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L'alba dei reietti
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Ebook250 pages3 hours

L'alba dei reietti

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About this ebook

Anno 1993.

Nei paraggi di Council Bluffs (Iowa) è successo qualcosa di inspiegabile.

Bambini disabili e malformati crescono a fatica in uno strano orfanotrofio religioso.

Nessuno sa con certezza che cosa accadde in quei luoghi, ma la presenza in loco di una piccola e malmessa base militare ancora in attività non può passare inosservata.

Fin dall’era Nixon la CIA nasconde un ripugnante segreto ma Jim Sanders, uno di quegli sfortunati bambini, ha deciso di scoprire la verità. A qualunque costo.
LanguageItaliano
Publishereditrice GDS
Release dateOct 22, 2015
ISBN9788867824625
L'alba dei reietti

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    L'alba dei reietti - Vito Introna

    Vito Introna

    L’alba dei reietti

    EDITRICE GDS

    Vito Introna L’alba dei reietti ©EDITRICE GDS

    EDITRICE GDS

    di Iolanda Massa

    Via G. Matteotti, 23

    20069 Vaprio d’Adda (MI)

    tel.  02  9094203

    e-mail: edizionigds@hotmail.it ; iolanda1976@hotmail.it

    Collana ©AKTORIS

    Illustrazione copertina di ©Tatiana Martino

    Progetto copertina di ©Iolanda Massa

    Editing a cura di Barbara Risoli

    TUTTI I DIRITTI RISERVATI

    Questo libro è frutto della fantasia dell’Autore. Ogni riferimento a fatti, luoghi, persone realmente esistenti e/o esistite è puramente casuale.

    Introduzione a L’alba dei reietti

    L’alba dei reietti non è solo una spy story nel senso più classico, ma un romanzo che presenta diverse sfumature interpretative. Diversi filoni che s’intrecciano, si sommano e poi dividono fino a raggiungere un finale che chiude il cerchio riportando il lettore all’inizio della storia.

    Lo scenario è quello tipico di una pandemia annunciata, l’atmosfera è quella che abbiamo potuto respirare in diversi film sul genere, come ad esempio in Virus Letale di Wolfgang Petersen, magistralmente interpretato da Dustin Hoffman, Rene Russo e Morgan Freeman. Dunque è questo il tema principale affrontato nel libro, un tema che penetra nella mente umana con la stessa subdola determinazione di un contagio e provoca sudori freddi davanti alla prospettiva che non tutto è solo fantascienza e non tutto è solo scritto nei libri. La realtà è molto più simile alla fantasia di quel che vorremmo.

    Fin dai tempi più remoti l’umanità ha temuto ciò che non può essere identificato a prima vista, ciò che può distruggere senza che si abbia un nemico in carne e ossa da combattere e se il Diluvio Universale può essere ritenuto la più grande catastrofe che il genere umano abbia subito, le 10 piaghe d’Egitto sono il primo terrificante esempio documentato di come l’uomo possa essere sterminato senza che vi sia nulla di evidente da combattere. Ed è questa la leva che porta al terrore. Il vero orrore non risiede nell’atrocità della morte, ma nell’impotenza che deriva dalla stessa. Le guerre si combattano nella mente, all’interno della massa cerebrale, mettendo in moto idealismi, pregiudizi e preconcetti. All’interno della scatola cranica si formano i tumori che poi si riversano sulla società sotto forma di pazzia e fanatismo, trovando in quella stessa massa infetta l’energia necessaria per auto alimentarsi e portare al disastro più completo.

    Ed è in questo modo che Vito Introna affronta l’argomento, offrendo al lettore la chiave per immergersi in quella follia che nasce da un esperimento, inizialmente fallito, che porterà presto a delle conseguenze imprevedibili.

    Si potevano invece prevedere, si potevano fermare e risolvere?

    In sostanza sì, se…

    Il se diventa fondamentale all’interno della trama ed è un se terrificante se rapportato alla posta in gioco. Quei troppi se creano il tessuto per il libro, diventano la base su cui è possibile soffermarsi per delle riflessioni che lasciano, però, del tutto attoniti di fronte alle risposte. Quanto di ciò che accade nel mondo è realmente noto? E se anche fosse reso pubblico, cosa potremmo fare per evitare che determinati eventi proseguano nel loro corso distruttivo?

    In realtà siamo già sull’orlo del disastro. Viviamo costantemente sull’orlo di una crisi mondiale, respiriamo ogni giorno quel senso d’insicurezza che proviene da un’economia malata, da epidemie a malapena scongiurate, da attentati sventati per miracolo. La catastrofe è dietro l’angolo e nessuno possiede un quadro generale in grado di offrire una reale valutazione di quanto manca al countdown finale. Eppure un conto alla rovescia potrebbe essere già partito, magari in qualche paesino sperduto, situato in qualche remoto angolo della Terra. Oppure, senza andare troppo lontani, potrebbe essere in atto proprio in casa nostra, magari in qualche laboratorio di cui non conosciamo l’esistenza. La catastrofe è lì che ci occhieggia, respirando il suo fetido alito proprio sul nostro collo, spettatori impotenti di avvenimenti che vanno al di là della nostra comprensione.

    L’autore sottolinea più volte l’ineluttabilità del destino. Riporta il lettore più volte a considerare quanto inutili possano essere gli sforzi nel cercare di condurre una vita apparentemente normale, quando il fato ha deciso diversamente.

    E non è solo l’errore umano a creare la scintilla che porterà all’incendio, sono più fattori quelli che, sommandosi, apriranno il varco al fallimento totale. Fattori come l’avidità, il fanatismo, l’incompetenza, la stupidità umana e, non ultimo, la sete di potere.

    Vito Introna, scrittore avvezzo a cimentarsi nel genere fantascientifico, offre in questo libro una variante dello stesso, diventando più attuale e più quotidiano, immergendo il lettore in fatti che, pur essendo realmente accaduti, garantiscono una visione nuova di tanti avvenimenti che abbiamo avuto modo di leggere e verificare attraverso i mass media. La sua opera ha il sapore della denuncia, lo stesso sapore amaro dell’impossibilità di poter essere veri protagonisti del mondo in cui viviamo. Al pari delle visioni surreali di Michael Crichton (Terminale Uomo, Andromeda) e a quelle terrificanti di Stephen King (L’ombra dello Scorpione) Vito Introna richiama alla mente del lettore diversi scenari in cui transitare per arrivare alla nemesi finale. Una giustizia compensativa che risulta essere l’unica soluzione possibile.

    di Irma Panova Maino

     I 

    – Procedere!

    – Generale, gli impianti di raffreddamento sono ancora al sessanta per cento. Potrebbe non bastare.

    – Ho detto procedere!

    – Signore, le faccio notare che…

    – Dottore, so quello che sto dicendo, da trentasei ore non faccio altro che ascoltare lei e il suo team di smidollati. Adesso mi stia a sentire: il Segretario di Stato è allarmato dai rallentamenti al progetto e forse scioglierà il team. Significherebbe vaporizzare trentacinque milioni di dollari, tutti pagati dai nostri contribuenti. Significherebbe un generale in pensione anticipata e un’intera equipe di scienziati che andrà in Europa a presentare nuove aspirine nelle erboristerie. Vuole regalare l’iniziativa ai cinesi? Proceda, e subito!

    Il dottor Shuster, capo dell’equipe scientifica, scosse la testa facendosi scivolare gli occhiali sul lungo naso.

    – Generale, è consapevole dei rischi che stiamo correndo?

    – Dottore, siamo in una foresta dimenticata perfino da Dio, se anche un po’ di orsi e cervi dovessero morire, credo che sarà un sacrificio accettabile. Conosceva la pericolosità del compito e comunque ha accettato uno stipendio faraonico. Ora, vuole procedere?

    Livido in viso, il dottor Shuster parlò nell’interfono: – Monitor sul serbatoio principale, impianti di raffreddamento a tutta forza. Prepararsi al conto alla rovescia.

    Il generale Seagan, soddisfatto per l’avvio delle operazioni, ricevette una chiamata riservatissima direttamente nella console di comando.

    – Come dite? Sono civili?

    – Meno nove, otto, sette…

    – Arrestate il countdown. C’è un’auto di escursionisti davanti al laboratorio!

    – Generale, il conto alla rovescia è irreversibile – replicò furente Shuster.

    – Due, uno, zero. Azione!

    Un rumore sordo, simile a una caldaia sotto pressione, fu percepito chiaramente anche attraverso sessanta centimetri di parete metallica.

    – Shuster, rapporto! – urlò il generale.

    – Il silos regge e il raffreddamento è sufficiente. La sintesi dovrebbe essere completata entro diciannove minuti e sedici secondi.

    – Bene. Continuate pure.

    ‘Grazie’ pensò ironicamente lo scienziato. Odiava quella palla di lardo del generale Seagan, eroe pluridecorato di tutte le guerre sostenute dagli Yankee nell’ultimo trentennio eppure mai apparso su alcun fronte di battaglia.

    – Situazione esterni! – ordinò Seagan.

    – Rilevati due umani a novecento metri dal centro. Si allontanano lentamente. Null’altro da segnalare.

    – Ottimo! – tuonò l’alto ufficiale – Se ne vadano pure.

    Shuster continuò a osservare il monitor, mordendosi la lingua. Grazie ai tagli imposti dal Segretario di Stato, amplificati dal passivo servilismo di Seagan, le aree esterne non erano state recintate per non pagare nuovi espropri e apparecchiature di videosorveglianza. Se qualcosa fosse andato storto, quei novecentomila dollari risparmiati avrebbero condannato i due incauti escursionisti.

    – Temperatura interna in aumento, dottore! – urlò Kiamakij, il primo dei suoi assistenti.

    – Aumentare la refrigerazione.

    – Negativo, gli impianti sono già sotto sforzo. Rischiamo l’esplosione.

    – Attivare sfiatatoi allora. Disperdere il plasma filtrato fino alla stabilizzazione dei valori.

    – Dottor Shuster! – urlò il generale scendendo dalla poltrona – Qui gli ordini li do io!

    – Generale... – ribatté lo scienziato, ormai a un passo dall’uscire dai gangheri – se non liberiamo il plasma in eccesso avremo un collasso!

    – Siamo protetti da tonnellate di acciaio, non dica sciocchezze. Dia ordine di proseguire!

    – Generale, ci sono due uomini all’esterno e basterebbe un refolo di vento a condannare… ancora non sappiamo a cosa, milioni di persone. Mi rifiuto di obbedire.

    – Bene. Lei è sollevato dall’incarico. Esca immediatamente dal laboratorio – Poi volgendosi allo scienziato nipponico – Dottor Kiamakij, la promuovo ufficialmente a capo dell’equipe.

    L’intero gruppo, a sentire quelle parole, sobbalzò e per un istante nessuno fissò i monitor.

    Un segnale acustico sibilante richiamò tutti alla realtà.

    Allarme rosso, pressione interna a seicento atmosfere. Attivare espulsione controllata!

    – Dottor Shuster – esclamò Seagan – che significa?

    – Generale, dia l’ordine di espulsione. L’esperimento è fallito.

    – Dottor Kiamakij?

    – Sono d’accordo con il dottor Shuster.

    – Bene, allora condivideremo tutti le responsabilità di questo insuccesso. Informerò subito il Dipartimento.

    – Generale! Per favore taccia e dia l’ordine di espulsione!

    Allarme rosso, pressione interna a settecentotrenta atmosfere. Attivare espulsione immediata!

    La voce metallica del terminale sovrastò il litigio e Shuster si decise ad agire spontaneamente.

    Il generale Seagan fissò sgomento il monitor principale, che riversava le immagini di un cilindro bianco, costellato di macchie rosse in rapida espansione.

    – L’espulsione controllata non è praticabile! – urlò un tecnico dalla metà inferiore del laboratorio.

    – Allagate il plasma, subito! – ordinò Shuster.

    **********

    – Jonathan, perché hai scelto una strada di campagna?

    – Ho comprato questo navigatore GPS e volevo provarlo.

    – Ma sono ore che giriamo nei boschi, questa strada fa schifo!

    – Selima, amore – disse l’uomo sorridendo – ogni tanto la macchina ha bisogno di divertirsi, un SUV costretto in città si annoia.

    – E non potete divertirvi da soli? – brontolò lei, toccandosi il ventre prominente – Ancora un paio di buche e abortisco.

    L’uomo accarezzò il grembo della donna, schivando un paio di radici affioranti dal manto stradale.

    – Forse non dovevo selezionare l’opzione ‘Panoramica’.

    – John, taci per favore – si finse arrabbiata.

    La foresta lacustre di New Sherwood era bellissima, alle querce secolari erano stati affiancati pini silvestri, ontani e conifere. Un complesso intricato di verde e marrone che lasciava filtrare poca luce, generando splendidi riflessi crepuscolari. In altre occasioni lei e suo marito avrebbero potuto trascorrere momenti meravigliosi immersi nella natura, magari in compagnia di loro figlio, atteso entro quattro mesi scarsi.

    A un certo punto Jonathan imprecò, l’auto prese a tremare e a fatica riuscì a mantenerla in carreggiata. Poi il passaggio di due cervi in corsa lo costrinse a inchiodare.

    – Quelle bestie sono impazzite? – urlò John.

    Selima si ricompose sul sedile e strinse i denti: il suo ventre fu percorso da un dolore lancinante, una fitta breve e intensa.

    – Amore, andiamo via.

    – Aspetta Selima, temo di aver forato.

    L’uomo scese dall’auto ma constatò che le gomme erano tutte integre.

    – Non capisco, la macchina prima stava sbandando.

    – Magari era una pozzanghera.

    Jonathan riaccese il motore e continuò a seguire la linea gialla tracciata sul piccolo schermo del navigatore. Dopo un paio di chilometri l’auto riprese a tremare e lui si sforzò di tenere fermo il volante.

    – è un terremoto!

    – Sta tranquilla Selima, vedrai che passerà presto – provò a rincuorarla accostando al bordo del sentiero. D’un tratto un vento terribile sferzò tutto il bosco, coprendo perfino il rombo del motore, poi un albero cadde a pochi metri da loro. Infine uno spostamento d’aria quasi rovesciò il pesante SUV, spaventandoli a morte.

    – Oddio è la fine, il cataclisma! – urlò la donna a un passo dall’abortire.

    Le prese la mano e provò ancora a tranquillizzarla, stringendosela al petto.

    Un boato scosse nuovamente la foresta, facendo tremare i cristalli e il parabrezza dell’auto, poi all’improvviso calò una densa nebbia scura.

    II

    – Sanders, sempre tu! Come fai a pisciare ancora nel letto? Hai otto anni, dovresti essere un uomo! Di corsa in lavanderia e poi niente merenda. Andrai in cappella a pregare, fino a ora di cena!

    – Va bene, fratello Humphrey.

    Il bambino uscì dal dormitorio fra le risate soffocate di altri dodici coetanei.

    – E voi cosa avete da ridere? Pensate di essere migliori di lui? Siete tutti uguali, il Signore ha fatto morire i vostri poveri genitori perché sapeva che genere di farabutti avevano generato. Vergogna!

    I bambini tacquero allarmati, gli sguardi ebeti si abbassarono di colpo e qualcuno singhiozzò sommessamente.

    Fiero del risultato, il giovane seminarista uscì tronfio dalla camerata dei più grandi e s’infilò in quella dei bambini piccoli.

    Lo sentirono urlare e a un certo punto degli schiocchi segnalarono che il poco paziente chierico aveva assestato un paio di ceffoni a qualcuno. Come al solito.

    Dopo qualche minuto lo sbattere di un portone segnalò il via libera ed entrambe le camerate si congiunsero nell’androne, mantenendo un ben poco religioso silenzio.

    Mancava solo Jim Sanders.

    Miagolii di rabbia e di dolore costrinsero perfino il vecchio padre Robert, direttore dell’orfanotrofio, a scendere per le scale a perdifiato. Sull’aia davanti alla lavanderia un gatto nero si contorceva in agonia, con il cranio mezzo fracassato e un tizzone infilato lungo il retto.

    – Chi… Cosa diavolo succede? Qual è il manigoldo che pratica queste crudeltà? Voglio il nome e guai se non salta fuori. Se il delinquente non si presenta, questa sera andrete tutti a letto senza cena!

    Il brusio fra i bambini, rapidamente assembrati nel cortile, confermò i sospetti del vecchio preside.

    – Allora? Nessuno ha fatto niente? Devo proprio punirvi tutti? Quando padre Maurice e padre Samuel leggono il Vangelo a cosa pensate? E i buoni propositi di ogni domenica dove sono finiti? Addirittura preferite coprire un delinquente? Ora conterò fino a tre e se non confessate…

    Un giovane seminarista attirò l’attenzione del canuto priore.

    – Dov’è Sanders?

    – Padre, aveva bagnato di nuovo il letto e allora ho pensato di punirlo.

    – Bene. Quindi dov’è?

    – In cappella a pregare.

    – Vai a chiamarlo allora. E voi – rivolgendosi ai bambini ancora ammassati davanti a lui – cercate di non ridere. Io credo poco alla storia che il colpevole sia sempre e solo Sanders. Ricordate che il tradimento è un peccato mortale e Dio non vi perdonerà. Non siate dei Giuda. Allora fratello Humphrey?

    Il seminarista uscì dalla cappella sbracciandosi.

    – Cosa succede? – poi si volse ai piccoli che continuavano ad alternare sorrisi e sguardi vuoti – Andate a finire i compiti. E prima di entrare nel refettorio, ricordate di lavarvi le mani per bene. Chi entra con le mani sporche non mangia!

    Gli orfani ruppero le righe, precipitandosi verso la stanza degli studi, o ‘dei compiti’ , come ormai la chiamavano tutti.

    Padre Robert entrò nella chiesetta e vi trovò fratello Humphrey chino su Jim, che dormiva beatamente sul primo banco, avvolto nella stola messale. Due vasi di fiori erano per terra in frantumi e l’ostensorio giaceva ammaccato sullo scalino davanti all’altare.

    – Padre, io direi di frustarlo!

    – Un bambino ritardato di otto anni? Fratello Humphrey, taci e pentiti di questi pensieri animaleschi. Portalo a letto e poi aiuta fratello Berthold a sistemare questo disastro.

    Pensieroso padre Robert tornò nel suo ufficio.

    Risatine scomposte e qualche tonfo al piano di sotto gli ricordarono che, come al solito, i suoi confratelli si erano ben guardati dal sorvegliare lo studio collettivo. Del resto era impossibile istruire quelle rape. Se lo Stato avesse inviato degli insegnanti di sostegno forse qualcosa avrebbero imparato, ma in quelle condizioni e con soli sette preti e due seminaristi in organico non si poteva fare di più.

    L’orologio sulla scrivania segnava le sei e mezza, tra poco avrebbero cenato. Gli odori provenienti dalla cucina segnalavano il solito stufato di maiale, che peraltro detestava. Mangiare carne grassa di venerdì era ormai diventata un’abitudine, il prezzo proibitivo del pesce lo costringeva a disertare anche quel precetto religioso. Anche le scarse e rachitiche verdure in vendita ai mercati di Council Bluffs costavano un occhio e il loro sapore ripugnante non invogliava a fare sacrifici economici.

    Irritato dal crescente frastuono entrò nella sala dei compiti e subito fu centrato in pieno da un foglio appallottolato.

    – E allora? – tuonò, ottenendo immediato silenzio.

    Studiò ancora una volta quei visi inespressivi, gli sguardi spenti, i lineamenti grezzi, a volte deformi. Poveri bambini.

    – é così che studiate, brutti somari?

    Il suono della campanella fece levare ai bambini un grido di giubilo e, superato il priore, si precipitarono in refettorio, dove padre Samuel era già seduto, pronto per iniziare le letture sacre.

    Padre Michael venne fuori dalla cucina spingendo un grande carrello sul quale troneggiavano quattro teglie di stufato.

    I bambini, dopo uno sguardo severo del prete-cuoco, si precipitarono in bagno a lavarsi le mani. Già dopo un minuto l’intero corridoio era costellato da

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