Manene
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Book preview
Manene - Stefano Andrini
© Edizioni SENSOINVERSO
Collana RomagnaScrive
www.edizionisensoinverso.it
Via Vulcano, 31 – 48124 – Ravenna (RA)
ISBN 9788867932023
1° edizione eBook – Dicembre 2015
© 2015 - Copyright | Tutti i diritti riservati
Sensoinverso - P.I. 02360700393
Creazione e impaginazione eBook | http://creoebook.blogspot.com
Stefano Andrini
MANENE
Il prologo
Nudi come i dannati nei gironi infernali. Nel lido dedicato dai ravennati al sommo poeta un centinaio di occhi, incastonati nei corpi sdraiati sulla sabbia della Bassona, contemplava la notte tersa e afosa di San Lorenzo. Alla ricerca di una stella o, semplicemente, di un senso per quella casuale e disperata mostra mercato della carne.
La luna piena illuminava pelli tese come le nervature delle antiche statue greche e pelli flaccide come un caco a fine stagione. Il fulgore da una parte. La decadenza dall’altra. In realtà le palpebre non sbattevano. I respiri tacevano.
Nessuno di loro si sarebbe mai più rialzato per compiere la quotidiana fatica di rivestirsi. La tirannica democrazia, che spietata governa sotto i lenzuoli dell’obitorio, li aveva già resi tutti uguali. Irrimediabilmente morti.
Dal cielo un punto, più luminoso degli altri, lasciò cadere un’enorme rete, simile a quella della pesca a strascico. Uomini e donne si ritrovarono vicini e sbattuti come branzini nel bancone del supermercato.
Sulla piccola duna di sabbia, poco lontano, una strana creatura, senza faccia e colorata di rosa, sogghignava. Nel silenzio, rotto solo dallo sciabordio delle onde, i mille piedi di Manene cominciarono la lunga marcia, un gradino dopo l’altro, sulla scala di luce che un oggetto non identificato aveva calato dall’alto.
Capitolo I
L’ora era tarda e la quiete, attorno alla chiesa di Polenta, totale. Eppure una luce insolita filtrava dal portone dell’antica pieve. All’interno le ruvide panche di legno erano state sostituite da un labirinto di led multicolori, che si accendevano e si spegnevano rispondendo a una sorta di comando misterioso.
Ai piedi della scala, consumata dalla devozione di tante ginocchia piegate verso l’infinito, era appoggiato un mattarello. Graffiato, sporco di sangue e con ferite profonde nel legno che, una volta, doveva essere stato liscio come la pelle di un bambino.
Al posto dell’altare c’erano due tavoli in fibra di carbonio. Sul primo erano sparsi i ritagli di varie dimensioni di una foto di donna, abbastanza giovane, ma segnata da quella che doveva essere stata una fine orribile. Un uomo, incappucciato e con i guanti bianchi, ricomponeva i tasselli metodico e paziente, come solo gli appassionati di puzzle sanno fare.
Dopo qualche tempo ogni pezzettino del mosaico trovò il suo posto.
Soddisfatto, l’incappucciato rivolse un cenno d’intesa ai colleghi che attendevano la fine del suo compito. E subito entrarono in azione.
Portarono con molta cautela i pezzettini nell’altro tavolo, dove era appoggiata una stampante 3D di ultima generazione. Al silenzioso clic di un pulsante digitale seguì un lampo.
E la foto color seppia della sfoglina, ormai persa nei buchi neri dello spazio, si trasformò, come per magia, in un oggetto tridimensionale.
Una coccinella blu. Con strani puntini a forma di mattarello.
Capitolo II
Il Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna, chiuso nella sua torre a Bologna, stava celebrando gli scampoli di una liturgia ben nota, ma sempre meno appassionante. Stancamente i consiglieri continuavano a schiacciare tasti colorati con sì, no e non so che sembravano vuoti a perdere come quelli lasciati sul campo dalle feste di piazza. All’improvviso tutte le luci si spensero e il governo della regione restò al buio.
Il presidente, prima con voce seccata poi sempre più spaventata, sollecitò a gran voce l’intervento dei commessi. Nessuno rispose. Andando a tentoni, come un cieco nel cuore della notte, inciampò in un corpo. Impossibile riconoscerlo, anche perché, per qualche misterioso accidente, anche i cellulari sembravano morti. Il presidente si frugò nelle tasche e trovò un scatola di cerini. Ne accese uno e lo spettacolo che gli si presentò davanti agli occhi fu terrificante. Il corpo che gli sbarrava la strada aveva al posto della faccia una specie di disgustosa crosta, simile a quella della crema catalana.
Il fiammifero si spense e l’oscurità tornò a essere la padrona di casa. Il governatore provò a farsi largo tra i gradini dell’anfiteatro della sala. Ma a ogni passo continuava a sbattere contro masse di carni inerti. Ansimante si sedette su una poltroncina in finta pelle. E un pensiero terrificante gli balenò all’improvviso. Come il lampo che di solito preannuncia la tempesta. -Maledetti, hanno usato i lanciafiamme.- E, prima di accasciarsi, ebbe la netta percezione di essere l’unico sopravvissuto.
Capitolo III
Quarant’anni, viso da bambina, ma fisico da donna