Gioia - Carezze e frustate sull'anima
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Gioia - Carezze e frustate sull'anima - Daniela Pirisi
Ringraziamenti
Gioia
Carezze e frustate sull'anima
Gioia era una bimba meravigliosa che esprimeva con i suoi occhioni neri e profondi la felicità, il dolore e la solitudine. Il suo cuore era dolce come un bignè di panna montata che offriva con un amore incondizionato e senza chiedere nulla in cambio, a chiunque ne avesse bisogno.
Aveva sette anni e viveva in un piccolo paesino in provincia di Ferrara, avvolto nella nebbia della Pianura Padana. La famiglia era la sua vita ed era certa che fosse unica, che rimanesse unita e felice per sempre... come succede nelle favole a lieto fine che si leggono ai bambini, prima di farli addormentare.
In un buio e cupo pomeriggio di novembre, dove i colori erano spenti ed ingoiati dal grigiore autunnale, alla porta di Gioia suonò una bella
Signora, con due inquietanti occhi verdi da gatto, screziati di grigio e con un pericoloso atteggiamento da vero felino.
La sua voce era suadente e amichevole così, mai e poi mai, Gioia avrebbe potuto immaginare ciò che di lì a poco sarebbe successo nella sua adorata famiglia.
Gioia era nella sua cameretta e stava pettinando Stella, la sua bambola preferita, promettendole di accompagnarla ai giardini pubblici, dopo aver gustato insieme la loro merenda preferita.
Improvvisamente, Gioia udì il vociare concitato e nervoso della signora misteriosa che parlava con la sua mamma, giungere dalla sala attigua alla sua cameretta.
Dopo qualche istante, a questo inconsueto vociare si accavallò l’urlo di dolore e di sconfitta della mamma di Gioia che rimase incredula, smarrita e spaventata per le parole che erano vomitate dalla bocca della bella
Signora, incredibilmente sicura ed arrogante.
Incredibile, inaudito, inaccettabile … la signora felino
era andata a casa di Gioia per pretendere con prepotenza il suo papà, il suo idolo, una parte del suo cuore e la persona che imitava per la sua integerrima correttezza e bontà.
Ebbene si!!... La signora felino
si era innamorata del papà di Gioia, lo voleva tutto per sé e sottolineò alla sua mamma, sempre con convinzione e freddezza glaciale che anche lui ricambiava spontaneamente il suo sentimento ma non aveva mai avuto il coraggio di confessarlo.
Che magnifico idillio e soprattutto che gradita
sorpresa per Gioia e la sua mamma che reclamavano solo ciò che era un loro diritto : l’amore di questo uomo che forse non sapeva più quale direzione prendere, confuso e stordito da un vortice di dubbi e incertezze.
Gioia rimase come paralizzata nella sua cameretta e si nascose sotto il letto, insieme alla sua bambola Stella, piangendo calde lacrime e sperando che la signora misteriosa se ne andasse velocemente per poter chiedere delle spiegazioni alla sua adorata mamma e capire cosa stesse succedendo nella sua famiglia.
Poco dopo la bimba sentì sbattere violentemente l’uscio della sua casa e poi un silenzio quasi fastidioso
avvolse le mura pitturate di un colore lilla chiaro.
Gioia si fece coraggio e con tutto l’amore che nutriva per la sua mamma, uscì dalla sua cameretta per raggiungerla nella sala e per porle alcune domande.
In quel frangente, il corridoio della casa sembrò interminabile: Gioia vide la porta semichiusa della sala ma vide la sua mamma inginocchiata a terra, con la testa tra le mani che cercava di trattenere il suo dolore, racchiuso faticosamente in gemiti brevi ma intensi.
Allora Gioia le si avvicinò avvolgendola in un caldo abbraccio e nella sua più commovente innocenza le domandò: Mamma,che cosa è successo? Chi era quella signora? Perché è venuta a casa nostra e ti ha fatto piangere?
La mamma si sollevò immediatamente in piedi anche se con fatica perché mai e poi mai avrebbe voluto farsi vedere in quello stato da sua figlia, l’Amore più grande della sua vita.
Tesoro
, pronunciò prontamente la mamma, Perdonami se mi hai sentito urlare, so di averti spaventata e sarebbe stata l’ultima cosa che avrei voluto fare...
.
Gioia insistette e le richiese pacatamente : Mamma, che cosa è successo? Chi era quella signora? Perché è venuta a casa nostra e ti ha fatto piangere?
A questo punto la mamma cercò di darle una spiegazione nonostante fosse sconvolta e non sapeva cosa inventare perché sua figlia era solo una bambina di sette anni e non voleva ferirla.
Cucciolo mio, talvolta il mondo degli adulti risulta essere molto complicato, si vengono a creare delle strane situazioni ma posso sicuramente dirti che io per te ci sarò sempre e qualunque cosa accada non sentirti né abbandonata né delusa da me. Io e il tuo papà ti adoriamo e sei la ragione della nostra vita. Ti abbiamo voluta con tutta la nostra anima e solo il Buon Dio sa quanto sia stato complicato farti essere tra noi. Sei nata perché io e il tuo papà ti abbiamo fortemente desiderata ma non sempre le cose vanno come vorremmo. Ti prego Amore mio, non dimenticare queste mie parole!
.
Gioia annuì, baciò la sua mamma anche se non restò soddisfatta di quella risposta che non aveva assolutamente esaudito la sua richiesta di comprendere che cosa fosse successo quel pomeriggio.
Gioia si sentì ancor più profondamente confusa e disorientata ma non ebbe il coraggio di insistere con le sue domande.
Chi era quella signora?
Continuò a ripetersi Gioia tra sé e sé fino a che giunse la sera, mentre la mamma rimase atterrita sul letto per tutto il pomeriggio, con la scusa banale di un terribile mal di testa.
Quel giorno, la disperazione della mamma di Gioia trasudò dalle pareti di casa e durante la cena, successe ciò che la mamma non avrebbe mai voluto far accadere in presenza di sua figlia.
Come d’abitudine, verso le venti, il papà di Gioia rientrò dal lavoro ed era la cena il momento nel quale la famiglia si riuniva per raccontarsi la giornata, sorrideva e condivideva il piacere di essere nuovamente insieme.
Talvolta l’uomo è impulsivo, non sa controllarsi come dovrebbe perché la delusione e il dolore esplodono nella sua anima con una tale prepotenza e rabbia che niente e nessuno riuscirebbe a placare.
Il papà, non trovando le chiavi nella tasca del suo cappotto, suonò il campanello ripetutamente fino a quando Gioia andò ad aprirgli la porta ma questa volta non era solare e allegra come tutte le altre sere.
Ciao angelo mio
disse il papà a Gioia, Dov’è la mamma?
Gioia baciò il suo papà ma non rispose e con una scusa si allontanò, scappando da quell’imbarazzo sicuramente più grande di lei.
La mamma era ancora annientata dalla conversazione intercorsa con la signora felino
quello stesso pomeriggio e il disordine dentro di sé fece degenerare paurosamente la situazione.
Amore, dove sei?
pronunciò il papà di Gioia, rivolgendosi alla moglie con la sua voce calda e rassicurante.
In quel momento, il gelo che scese su quella casa avrebbe paralizzato chiunque, anche il più cinico e il più duro del mondo.
La mamma era pallida, sofferente e a denti stretti rispose a quell’uomo che ora le sembrava un perfetto sconosciuto. Era chiusa nel bagno, e non riusciva a trattenere le lacrime che sgorgavano copiose dai suoi occhi stanchi, sentendosi chiamare falsamente amore.
Scusami, sono in bagno ma ho quasi fatto
gli rispose. Va bene
rispose il marito, ignaro di ciò che fosse successo solo qualche ora prima tra le mura della loro casa...
La tavola era già apparecchiata e tutte le pietanze erano già pronte sulla tavola per essere servite, come tutte le sere, con il solito ordine e la solita cura.
Poco dopo, la mamma pregò Gioia che era sempre rimasta rintanata nella sua cameretta di raggiungerla in cucina perché era l’ora di cena.
Gioia sapeva che era successo qualcosa di grave alla sua famiglia anche se ancora non riuscì a decifrare il motivo di tanta tensione e di tanta disperazione da parte della sua mamma.
Anche il papà raggiunse la cucina e dopo aver salutato la moglie si sedette come sempre a tavola, davanti a lei, con l’espressione gioviale di sempre.
Egli le disse: Amore, non ti senti bene? Hai un’espressione molto strana e sembri distrutta. C’è forse qualcosa che non va?
.
Un frastuono assordante attanagliò il cervello della mamma che si sentì esplodere dentro e dimenticandosi malauguratamente della presenza di Gioia comunicò al marito, senza tanti preamboli, che aveva saputo della sua relazione extraconiugale proprio quel pomeriggio e nel peggiore dei modi.
Tu, che ti sei sempre definito una persona onesta, sincera, con dei principi e dei sani valori, hai niente da dirmi per giustificarmi il tuo ignobile comportamento????
.
Il tono era deciso, determinato, secco e la mamma di Gioia ora pretese dal marito solo una risposta immediata e soprattutto sincera.
Ma non capisco… che cosa mi stai chiedendo? A che cosa ti riferisci?
Rispose il marito, fingendo di non capire la domanda né la profondità del dolore di sua moglie.
La mamma di Gioia ricominciò : Lo ripeto per l’ultima volta, hai niente da dirmi?
Il marito, non sapendo che la signora felino
si era permessa di andare a casa loro e di dichiarare il suo amore per lui, restò nella sua posizione, dimostrandosi ancora sorpreso e condannando certi pettegolezzi rovina-famiglie che aveva sentito quella stessa mattina dal giornalaio.
No, non ho niente da dirti, solo che se solo sapessi chi mi ha calunniato… beh saprei io cosa fargli all’istante. Che gente strana gira per le vie di Ferrara!
Continuò il papà di Gioia, fermo nella sua scomoda posizione.
Lui viveva quella seconda relazione serenamente perché alla sua famiglia non faceva mancare nulla e poi, dopo anni di matrimonio, un’avventura
che male poteva fare?
Il papà di Gioia continuò a negare grottescamente la verità anche a se stesso dimenticandosi che in questo modo tradiva non solo sua moglie ma anche il giuramento che aveva fatto dentro di sé e davanti a Dio, in chiesa, il giorno del loro matrimonio.
La mamma di Gioia si sentì offesa da tante sporche bugie, si fece coraggio e cominciò: Per puro caso, conosci una certa Clara?
Clara, Clara? Ma chi sarebbe questa Clara?
rispose il marito, calato perfettamente nel personaggio di marito onesto.
La relazione tra Clara e il papà di Gioia durava ormai da più di un anno e a questo punto lei si era stancata di essere la seconda donna. Si era innamorata perdutamente di quell’ uomo e lo voleva tutto per sé. Non accettava più degli intrusi
sul suo cammino e lo pretendeva ad ogni costo.
Il papà di Gioia, sorrise con un’aria quasi di sfida, non rispose, fu persino troppo sicuro di sé e non immaginò ciò che stava per scatenare con il suo atteggiamento pietosamente ridicolo.
In una manciata di secondi, la rabbia, la disperazione della mamma di Gioia, ora una donna stremata da tanta falsità, si scaricarono sui piatti che erano appoggiati sulla solita tovaglia di puro lino, candida e ben stirata come sempre .
La mamma di Gioia, lanciò i piatti letteralmente contro il muro e le melanzane fritte volarono violentemente contro la parete imbiancata da poco di un giallo acceso.
L’olio lasciò cadere le sue goccioline trasparenti sul pavimento, ungendo prepotentemente quel pavimento che era sempre così lindo e lucido.
Un silenzio glaciale accompagnò questa scena pietosa che sarebbe rimasta dipinta nell’anima di Gioia per tutta la sua vita, come una frustata sulla pelle nuda.
Poi lei fissò suo marito, ormai senza più paura e gli disse : Oggi pomeriggio Clara, la tua amante si è permessa di venire a casa nostra, per reclamare il vostro amore. Mi ha detto che avete una relazione da circa un anno, che vi amate e che quindi devo lasciarti libero, non devo oppormi a questo vostro amore, per nessun motivo perché ormai tu sei solo suo
.
Oltretutto Clara
, aggiunse la moglie, mi ha riferito di aver preso questa iniziativa invogliata e spronata da te che oltre che traditore ai miei occhi sei anche un vigliacco da due soldi. Hai distrutto una famiglia senza pensarci e hai privilegiato la tua amante che alla fine è stata anche più onesta di te. Ricordati che hai una figlia e che non hai avuto rispetto né per lei e né per me
.
SEI UN MISERO, LURIDO VIGLIACOOOOOO! VATTENE IMMEDIATAMENTE DA QUESTA CASA!!
.
Da un momento all’altro, sembrò di essere precipitati nel profondo dell’inferno: la mamma fuggì nella camera da letto, sbattendo furiosamente la porta della cucina dietro di sé, il papà uscì velocemente da casa e Gioia risentì nel suo cervello, anche a distanza di anni, il rombo assordante dell’ auto del suo papà che si allontanava da lei e dalla sua mamma.
Gioia rimase nascosta sotto il tavolo della cucina e non sapeva cosa avrebbe dato per avere vicino a sé la sua bambola Stella per stringerla e per trarne un po’ di conforto, confidarle la sua paura, il suo terrore vissuto in quegli attimi.
Ma le sue gambe erano come paralizzate e non volevano sostenerla e farla camminare sino alla sua cameretta.
Quando Gioia riuscì ad alzarsi anche se con tanta fatica, andò in camera dalla sua mamma per vedere come stava e fu delicata e tenera come al solito.
Mamma, mammina, come stai?
Le chiese Gioia ansiosa, con aria preoccupata e assorta.
Sto bene, tesoro mio, e scusami per come mi sono comportata. Sono stata troppo impulsiva e non ho pensato a te. Che sciocca, mi sento male perché ti ho sicuramente spaventata, ferita e non avrei mai voluto. Ti prego, potrai mai perdonarmi? Mi sento così cattiva...
Disse la mamma a Gioia con un filo di voce.
Intanto le lacrime le scivolarono come stelline trasparenti sulle gote e Gioia le asciugò amorevolmente con il suo fazzolettino rosa che aveva sempre nella tasca ricamata del suo grembiule candido.
Mammina
, chiese Gioia : Ho capito bene? La signora che ti ha fatto arrabbiare si chiama Clara, vuole bene al mio papà e vuole stare con lui. Ma il mio papà non le vuole bene vero? Il papà è il nostro amore e starà con noi all’infinito… è giusto ?
Gioia volle autoconvincersi mentre pose ancora altre mille domande alla sua mamma.
Lei non seppe ancora una volta cosa risponderle, era spiazzata da tanta acutezza seppur Gioia fosse così piccola. La strinse a sé e si addormentarono sfinite sul lettone di mamma e papà, godendo della dolcezza che solo una madre e un figlio sanno condividere.
I giorni successivi non furono certamente migliori e il papà non si fece più vedere per mesi e mesi nonostante la mamma di Gioia gli ricordasse i suoi doveri prioritari di padre e di marito.
Egli andò ad abitare da un amico e continuò la sua relazione con Clara che da questa tragedia ne uscì vittoriosa. Non ebbe neanche il coraggio di urlare in faccia alla moglie il suo amore per l’amante e si limitò a scriverle una lettera patetica con inutili scuse dove l’importanza della sua famiglia si era annullata in nome di fragili aspettative che rispondevano al nome di Clara.
La mamma di Gioia si fece consigliare un buon avvocato da un’amica perché ormai capì di lottare contro il nulla, contro il vuoto più assoluto. Chiese la separazione e si trovò a risolvere molti problemi prima emotivi e poi economici che furono all’ordine del giorno. Non aveva mai lavorato perché il marito non voleva e perché si occupò sempre della sua famiglia, investendo tutte le sue energie e il suo tempo.
Dovette rimboccarsi le maniche, ricostruirsi un futuro e pensare soprattutto al benessere di Gioia che tutte le sere attendeva inutilmente,con il naso incollato alla finestra della cucina, il ritorno a casa del suo papà.
Una mattina come tante Gioia confessò alla mamma : Sai, questa notte ho sognato il mio papà che ritornava a casa e ci diceva che non può vivere senza di noi e che lasciarci é stato un suo stupido errore. Ma… mammina, sai dirmi se a volte, i sogni si avverano?
.
La mamma non volle rattristarla e le rispose accennando ad un lieve sorriso: Gioia, non sempre i sogni si avverano ma quello che posso dirti è che io ti voglio un bene infinito e che la vita è bella anche se bisogna affrontare delle difficoltà. Sorridi sempre alla vita e lei sorriderà a te.
I mesi invernali si susseguirono tra il grigiore e la nebbia fitta che tutto avvolgeva ma la primavera arrivò puntualmente e a marzo quando sbocciarono i fiori e la natura, il cuore di Gioia esplose come un potente ordigno.
All’uscita di scuola, vide il suo papà che la stava aspettando vicino alla panchina sulla quale si erano seduti insieme quasi tutti i giorni per raccontarsi i loro pensieri, prima che lei entrasse a scuola.
Papà, papà, papino!!! Sei proprio tu?
Pronunciò Gioia con voce alta e squillante.
Ciao, cuore mio, hai visto che sorpresa?
Rispose il papà che cominciò a far volare Gioia nell’aria tiepida e a darle un bacio ogni volta che la riprendeva tra le sue braccia.
Papà, papà, papino, sei venuto per restare con noi vero?
Gli chiese, certa di una risposta affermativa.
No, amore mio, il papà ora vive da un’altra parte perché come sai io e la mamma abbiamo dei problemi ma ricordati che io ti amo perché sei una figlia speciale e so che starai vicino alla tua mamma.... Ma ogni sera, prima di dormire, guarda il cielo perché vedrai sempre una stella più luminosa delle altre e quella rappresenta l’amore che provo per te e che non si spegnerà mai
.
Gioia ci rimase molto male per la risposta del suo papà ma si ripromise di guardare il cielo ogni sera come le aveva chiesto, cercando di nascondere la sua acuta delusione.
Gioia e il suo papà andarono a pranzo insieme, trascorsero il pomeriggio parlando, giocando, scherzando e sentendosi nuovamente uniti come quando vivevano nella stessa casa.
Quel giorno, il tempo trascorse velocemente ma poi Gioia incontrò il suo papà ancora poche altre volte prima che terminasse l’anno scolastico.
Arrivò anche il luminoso giugno e il sole rese tutto più bello; le vacanze erano alle porte ma per Gioia c’erano nell’aria dei grossi cambiamenti che non si sarebbe mai aspettata e che avrebbero adombrato la sua innata solarità.
All’inizio di luglio, la mamma l’accompagnò a Roma dove vivevano gli zii materni perché purtroppo i problemi economici non le permettevano di farla vivere con lei; doveva cercarsi un lavoro e contenere le spese perché da mesi non aveva più ricevuto l’assegno famigliare dal marito.
Allora Gioia dovette abbandonare forzatamente la sua casa, i suoi amici, la sua scuola, la sua amata Ferrara e il suo papà che ormai era diventato la sua nostalgia più grande, il suo vuoto più profondo.
Gioia balzò in una nuova realtà che non aveva assolutamente né richiesto né voluto.
Fu difficile per lei sottostare alle decisioni degli adulti senza poter esprimere la propria opinione. Fu come camminare nel vuoto, al centro di un vortice di sentimenti e di sensazioni frullati nell’anima e mal elaborati dalla sua mente.
Il sapore fu ancora quello aspro, amaro, acido che sentì violentemente nella gola quando i suoi genitori le comunicarono la loro separazione, decidendo anche per lei.
Ma la dolcezza degli zii materni , colmò sicuramente i vuoti di Gioia perché l’accudirono nel migliore dei modi e le offrirono l’affetto necessario per farla sentire come a casa sua.
Gli zii seppero proteggerla sempre, lenirono le profonde ferite che questo trasferimento incise nell’ anima di Gioia.
Gioia si sentì sicura e cullata come nel tepore di un’incubatrice quando lo zio, alla fine di ogni pasto, l’accoglieva tra le sue braccia, la stringeva al suo petto e le accarezzava i capelli fino a quando lei non si addormentava serenamente sulle sue gambe muscolose.
Ma perché neanche la mamma era accanto a lei? Le telefonava quotidianamente per sapere come stava, che cosa faceva e Gioia non aveva il coraggio di chiederle quando sarebbe ritornata da lei, a Roma, per starle accanto come una volta, tutti i giorni e così amorevolmente.
Ma un giorno, Gioia ebbe bisogno di risposte più concrete e così telefonò alla sua mamma e fu diretta nell’esporle la sua richiesta : Ciao mammina, come stai? Quando verrai a vivere a Roma con me? Perché vuoi rimanere a Ferrara?
La mamma si sentì morire perché sapeva che non sarebbe mai andata a vivere a Roma, perché doveva sistemare la situazione a Ferrara, trovarsi un lavoro per far ritornare Gioia a vivere con lei.
"Mia dolce bambina, per il momento la mamma non può venire a Roma perché devo risolvere delle questioni in sospeso ma ti telefonerò sempre, tutti i giorni e tu potrai telefonarmi quando vorrai. Sei la mia vita e sono fiera di te, della tua pazienza. Gli zii sono entusiasti di averti con loro e ti fanno sempre mille complimenti per la tua bontà, la tua dolcezza ed educazione.
Gioia, la mamma ti ringrazia per come sei e per tutto ciò che sai regalarmi. Grazie amore mio!".
Ma Gioia aveva bisogno di conferme, di certezze e fu basilare per lei, non farsi travolgere dall’ansia e dalla nostalgia per una famiglia che era stata distrutta dalla signora felino
.
Gioia, vivendo a Roma, lontano dai suoi genitori, si sentì spesso come ingoiata dai cavalloni giganti dell’incredulità, del dolore e dello stupore. Visse come risucchiata da uno strano torpore e non seppe mai se fosse giusto essere arrabbiata, offesa oppure triste .
Gioia combatté contro questi sentimenti
quotidianamente e affondò spesso nella moltitudine dei suoi perché irrisolti.
Si sentì anche tradita dal suo papà e dalla sua mamma. Ammirò con tanta malinconia, le famiglie passeggiare nei parchi e pensò se un giorno anche lei avesse riavuto la sua amata famiglia.
Provò spesso una profonda nostalgia per le risate che coloravano i suoi giorni a Ferrara ma soprattutto le mancarono gli attimi di tenerezza e di complicità che condivideva spesso con il suo papà e la sua mamma.
Così, tra lacrime, sorrisi, e sporadiche visite della sua mamma, arrivò il timido settembre e Gioia fu terrorizzata dall’idea del suo primo giorno di scuola a Roma : avrebbe frequentato la terza elementare e seppe dagli zii che i suoi genitori quel giorno non ci sarebbero stati.
Fortunatamente, gli zii di Gioia continuarono ad essere unici e la trattarono come meglio potevano: la coccolarono, la fecero sentire sempre amata, speciale per il suo cuore che era proprio dolce come un bignè di panna montata.
La notte prima dell’inizio della scuola fu per Gioia allucinante, si raggomitolò nel suo letto e strinse la sua bambola Stella per chiederle conforto. Si girò e rigirò tra le lenzuola e le sembrò quasi impossibile poter dormire.
Ho paura, ho paura.
Si ripeté Gioia affannosamente, Domani non avrò vicino a me nessuna amica e la mia nuova maestra come sarà? Sarà buona con me?....
.
Questi interrogativi attanagliarono la mente di Gioia che non voleva neanche piangere perché ormai si sentiva grande
eppure il cuscino era già intriso dalle sue lacrime.
Ad un certo punto Gioia si ricordò di non aver detto la preghiera come faceva tutte le sere, allora si inginocchiò di fronte al suo letto, rivolse lo sguardo verso il crocefisso di legno, sapendo che Gesù avrebbe potuto sanare le sue profonde ferite.
Mio caro Gesù, domani, aiutami ad affrontare il primo giorno di scuola con serenità e gioia, aiutami a farmi dormire perché altrimenti domani mattina sarò uno straccio da gettare via!
.
Poi Gioia salì sul letto per arrivare al crocefisso e baciarlo, si rintanò sotto le lenzuola e si sentì davvero più serena. Ora era più tranquilla e con fierezza e soddisfazione pronunciò : Non ho più paura, non ho più paura
. Si addormentò dolcemente e riposò sino a quando la sveglia suonò alle sette in punto.
Gioia,sono le sette, è ora di svegliarsi.
Le disse lo zio con tutta la sua dolcezza e aggiunse : Oggi per te sarà un grande giorno e sono sicuro che sarà anche bellissimo perché troverai dei nuovi amici e una maestra che assomiglierà ad una fata!
.
Ma zio!!
Gli rispose Gioia : Come fai a saperlo? Sei un mago? Dimmi la verità!!
.
Cara Gioia, io non sono un mago ma so per certo che sarà come ti ho detto e ... ora preparati perché altrimenti faremo tardi a scuola e non credo che vada bene... la maestra fata potrebbe trasformarsi in una maestra strega!
.
Gioia sorrise allo zio, si preparò velocemente e prima di uscire dalla sua camera rivolse ancora lo sguardo verso quel crocefisso che era per lei una fonte di Amore, di certezze e che l’aveva aiutata quella notte e non