Donne Bibliofile Italiane
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About this ebook
con un saggio di Massimo Gatta
a cura di Henriette Doucé
Donne bibliofile italiane di Giuseppe Fumagalli è stato il primo, pionieristico lavoro italiano incentrato su un argomento ancora oggi trascurato dagli studi (pochi per la verità) dedicati alla storia culturale della bibliofilia. Un vero peccato perchè le donne, dalla tipografia all'editoria, dalla rilegatura alla bibliofilia appunto, sono state una presenza vigile e costante, protagoniste abili nei tanti mestieri del libro dal Rinascimento ad oggi.
Questo breve saggio di Fumagalli del 1926, ristampato ora per la prima volta in un volume a sè, non ha perso nulla della sua attualità, testimoniando la curiosità intellettuale di uno dei grandi bibliografi del Novecento, non solo italiano. Questa ristampa vuole essere in fondo anche un piccolo tardivo omaggio a questo studioso dimenticato.
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Book preview
Donne Bibliofile Italiane - Giuseppe Fumagalli
galeotto fu ’l libro
di hans tuzzi
Leggere come una donna
fu espressione medievale per indicare una lettura leggera condotta senza capire e interpretare, fatta di emozioni, non d’intelletto. Una lettura che può risultare pericolosa, come insegnano molte eroine letterarie, da Francesca da Rimini a Madame Bovary: leggere per diletto
può rivelarsi rovinoso. Invece David Green nelle pagine di Women Readers in the Middle Ages ricorda che farlo in gruppo, leggendo e imparando, era pratica diffusa che univa i sessi: tanto in Floire et Blanchflor quanto in Troilus and Criesyde, che è a dire su entrambe le sponde della Manica, due coppie di innamorati lisent et aprendent
. Non come – perché lì, appunto, si legge di Lancialotto come amor lo strinse
– in quella stanza fatale dei Malatesta.
Tuttavia, nella Commedia Dante, in apostrofe, si rivolge sempre al lettore, mai alla lettrice: Pensa, lettor, se io mi sconfortai
, Leva dunque, lettore, a l’alte rote
e così via. Proiezione involontaria dell’immaginario maschile o risultante delle convenzioni sociali del tempo?
Eppure... se ut poesis pictura...
Legge, astratta in un tempo che non è umano, la Madonna di Antonello da Messina; legge seduta per terra, indifferente al bianco volo dello Spirito Santo, la Vergine di Lorenzo Costa; legge assorta, ritta in un angolo, Elisabetta Rota, committente del Commiato di Cristo di Lorenzo Lotto; non legge ma ostenta il proprio manoscritto la poetessa Laura Battiferri ritratta dal Bronzino. E, sempre Lotto, l’Angelo è turbine, interrompe la lettura di Maria, atterrita, e reca l’Annunciazione: Tu non sei più vicina a Dio di noi, / siamo lontani tutti...
.
Curiosamente, in pittura le donne lettrici dominano, per quantità, i lettori (peraltro, in genere santi): e se talvolta l’Ottocento ricorre malizioso al libro per ritrarre con morbido realismo corpi nudi che il Secolo dei Lumi ostentava con aggraziata naturalezza (si pensi alla Ragazza che legge di Théodore Roussel, o alla Nuda che legge al fuoco di Bernard Hall), in ogni secolo, fatte salve poche eccezioni di lettura in comune (ma quasi sempre fra donne, se non da madre a figlia come nelle tele di Mary Cassatt), leggere un libro è atto solitario, momento di sogno ed evasione in una stanza tutta per sé
: e lungo sarebbe l’elenco degli artisti, da Rogier van der Weyden e Luca di Leyda a Hopper e Botero passando, fra i più noti, per Téniers, Fragonard, Liotard, Boucher, Corot, Toma, Perugini, Faruffini, Burne Jones, Henner, Courbet, Van Gogh, Renoir, Corcos, Tamara de Lempicka, Picasso, Balthus...
Non furono, forse, queste suggestioni pittoriche, estranee all’interesse che Fumagalli dimostrò per le grandi lettrici – e pertanto, di fatto, creatrici di grandi biblioteche – vissute quando la vita era dolce, prima della Rivoluzione. Ed è significativo come egli desideri trasmettere al lettore, nella pubblicazione originaria, anche i tratti dei volti di queste donne bibliofile
.
Tanto interesse intellettuale per l’altra metà del cielo non era, nell’Italia anni Venti, cosa scontata. Per un certo immaginario maschile le donne che leggono si sa, sono pericolose, e le donne bibliofile e collezioniste sembravano, a molti uomini, una contraddizione nell’ordine della natura. Femmes savantes, bas bleus: persino la Francia del Grand siècle e dei Lumi pagò dazio.
Le donne che leggono fanno paura? Perché? Perché, afferma Elke Heidenreich, la donna che legge si fa domande, e così facendo distrugge delle regole saldamente radicate
. La lettura rende liberi. Nel Medioevo, in effetti, alla donna erano esplicitamente destinate letture formative come manuali per vergini, per suore, per mogli: obbedienza, castità, decoro. Se la lettura si fa invece strumento di conoscenza, o strumento di piacere... E quale maggior piacere di libro
della bibliofilia?
Quando Fumagalli scrive il suo trattatello, trionfa, non dimentichiamolo, l’Italia fascista in politica e dannunziana in letteratura, dove sulla pagina la donna è Elena Muti o Ermione o la Basilissa. O Francesca da Rimini. Se nei versi di Guido Gozzano – come del resto nella vita di ogni giorno – non mancano fremiti di affermazione intellettuale e liberazione sociale, nei fatti ci volle il discrimine della Seconda Guerra Mondiale perché l’Italia concedesse alle donne il diritto di voto: 1946, referendum Monarchia-Repubblica. In Egitto, per dire, le donne irrompono nella società dal 1919 e, allora come oggi, il Paese della Sfinge ha avuto presidentesse di Suprema Corte e ministre.
Il mio primo incontro con Fumagalli risale alle medie inferiori: poco motivato a studiare la lingua di Cicerone e Virgilio, mi vidi regalare L’ape latina. Alla quale fece poi seguito il vendutissimo e più volte ristampato Chi l’ha detto?, una raccolta di frasi più o meno celebri ancora oggi ben presente, a grande richiesta, nei cataloghi dell’usato.
Ma chi era, Giuseppe Fumagalli?
Fiorentino a dispetto del cognome piucchelombardo, nel 1885, ventiduenne, partecipò al concorso bibliografico sul miglior sistema di redazione dei cataloghi indetto dal competente Ministero, sotto gli auspici di Ferdinando Martini, in un’Italia assai diversa dall’attuale: e infatti lo vinse, e venne così elevato di colpo al livello dei principali esperti del settore.
Nel 1888, vicedirettore della Braidense a Milano, partecipò al concorso ministeriale per un catalogo delle opere bibliografiche italiane: lo vinse con Biblioteca bibliografica italiana. Catalogo degli scritti di bibliologia, bibliografia e biblioteconomia pubblicati in Italia, e di quelli riguardanti l’Italia pubblicati all’estero, strumento insuperato, nel suo genere, per quasi un secolo. Distaccato a Roma prima, a Napoli poi, dal 1896 al 1910 fu ancora all’amata Braidense e a Milano fondò la Società bibliografica italiana (1896-1914). Lì, nel 1896, a dimostrazione che anche un bibliotecario può conoscere l’avventura, fu chiamato al capezzale di Vittorio Villa che, avvelenatosi per sbaglio, agonizzante gli confessò la propria attività di falsario, elencando tutte le false legature Canevari da lui realizzate. Poi, fu all’Estense di Modena, dove ancora si interessò – in anticipo sui tempi, per l’Italia – alle legature antiche come testimonia L’arte della legatura alla corte degli Estensi, a Ferrara e a Modena, dal secolo XV al XIX,