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Valaeria
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Valaeria

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About this ebook

"Tre fratelli destinati a diventare eroi, attraverso percorsi che li costringeranno a condurre vite separate senza mai spezzare il forte legame che unisce le loro anime. Una sanguinaria battaglia e un evento tragico permetteranno a Lucio, Severo e Valeria di ritrovarsi mentre il destino dell’Impero si compirà inesorabile."
LanguageItaliano
Publishereditrice GDS
Release dateJul 11, 2014
ISBN9788867823086
Valaeria

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    Valaeria - Francesca Angelinelli

    Francesca Angelinelli

    VALAERIA

    GDS

        Francesca Angelinelli

        Valaeria

    © Editrice GDS

    Via Matteotti 23

    20069 Vaprio D'Adda-Mi

    Tel 02.9094203

    mail: edizionigds@hotmail.it

    www.editoriunitigds.it (store cartaceo)

    www.bookstoregds.com ( store digitale)

    www.gdsedizioni.it 

    TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

    VALAERIA

    L’odore del frumento appena mietuto, che si mescolava a quello del pane che sua madre stava sfornando, era tutto ciò che Valeria poteva desiderare quella mattina. Si rigirò nelle lenzuola e aprì gli occhi quando un raggio di tiepido sole, che s’infiltrava dalla finestra, le sfiorò la guancia. Subito balzò fuori dal letto e si spogliò della camicia da notte per infilarsi la tunica color zafferano, che sua madre le aveva cucito per giocare. Corse allo specchio e sorrise agli occhi, del colore delle foglie d’ulivo, che la fissavano incuriositi, si legò i lunghi capelli mossi e color del grano maturo in due trecce ben strette e si precipitò giù per le scale, al piano di sotto, verso la cucina.

    Quando entrò i suoi fratelli, Lucio e Severo, stavano finendo la colazione, lei saltellò attorno al grande tavolo di legno cercando di attirare la loro attenzione.

    «Buongiorno» disse aggrappandosi al braccio di Lucio e lanciando un’occhiata complice a Severo, lui le sorrise mentre le scompigliava la frangetta ribelle.

    «Buongiorno a te,» la salutò Lucio piegato esageratamente per farle credere che il suo peso sul braccio cui era avvinghiata lo trascinasse a terra «ora siediti e mangia o mamma si arrabbierà» le consigliò il fratello maggiore avvicinandosi al suo orecchio per sussurrare quell’ammonimento. Valeria ubbidiente gli schioccò un bacio sulla guancia e si sedette al suo fianco; Giulia, sua madre, arrivò con una tazza di latte fumante.

    «Ben svegliata, piccola».

    Severo alzò gli occhi verso la porta e tutta la famiglia lo imitò seguendo il suo sguardo. Lucio Maggiore, il padre, apparve sull’uscio, avvolto nella luce del mattino, già grondante di sudore e coperto di polvere.

    «Ah, vedo che anche questa mattina sono stato l’ultimo ad arrivare» si sedette e strizzò l’occhio alla figlia minore seduta di fronte a lui. Valeria rispose a quel gesto d’intesa con un ampio sorriso, reso buffo dalle labbra bianche di latte.

    Severo lanciò un’occhiata al fratello maggiore e sorrise beffardo, Valeria li osservò attentamente mentre scattavano in piedi e correvano verso l’angolo della stanza in cui avevano lasciato le spade di legno. Lei scolò il suo latte e li seguì di corsa nel cortile, felicissima all’idea di vederli allenarsi. Si accucciò in un angolo contro la parete della casa e li guardò affascinata mentre si fronteggiavano in duello. Era solo un gioco e i suoi fratelli erano solo dei ragazzini, ma per Valeria era come veder combattere i gladiatori nell’arena, di cui si sentiva tanto parlare al mercato, oppure qualcuno di quei valorosi soldati che stavano fronteggiando qualche popolo barbaro al confine e di cui aveva ascoltato le ballate nella piazza del vico, se non l’Imperatore stesso che, si diceva, potesse sconfiggere da solo più di cento uomini.

    Valeria li studiava, con espressione concentrata, mentre si muovevano nella polvere dell’aia, facendo scappare le galline da una parte all’altra e volar via i piccioni appisolati sui pioppi. Severo, benché fosse il minore dei due, era più muscoloso, con le spalle larghe e le braccia irrobustite dal lavoro nei campi, i suoi attacchi si basavano sulla forza fisica e sulla violenza dei colpi; Lucio invece era alto e magro, ma il suo fisico era atletico, i suoi attacchi si basavano sulla rapidità e sull’agilità dei movimenti. Valeria si divertiva sempre molto quando li vedeva giocare in quel modo, mentre le spade di legno cozzavano l’una contro l’altra in un rumore sordo. Sorrise e batté le mani quando Lucio riuscì a disarmare Severo, si alzò e corse incontro al vincitore, ma poi si calmò e andò ad aiutare Severo che, come spesso accadeva, prendeva la sconfitta con molta sportività e assicurava al fratello che l’indomani sarebbe stato lui a vincere.

    «Non vantarti fratello – diceva sorridendo e raccogliendo la spada – domani riuscirò a sconfiggerti» scoppiò in una fragorosa risata che attirò Giulia e il marito.

    «Ora basta giocare ragazzi» Lucio Maggiore e Giulia li avevano raggiunti nel cortile e lei non sembrava essere soddisfatta quanto il marito dei giochi dei figli. «Non mi piace vederli con le spade in mano. – disse spazientita – Oggi è stato solo un gioco, ma domani potrebbero venire i pretoriani a reclutarli… sono entrambi grandi abbastanza e per dieci mesi non avremmo più alcuna notizia di loro. O peggio – Giulia strinse lo straccio di stoffa umida che aveva in mano – potrebbero arrivare le bande di Iano e allora…».

    «Su via» la rassicurò Lucio Maggiore mettendole un braccio attorno alle spalle «al fronte settentrionale hanno tanti valorosi guerrieri che si battono per difendere l’Impero dall’avanzata dei barbari, non gli serviranno due ragazzini inesperti e per quel che riguarda il ribelle Iano credo che presto i soldati cattureranno lui e i suoi uomini, liberandoci da questa angoscia. Non è che una banda di scapestrati» Si avviò verso i campi e lanciò un’occhiata complice ai figli. «E mentre i nostri valorosi soldati combattono, io ho ancora un quarto del campo meridionale da falciare. Lucio, Severo, andiamo. E tu – continuò rivolgendosi a Valeria che se ne stava impettita di fronte alla figura sorridente e imponente del padre – corri a dar da magiare alle galline o domani resteremo senza uova». Lei fece un militaresco segno d’assenso e scappò via saltellando, mentre i suoi fratelli seguivano il padre nei campi abbandonando le spade di legno e afferrando la falce e il rastrello.

    Valeria afferrò il secchio pieno fino all’orlo di granaglie e, sforzandosi di sostenere quel peso eccessivo per una bambina di sette anni, raggiunse il pollaio dove le povere bestie, ancora scosse dai giochi di Lucio e Severo, si erano radunate. Appena videro Valeria comparire le si accalcarono attorno ai piedi, chiocciando e beccando la terra in attesa che si riempisse di cibo. Lei sorrise e cominciò a lanciare i chicchi attorno a loro, rimanendo a osservare divertita le zampe che correvano in tutte le direzioni e i colli che si muovevano avanti e indietro, ascoltando quel baccano infernale e buffo. Lanciò una seconda manciata e si appoggiò a una trave del pollaio, pensierosa. Le sarebbe piaciuto poter giocare con i suoi fratelli invece di rimanere sempre a guardare in un angolo. Sollevò il secchio rovesciandone il contenuto in un mucchietto, poi saltò tra le galline agitate per evitare di calpestarle e corse verso il pesco che cresceva dietro la casa, sollevò la gonna fin sopra il ginocchio e la fermò infilandola nella cintura, poi strinse il tronco dell’albero e cominciò ad arrampicarsi per raggiungere i primi rami. Esaminò con cura i rami più sottili, ma già robusti e legnosi, e ne scelse uno. Cominciò a tirare con tutta la sua forza e rischiò più volte di perdere l’equilibrio e cadere, ma alla fine il ramo cedette e si staccò rimanendole tra le mani, rosse e graffiate. Valeria se lo strinse al petto, fiera e soddisfatta, anche se era un po’ troppo lungo e sottile per ricavarne un gladio di legno uguale a quello che usavano Lucio e Severo.

    *** 

    Valeria uscì dalle lenzuola sperando che i suoi fratelli non fossero già andati nei campi, si infilò la corta tunica blu che era stata di Lucio e strinse in vita la cintura di cuoio che le aveva regalato Severo, fermandosi appena davanti allo specchio a salutare i suoi occhi verdi e a legare i capelli in una treccia scomposta, per poi correre come una furia verso la cucina mentre l’odore del pane appena sfornato le veniva incontro per darle il buongiorno.

    Lucio e Severo la guardarono ammirati mentre entrava nella stanza illuminandola con la sua vitalità. Lei baciò la guancia di Lucio e schivò la grande mano di Severo che voleva scompigliarle la frangetta, si sedette aspettando la tazza che Giulia le avrebbe sistemato di fronte e cercò di ignorare lo sguardo di divertita disapprovazione della madre. Suo padre entrò canticchiando e baciò la moglie prima di sedersi al tavolo, benché sorridesse come sempre sul suo viso abbronzato si leggevano chiaramente i segni della preoccupazione.

    «Caro – gli disse Giulia porgendogli la colazione – raccontaci cosa hai sentito ieri al vico. È evidente che qualcosa ti impensierisce».

    Lucio Maggiore strinse la mano della moglie e guardò con orgoglio i suoi tre figli.

    «La campagna nel nord si protrarrà ancora e l’esercito ha bisogno di… carne fresca. I pretoriani stanno viaggiando per tutto l’Impero per reclutare nuovi soldati da inviare al fronte» si incupì e abbassò lo sguardo.

    Lucio e Severo ignorarono volontariamente l’avvertimento velato in quelle parole, fingendo che nulla fosse venuto a turbare la quiete delle loro vite, terminarono la colazione e corsero nel cortile con le spade di legno. Valeria li seguì con passo lento e sicuro, stringendo l’elsa della sua lunga spada.

    Quella mattina toccava a Severo confrontarsi per primo con la sorella, si preparò facendo volteggiare il gladio sopra la testa e sorridendo in direzione di Lucio, che avrebbe seguito lo scontro appoggiato al tronco di un albero.

    Severo era un ragazzone di sedici anni, con la prima barba che spuntava sul mento, ma tanti muscoli da far invidia a un lottatore, i riccioli neri che si agitavano al vento e gli occhi color nocciola vispi e intensi. I tratti del viso erano quelli rigidi e seri del padre, col naso aquilino e le sopracciglia folte.

    Salutò la sua avversaria come facevano i gladiatori nell’arena. Anche se non li aveva mai visti, ne aveva sentito tanto parlare che si era fatto una sua idea su come dovessero procedere le cose nel grande circo della capitale e quindi cercava di riprodurre quei gesti quando sfidava Valeria o Lucio. Quando si sentì abbastanza sicuro dei suoi mezzi si mise in posizione d’attacco, cominciando a girare attorno alla figura di Valeria. Lei sembrava un giovane albero piantato in mezzo all’aia, era diventata una splendida quattordicenne e tutto quell’esercizio fisico con la spada aveva reso il suo corpo più asciutto e atletico di quello di molte sue coetanee, le quali probabilmente l’avrebbero trovata bruttina così secca, angolosa e senza forme, ma lei, già alta quasi come Severo e forte almeno quanto Lucio, si vantava di assomigliare più alla statua della dea della caccia piuttosto che a una matrona di città.

    Restò immobile con la sua lunga spada abbassata finché Severo non fu a pochi passi da lei, poi si mosse appena, spostando il peso del corpo e facendo oscillare il busto, per schivare il fendente del fratello. Lui barcollò in avanti e si voltò a fissarla con sguardo di sfida, ma Valeria non si lasciò intimidire, sorrise e sollevò la spada davanti al volto in segno di saluto prima di impugnarla con entrambe le mani e prepararsi a ricevere il secondo attacco di Severo. Lui si lanciò nuovamente sulla sua avversaria, e questa volta Valeria rimase in posizione, piegando appena i gomiti e le ginocchia per assorbire meglio l’urto dell’attacco del fratello, poi caricò la spinta e lo allontanò da sé. Severo non aspettò che si rimettesse in posizione e le fu ancora una volta addosso, Valeria lo allontanò di nuovo, ma senza eccessiva forza, così che Severo poté cominciare una serie di attacchi a cui lei rispose sempre, rapida, agile e precisa, con parate e attacchi. Aveva imparato a combattere dai suoi fratelli, prima osservando timidamente le loro mosse e poi provando a ripeterle quando passava sola intere mattinate, nell’attesa che tornassero dai campi. Non si era mai lasciata sfuggire neppure un movimento: da Lucio aveva appreso quello stile rapido e agile che si addiceva al suo corpo e alla sua forza, da Severo aveva imparato a difendersi. Le parate del fratello potevano bloccare anche il colpo più fine di Lucio, anche se poi il maggiore aveva la meglio sfruttando un abile gioco di polso.

    Lei alzò lo sguardo per verificare la posizione del sole, doveva far presto perché suo padre sarebbe uscito nell’aia da un momento all’altro e avrebbe interrotto il loro incontro.

    I colpi di Severo erano potenti, ma la sua spada era troppo corta per poter arrivare a sfiorare Valeria. Lei lo teneva a distanza di sicurezza con la lunga spada di legno e bloccava con facilità ogni tentativo di infrangere le sue difese, ma non aveva ancora trovato un modo per dare il colpo finale al fratello. Accorciò le distanze, la lama di Severo colpì di piatto quella di Valeria, lei fece scivolare la sua spada di pesco sul legno usurato del gladio di Severo, mentre si spostava sulla destra con tutto il corpo e si portava alle spalle dell’avversario. Severo fece un rapido movimento per seguirla, ma Valeria abbassò la spada e gli assestò un calcio sul posteriore. Lui fece qualche passo stentato agitando le braccia nel tentativo di rimanere in piedi, poi cadde lungo disteso nella terra.

    Lucio cominciò a ridere piegandosi in due e tenendosi la pancia, Valeria sorrise, ma si voltò verso il fratello maggiore fissandolo con severità. Lucio era un bel giovane di diciannove anni, più alto di Severo di almeno due spanne, con i lineamenti del viso decisi, ma delicati. La fissava con i suoi occhi color del temporale, incerto se congratularsi o sgridarla, si passò la mano tra i capelli castani e decise di ignorare la sorella.

    «Non migliorerai mai se ti fai battere da una ragazzina» lo canzonò. «Lei non ti avrà colpito, ma non si può dire che non ti abbia messo a terra».

    Severo si rialzò pulendosi la tunica, fece un cenno del capo a Valeria, poi guardò indispettito Lucio che rideva.

    «Smettila di prendermi in giro. Scommetto che faresti la mia stessa fine. Non credere di essere migliore di noi».

    Valeria fece scorrere il suo sguardo da Severo a Lucio aspettando con ansia la risposta, ma il fratello maggiore fece spallucce e, sollevando la schiena dall’albero, si diresse verso Valeria.

    «La tua spada è sempre stata strana sorella, ma a quanto pare è efficace» le scompigliò la frangetta, poi andò ad aiutare Severo a rimettersi a posto i vestiti. «Quindi per oggi ti basti aver sconfitto un fratello».

    Valeria annuì e corse loro incontro mettendosi fra di loro e prendendoli a braccetto entrambi.

    «I migliori del mondo» li adulò felice.

    «Ah, Lucio, dovresti dirle qualcosa tu» Giulia e Lucio Maggiore si stavano salutando prima che lui portasse i ragazzi nei campi, ma lei non voleva perdere l’occasione per lamentarsi del bizzarro passatempo di Valeria. «Valeria Drusilla! Quante volte ti ho detto che è sconveniente per una signorina giocare con la spada?»

    Valeria saltellò per il cortile facendo piroette e andò ad abbracciare il padre.

    «Oh, mamma, cosa vuoi che sia. È solo un gioco».

    Giulia sorrise e la sua espressione divenne gioiosa e bonaria. «Un gioco adatto ai ragazzi» la corresse in tono divertito.

    «Dai Giulia – la riprese il marito – se arriveranno le bande di Iano, una spada in più non potrà che farci comodo».

    «Che gli Dei ci aiutino» Giulia giunse le mani in segno di preghiera e strabuzzò gli occhi «proprio adesso che

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