Un bacio sotto il vischio
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Un bacio sotto il vischio - Simona Liubicich
Prestinice
Il libro
Londra, dicembre 1889
Jacob Lancaster, figlio del Marchese di Boyle, non riesce a dimenticare l'unica donna che l'ha colpito tra tutte le dame di Londra e che lo ha sempre trattato alla stregua di un cavalier servente da ricusare a ogni tentativo di corteggiamento.
Anne Chase, figlia del Duca di Greystone è soprannominata la serpe
a causa dei modi altezzosi e del carattere perfido.
Adesso, Jacob vuole vendetta, ma al più grande ricevimento dell'anno prima delle feste natalizie, si accorge che Anne non è quella che vuol dare l'impressione di essere.
È troppo tardi quando si rende conto di aver commesso un errore fatale. L'ha umiliata e lei ora lo detesta.
Come potrà cercare di riconquistarla, e soprattutto, vorrà lei farsi riconquistare dall'uomo che l'ha volutamente ferita?
Una favola di Natale che ha inizio con un bacio sotto il vischio...
L’autrice
Simona Liubicich, autrice di origini serbo-croate, vive in Liguria con il marito e la figlia in una casa affacciata sul mare, tra gelsomini, limoni e ortensie.
Innamorata della musica rock, quando scrive si lascia trasportare dai ricordi e dalle emozioni che la musica le suscita. Nonostante la passione per la letteratura classica e contemporanea, l'autrice ha compiuto un ciclo di studi in lingue straniere e successivamente si è specializzata in infermieristica pediatrica e neonatologica.
A chi le chiede il perché di queste scelte così differenti, ama rispondere di essere una persona poliedrica, eclettica e profondamente curiosa. Per Harlequin Mondadori ha già firmato Seduzione e Vendetta, Tentazione e orgoglio, Intrigo e Passione e Ossessione color cremisi. Online la trovate su www.simonaliubicich.blogspot.com e www.facebook.com/simona.liubicich.
1
Londra, 23 dicembre 1889
Il giorno dell'antivigilia la città era in pieno fermento. Le carrozze, gli hackney carriage e gli omnibus si muovevano veloci trasportando persone che, potendoselo permettere, si erano prese qualche giorno di vacanza da trascorrere con i propri cari. Nelle piazze, ambulanti vendevano alberi da decorare e porre nei salotti delle case dei signori per bene, ma anche nelle sale comuni della servitù, perché tutti festeggiavano il Natale, anche i poveri.
I marciapiedi erano gremiti di persone e le vetrine rilucevano di lanterne elettriche, fiocchi rossi e festoni; c'era chi trasportava ghirlande, decorazioni per la casa, chi pacchi dono colorati e cappelliere. I bambini, vestiti a festa, scalpicciavano entusiasti dietro i genitori, osservando tutto con palese emozione nell'attesa di Santa Claus. Le carole natalizie riempivano le strade di atmosfera, mentre le pantomime e i tableau vivent catturavano l'attenzione dei passanti incuriositi. La neve aveva iniziato di nuovo a scendere quasi magicamente perché nessuno sembrava avere freddo. Il Natale nella città inglese era vissuto come una ricorrenza particolare e importante. Tutto veniva messo da parte, anche la povertà e la decadenza. In quei giorni si doveva essere felici. Nessuno escluso.
Il parco del sontuoso palazzo di Mayfair brillava come una stella, illuminato da centinaia di lanterne cinesi, abeti decorati e statue di angeli e cherubini. Il crepuscolo era passato da un pezzo e la giovane donna attendeva, apparentemente calma, nel salottino. Indossava un abito di fattura talmente squisita da sembrare uscito da una fiaba e il rosso della stoffa accentuava la pelle diafana, i grandi occhi verdi. Le maniche erano importanti, ricamate con nastri e perle, la scollatura squadrata e la gonna gonfiata da un'ampia tournure: seta purissima, pesante. I capelli castani, acconciati in un complicato intrico di boccoli fermati da spille preziose, lanciavano bagliori dorati grazie al riflesso delle fiamme che scoppiettavano nel camino. Al collo, una collana di rubini e diamanti coordinata con gli orecchini completava la mirabile visione che rappresentava. D'altra parte, l'opulenza era il simbolo della sua famiglia. Anne, la schiena rigida, tamburellava le unghie curate sul tavolino di legno di fianco a sé, in attesa di essere chiamata.
Guardò fuori dalla finestra la neve che scendeva; i piccoli fiocchi cadevano lenti dal cielo imbiancando ulteriormente il parco. Sorrise, ma fu subito distratta da un lieve bussare. Riprese l'aplomb e, quando la porta si aprì, lo sguardo si posò sull'uomo distinto fermo sulla soglia.
«Mia cara, sei pronta?»
«Sì, padre, certamente» rispose, alzandosi in piedi. Anne sapeva di possedere un portamento regale che inorgogliva il genitore. D'altronde, era quello che le era stato insegnato sin da bambina. Essere assolutamente perfetta. Mai un'esitazione, mai un'imperfezione. Non era conveniente.
«Sarai la più ammirata, questa sera, figlia mia.»
«E voi, padre mio, sarete l'uomo più invidiato.»
Lo guardò ridere. Gli voleva bene.
Anne era rimasta orfana della madre che era ancora in fasce ed era cresciuta, di conseguenza, circondata dalle migliori bambinaie e istitutrici del regno. Il genitore aveva fatto in modo che imparasse le maniere di una regina, sapesse muoversi e incutere soggezione con un solo sguardo.
Al braccio del duca, lasciò lo studio, preparandosi alla serata. Il ballo istituito da suo padre il giorno precedente la vigilia, era sicuramente l'evento più atteso di dicembre, dopo il discorso della regina Vittoria e tutta la nobiltà del regno faceva a gara per presentarsi al meglio, quella sera.
Il palazzo era addobbato meravigliosamente, immerso in un'atmosfera di incantesimo natalizio. Fulcro della serata, la sala da ballo. L'albero di Natale era maestoso, posizionato al centro dell'enorme salone sito al piano terra. Sfiorava l'alto soffitto, scintillante di decorazioni in vetro soffiato di Murano, figure natalizie provenienti dalla Germania, lanterne luminose, sacchetti di seta colorata, drappeggi e pizzi. Un vero gioiello. Il pavimento di lucido marmo bianco scintillava e l'enorme lampadario di cristallo, adattato all'elettricità, illuminava a giorno l'ambiente. In un angolo, su una pedana rialzata, l'orchestra stava accordando gli archi e nella sala adiacente, i migliori cuochi londinesi terminavano la preparazione del tavolo con prelibatezze che avrebbero allietato la permanenza degli ospiti. Argenteria e porcellane di squisita fattura facevano bella mostra sulla tavola imbandita e i camerieri sfrecciavano trasportando pesanti vassoi colmi di calici di champagne.
Le carrozze tirate a lucido erano ordinate in fila lungo il viale, attendendo di raggiungere l'entrata, mentre i valletti in livrea aiutavano gli illustri ospiti a smontare dai predellini. Abiti sontuosi, luccichio di gioielli preziosi, stoffe pregiate e sorrisi si notavano lungo la passerella cremisi che ricopriva l'ampio scalone d'ingresso. Mani guantate consegnavano il cartellino bordato d'oro, l'invito a quell'evento così speciale, così esclusivo. Varcare la soglia di palazzo Greystone era garanzia di importanza, di visibilità, di potere. Il mormorio nella sala, che si andava via via riempiendo, era di pura incredulità. Ogni anno il duca riusciva a regalare qualcosa in più per stupire i propri ospiti, anche se la perla più rara rimaneva la sua bellissima figlia. Decine di scapoli blasonati erano stati invitati nella speranza di poter fare breccia nel cuore di colei che in tutta la città era definita la serpe
. Tanto stupenda quanto fredda, inavvicinabile. Odiosa, ma talmente ricca e di aspetto leggiadro che in molti sarebbero stati più che disposti a sorvolare sul carattere.
Ormai la sala era gremita di invitati, una lieve musica aleggiava nell'aria e il duca, insieme alla figlia, riceveva gli ospiti, così come richiedeva l'etichetta. I nobiluomini osservavano affascinati la giovane Anne, il sorriso dai denti perfetti e bianchi, la pelle lattea. Le donne, dietro i ventagli, sussurravano invidiose.
«L'anno passato, il principe di Norvegia si era dimostrato interessato alla figlia del duca, ma qualcosa deve essere accaduto perché non se ne è saputo più niente» mormorò una matrona dall'aria altezzosa all'amica di fianco, «avrà fatto scappare anche lui. È una donna intollerabile.»
«Così si dice» le rispose, «ma non si può asserire. È la dama più bella dell'intera corte.»
«Sarà. A me sembra troppo magra, con quel collo lungo come...»
«Come un cigno» terminò la frase l'amica, seccata, aprendo poi la bocca in un sorriso e facendo una riverenza esagerata intanto che la nobile famiglia le passava accanto.
Anne, nella sala da ballo, si guardò attorno e rivolse un mezzo sorriso agli invitati. Subito, i primi nobili rampolli iniziarono ad avvicinarsi. Sfiorò con lo sguardo le nobildonne presenti nella sala e lo sfarzo che ostentavano quella sera: niente in confronto a ciò che indossava lei. L'aria indifferente, pensò a quello stupido carnet al polso. Avrebbe voluto strappalo in mille pezzettini e gettarlo in faccia a tutti. Balli, sorrisi e atteggiamenti di circostanza inclusi, a quella folla di arrampicatori sociali, cicisbei stupidi come talpe.
Nemmeno un uomo decente, pensò intanto che si stampava un sorriso ipocrita in viso, l'ennesima maschera da indossare. Fuggirei da tutto questo, se solo potessi...
«Lady Anne, siete una visione ancor più celestiale, questa sera. Potrò avere l'onore di un ballo con voi? Il Natale non sarebbe la stessa cosa...» cercò di adularla Peter Wesley, figlio del barone di Richwon.
Stolto leccapiedi, pensò. «Sarà un piacere, milord» gli rispose senza entusiasmo e guardando oltre, la fila di giovani che si allungava a dismisura. Estrasse il carnet e, mentre segnava i nomi, con la coda dell'occhio notò entrare una coppia che conosceva molto bene. Un uomo del quale era stata infatuata, senza essere mai ricambiata. Se lo era meritato.
«Il conte e la contessa di Stafford!» annunciò il valletto sulla porta.
Ethan Rowland... Lo osservò percorrere la sala al braccio della moglie e non provò null'altro che un senso di colpa che la ghermì come una tenaglia di ferro. Ricordava ancora la serata al Thus, Ship and Turtles risalente a un anno prima. Aveva deliberatamente offeso Olivia Lancaster. Ne era stata gelosa, l'aveva odiata per quel suo carattere così fiero, per il coraggio che lei non aveva mai avuto. Non è esatto, pensò. Non lo aveva mai voluto mostrare.
Non si considerava una sciocca ignorante. Il padre l'aveva fatta studiare, ma lo aveva sempre tenuto nascosto perché era convinto che la regina avrebbe potuto in qualche modo opporsi, date le sue discutibili idee sulla condizione della donna nella società. Nonostante tutto, Anne conosceva l'arte e la letteratura, parlava francese, tedesco e traduceva il latino e il greco antico. Non era affatto priva di cultura, ma in quella società sembrava fosse meglio