Gabriel Marcel e l'Universale Concreto. Dall'Io penso al Noi siamo
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Mauro Bellini (Frosinone, 1977) ha compiuto i suoi studi presso la Pontificia Università Gregoriana e l’Università degli Studi Roma Tre, laureandosi in Filosofia. Da sempre appassionato di arte e storia, nello stesso Ateneo ha conseguito la medaglia d’Argento della Presidenza della Repubblica, I premio del Master di Storia e storiografia multimediale, a.a. 2003/2004, per aver svolto ricerche su papa Celestino V in Ciociaria, interessandosi in seguito alla gestione delle risorse culturali del territorio. Attualmente collabora con la fondazione Missio, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana.
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Gabriel Marcel e l'Universale Concreto. Dall'Io penso al Noi siamo - Mauro Bellini
Mauro Bellini
Gabriel Marcel e l'Universale Concreto. Dall'Io penso al Noi siamo
The Sky is the limit
ISBN: 9788899617080
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Indice
Abbreviazioni bibliografiche
Introduzione
Premesse biografiche e filosofiche al pensiero di Gabriel Marcel
L’esistenza incarnata e partecipata
Il mistero dell’essere e la metafisica del noi siamo
Fenomenologia dell’avere ed essere come fedeltà creatrice
La Speranza nel Trascendente
Osservazioni conclusive
Nota bibliografica
Ringraziamenti
Mauro Bellini
Gabriel Marcel e l'Universale Concreto
Dall'Io penso al Noi siamo
A Valeria e Manuel.
In memoria di Pietro Prini.
L’immenso servizio che dovrebbe poterci rendere la filosofia – e io raggiungo qui, s’intende, uno dei grandi temi platonici – sarebbe quello di risvegliarci sempre più a quella realtà che ci avvolge certamente da ogni parte, ma alla quale per la nostra condizione di esseri liberi abbiamo il temibile potere di rifiutarci sistematicamente
.
Gabriel Marcel
Abbreviazioni bibliografiche
Journal Métaphysique, Gallimard, Parigi 1927 = JM
Giornale Metafisico, trad. ital. a cura di F. Spirito, Abete, Roma 1966 = GM
Être et Avoir, Aubier, Parigi 1935 = EA
Du Refus à l’Invocation, Gallimard, Parigi 1945 = RI
L’Uomo contro l’Umano, trad. ital. a cura di C. D’Altavilla, G. Volpe, Roma 1963 = UCU
Position et Approches concrètes du Mystère Ontologique, Nauwelaerts, Louvain, 1967 = PA
Homo Viator, trad. ital. a cura di M. Rettori e L. Castiglione, Borla, Roma 1980 = HV
Il Mistero dell’Essere, trad. ital. a cura di G. Bissaca, Borla 1987 = IME
P. Prini, Gabriel Marcel e la Metodologia dell’Inverificabile, Studium, Roma 1968 = GMI
Introduzione
Mi accostai per la prima volta al pensiero di Gabriel Marcel, cinque, sei anni fa. Mi trovavo nella biblioteca di un monastero cistercense e, curiosando nella sezione riguardante la Filosofia, tra opere di M. Blondel, K. Jaspers ed E. Levinas, ecco spuntare Homo Viator. Di cosa poteva trattare?
In quei giorni, ricordo, lessi lentamente il primo saggio di quel testo, dal titolo L’io e l’altro: mi ritrovavo nell’analisi marceliana riguardo i rapporti con gli altri e con se stessi, il discorso sul narcisismo e l’idolatria: notavo forti affinità con il pensiero di J. L. Marion espresso in L’Idolo e la Distanza.
Ignoravo, tuttavia, le riflessioni di Marcel sulla corporeità, il mistero, la morte e la speranza. Con il tempo le mie personali speculazioni mi hanno condotto all’idea di mistero
in un’accezione che per me, solo Marcel, come in seguito mi accorsi, era riuscito ad esprimere egregiamente.
Ho cercato sempre più un carattere euristico della riflessione filosofica, tale che non si conceda all’etichetta di pensiero debole
ma sia capace di realizzare quell’uso sintetico della ragione
, per dirla con G. Bontadini, "sapendo di non sapere": Docta ignorantia che, tutt’altro dal rappresentare una deficienza ontologica, è la testimonianza di una luce, più intima a noi di noi stessi
, cui partecipiamo con tutto il nostro essere e non astrattamente. Credo sia questo il significato più profondo di quel che ho chiamato Universale Concreto
.
Non si tratta di un postulato scientifico da verificare, ma di una realtà da vivere e riconoscere, cui aderire. Un’adesione che è una fede.
Fede
qui, è in un senso non teologico, ma genuinamente filosofico che non contraddice affatto l’epistemologia: fede come forma di conoscenza, riconoscimento della propria penìa nel cammino della ricerca filosofica.
Nemmeno gli scienziati, quando acconsentono a postulati indimostrabili sui quali reggono ipotesi e teorie scientifiche, possono esimersi da convinzioni che, se non arbitrarie, si basano sulla fede in specifici paradigmi. Le istanze concrete ed esistenziali del pensiero di Marcel non fanno che mostrare la plausibilità di queste posizioni.
Il presente lavoro è articolato in cinque capitoli. Dopo una breve ma essenziale esposizione delle premesse biografiche e filosofiche del pensiero di Gabriel Marcel, necessarie per comprendere la scelta di determinati motivi della sua ricerca (cap. 1°), entreremo nel vivo della sua riflessione, a partire dall’attenzione assegnata alla sensibilità umana, alla corporeità (cap. 2°); concretezza che fa scoprire un indubitabile sentimento del proprio corpo da sostituire ad un cogito astratto, come prova del mio esistere, che riporta in primo piano la priorità dell’esse sul cogitare.
Una prospettiva metafisica che fa della sensazione umana non l’isolabile aspetto empirico del processo conoscitivo, ma un momento rilevante ed inscindibile dal logos, linguaggio e pensiero; si amplia il significato di esperienza: da un ristretto senso empirista arriva a coincidere con l’esistenza stessa, dato che la sensibilità comprende tutto me stesso, non solo una parte. Ma cosa indica questo "me?
Chi sono io?" Sono questo corpo, questa carne, eppure non mi riduco a questo. A chi appartiene il mio corpo, se "il mio corpo", in fondo, sono io?
L’irriducibile ineffabilità dell’esistenza, emersa da un’analisi fenomenologica, porta al riconoscimento di un mistero (cap. 3°) e della sua concreta apprensione, in forma di un’intuizione riflessiva
o idea profonda
che è un’illuminazione.
Non posso esimermi dal ricercare la Sorgente del mistero, l’Origine dell’essere. Ciò mi porta ad approfondire la riflessione metafisica che, in realtà, non riguarda solo me, ma noi. In quest’ottica emerge il carattere dell’esistenza come relazione, partecipazione e impegno con gli altri, che diviene fedeltà (cap. 4°), contro l’egocentrismo dell’avere–possesso.
Per mantenersi costante, la fedeltà deve essere creatrice: deve cioè rinnovarsi attingendo all’inesauribilità dell’essere, evocata dall’inquietudine esistenziale che è desiderio di pienezza, ma una pienezza qualitativa, d’amore. L’amore come armonia di tutto noi stessi, unità perfetta di ethos e logos che è evidente nella speranza (cap. 5°), specie nel dolore, come ricorso al Tu assoluto, alla Fonte del mistero dell’essere, e dunque dell’amore; Amore che ci dona a noi stessi.
Vertice elevato della riflessione marceliana, non s’impone attraverso un ragionamento cogente e irrinunciabile. Può solo essere riconosciuto, vivendo. L’essere è libertà per Marcel. "L’universale concreto" esprime questo riconoscimento assunto in comunione con gli altri.
Marcel, dunque, vuole proporre un possibile percorso
da fare insieme, mai da soli, mettendo in evidenza la radice ineffabile di quell’appello inscritto nel nostro essere, che orienta alla ricerca, il quale, per il fatto stesso di porsi, è già un segno
, un riconoscimento più o meno inconsapevole della Trascendenza.
Il presente lavoro è corredato da un robusto apparato di note a piè di pagina
, tutt’altro che accessorie. Esse, infatti, non sono solo punti di riferimento critici per un approfondimento della nostra indagine, ma ne introducono questioni, ne ampliano alcuni aspetti, provvedono insomma, a sostenere e a costituire quella visione sinottica che ho ritenuto assolutamente necessaria per questa mia ricerca, la quale non pretende di essere esaustiva, ma si presenta come una possibile introduzione al pensiero di Marcel.
Premesse biografiche e filosofiche al pensiero di Gabriel Marcel
1. Avvenimenti che lasciarono il segno
: la morte dei cari, le due guerre mondiali, la conversione al Cattolicesimo.
Per tentare di spiegare il significato di universale concreto
, credo sia assolutamente necessario delineare un excursus biografico dell’Autore, allo scopo di evocare i caratteri e le motivazioni profonde della sua riflessione; impresa non semplice che mi accingo a compiere, consapevole della sua difficoltà ermeneutica.
Gabriel Marcel nasce il 7 dicembre 1889 a Parigi, dove muore all’età di ottantaquattro anni, l’8 ottobre 1973… A questo genere d’informazioni anagrafiche, preferisco un’analisi condotta sugli avvenimenti che egli narra in prima persona, direttamente o indirettamente, che ritroviamo nelle sue opere filosofiche e prima ancora teatrali. Mi affido soprattutto al Journal Métaphysique, uno dei principali scritti filosofici di Marcel, che si compone di varie parti ed edizioni composte nell’arco di trent’anni, dal 1913 al 1943. In seguito, dopo una breve panoramica sulle influenze culturali che esercitarono su di lui determinati pensatori e le problematiche del suo tempo a cavallo delle due guerre mondiali, aspetti decisivi nella genesi delle sue opere filosofiche e teatrali, potremo introdurci nel vivo della sua riflessione.
È certamente incontestabile che la morte improvvisa di mia madre, sopraggiunta quando stavo per avere quattro anni, mi causò un’agitazione durevole e svegliò in me un’ansiosa interrogazione […] Ho conservato il ricordo preciso di una passeggiata – dovevo avere sette o otto anni – nel corso della quale, avendomi detto mia zia che non si poteva sapere se i morti fossero annientati o sopravvivessero in qualche modo, io gridai: più tardi, io, cercherò di saperlo. E credo che si avrebbe torto a minimizzare il significato di queste parole di un ragazzo: in un certo modo, esse hanno fissato il mio destino
1.
È quanto afferma Marcel, in una delle sue ultime opere filosofiche, Le Dignité Humaine et ses Assises Existentielles, che raccoglie un corso di lezioni tenute all’Università di Harward, nel 1961.
Il tema della morte è uno dei motivi dominanti il pensiero marceliano, specie in relazione all’immortalità dell’uomo, che, come vedremo, è in rapporto alla speranza, all’amore e alla Trascendenza.
Un profondo senso spirituale e religioso pervade completamente l’opera filosofica del Marcel, in una riflessione protesa interamente a combattere senza tregua contro lo spirito dell’astrazione
2, completamente rivolta alla realtà concreta dove non manca la sofferenza, il male.
Al filosofo, degno di questo nome
non è possibile edificare un sistema ordinato, armonioso, rassicurante, ove tutto ciò sia omesso
3. Occorre un pensiero leale
che tenga presente la realtà drammatica dell’esistenza. Ecco perché Marcel non può non tener presente la realtà storica del suo tempo, così come la sua esperienza di due guerre mondiali, specie della seconda, con la censura del governo filo-nazista di Vichy, ad esempio.
Non solo; anche del dopoguerra egli si fa testimone, denunciando con forza, tanto le aberrazioni
del totalitarismo comunista, quanto il pericolo di una tecnica al servizio delle potenze capitalistiche, nel clima della Guerra Fredda d’allora4.
Accanto al dolore, la vita presenta possibilità di gioia e di speranza che solo l’amore, per Marcel, può veramente garantire.
Siamo esseri liberi, perciò esposti continuamente alla possibilità di cadere, di disperare, ma anche di trovare un equilibrio interiore mai perfettamente stabile: ci sarà sempre un’insopprimibile inquietudine che è ricerca di pienezza; pienezza di vita e d’amore che la morte non può fermare. Marcel, sembra far sue, come ha giustamente osservato Pietro Prini, caratteristiche della tradizione interioristica cristiana, da S. Agostino a Pascal5. Un profondo senso del sacro è perciò il centro attorno a cui gravita tutto il resto. Dopo essersi accostato al Cristianesimo, a partire dall’Ebraismo, la mattina del 23 marzo 1929, Gabriel Marcel, all’età di trent’anni, riceve il battesimo secondo il rito cattolico6. Dio e la creazione, non nell’accezione demiurgico-ellenica ma giudaico-cristiana, sottendono completamente i momenti più elevati della sua riflessione metafisica, come sarà chiaro più avanti.
2. Riferimenti culturali e filosofici dell’inizio: Da Bradley a Bergson, da Delbos a Claudel.
Come inizia la riflessione di Marcel? Di quali influenze culturali e filosofiche, nel periodo tra le due grandi guerre, risente il suo pensiero? È lui stesso a confessarcelo:
All’inizio, cioè nel 1913, io stavo fermo ad una concezione molto rigorosa della filosofia e avrei temuto ogni intrusione dello psicologico in una ricerca rivolta essenzialmente verso la scoperta delle condizioni d’intellegibilità che reggono ciò che allora si chiamava l’esperienza religiosa. È fin troppo chiaro che per istrada le mie prospettive dovevano trasformarsi profondamente così da impormi di allontanarmi sempre più da tutto ciò che poteva assomigliare ad un idealismo trascendentale
7.
Alla Sorbona, infatti, Marcel risente dell’idealismo critico
di Léon Brunschvicg e, attraverso la lettura di Hegel e soprattutto di Schelling, del pensiero di Josiah Royce e Francis Herbert Bradley, entrambi neoidealisti, l’uno americano e l’altro inglese8.
Di questi ultimi Marcel ha ripreso le tematiche proprie alle esigenze etiche e religiose del loro pensiero. Da Bradley, la nozione di Assoluto, l’argomento ontologico strettamente connesso alla sua dottrina dell’idealità; da Royce, la filosofia della loyalty, della fedeltà9.
Bradley sostiene l’inadeguatezza che intercorre tra il contenuto di un giudizio (what) e la sua corrispondenza alla realtà (that). L’abisso ontologico tra predicato e soggetto, essenza ed esistenza, si colma solo nell’Assoluto. L’Assoluto in sé non si presta a nessuna verifica
, poiché nel verificare è presente l’inadeguatezza del giudizio, essendo il giudizio una relazione tra un predicato e un soggetto10.
Il pensiero di Royce, fortemente intriso di spiritualità, invece, fornisce a Marcel lo spunto per una riflessione concreta sulla reciprocità dei rapporti umani, in una dialettica a tre (io-tu-esso) che informa la struttura stessa dell’atto conoscitivo: quando penso, mi rivolgo a me stesso come ad un altro. L’attenzione alle relazioni sul piano epistemologico, si manifesta sul piano etico nell’importanza della comunità, nel suo ruolo per ciascuno di noi.
La fedeltà (loyalty) è il criterio della moralità: l’individuo è morale quando fedele ad un compito, ad un impegno verso gli altri11.
L’importanza di una coscienza storica del filosofare, derivante dall’idealismo del Brunschvicg, l’attenzione agli impegni comunitari e l’inverificabilità dell’Assoluto, riscontrabili nell’atto di fede, segnano il progressivo avvicinamento di Marcel ad una concezione più concreta della riflessione. Ad animare principalmente questo passaggio, a liberare i temi presentati dal contesto dialettico idealista, è stato però l’influsso di Bergson12.
Con il suo pensiero vitalista, egli ha messo in risalto l’emozionalità e il sentire, in una concezione del tempo non più lineare, analitica, ma interiore, psicologica.
Uno spiritualismo che si è misurato anche con la positività
scientifica, arrivando a due forme diverse di conoscenza: di tipo intellettuale, quantitativa; di tipo intuitivo, qualitativa.
Questa divisione è presente in certo modo anche nel pensiero di Marcel che distingue tra "riflessione di primo grado e
riflessione di secondo grado e contempla una
intuizione riflessiva". In realtà, quest’ultima non ha niente a che vedere con l’intuizione bergsoniana, come avremo modo di costatare. Lo