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Sacro fuoco. Storie di libertà di stampa
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Ebook81 pages59 minutes

Sacro fuoco. Storie di libertà di stampa

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Amici di Alessandro e colleghi di lavoro si riuniscono, ad un anno da quel dannato 15 marzo 2013, per comporre un affresco a più mani sulla libertà di stampa in Calabria e sulle trame complesse che si intrecciano nella pubblicazione di una notizia o nella sua manipolazione o, addirittura, nella sua omissione... La manipolazione delle notizie è consuetudine in molte redazioni d’Italia, e la Calabria veste una maglia nera. Alessandro Bozzo ha pagato in prima persona l'opposizione a questa nefanda e nefasta consetuidine. Lui, capace di appiccare il sacro fuoco della passione giornalistica nell’animo di compagni di viaggio più timorosi.


Nelle pagine della sinossi Rosamaria Aquino racconta delle tribolate condizioni di lavoro dei cronisti calabresi e dell’abitudine alle ingerenze dell’editore e dei politici suoi sodali. Una sciagurata abitudine che porta alla censura self made, la piaga verso cui si ha il dovere morale di reagire. I giornalisti che non fanno i giornalisti si devono sentire in colpa. Mestiere complicato quello del cronista, perché alcune volte si è tenuti a condurre delle controinchieste sulle verità ufficiali offerte dalla procura e dalla stampa pigra – come spiega Arcangelo Badolati. Gabriele Carchidi ripercorre le prime stagioni di “Calabria Ora”, mostrando,senza peli sulla lingua, la pressante influenza dell’editore. Marco Cribari invita ad amare la verità, l’autentico: la verità vale più della libertà perché si può anche essere liberi di scrivere cose non vere. L’affetto degli amici, per Alessandro, è vivissimo. Eleonora Formisani ricorda la sua meticolosità, il suo "voler vederci chiaro". Eugenio Furia mette a fuoco l’Alessandro compagno di scrivania, in redazione, i consigli dati, i suoi convincimenti, le sue arrabbiature, i suoi slanci purissimi. Sacro fuoco della passione per la scrittura e per il racconto giornalistico. E per il tennis, anche. E per il Canada, e per Donnici. L’obbligatorietà della sincerità e dell’esattezza, nella cronaca giudiziaria, emerge nella nota di Roberto Grandinetti, “avversario” di Bozzo nei corridoi della procura. La voglia di raccontare le "cose come stavano", e non come qualcun altro avrebbe preferito, è la protagonista delle storie narrate da Camillo Giuliani e da Pablo Petrasso, storie coinvolgenti che mostrano cosa sia l’urgenza della verità e come non sia sopprimibile. Lucia Serino fa notare, con accortezza, che in questo mondo popolato dai social, dove tutti siamo bravi a condividere, è fondamentale chiedersi chi va a scovare i contenuti scomodi. C’è sempre un giornalista coraggioso che va a smuovere la crosta che copre le cose che qualcuno vuole tenere all’oscuro. Poi siamo tutti bravi a condividere. Conclude Alfredo Sprovieri, con uno schizzo che racchiude tutto Alessandro: «Frasi corte e pochi aggettivi, cazzo».

LanguageItaliano
Release dateMar 18, 2014
ISBN9788868221690
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    Sacro fuoco. Storie di libertà di stampa - Tommaso Scicchitano

    SACRO FUOCO

    Storie di libertà di stampa

    a cura di

    Tommaso Scicchitano

    Proprietà letteraria riservata

    © by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy

    Edizione eBook 2014

    Isbn: 978-88-6822-169-0

    Via Camposano, 41 (ex via De Rada) - 87100 Cosenza

    Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672

    Sito internet: www.pellegrinieditore.it - www.pellegrinilibri.it

    E-mail: info@pellegrinieditore.it

    I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

    Ad Alessandro

    Presentazione

    Ma chi te lo fa fare? Stai a sentire tuo fratello! è così che ti parla il tuo censore, perché lui ti vuole bene, non ci guadagna nulla a pacificare e poi cosa ci guadagni?; piglia pace ti suggerisce chi ti vede ardere di quel fuoco e di quella passione, perché sa già cosa stai per fare: stai per denunciare e poi si sconquassa tutto; non saranno gli amici a chiamare, ma saranno più minacciosi dopo, parleranno del tuo lavoro e del tuo stipendio, il linguaggio sarà sempre più allusivo e per qualcuno non si parla più, ma ormai si esegue.

    La storia di Alessandro Bozzo ci ha colpiti in tanti e non a tutti allo stesso modo, c’è chi si è tranquillizzato sapendo di non dar fastidio, forse c’è qualcuno che ha cominciato ad essere più prudente, c’è una parte che non si è arresa, anzi con più rabbia ogni giorno accende quel sacro fuoco della passione giornalistica. C’è anche una fetta di cittadini che sente la mancanza e l’urgenza di più firme che sappiano graffiare con stile la patina opaca che nasconde la verità.

    Questa riflessione nasce in seno al coordinamento provinciale di Libera a Cosenza, all’interno di un percorso sulla libertà nell’informazione.

    Queste pagine hanno l’intento di dar voce a chi paradossalmente dovrebbe darla, strappa quel velo ipocrita che vorrebbe farci credere che la libertà di stampa è garantita. L’unica verità che c’è da sapere sull’informazione è che la verità è garantita dalla passione del giornalista, il quale si trova a dover lottare contro la tentazione di autocensura, contro il direttore richiamato dall’editore accusato a sua volta dal politico, contro chi non vuole dare le notizie, contro le querele facili e le richieste di risarcimento danni stratosferiche, spesso contro la paura di prendere un buco.

    Queste storie sono come un vestito di Arlecchino, cucito a pezzi diversi, ma che perderebbe l’armonia dell’insieme, perché tante firme, stili, formazioni, punti di vista, vite diverse ci dicono che l’informazione professionale non può essere un monocolore, per la verità ogni punto di vista ci è di aiuto.

    Queste lavoro è un incoraggiamento agli autori anche quelli che tessono la trama dell’informazione nel nascondimento ma sono di fondamentale aiuto nelle redazioni.

    Questi fogli sono dedicati ad Alessandro, a tanti giornalisti che soffrono per la passione del proprio lavoro, a chi ci ha lasciato troppo presto perché qualcuno ha deciso di chiudergli la bocca, a tutti loro la nostra memoria e l’impegno responsabile per un’informazione libera e coraggiosa nella verità.

    Tommaso Scicchitano

    Libera. Associazioni, nomi e numeri

    contro le mafie. Roberta Lanzino

    La censura è self made,

    ce la facciamo da soli

    Rosamaria Aquino

    L’altra sera era mezzanotte. Non ricevo mai messaggi a mezzanotte da quando non lavoro più nei giornali, per cui quando si è illuminato il display mi sono avvicinata al telefonino con l’aria un po’ stranita. Era un politico abbastanza noto nel panorama cosentino. Scriveva a me, ormai fuori dal giro da oltre un anno, e lo faceva a mezzanotte. Doveva essere qualcosa di serio, mi sono detta.

    D’un tratto la sorpresa: Rosa, ma conosci chi è questa stronza che mi scrive contro da giorni? Che fa davvero nella vita oltre a rompere le palle a me?. Gelo. Proprio a me viene a chiedere come difendersi da una collega... Ma pensa tu. Provo a ricostruire. Faccio un giro su Google e trovo la notizia: il mittente se la stava vedendo da qualche giorno con cronache non tanto tenere sulla sua attività istituzionale, compresi i suoi lauti compensi.

    Un giornalista, se scopre una notizia, ne scrive. Punto. Niente di personale e soprattutto molto semplice. Avrei dovuto rispondere questo e rimettermi a dormire. Ma perché finirla qui? Il politico faceva finta di non ricordarsi di una vicenda di pressioni che riguardava proprio me e di cui sapeva ogni dettaglio, essendone stato a suo modo silenzioso complice, così gli ho rinfrescato la memoria...

    Ho scritto che mi dispiaceva, davvero, ma quella giornalista non la conoscevo. Poi continuavo dicendo che comunque, se avesse avuto necessità di metterle un freno, poteva benissimo chiedere come si fa ai suoi amici interni al Comune, gli stessi che telefonavano giornalmente al caposervizio, al direttore e all’editore del mio giornale per lamentarsi dei miei pezzi e provare a farmi dare una calmata.

    Per i politici tu non scrivi nulla senza un motivo. Ragionano così.

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