. C'era chi si occupava del giardino interno, chi faceva le pulizie in chiesa e chi restava a mettere ordine in convento. Queste faccende occupavano loro tutta la mattinata mentre il pomeriggio era dedicato al corso di restauro di arredi sacri tenuto da suor Letizia e al corso di taglio e cucito tenuto da suor Agata, suor Assunta preparava ottimi dolci, marmellate e sciroppi, che venivano venduti nel negozio di Bettina giù al paese.
Suor Amelia, ormai affaticata dall'età, si occupava della gestione amministrativa e intratteneva i tanti fedeli che puntualmente si recavano da lei per un consiglio, per pregare insieme o soltanto per avere un po' di conforto.
Mezz'ora più tardi, suor Letizia e Antonio fecero ritorno con Mino il farmacista al seguito. L'uomo, coetaneo di Antonio, era molto gentile e bonario. Il suo viso paffuto trasmetteva simpatia al primo istante e lui e sua moglie Cristina erano sempre i benvenuti al convento.
«Avete derubato il povero Mino?» chiese suor Amelia divertita, indicando i pacchi che i tre reggevano tra le mani.
«Eh, suor Amelia, ci hanno provato!» rispose Mino con un sorriso mentre ammirava il bimbo.
«Abbiamo preso tutto l'occorrente per questa splendida creatura!» disse suor Letizia mentre vuotava le scatole. «Pannolini, salviette, talco, latte in polvere, pappe, biberon, biscottini e tante altre cose.»
«E questo che sarebbe?» suor Amelia mostrò ai presenti un morbido oggetto per la dentizione.
«Quando spunteranno i primi dentini, vedrà come sarà utile!» rispose il farmacista.
«Non le sembra un po' presto?» ironizzò la vecchia fissandolo negli occhi e soffocando una risata.
Mino incantato ad ammirare il piccolo che si era destato per tutto quel parlare, fece spallucce e sorrise.
«Quando spunteranno i primi dentini» puntualizzò la suora mentre si accingeva a prendere il bimbo. «mi auguro che quest’angioletto sia fra le braccia di sua madre!»
«Ce lo auguriamo tutti!» disse don Mario entrando in cucina insieme al dottor Raffaele.
«Buongiorno a voi!» aggiunse il dottore allegramente, posando la sua borsa sul lungo tavolo di legno. «Allora, dov'è il trovatello?»
«Eccolo qui. Prima della visita sarà meglio dargli una rinfrescata onde evitare delle situazioni imbarazzanti!» propose suor Amelia accingendosi a levargli il pannolino.
«Oh oh!» continuò stupita la donna. «Le sorprese non sono finite! Il nostro piccolino è in realtà una femminuccia!»
Tutti quanti osservarono rapiti la piccolina che sorrideva felice, quasi avesse capito che il suo mistero era stato svelato. La bimba dalla candida carnagione chiara, aveva dei grandi occhi scuri che si guardavano attorno incuriositi.
Il dottor Raffaele, dopo un breve controllo, la trovò in ottime condizioni di salute e suor Assunta le preparò un biberon di latte che la piccola bevve avidamente.
«Non c'è dubbio, è sana come un pesce!» esclamò don Mario soddisfatto. «Sia ringraziato il cielo!» E si fece il segno della croce. Le suore lo imitarono. Antonio e il dottor Raffaele dopo un cenno d'intesa si aggiunsero al gruppetto.
«E' una bimba perfetta.» disse Antonio ormai totalmente conquistato. «Che razza di madre abbandonerebbe una bambina così bella?»
«Così bella o così brutta non importa. I bambini sono un dono del Signore. Un regalo prezioso che nessuno deve rifiutare. Mai!» ammonì serio don Mario con l'indice puntato verso l’alto.
«Oh, basta con queste storie! » li interruppe suor Amelia. «E' senz'altro un comportamento riprovevole ma non saremo noi a giudicarlo! Lassù c'è qualcuno più adatto! Il Signore ci ha mandato questa creatura e noi ce ne prenderemo cura finché esso vorrà.»
«Dovremmo assegnarle un nome! Come la chiameremo?» chiese eccitata suor Agata.
«Facciamo scegliere ad Antonio, dopotutto è lui che l'ha trovata!» propose suor Letizia.
Antonio emozionato e commosso per l'importante compito conferitogli, fissò suor Amelia in cerca di conforto.
«Avanti Antonio! Non essere timido, scegli un bel nome!» lo incitò la vecchia.
«Ecco… forse potremmo chiamarla Bianca, come la mia povera moglie.» propose l'uomo impacciato. Tutti approvarono e applaudirono la scelta.
Nei giorni successivi si sparse la voce dell'abbandono della piccola ed essa conquistò subito i cuori di tutti gli abitanti. Avevano pregato invano che la madre tornasse a riprenderla ma più passava il tempo e più si abbandonava la speranza.
Qualcuno aveva suggerito alle suore di darla in adozione, altri di portarla in un orfanotrofio. Tutto il convento si era fermamente opposto e suor Amelia aveva lottato per tenerla con sé.
La vecchia, dopo un colloquio a quattr’occhi con l'assistente sociale, riuscì a farsi nominare tutrice della bambina, convincendo l’impiegata che prima o poi sua madre sarebbe tornata a prenderla.
In molti aiutarono le suore ad accogliere Bianca nel migliore dei modi. Antonio, don Mario e Mino il farmacista, riuscirono a trasformare una sobria stanza del convento in una deliziosa cameretta: il sacerdote ed il farmacista dipinsero le pareti di un delicato rosa confetto; Antonio e Pino il falegname costruirono un piccolo lettino, un armadio ed un cassettone; suor Agata cucì delle belle lenzuola rosa e bianche e suor Assunta le ricamò con grande pazienza; suor Letizia, essendo una bravissima pittrice, dipinse un'intera parete con un paesaggio fantastico dove animali di ogni genere, sbucavano tra gli alberi; la signora Cristina regalò alla piccola una montagna di giocattoli e peluches.
Tre
La bimba fu chiamata Bianca come la compianta moglie del giardiniere, morta dopo dieci anni di matrimonio. Quando una brutta polmonite gliela portò via a soli trent’anni, lui non riuscì più a darsi pace, visse nel suo ricordo e non pensò mai di risposarsi. La piccola Bianca fu per lui un dono del cielo. Antonio era di altezza media, con i capelli brizzolati e gli occhi chiari. Vedovo, senza figli e sulla soglia dei cinquant’anni, passava le sue giornate ad aiutare le suore e a curare l'immenso giardino. Ora, trascorreva il suo tempo libero con la bambina, riversando su di lei tutto l'amore di un padre.
La casetta dell’uomo, a pochi metri dal convento, si componeva di una piccola cucina arredata in modo sobrio ma di buon gusto, una camera da letto, un bagno, un ripostiglio ed un’altra camera da letto che avrebbe dovuto ospitare i figli mai nati. Antonio era stato assunto come giardiniere, ma in seguito prese ad occuparsi anche delle galline e di qualche oca, alloggiate in un caseggiato poco distante. Viveva in quella casa ormai da trent’anni e ovunque si poteva notare il tocco della signora Bianca che l'uomo non aveva voluto cancellare: le tende a fiori, molto femminili e amate dalla signora, non erano mai state sostituite. Il materiale da ricamo sulla credenza, sembrava appena posato da lei dopo un'ora di lavoro. Sul ripiano del bagno vi erano ancora il suo profumo preferito e i pettinini che usava per acconciarsi i capelli.
La casa era invasa dalle fotografie della donna e spesso Antonio, seduto sulla poltrona, ascoltava la musica che un tempo amava ballare con lei, ricordando i momenti felici della loro storia d’amore. Le suore erano molto buone e lui era affezionato a tutte ma nutriva una profonda stima per suor Amelia. Per Antonio era sempre stata un'amica preziosa e gli fu di grande conforto quando la signora Levi morì.
Quattro
Otto mesi dopo il ritrovamento di Bianca, le suore erano tutte attorno al tavolo della cucina. Cercavano di preparare il pranzo, giocare con la piccola seduta sul seggiolone, e darle da mangiare.
A un certo punto Bianca emise un suono che alle suore dovette sembrare una A
. Scoppiò il finimondo!
«A
come Amelia.» asserì subito la madre superiora.
«Ma no, io le sto dando la pappa, dunque parlava di me!» ribatté suor Assunta.
«Non potrebbe essere il mio nome? Son qui accanto che pelo le patate!» s'intromise suor Agata.
Suor Letizia continuò a rimestare il sugo, rassegnata. Non era di certo il suo nome che la piccola intendeva pronunciare per primo.
Continuarono a discutere finché videro Antonio che bussava divertito sul vetro della finestra sul cortile. Suor Letizia corse ad aprire.
«Antonio le serve qualcosa? Con