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La Creazione Di Un Valle
La Creazione Di Un Valle
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La Creazione Di Un Valle

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About this ebook

La Guerra con gli Antichi, propugnata da un unico Valle, ha portato a decadi di lotta. La morte e la proscrizione causate dai combattimenti ha aumentato la diffidenza tra coloro che hanno il sangue degli Antichi. Una volta banditi per l’eternità gli Antichi, i Vecchi sono costretti a lavorare insieme per ricostruire le fazioni e continuare il loro difficile sforzo per rafforzare gli Heku, senza poter ricorrere alla saggezza e il potere degli Antichi.

LanguageItaliano
PublisherT.M. Nielsen
Release dateDec 4, 2015
ISBN9781311131898
La Creazione Di Un Valle
Author

T.M. Nielsen

T.M. Nielsen doesn't necessarily consider herself an author. She's an every-day woman who had a story to tell. Never intending to let anyone else read it, she decided to put it all down on paper. What she ended up with is a fascinating tale filling books full of drama, adventure, action, romance, and excitement.When asked why she decided to publish, she stated, "I want for others to be able to forget about problems in life and to lose themselves in my world... the world of the heku. While I write, I laugh, cry, grin, gasp, and my heart races. I want others to experience that too."T.M. Nielsen is a computer tech by trade and lives with her husband and two beautiful daughters. She's the author of Amazon.com's bestselling series The Heku Series and the Dimensions Saga, along with a Heku Series spin-off book called Return of the Encala. She's been listed numerous times on Apple's Breakout Books and on Amazon.com's top 20 in Fantasy.**** From TM ****I updated my books all the time! Check back often for new, cleaner versions. I can't afford an editor, but any time I hear of an error, I fix it immediately.

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    La Creazione Di Un Valle - T.M. Nielsen

    Prologue

    Il dolore era straziante. Aveva combattuto. Qualcuno aveva attaccato la carovana migratoria con la quale stava viaggiando. Ricordava di aver afferrato la sua lancia per affrontare le orde nemiche, ma continuavano ad arrivare. Era stato ferito e faceva fatica a respirare. Era un contadino, non un combattente, ma si era difeso come meglio aveva potuto.

    Utapumzika, disse una voce dolce accanto a lui.

    Si sforzò di aprire gli occhi e guardare l’uomo che stava parlando. Era grosso e aveva la pelle bianca come le sabbie del Namib.

    Jina lako nani? chiese l’uomo, posando una coperta sull’uomo ferito.

    Gomba, riuscì finalmente a sussurrare. Il dolore stava diventando più intenso.

    Dovremmo trasformarlo. L’uomo alto e robusto si rimise in piedi, guardando gli altri nella caverna. Non gli resta molto da vivere.

    Non possiamo trasformarlo. Morirebbe, disse un altro, spostandosi in avanti per guardare l’uomo magro, dalla pelle scura.

    Morirà comunque. Se lo trasformassimo potrebbe servirci.

    Perché? È un nomade. Si sposta su questo continente arido da anni e anni.

    Ha affrontato con coraggio i nemici per proteggere la sua carovana.

    E allora? Ha anche perso. Se non fossimo intervenuti sarebbe morto.

    Bene! Ci serve il suo coraggio

    Il terzo uomo si fece avanti. Sono d’accordo con Milos. È ciò che ci serve nella battaglia che stiamo per affrontare.

    Voi due siete convinti che gli altri attaccheranno? chiese il secondo uomo.

    Milos annuì. Era più alto degli altri due. I suoi capelli scuri e i lineamenti spigolosi erano comuni nelle terre slave in cui viveva. Certo che attaccheranno.

    Infrangeremmo le regole, se lo trasformassimo noi tre.

    E allora? Chi potrebbe fermarci? gli chiese Milos. Siamo Antichi, possiamo fare quello che vogliamo.

    Vero, rispose l’altro, sorridendo. Trasformiamolo, allora. Se non dovesse sopravvivere, ne troveremo un altro.

    Sopravvivrà. È forte.

    Dovremmo ottenere il suo permesso.

    Non è in grado di darcelo. È troppo vicino alla morte. Ne sento già l’odore.

    Sarà meglio che ci sbrighiamo, allora.

    ***

    Milos guardò l’uomo steso a terra, che continuava a perdere conoscenza mentre il suo corpo si trasformava. Quell’uomo piccolo, con le costole sporgenti e l’addome gonfio stava crescendo di statura e diventando più muscoloso. I suoi muscoli si contraevano, sviluppandosi e Milos fu contento che stesse diventando un membro della loro specie così grande e ben fatto.

    Mentre Milos osservava la trasformazione, gli altri due parlavano contemporaneamente all’uomo incosciente. Le loro labbra si muovevano a una velocità disumana e le parole erano appena percettibili. Lo guardavano in volto e parlavano il più velocemente possibile.

    L’uomo alla fine smise di crescere e i suoi occhi scuri si aprirono, fissando il soffitto della caverna. I due che gli stavano parlando si spostarono indietro, per mettersi accanto a Milos. L’uomo si mise seduto, e li guardò. Aveva gli abiti a brandelli ma non sembrò importargli di essere nudo. Si alzò in piedi e si guardò le braccia potenti e le mani enormi. Il torace era scolpito e non mostrava più i segni della carestia e delle battaglie. La pelle si era un po’ schiarita, ma era ancora più scuro degli uomini che aveva davanti.

    Benvenuto, disse Milos.

    Niko wapi?

    Parla l’altra lingua. Te l’abbiamo insegnata, quindi usala.

    L’uomo aggrottò per un attimo la fronte e parlò la lingua strana.

    Dove sono?

    Sei ancora in Egitto.

    "Che cos’è successo?

    L’uomo imponente accanto a Milos rispose, Stavi morendo. Ti abbiamo portato qua e abbiamo fatto di te un Heku.

    Un cosa?

    Ti abbiamo fatto dono dell’immortalità.

    Non sono morto?

    No.

    Non capisco.

    Milos gli indicò di seguirli in una caverna adiacente e si sedettero tutti una volta che all’uomo fu fatta indossare una pesante veste grigia. Cercherò di spiegarti. So che è tutto nuovo e pauroso, ma qui sei al sicuro. Ti abbiamo salvato la vita.

    L’uomo si guardò l’addome, dove gli avevano infilato una lancia, ma non c’era segno della ferita.

    Siamo Heku. Antichi Heku, in realtà. Viviamo tra la gente di questa terra, ma siamo qui da più tempo. Non moriamo. Ci nutriamo solo di sangue e viviamo proteggendoci da altri Heku nemici.

    Quindi sono un Antico.

    Milos sembrò offeso. No. Noi siamo Antichi. Tu sei solo un Heku.

    L’uomo fece segno di aver capito.

    Come Antichi, possiamo trasformare la tua gente in Heku. Ti abbiamo reso immortale perché possa servirci e combattere nel nostro esercito. Quando siete stati attaccati, abbiamo visto in te delle qualità che ci servono.

    Dovrò combatterò?

    Sì, a volte.

    L’uomo continuava a guardarsi le mani muscolose.

    Imparerai col tempo, gli spiegò Milos. Normalmente ti avremmo spiegato tutto prima di trasformarti in Heku, ma non avevamo tempo. Avevamo solo due possibilità: lasciarti morire o trasformarti in Heku.

    Vi ringrazio, disse l’uomo.

    Ti chiami Gomba?

    Sì, dov’è Delu?

    Tua moglie?

    Gomba annuì.

    È stata uccisa dai nemici. Non potevamo salvarla. Milos guardò per un attimo gli altri due Antichi.

    Gomba nascose il volto tra le mani.

    Non potevi salvarla. Ce n’erano troppi.

    Appena ti sarai ripreso dovremo andare, gli disse un altro Antico.

    Non voglio andare via, disse il terzo.

    Sì, ce ne andiamo! Io non resto in questo deserto.

    Io non me ne vado.

    Volete smetterla di discutere? gridò Milos. La sua voce potente fece sobbalzare Gomba.

    Io non prendo ordini da te, disse rabbiosamente l’Antico. Poi si alzò in piedi e scomparve dalla stanza. Gomba rimase sbigottito. L’Antico se n’era andato così in fretta che non lo aveva nemmeno visto muoversi.

    Meglio così, ce ne siamo liberati, sussurrò Milos.

    Quando i due Antichi cominciarono a parlare di posti che non aveva mai sentito nominare, Gomba li esaminò. Avevano entrambi gli occhi grigi e lineamenti duri. La pelle era chiara, una cosa che non aveva mai visto. Aveva sentito parlare di uomini dalla pelle chiara a nord del deserto del Namib, ma non ne aveva mai visto uno.

    È deciso, disse Milos alzandosi. Bertalan e io ti porteremo a nord, a casa nostra. Ti addestreremo a combattere e ti insegneremo le leggi degli Heku.

    La mia famiglia, sussurrò Gomba.

    Sono tutti morti. Ora ti restiamo solo noi Heku.

    Gomba seguì Milos e Bertalan fuori dalla caverna. Riusciva a stare al passo, anche se si muovevano così velocemente che il paesaggio intorno era fuori fuoco. Sentiva un’enorme potenza nelle gambe e accelerò per mettere alla prova i suoi limiti. Continuava ad aspettare di sentirsi stanco, o senza fiato, ma non succedeva.

    Settimane dopo smisero di spostarsi verso nord. Il paesaggio intorno a lui gli era completamente estraneo. Fin dove arrivava a vedere, c’erano erba verde e fiori colorati. Da quanto aveva potuto capire, ascoltando i suoi due compagni, avevano lasciato l’arida Africa e si erano inoltrati in profondità nel territorio della Scizia.

    Quando vide l’enorme struttura di pietra, Gomba si fermò a esaminarla. Aveva sempre visto edifici rudimentali, fatti di argilla, terra e qualche volta pelli di animali. Questo edificio era più alto delle montagne accanto a casa sua e sembrava maestoso. E tutto intorno c’erano gli Heku.

    Durante il loro viaggio verso nord, Gomba aveva imparato in fretta a distinguere gli Heku dagli umani. Avevano un odore diverso e gli Heku erano alti e muscolosi. Aveva anche imparato che agli Antichi con cui stava viaggiando non piaceva nessuno, perfino gli Heku che incontravano. Si chiese perché lo tollerassero, quando odiavano tanto il resto degli Heku.

    Dobbiamo andare a parlare con gli altri, disse Milos quando arrivarono al portone d’ingresso.

    Resta qui e non parlare con nessuno.

    Milos e Bertalan scomparvero nell’edificio. Gomba si guardò attorno. Gli Heku sembravano tutti occupati. Gli sembrava che stessero ingrandendo l’edificio già enorme. Nessuno parlava e si muovevano così in fretta da sembrare sfuocati.

    Milos tornò due giorni dopo. Era più arrabbiato del solito, ma sembrò contento che Gomba non si fosse allontanato durante la sua assenza. Vedo che sai rispettare gli ordini. Sarà utile.

    Gomba si limitò ad annuire.

    Non parli molto, vero? disse Milos.

    C’è tanto da imparare. Parlare me lo impedirebbe.

    Vero, ma di solito non riusciamo a far stare zitti gli Heku. Mi piace questa tua caratteristica. Non mi annoi, disse Milos, avviandosi. Gomba lo raggiunse e gli si affiancò.

    Camminarono in silenzio per alcune ore prima che Milos si sedesse e indicasse a Gomba di fare altrettanto.

    Hai domande da fare?

    Gomba annuì.

    Ora è il momento di farle. Ci separeremo presto e potresti non vederci per un po’.

    Dove andrai?

    Milos scrollò le spalle. Via. Non so come facciate voi nuovi Heku a vivere insieme. Io preferisco restare da solo. Ovviamente più Heku creiamo, più vedo che si danno sui nervi. Presto anche i nuovi Heku cominceranno a odiarsi l’un l’altro.

    Io resterò qui?

    Puoi fare quello che vuoi, ma se fossi in te resterei qui vicino. Vedi, questo posto è la casa dei Valle.

    Ti ho già sentito pronunciare quel nome.

    Ci sono tre gruppi di Heku. I Valle, il nostro gruppo, è il più numeroso, il più forte e quello più civilizzato. Viviamo tutti in questa zona, ma alcuni Heku stanno cercando posti nuovi. Non so perché, ma vogliono espandere il regno dei Valle.

    Tu no?

    No. Voglio che i Valle restino qui e si tengano lontani dagli altri due gruppi.

    Come si chiamano gli altri? chiese Gomba.

    Equites e Encala. Gli Encala non sono molto lontani da qui, ma, per ora, non sono abbastanza intelligenti da costituire un pericolo. Gli Antichi degli Encala non trasformano tanti umani quanti ne trasformiamo noi, quindi non ci sono tanti Encala.

    E gli Equites?

    Pestiferi. Sono a mesi di viaggio da qui, comunque. Crescono in fretta ma finora si sono tenuti alla larga.

    Sono nemici?

    Sì. Stai lontano da loro.

    Gomba annuì.

    Ora che sei un Heku avrai bisogno di un nuovo nome. Può essere un nome qualunque. Gomba ti collega alla tua vecchia vita, che ora non c’è più.

    Qualunque nome desideri?

    Sì. Non mi importa che nome scegli, ma sceglilo attentamente. Dovrai tenerlo per almeno i prossimi mille anni.

    Gomba respirò a fondo prima di parlare. Lo addolorava ancora parlare della moglie defunta. Delu sognava di chiamare il nostro primo figlio Abasi.

    È un nome stupido. Scegline un altro, disse Milos. Ora si stava guardando intorno e non prestava realmente attenzione a Gomba, che aggrottò la fronte, e rifletté per qualche minuto. Mi chiamerò Gatimu.

    Milos arricciò il naso. Non hai l’aspetto di un Gatimu. Continua a provare.

    Perché non scegli semplicemente tu un nome per me?

    Non voglio sceglierlo io per te, e non mi interessa che nome scegli. Basta che non sia stupido.

    Gomba si stava chiedendo quanto tempo ci avrebbero messo. Che ne dici di Dashi?

    Che cos’è?

    Non lo so, l’ho appena inventato.

    È peggiore di Abasi.

    A me piace.

    No, non va bene.

    Soto.

    Non mi piace nemmeno questo. Cerca da non guastare il potere degli Heku con un nome noioso.

    Soto significa palude. È da lì che vengo io.

    No.

    Gomba scosse la testa e pensò a lungo prima di parlare. Va bene, che ne dici di Razi?

    Razi, eh? disse Milos guardandolo. Ti piace?

    Gomba alzò le spalle, indifferente.

    A me sì. Sarai conosciuto come Razi, disse Milos e poi si alzò. Io me ne vado. Tu resta qui e fai quello che ti dice il Consiglio.

    Il Consiglio?

    Sì, sono quelli che comandano i Valle.

    Dove posso trovarli?

    Sono in quell’edificio di pietra. Fai ciò che ti dicono e andrà tutto bene.

    Va bene.

    Se fossi in te, scriverei tutto quello che ricordi del tuo passato. Ti ho insegnato a scrivere, quindi fallo.

    Perché?

    Il tuo passato comincerà a svanire. Probabilmente sta già svanendo. Prima di dimenticarlo, scrivi tutto, per avere qualche riferimento in futuro.

    Tu hai scritto il tuo?

    Milos alzò la testa e rise prima di rispondere. Io sono un Antico, mio caro ragazzo. Non ho un passato perché sono sempre esistito ed esisterò per sempre.

    Razi non era sicuro di capire che cosa volesse dire, quindi si limitò a un cenno della testa. Dove andrai quando partirai?

    Non sono affari tuoi, disse Milos prima di andarsene.

    Razi lo seguì, restando un po’ indietro. Cercò di essere il più silenzioso possibile, tenendosi tra gli alberi e nell’ombra. Era quasi notte quando Milos smise di camminare. L’Antico era appena fuori da un piccolo villaggio e sembrava lo stesse studiando.

    Razi sentiva la gente parlare in uno strano linguaggio. Sentiva ridere, parlare, il suono di bambini che giocavano. Con l’udito acuto di un Heku, sentiva perfino una coppia discutere sussurrando nella capanna dall’altra parte del villaggio.

    Sorprendendo Razi, Milos sparì all’improvviso dentro la capanna più vicina e si sentirono delle urla. Razi non sapeva che cosa fare. Sentiva chiaramente la gente che implorava che risparmiasse loro la vita, mentre Milos passava da una capanna all’altra, uccidendoli. Si muoveva in modo così furtivo e con tanta rabbia che la gente non aveva via di scampo.

    Alcuni furono uccisi e lasciati a marcire, mentre altri saziavano l’Antico prima di essere buttati sul pavimento delle loro piccole case. Razi si chiedeva se fosse il caso di cercare di fermare Milos, ma aveva sentito dire che gli Antichi erano molto più potenti degli Heku che creavano. Razi non avrebbe potuto fermare il bagno di sangue che aveva davanti.

    Non riuscendo più a sopportarlo, Razi fuggì e cominciò a correre verso l’edificio dei Valle. I suoi movimenti erano talmente veloci che persino gli animali cui passava davanti non lo notavano. Gli piaceva la sensazione delle sue gambe potenti che lo trascinavano in avanti a una velocità inimmaginabile.

    Arrivò il mattino seguente. Il suo morale era basso e per la prima volta ebbe dei dubbi sulla nuova vita che aveva davanti a sé. Aveva visto Milos sterminare un villaggio di gente innocente. Razi si era nutrito un numero sufficiente di volte da sapere che un Heku poteva saziarsi con il sangue di un umano e lasciarlo in vita, quindi non capiva perché Milos avesse ucciso con tanta ferocia.

    Lo hai visto, vero? Gli chiese un Heku, affiancandolo.

    Razi si fermò a guardarlo.

    L’Heku sorrise. Hai visto come sono malvagi gli Antichi.

    Un intero villaggio.

    Lo fanno di continuo.

    Perché?

    Gli Antichi si ritengono superiori agli umani. Per loro non hanno alcun valore.

    Razi si sedette sull’erba.

    "Non lasciarti demoralizzare.

    Quella gente…

    Sono tutti morti, disse l’Heku, sedendosi accanto a lui. È una cosa che non piace a nessun Heku, ma che cosa possiamo farci? Sono gli Antichi che comandano e noi facciamo quello che ci ordinano.

    Ci sono Antichi nel consiglio?

    Gli Antichi sono a capo di tutti e tre i consigli. No, non è vero. Gli Equites hanno un non-Antico nel loro consiglio.

    Davvero?

    Già, quell’orribile Equitis è nel loro consiglio.

    Perché Equitis è diverso dagli altri?

    Equitis è spregevole, vendicativo, malvagio e completamente senza cuore. Odia i mortali almeno quanto gli Antichi e si è guadagnato un posto nel loro consiglio. È disgustoso vederlo partecipare ai loro giochi spietati. Era anche lui un mortale, sai. Eppure non gli interessa,

    Tutti gli Heku parlano questa lingua?

    Sì, gli Antichi ce la insegnano mentre ci stiamo riprendendo dalla trasformazione, gli spiegò l’Heku. A proposito, io mi chiamo Vlad.

    Razi,

    È un piacere conoscerti. Quanti anni hai’

    Mi hanno trasformato tre mesi fa.

    Ehi, sei giovane. Io ho quasi cinquant’anni. Beh, sei piuttosto giovane e dovresti restare qui. Io sono diretto a sud.

    A fare che cosa?

    Non ci sono ancora stato. Me ne vado prima che gli Encala o gli Equites attacchino.

    Hanno intenzione di farlo?

    Non lo sa nessuno, ma se attaccheranno, sarà in questa zona. Io non voglio essere nemmeno nelle vicinanze.

    Razi guardò sfuocare via l’Heku troppo ansioso e rimase seduto in silenzio a ripensare a ciò che gli aveva detto Vlad, e a quello che aveva visto fare a Milos. Era eccitato per la nuova vita, ma ora si chiedeva se, senza volerlo, non fosse diventato un demone.

    ***

    Da quando hai acquistato uno coscienza? Gli chiese Milos, apparentemente disgustato.

    Razi lo guardò in volto, senza più paura. Ho scelto di dare valore alla vita umana, non di sprecarla.

    Non ti ho trasformato per farti diventare un amante dei mortali!

    Ho avuto cent’anni per imparare e osservare, disse Razi, girandogli lentamente intorno. So che gli umani sono inferiori a noi, è innegabile. Ma non vedo ragioni per torturarli o ucciderli senza motivo.

    Sono cibo! Sono qui per soddisfare i nostri bisogni, nient’altro.

    Mi rendo conto che è così che li vedono gli Antichi. Ma gli Heku hanno deciso che è troppo pericoloso tormentarli. Stanno crescendo velocemente di numero, molto più di quanto potremmo mai crescere noi e, un giorno, saranno più di noi.

    No! Non succederà se terremo sotto controllo il loro numero.

    Non importa quello che faremo. Si riproducono molto più in fretta di quanto noi possiamo creare nuovi Heku.

    State trasformando in Heku i mortali? Gli chiese Milos.

    Alcuni, rispose Razi. Sapeva perfettamente che la quantità di trasformazioni che stavano effettuando i nuovi Heku doveva rimanere un segreto.

    Quanti?

    Solo uno, mentì Razi. Ho trasformato una donna con cui avevo fatto amicizia.

    Visto! Se usassi correttamente gli umani, non avresti bisogno del fardello di una donna.

    Le tue idee sono disgustose!

    Sul volto di Milos apparve un lento sorriso. Le donne mortali sono così morbide e fragili. Almeno una volta dovresti sperimentare l’eccitazione che dà il loro terrore. Sono nostre perché ne facciamo ciò che vogliamo. Abbraccia la tua nuova vita.

    L’ho abbracciata, Milos, disse Razi. Sono fiero di essere un Heku, e sarò in debito con te per sempre per avermi regalato una nuova vita. Ma non eserciterò il mio potere sulla specie più debole.

    Perché no? Prendile, nutriti da loro. Amale e poi uccidile e godi del loro sangue che scorre ai tuoi piedi.

    Razi scosse lentamente la testa. Vedo che non siamo d’accordo.

    Perché tu sei una delusione! Ti ho regalato il potere e non lo usi.

    Lo uso quando è necessario, ma non approfitterò degli umani. Una volta anch’io ero un umano.

    Ti sei perso, disse Milos, fingendo tristezza.

    Anche tu, disse Razi, e non fu sorpreso quando Milos ringhiò e poi sparì.

    Razi tornò lentamente verso la terra dei Valle. Aveva sperato che Milos ritrovasse la ragione. Non voleva distruggere il suo creatore, ma gli Antichi stavano diventando incauti e stavano mettendo il pericolo l’esistenza stessa degli Heku con i loro giochi.

    Razi si voltò quando sentì qualcuno che sfuocava verso di lui dagli alberi a sud dell’edificio dei Valle. Attese di vedere chi fosse.

    Sorrise quando la donna uscì nella radura. Il corpo era muscoloso, ma più piccolo del suo e i lunghi capelli rossi le arrivavano alle spalle.

    Sei tornato, disse la donna Heku, andando tra le sue braccia.

    Te lo avevo detto.

    Avevo paura per te.

    Razi la strinse forte tra le braccia. Sapevo che non mi avrebbe ucciso.

    Lo avrebbe fatto, se avesse saputo.

    Non lo sa. Non deve sapere. Sono stato molto cauto, e ho scelto con cura gli Heku con cui parlarne.

    Vorrei che lasciassi perdere, disse la donna, guardandolo negli occhi con amore. È troppo pericoloso.

    Non possiamo permettere che gli Antichi continuino con questo comportamento. Gli umani se ne accorgeranno.

    E allora? Finora non è successo niente.

    Stanno crescendo. Negli ultimi cento anni hanno fatto passi significativi e la loro popolazione è in costante crescita.

    Non saranno mai in grado di battere un Heku.

    Non con i muscoli, ma potrebbero configgerci con la sola forza del loro numero.

    La donna si alzò sulla punta dei piedi per baciarlo. Mio adorato Razi. Ho paura per te.

    Devo farlo. Non possiamo permettere loro di continuare a tormentare gli umani. Stanno diventando sempre più sfrontati e i loro giochi sono pericolosi.

    Non c’è nessuno che ti sostenga.

    Non ancora. Vedo che stanno cambiando idea, comunque. Peggio si comportano gli Antichi, più Heku lo notano. Ora siamo più di loro.

    Lo so, ma loro sono più potenti di noi, sussurrò la donna.

    Razi le baciò la fronte e la lasciò andare. Starò attento, devo vedere quali altri Heku la pensano come me.

    La donna appoggiò la testa sul suo torace muscoloso. È così pericoloso. Quelli di noi che sono stati trasformati dagli Antichi sono più forti di quelli che trasformiamo noi. Se la tendenza dovesse continuare, gli Heku diventeranno sempre più deboli senza il sangue degli Antichi.

    So che è una teoria comune, ma non credo sia necessario distruggere gli Antichi. Dovremo solo imparare a tenerli sotto controllo.

    Non è possibile controllarli!

    Calmati, tesoro, disse Razi, baciandola.

    La donna sussurrò ancora più piano, sperando di diminuire il numero di quelli che potevano sentirli. Hanno paura.

    Chi?

    Gli altri. Hanno paura che tu stia cercando di distruggere gli Antichi. Se lo farai, il sangue Heku indebolito sarà la nostra fine.

    Non ci sono prove che gli Heku si stiano indebolendo.

    Non ci sono abbastanza Heku per poterlo dire, non ancora almeno. Gli Antichi hanno creato noi e noi non siamo forti come loro. Noi creiamo degli Heku che sono più deboli di noi. Che cosa succederà quando a loro volta creeranno nuovi Heku?

    Ti prometto che non distruggerò gli Antichi, le disse Razi. Sono il nostro passato e il nostro futuro. Devo semplicemente impedire loro di distruggere ciò che stiamo cercando di costruire.

    Se giurerai di non distruggerli, potresti avere più seguaci.

    Distruggere gli Antichi non è mai stata mia intenzione.

    "I nuovi Heku ci chiamano ‘I Vecchi’.

    Sì, l’ho sentito, disse Razi sorridendo. Trovava divertente che gli Heku più recenti avessero già dato un soprannome a quelli che avevano il sangue degli Antichi.

    Sono i Vecchi che devi convincere. I nuovi Heku sono troppo deboli per aiutarci, sussurrò.

    Lo so. Potrebbero volerci centinaia di anni, ma dobbiamo essere tutti d’accordo, altrimenti non funzionerebbe.

    Non riuscirai mai a convincerli tutti, gli disse. "Equitis ci ha già detto un ‘no’ deciso. Si

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