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Clara Hörbiger e la battaglia di Padova: Clara Hörbiger 3
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Ebook61 pages45 minutes

Clara Hörbiger e la battaglia di Padova: Clara Hörbiger 3

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RACCONTO LUNGO (41 pagine) - STEAMPUNK - È il momento decisivo: l'esercito asburgico affronterà i Seleniti in campo aperto. Riusciranno le forze terrestri a reggere l'impatto degli alieni?

L'invasione Selenita avanza e nulla sembra capace di fermarla. Ma l'Impero Austro-Ungarico ha deciso di giocarsi tutte le carte in una grande battaglia, ammassando l'esercito alle porte di Padova. Riuscirà la grande armata terrestre a fermare l'invasione del Lombardo Veneto, dell'Europa, del pianeta intero?

Alessandro Forlani insegna sceneggiatura all'Accademia di Belle Arti di Macerata e alla Scuola Comics di Pescara. Premio Urania 2011 con il romanzo "I senza tempo", vincitore e finalista di altri premi di narrativa di genere (Circo Massimo 2011, Kipple 2012, Robot e Stella Doppia 2013) pubblica racconti e romanzi fantasy, dell'orrore e di fantascienza ("Tristano"; "Qui si va a vapore o si muore"; "All'Inferno, Savoia!") e partecipa a diverse antologie ("Orco Nero"; "Cerchio Capovolto"; "Ucronie Impure"; "Deinos"; "Kataris"; "Idropunk"; "L'Ennesimo Libro di Fantascienza"; "50 Sfumature di Sci-fi"). Vincitore del Premio Stella Doppia Urania/Fantascienza.com 2013.
LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateOct 27, 2015
ISBN9788867759361
Clara Hörbiger e la battaglia di Padova: Clara Hörbiger 3

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    Clara Hörbiger e la battaglia di Padova - Alessandro Forlani

    9788867759163

    1.

    Caterina e Beltramini la incontrarono in corridoio: – State bene, meine fräulein?

    Clara annuì: – Devo solo vestirmi.

    Tornò in fretta nell'alloggio a frugare nel guardaroba, cassapanche e cassette e infilare le polacchine: – dov'è la mia cipria?

    Ma Michele e la tenente le scoccarono un'occhiataccia, le legarono un cappellino sul mento – uno che accidenti non si intonava con il vestito! – le allacciarono la mantellina e la tirarono per la manica. Lei li seguì dentro alla gabbia di un ascensore, salirono tre piani, si fermarono all'ultimo: una porta corazzata con la edelweiss di colonnello; l'indicazione su una targhetta Quartier Generale. Un soldato li annunciò e li fece entrare, Clara andò per prima, per mano a Caterina: papà le strizzò l'occhio e le sorrise fra lo stuolo di ufficiali che lo attorniavano su una mappa, a un tavolo pochi gradini più basso di una larga piattaforma tutta antenne e telescopi. Gli avieri a cavalcioni di quell'insieme di aggeggi, gli automi-dattilografi di isterici dettati, le ricordarono di bisticciate quand'era piccola sulle giostre.

    – Oberleutnant, dottore: sedetevi in un angolo – papà li fulminò, – vi affido mia figlia… e vi tengo sott'occhio.

    Clara si spostò sulla parete di vetro ch'era antistante la piattaforma con i telegrafi e l'ottica: inclinata all'esterno, incorniciata di rami d'oro, spalancata sulla pianura calpestata di truppe. Si accucciò su un divanetto.

    – Se posso scegliere, staremo qua.

    Michele tolse un lapis a un roboto, e arraffò quanti più fogli, quanti notes poté, dalle cartelle disordinate degli attendenti degli ufficiali.

    Che lo guardarono molto male.

    E si sedette a grattare pagine tutto eccitato e entusiasta: – Dico, è una battaglia! Quand'è che mi ricapita?

    – … ma auguratevi che non si tratti del vostro postumo libro… – grugnì Caterina.

    Clara guardò al babbo, si arrossì e si morse i labbri in un cruccio obbediente: sto zitta, sto buona; gli disse in silenzio, né cocciutaggini né scapricciate. Tornò alle manovre; e la risacca sconsiderata e scomposta del mare di alieni che allagava i maggesi: ma le prime cannonate rimbombarono nel cielo.

    Sul lato sinistro delle linee lombardo-venete la Sleipnir e la Kobold intonarono una marcia, e spiegarono alla brezza le bandiere da battaglia. Si alzarono di cento metri di quota sopra il nugolo dei Pinguini luccicanti, e drizzarono le prore contro la Luna di vetro verde. Alla destra dell'armata, sei chilometri in là, la Fáfnir ruggì di una virata a babordo e investì di cannonate gli aeromobili seleniti. Lo stormo abboccò: si diresse a scrosciar siluri sulla corazza del leviatano.

    La Luna sopportò del tutto inerme le bordate da centoventi e ottantotto millimetri. Le triplici torrette dei dirigibili all'assalto vomitarono proietti e si arrossarono surriscaldate. I pannelli dell'astronave ammiraglia si annerirono e scheggiarono: restarono intatti. La Kobold eruttò dalle caldaie e gli scappamenti, e accelerò contro il vascello nemico e tirò le bordate su una piastra la più contorta: la sezione cedette, e il vento rapì le schegge verdi e le fiamme. L'astronave selenita rotolò sul proprio asse, e affrontò la controparte imperiale con un ventre di ordigni come molli proboscidi.

    Clara inorridì di quei tentacoli sensori che afferrarono, stritolarono, accartocciarono l'aeronave: un anemone di gas elio incendiato sbocciò fra le nubi. Suo padre imprecò col cannocchiale sugli occhi; Michele restò incredulo, con il lapis spezzato, sulla pagina cancellata scarabocchiata di appunti: – … ha strappato una corazzata a metà come fosse…

    La Sleipnir si spostò di tribordo, scampò all'esplosione: ruotò le torrette e ripiovve proiettili. La Luna si girò su un fianco intonso, incassò le bordate, la intaccarono appena; si abbassò di un centinaio di metri, ruzzolò sotto la chiglia dell'aerostato e drizzò le proboscidi: sfondò la navicella; i cadaveri dell'equipaggio precipitarono nell'abisso. Gli strumenti in avaria, la santabarbara devastata, incendiarono il pallone che picchiò ridotto in cenere:

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