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Gli occhi di Zaira
Gli occhi di Zaira
Gli occhi di Zaira
Ebook154 pages2 hours

Gli occhi di Zaira

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About this ebook

La Storia di Zaira una ragazza costretta a prostituirsi è la violenza sulle donne. La camorra che determina equilibri e strategie di un territorio, un ragazzo che suo malgrado lottando con se stesso diventa un boss diventando addirittura amato dal suo popolo, la trattativa tra Stato e camorra come già successo nel 1992, tra tutto questo una storia d’amore vera forte e sincera, un amore che aiuta a vivere e superare tutte le difficoltà, un amore nato con uno sguardo, un ragazzo diventato uomo in conflitto con la sua anima pulita, tutto questo nel contesto di Castellammare di Stabia con le sue bellezze ma soprattutto con i vicoli e il Centro Antico teatro purtroppo nel passato di tante situazioni surreali.
LanguageItaliano
Publishereditrice GDS
Release dateJan 25, 2014
ISBN9788867822478
Gli occhi di Zaira

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    Gli occhi di Zaira - Gennaro Fiorillo

    GENNARO FIORILLO

    GLI OCCHI DI ZAIRA

    GDS

    Copyright Editrice GDS

    V.Matteotti 23

    20069 Vaprio D'Adda-Mi

    www.bookstoregds.com

    www.editoriunitgds.it 

    Gli occhi di Zaira - Gennaro Fiorillo

    TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

    GLI OCCHI DI ZAIRA

    1

    Ci sono momenti in cui la vita ti sfugge di mano, cerchi di domarla di dimostrare che sei tu il comandante della nave.

    Anche se è alla deriva.

    Quando arrivano questi momenti, ti fermi a pensare, soprattutto al tuo passato e lo immagini scritto in un grande libro, in cui il tempo passa e di pagine bianche ne restano sempre meno, ti accorgi che certe parole, certi momenti bussano alla porta della tua anima e chiedono di essere ricordati.

    Sono vivi proprio come noi.

    Stamane ho trovato una foto, un ragazzo e una ragazza sorridono all’obiettivo, entrambi cercavano il loro posto nel mondo.

    Ci sono riusciti.

    In modi diversi.

    Mi alzo, esco in giardino. Di fronte a me il Vesuvio è coperto da una leggera nebbiolina che lo copre come un cappello, il mare è calmo e silenzioso come una madre che abbraccia il proprio figlio, e nel cielo alcuni gabbiani girano sulla mia testa quasi a volermi dimostrare cosa significa essere liberi.

    Guardo di nuovo la foto e questa volta la solitudine come un mantello mi copre le spalle, la mia mente e il mio cuore sono come un fiume in cerca del suo mare, vogliono essere liberi, sono stanchi ormai di seguire sempre lo stesso percorso.

    È arrivato il momento. Prendo un foglio, mi siedo e sistemo la foto proprio di fronte a me.

    Sospiro.

    Mi chiamo Tony Montella e questa è la mia storia.

    Sono nato e cresciuto in una città della provincia di Napoli in quei luoghi, dove la legalità e l’illegalità sono divisi da un filo sottilissimo e dove tante volte il sole e il mare diventano un alibi a cui appoggiarsi per riuscire a sorridere,ancora una volta.

    Un sabato piovoso di inizio Aprile di sei anni fa mi recai nella chiesa  Cattedrale, distante pochi metri da casa mia.

    Salii con calma gli scalini che mi separavano dalla porta centrale e dopo il consueto segno della croce entrai.

    Ero immerso nei miei pensieri e nelle mie preghiere quando mi accorsi di un uomo dall’aspetto inquietante che si aggirava tra le cappelle in modo strano, quasi a cercare qualcosa, o qualcuno.

    Gli passai accanto e nei suoi occhi vidi ira, ma la cosa che più mi colpì fu lo scintillio proveniente dalla tasca del suo giubbotto, dove aveva nascosto in malo modo un coltello di lunghe dimensioni.

    D’istinto cercai di allontanarmi. Rimanendo calmo, ripresi la mia strada e mi recai a sinistra dell’altare maggiore dove è situata una piccola cappella nella quale spesso amavo raccogliermi in preghiera. Sin da piccolo quel posto mi ha accolto sia nei momenti belli che quelli brutti della mia vita.

    Aprii il cancelletto di ferro battuto ad altezza d’uomo ed entrai. Dieci banchi situati su due file mi accolsero e come sempre guardandomi intorno mi feci rapire dalla magia di quel posto.

    Colonne di marmo rosa, divise da quadroni di marmo bianco, formavano la struttura  interna, sopra la mia testa, sul soffitto dalla forma ovale, l’ultima cena era stata disegnata da chissà quali mani sapienti e copriva tutto lo spazio fino al piccolo altare ai cui fianchi due angeli in pietra guardavano il cielo e stringevano tra le mani due candelabri in ferro.

    Fuori pioveva e dalle vetrate poste in alto mi arrivava il rumore dell’acqua che batteva sui vetri. Chiusi gli occhi e nel silenzio mi accorsi di un altro rumore, questa volta molto più vicino, come un miagolio di un gatto. Cercai di non darci peso ma un altro rumore questa volta più chiaro mi fece alzare di scatto. Il gemito di un bambino.

    Mi avvicinai al piccolo altare in marmo e sbirciai dietro. Una donna di carnagione scura con gli occhi sbarrati e un bimbo tra le braccia mi fece segno di fare silenzio.

    Rimasi basito e le tesi la mano per aiutarla, lei rifiutò e strinse ancora più forte il bimbo. Iniziò a tremare.  Non capivo quella reazione, volevo aiutarla e capire il motivo della paura che leggevo nei suoi occhi … poi ebbi un lampo.

    Ripensai all’uomo con il coltello.

    Non so cosa mi prese in quel momento, mi avvicinai alla ragazza e in un sussurro le chiesi.

    « Come ti chiami? Io sono Tony, voglio solo aiutarti .»

    Le mie parole servirono solo ad aumentare il suo spavento e dagli occhi continuarono a scenderle lacrime sempre più impetuose.  Ora il suo corpo era tutto un sussulto. L’accarezzai e la guardai dritta negli occhi.

    « Senti ho visto di la un uomo armato. È qui per te?. Dimmi solo sì o no mi basta solo un cenno 

    della testa. »

    Lei annuì.

    « Ti voglio aiutare. Credimi. Come ti chiami?  »

    « Z…Zaira … » disse con un filo di voce.

    «Bene Zaira ora mi allontano cerco di vedere, dove si trova quell’uomo, poi vedo come tirarti fuori da qui. Conosco questo posto meglio di chiunque altro. »

    Mi allontanai. Ormai l’adrenalina aveva invaso il mio corpo e cercai di mostrarmi calmo mentre mi avvicinavo al centro della chiesa. I miei sensi erano tutti all’erta. Da lì mi accorsi che quell’uomo aveva appena imboccato l’entrata che da una piccola porta conduceva nelle sale dove normalmente si tenevano i corsi di catechismo. Capii che il momento era quello giusto e ritornai dalla ragazza.

    «Zaira ascoltami bene. Ora ci alziamo dobbiamo essere veloci, segui attentamente quello che ti dico. Ora vedi lì sulla destra? Ci sono due porte che conducono sull’altare maggiore dobbiamo entrare in una di quelle. Questo è il primo passo capisci?  »

    «Si .»

    La aiutai ad alzarsi. La bimba dormiva dolcemente e sembrava non essersi accorta del pericolo. Guardai un’ultima volta fuori e poi attraversammo di corsa lo spazio che ci separava dalla porta di ferro ai lati dell’altare. Facemmo giusto in tempo a chiuderla alle nostre spalle quando l’uomo ritornò nella chiesa.

    Prendemmo fiato e in silenzio quasi in ginocchio camminammo dietro i banchi di legno situati ai fianchi dell’altare, quelli riservati ai chierichetti durante le cerimonie religiose, fino a sbucare nello spazio più ampio dietro all’altare dove una piccola porta di legno chiudeva uno stanzino. La aprii e la feci sedere lì dentro, poi accostai la porta e rifeci la strada al contrario.

    Ritornai nella cappella e una volta estratto il telefonino inviai un messaggio a un mio amico. Da lui dipendeva la riuscita del mio piano perché una volta usciti fuori dovevo riuscire a portare quella ragazza il più lontano possibile da quell’uomo.

    Dalla mia postazione riuscivo a vedere l’uomo che continuava a girare a vuoto per tutta la chiesa, questa volta in compagnia del sacrestano. Mi decisi allora ad avvicinarmi per capire i loro discorsi.

    « Mia moglie è entrata qui» diceva l’uomo « purtroppo ha problemi mentali e crede che le voglia fare del male . »

    «Non ho visto nessuna ragazza » rispose il sacrestano, « Se vuole venga con me, l’accompagno dal sacerdote può essere che lui avrà notato qualcosa . »

    «Si grazie. Vado solo fuori ad avvisare mio fratello di sorvegliare l’entrata nel caso in cui uscisse mentre noi siamo nell’ufficio del sacerdote .» Detto questo, s’incamminò verso l’uscita.

    Il sacrestano mi venne incontro mentre io facevo finta di pregare vicino alla statua di San Catello patrono della città.

    «Ciao Tony come stai?  »

    « Ciao Carlo tutto bene. Ho visto quell’uomo molto agitato, cosa gli è successo? »

    « Dice che la moglie è scappata e si è nascosta qui dentro. Hai notato qualcosa? »

    «No. Ma sinceramente quello che mi sembra un po’ fuori di testa è lui. »

    Sorridemmo mentre l’uomo rientrò in chiesa e si avvicinò a noi.

    «Possiamo andare »disse rivolto a Carlo mentre mi guardava negli occhi come ad indagarmi.

    Appena la porta dell’ufficio del sacerdote si chiuse alle loro spalle a passo veloce mi avvicinai al posto, dove erano nascosta Zaira e sua figlia.

    «Siamo pronti. Ora dobbiamo correre più veloce che possiamo e sperare che fuori ci sia qualcuno ad attenderci . »

    La aiutai ad alzarsi, la bambina che stringeva iniziò ad agitarsi mentre Zaira cercava di tranquillizzarla. Feci un cenno con la testa e lei annuì. Le strinsi la mano e iniziammo a correre.

    Uscimmo dall’altare dal lato sinistro e iniziammo a correre per la navata centrale, poi svoltammo di nuovo a sinistra verso il punto dove si trovava la sacrestia. Quella strada nella mia vita l’avevo fatta centinaia di volte e non mi fu difficile trovare subito la porta nascosta alla vista da un antico mobile che in altezza arrivava quasi al soffitto. La spalancai e ci ritrovammo fuori nel vicoletto che costeggiava l’entrata principale della chiesa. Una macchina con il motore acceso era ferma davanti ai nostri occhi. Il mio amico Giuseppe, come gli avevo chiesto, ci attendeva con la portiera aperta e spalancò gli occhi quando vide che non ero solo. Rimandai le spiegazioni a momenti migliori e senza parlare feci salire Zaira e la bambina in auto e la aiutai a stendersi, poi salii io e mentre chiudevo la portiera Antonio che era alla guida già aveva ingranato la marcia. Passando davanti all’entrata della chiesa notammo un’auto ferma con un uomo che fumava seduto sulla carrozzeria.

    Non si accorse di noi, e mentre ci allontanavamo mi lasciai quasi svenire sul sedile e solo a quel punto mi accorsi che ero in un mare di sudore e il cuore batteva a mille.

    2

    I miei amici non fecero domande e come un copione già scritto si diressero in una villetta incastonata tra quello che una volta era l’oratorio salesiano  e le Terme della città. Antonio usava quella villetta per organizzare feste e per i nostri raduni, quindi era sempre libera e, cosa più importante, molto discreta in quanto era nascosta da alti muri di cemento.

    Entrammo in casa. Un lungo salone si apriva ai nostri occhi. Vidi Zaira guardarsi intorno con curiosità mentre con gli occhi ispezionava tutta la stanza. Mobili antichi riempivano le pareti e in un angolo della stanza un lungo divano in pelle nera era posizionato proprio davanti al camino.  La ragazza in silenzio prima appoggiò la bambina sul divano  e poi si distese  sul lungo tappeto persiano che copriva il pavimento.

    Io e i miei amici uscimmo in giardino e ci sedemmo in silenzio sotto un gazebo. Nessuno di noi parlò, e Antonio tornò in casa e ne uscì con tre birre ghiacciate.

    « Allora » disse Giuseppe dopo un lungo sorso di birra. « Possiamo capire questa storia? . »

    Cercai di spiegare nei minimi dettagli tutto quello che era successo cercando di  non tralasciare nulla, alla fine restammo tutti in silenzio ognuno immerso nei propri pensieri.

    «Ora cosa pensi di fare?

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