Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Benedetto XVI e le sue radici
Benedetto XVI e le sue radici
Benedetto XVI e le sue radici
Ebook232 pages2 hours

Benedetto XVI e le sue radici

Rating: 5 out of 5 stars

5/5

()

Read preview

About this ebook

Alfred Läpple, insegnante di filosofia e interlocutore di Joseph Ratzinger, in questo suo personalissimo libro descrive per la prima volta gli impulsi spirituali che guidarono lo studente di teologia e il seminarista Joseph Ratzinger, che in seguito sarebbe divenuto arcivescovo di Monaco e Frisinga, poi prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e infine successore di san Pietro.

Tali unici ricordi di vita rendono accessibili le radici teologiche e filosofiche dell¿attuale Papa, portano alla luce molti dettagli finora ignoti della sua vita. Una lunghissima amicizia unisce tuttora quel professore e il suo allievo di allora, oggi papa Benedetto XVI.
LanguageItaliano
Release dateJul 29, 2014
ISBN9788865123294
Benedetto XVI e le sue radici

Related to Benedetto XVI e le sue radici

Related ebooks

Religious Biographies For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for Benedetto XVI e le sue radici

Rating: 5 out of 5 stars
5/5

1 rating0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Benedetto XVI e le sue radici - Alfred Läpple

    (1877-1962)

    L’OCCASIONE DI QUESTO LIBRO

    Questo libro non sarebbe stato scritto se non si fosse verificato un evento del tutto personale, ma rilevante per la storia mondiale e della Chiesa. Vi sono spesso degli avvenimenti – scrive il vescovo di Innsbruck Reinhold Stecher – che per le persone coinvolte hanno un significato addirittura emblematico, carico di valore simbolico. Qual è stato il mio evento?

    Nel tardo pomeriggio del 19 aprile 2005 (era un martedì) sedevo davanti al televisore, come milioni di altre persone sull’intero globo terrestre. Ero nella mia villetta in alta Baviera, a Gilching. Che il Cardinale Joseph Ratzinger fosse già papabile da anni era noto in tutto il mondo, ma il 16 aprile del 2005 aveva ormai compiuto settantotto anni. Il Cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, allorché fu eletto Papa il 28 ottobre del 1958, ne aveva settantasette. Perciò si parlò di Giovanni XXIII come di un Papa di transizione.

    Quando, quel 19 aprile del 2005, dalla loggia della basilica di San Pietro, fu annunciato: Habemus Papam, nella confusione dei rumori si poté udire anche il nome Josephum. Quel che mi passò per la mente fu: può essere solo Ratzinger. Non vorrei essere al suo posto. Poco dopo, allorquando il neoeletto Papa Benedetto XVI apparve sulla loggia, si presentò con le mani sollevate e con un volto raggiante e felice.

    A quest’uomo sono legato da più di mezzo secolo. Il 19 marzo del 1997, in una lettera d’auguri per l’onomastico, avevo scritto al Cardinale Ratzinger: Ringrazio Dio di averti potuto incontrare! Ringrazio te per avermi regalato un’amicizia che dura da più di cinquant’anni! E ringrazio Dio di averti chiamato alla posizione, difficile e piena di responsabilità, di Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede!

    Nella sua bontà, veracità e umanità, Papa Benedetto XVI, con la sua teologia del cuore, è una roccia nel frangente la quale dà a molte persone sostegno e orientamento.

    Perché l’uomo

    che nei tempi fluttuanti è disposto a fluttuare anche lui

    accresce il male e lo diffonde vieppiù;

    ma chi saldamente persevera nella sua idea

    si plasma il mondo.

    Johann Wolfgang von Goethe (1749–1832)

    A seguito di molteplici sollecitazioni, di preghiere verbali e scritte e infine anche a causa di false affermazioni e di inescusabili interpretazioni erronee della sua commercializzazione, e pressato da amici, ecclesiastici ed editori, crebbe in me la considerazione, la considerazione si consolidò in responsabilità e la responsabilità in dovere, di scrivere questo libro. La presente opera non offre una biografia approfondita e nemmeno uno schizzo di biografia.

    Durante la stesura del presente scritto ero sempre assalito dal pensiero circa la liceità di riportare citazioni da lettere contenenti molte cose personali, senza aver chiesto il permesso al destinatario. D’altra parte, eventi ed esperienze che in quel modo erano noti solo a me non avrebbero dovuto essere fissati per una successiva biografia che qualcuno con più vocazione di me avrebbe scritto? Ciò che in quella forma era noto solo a me stesso, dall’inizio della nostra amicizia nel 1946, dev’essere fissato per brevi cenni e senza costrizioni né direttive da parte d’una casa editrice. Qui tento di descrivere e di documentare da quali radici si siano sviluppati la sua vita e il suo pensiero, la sua fede e la sua preghiera, cioè di abbozzare un ritratto della sua biografia e teologia che hanno ricevuto impronte decisive in quei primi tempi. Questi testi sono stati scritti e vogliono essere letti partendo da quest’obbligo del cuore, o meglio dal grato impulso del cuore.

    Durante la stesura, la mia massima è stata la divisa araldica scelta da John Henry Newman allorché fu creato Cardinale nel 1879: Cor ad cor loquitur (Il cuore parla al cuore).

    Scritto a Gilching, ove Joseph Ratzinger nel 1943 fu impegnato come ausiliario della Flak[1].

    [1] Abbreviazione di Flugzeugabwehrkanone (cannone antiaereo e, per estensione, contraerea).

    PRIMO INCONTRO NEL 1946

    Nessuno può scegliersi l’epoca in cui vive, i genitori, la lingua madre o la patria. Esiste la grazia della nascita in un tempo anteriore o posteriore?

    A trent’anni, il 20 novembre del ’45, festa di San Corbiniano da Frisinga, fui congedato dalla guerra (e dalla prigionia americana) in cui la mia generazione era stata trascinata da quell’uomo di Braunau [1] che soccombette all’orrenda tentazione non solo di essere come Dio (Gn 3,5), ma addirittura di assumerne il ruolo.

    Solo dopo la Seconda guerra mondiale venni a conoscere le parole dell’Arcivescovo di Friburgo in Brisgovia Gröber (1932-1948), che espresse l’umore d’allora di molti cattolici:

    Siamo troppo seri e troppo attaccati alla nostra patria e al nostro popolo per salutarla (la guerra) con giubilo… Possa questa guerra non estorcere fiumi di lacrime dagli occhi della gente e arrossare la terra con maree di sangue. Vogliamo bensì pregare Dio in ginocchio, col fervore delle nostre anime: fa che la guerra sia breve, o Signore! … Fa che sia una guerra, o Signore, dalla quale scaturisca una pace duratura!

    Arcivescovo Conrad Gröber, Allocuzione pastorale del 4 settembre 1939

    Mentre ero nella Luftwaffe, dal 1939 al 1945, mi accompagnava una preoccupazione: come e quando finirà la guerra e cosa verrà dopo? Nel 1942, a un corso allievi ufficiali a Baden presso Vienna rinunciai alla carriera di ufficiale: se vince Hitler, non ci saranno per me né lo studio della teologia né l’accesso al sacerdozio. Solo una sconfitta, una guerra persa poteva aprirmi la via allo studio della teologia e alla consacrazione sacerdotale…

    Già durante la guerra circolavano molte domande: perché non si è detto di no? Nel dramma Draußen vor der Tür (Fuori davanti alla porta) Wolfgang Borchert (1921-1947), uno scrittore che partecipò alla guerra, formulò alcune di quelle domande che tormentavano me come tanti altri: Buon Dio, non hai sentito quando cadevano le bombe… ti abbiamo cercato in ogni cratere di granata.

    Alfred Läpple, in servizio nella Luftwaffe dal 1939 al 1945

    L’11 novembre 1945, pochi giorni prima del mio ritorno a casa dalla guerra e dalla prigionia, Ernst Wiechert (1877-1950) tenne una conferenza al Teatro da camera di Monaco, che in seguito ebbi in mano. In essa manifestava ciò che molti pensavano e facevano in silenzio.

    Consideriamolo, amici, e gridiamolo anche a coloro che hanno ottenuto la vittoria sul popolo… Noi sappiamo che a migliaia volsero le spalle ai dèmoni e che pian piano divennero centinaia di migliaia e milioni… dei quali so che non osarono schiudere le labbra perché ciò avrebbe significato la morte… Ubbidirono e tacquero, ma ogni passo della loro vita era su un sentiero di spine e nelle notti in cui nessuno vedeva giungevano le mani verso il loro Dio pregando per la vittoria dei nemici. Lo sa il mondo cosa significhi tale preghiera? Sa cosa un popolo ha dovuto soffrire per pregare così?

    Ernst Wiechert, Rede an die deutsche Jugend (Discorso alla gioventù tedesca), 1945, pp. 34-35.

    Fu una guerra lunga, di sei anni, che resterà scritta con sangue e lacrime negli annali della storia. Nell’abito da prisoner-of-war con PW stampato sulla schiena, me ne andai per la distrutta Monaco dove ero giunto, smagrito, alla Stazione centrale. Ero scosso in quel luogo dei miei studi teologici prima della Seconda guerra mondiale. Università, Biblioteca nazionale e Seminario sacerdotale Georgianum erano in macerie.

    Dopo aver rivisto mia madre e mio fratello minore già tornato dalla guerra, annunciai telefonicamente il mio ritorno al Seminario maggiore di Frisinga. Nessuno sapeva come sarebbe continuata. In quell’epoca di incertezza fu come un segnale luminoso di gioia e di speranza l’apprendere che nel Seminario di Frisinga, col suo cortile dell’ex residenza vescovile e i suoi portici del XVI secolo, dal 20 novembre del 1945 il Cardinale Michael von Faulhaber (arcivescovo dal 1917 al 1952) aveva nominato nuovo Rettore il Dr. Michael Höck.

    Poteva andar bene un ex prigioniero di campo di concentramento col numero 26678 come rettore di seminaristi che avevano passato tanti anni fra un assalto e l’altro e ora ritornavano, non di rado addirittura col grado di ufficiale? Ma il Cardinal Faulhaber aveva compiuto una scelta fortunata: Höck era il rettore giusto al tempo giusto per i seminaristi giusti.

    Michi, come noi lo chiamavamo affettuosamente e con gran rispetto, era già stato mio prefetto nel Seminario minore di Frisinga dal 1931 al 1934. Poi, fra il 1941 e il 1945, visse e sopravvisse nei Lager di Sachsenhausen e di Dachau.

    Allorché, nei primi giorni del gennaio 1946, giunsi a Frisinga, il mio vecchio amico Michi venne a me raggiante di gioia: Alfred, aspettavo proprio te! Avrai un compito bello e importante, per il quale sei proprio quello giusto.

    Mi condusse nella Sala rossa (com’era chiamata quella sala delle feste per via dei suoi tappeti di seta rossa), piena di banchi di legno e occupata da quasi cinquanta nuovi studenti del Seminario religioso. Poi disse: Ecco il vostro prefetto! Con lui, che conosco da tanti anni, vi intenderete bene.

    Il Dr. Michael Höck, Rettore del Seminario sacerdotale di Frisinga

    Fra quei principianti vi era una coppia di fratelli: Georg Ratzinger, il futuro maestro di cappella della cattedrale di Ratisbona, e il suo fratello minore Joseph, il futuro Cardinale e Papa.

    Ancora come Cardinale stese delle annotazioni autobiografiche degli anni 1927-1977 (che mi regalò immediatamente alla loro uscita con una dedica del 25 marzo 1998). Vi possiamo leggere quanto segue:

    Si rivelò importante il fatto che come prefetto della sala di studio (non c’erano camere singole) ci venne assegnato un teologo da poco rientrato dalla prigionia inglese: Alfred Läpple, che in seguito avrebbe operato come pedagogo a Salisburgo e che sarebbe divenuto celebre come uno dei più fecondi scrittori religiosi del nostro tempo. Già prima della guerra aveva cominciato a lavorare a una dissertazione in teologia sull’idea di coscienza nel Cardinal Newman con Theodor Steinbüchel, che allora insegnava teologia morale a Monaco; la sua presenza si rivelò per noi particolarmente stimolante grazie all’ampiezza delle sue conoscenze di storia Il Dr. Michael Höck, Rettore del Seminario sacerdotale di Frisinga 17 della filosofia e al suo gusto per il dibattito. Lessi i due volumi di Steinbüchel su Die philosophische Grundlegung der katholischen Sittenlehre (La fondazione filosofica della teologia morale), che erano appena apparsi in nuova edizione e vi trovai soprattutto un’eccellente introduzione al pensiero di Heidegger e Jaspers, come anche alle filosofie di Nietzsche, Klages, Bergson. Ancora più importante fu un’altra opera di Steinbüchel, Der Umbruch des Denkens (La svolta del pensiero): come si riteneva di poter constatare in fisica l’abbandono dell’immagine meccanicistica del mondo e una svolta verso una nuova apertura all’Ignoto e anche all’Ignoto conosciuto  - Dio -, così si riteneva di poter osservare anche in filosofia un ritorno alla metafisica, che da Kant in avanti era stata ritenuta inadeguata. Steinbüchel, che aveva iniziato il suo cammino con degli studi su Hegel e sul socialismo, presentava nel libro citato lo sviluppo, dovuto in particolare a Ferdinand Ebner del personalismo che anche per lui era divenuto una svolta nel suo cammino culturale. L’incontro con il personalismo, che poi trovammo esplicitato con grande forza persuasiva nel grande pensatore ebreo Martin Buber, fu un evento che segnò profondamente il mio cammino spirituale, anche se il personalismo, nel mio caso, si legò quasi da sé con il pensiero di Agostino che, nelle Confessioni, mi venne incontro in tutta la sua passionalità e profondità umane.

    Cardinale Joseph Ratzinger, La mia vita. Autobiografia, tr. it. di Giuseppe Reguzzoni, Cinisello Balsamo (Mi), 1997, pp. 42-43 (ed. or. Aus meinem Leben. Erinnerungen 1927-1977, München, 1998, pp. 48-49).

    Come ricorda il maestro del coro del duomo Georg Ratzinger a distanza di decenni, molto presto nel Seminario di Frisinga i seminaristi come pure i superiori iniziarono a chiamare i due fratelli coi nomignoli di Orgelratz (Topo d’organo) e Bücherratz (Topo di biblioteca) [2].

    Joseph Ratzinger come ausiliario della Luftwaffe, 1943

    Ciò su cui riflettevo già antecedentemente alla Seconda guerra mondiale durante gli studi filosofici e teologici all’Università di Monaco era rimasto vivo durante la guerra. Soprattutto il mio padre di dottorato [3] Theodor Steinbüchel continuò il suo scambio epistolare durante tutta la guerra, cosicché, un po’ in Francia, un po’ in Russia, ricevevo quel che mi spediva. Con grande gioia ricevetti la sua serie di articoli Die personalistische Grundhaltung des christlichen Ethos (L’atteggiamento fondamentale personalistico dell’ethos cristiano) come estratto dell’annata XXXI della rivista Theologie und Glaube (1939).

    Già qui alcune parole sul rettore Dr. Michael Höck, che in questo libro sarà ulteriormente menzionato e citato. Avevo già conosciuto negli anni Trenta Michael Höck come prefetto del Seminario minore di Frisinga. Fino al 1937 fu caporedattore del «Münchener Katholische Kirchenzeitung», che coraggiosamente si opponeva al nazionalsocialismo. Durante le ferie l’avevo spesso visitato a Inzell, il suo paese natale. Nel 1934 andai con lui in bicicletta fino a Salisburgo per un incontro della gioventù cattolica, ove incontrai per la prima volta la scrittrice Alja Rachmanowa (1898-1991), espulsa dalla Russia. Oltre alla sua opera Lattaia a Ottakring (1933), per tutta la vita

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1