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Andare A Casa
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Andare A Casa

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About this ebook

Al giornalista Carter Roberts è stato richiesto di intervistare Carl Foltz e Matt Evans per un articolo sulla loro vita, ma quest’incarico non gli piace per niente: vuole solo arrivare, fare quella dannata intervista e andarsene. L’argomento trattato gli fa rivoltare lo stomaco.

Quell'intervista rivela molto di sè così come dei due uomini e, per la prima volta, Carter sa come ci si sente a vivere in una vera casa. Ma soprattutto, non si sarebbe mai aspettato che l'incontro con Carl e Matt avrebbe cambiato il suo modo di pensare - e la sua vita - per sempre.

LanguageItaliano
PublisherMax Vos
Release dateFeb 17, 2016
ISBN9781311009425
Andare A Casa
Author

Max Vos

Max Vos is the bestselling author of My Hero. He is loved by his readers for his ‘inappropriate’ side, bringing hot and steamy sex to his writing. Not hemmed in by a single genre Max has the ability to woo you with sweet romance, move you with the power of his words and make you question your definition of love. Having retired in 2011 after more than 30 years as a chef, Max turned his creativity to writing. You can always find wonderful Southern charm, well rounded and vibrant characters with a good meaty story line in a Max Vos book. Each book will give you something new and amazing to love.

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    Andare A Casa - Max Vos

    ANDARE A CASA

    Di Max Vos

    Traduzione: Danielle Dion

    Edizione Italiana: Elsa Dolce

    Informazioni sul libro che avete acquistato

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio e ogni somiglianza con persone reali, vive o morte, imprese commerciali, eventi o località è puramente casuale.

    Cover Artist: A.J. Corza

    Sito web: www.maxvos.com

    Grazie per aver acquistato questo e-book. L’acquisto, non rimborsabile, di questo e-book garantisce UNA SOLA copia legale a testa da essere utilizzata su un solo pc o dispositivo di lettura. Questo e-book non potrà essere in alcun modo oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il permesso scritto dell’editore e dell’autore. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata, totale o parziale, online oppure offline, su carta o con qualsiasi altro strumento già esistente o che deve ancora essere inventato, costituisce una violazione dei diritti d’autore e come tale è penalmente perseguibile. Chiunque non desiderasse più possedere questo e-book deve cancellarlo dal proprio pc o dal proprio e-reader.

    AVVERTENZE:

    La riproduzione o distribuzione non autorizzata di questo prodotto protetto dal diritto d’autore è illegale.

    La lettura di questo libro è consigliata a un pubblico di soli adulti in quanto contiene scene di natura sessuale tra due o più uomini consenzienti.

    Andare a casa

    Copyright © 2014 Max Vos

    Tutti i diritti riservati

    Se avete anche solo una ragione di pensare che non volete o non potete tollerare nessun tipo di contenuto per adulti, per favore, non continuate nella lettura. Se avete dei tabù o dei pregiudizi di natura sessuale, per favore non leggetelo. Se avete una mente chiusa verso attività sessuali di qualsiasi genere, chiudete il libro o cancellatelo dall’e-reader. Ma se veramente pensate che l’Amore è solo Amore, in tutti i suoi significati, allora prego continuate.

    MARCHI COMMERCIALI E RICONOSCIMENTI:

    All’interno del libro appaiono i seguenti marchi commerciali. L’autore riconosce ai legittimi proprietari lo stato di marchio di fabbrica dei nomi di seguito citati:

    Trademark – Copyright Holder

    Ford Motor Company

    Heineken Beer

    Jose Cuervo

    Coca Cola

    Vorrei dedicare questo libro a chiunque continui a leggere i miei lavori. A quelli che mi lasciano andare oltre, che si eccitano con i miei racconti e mi permettono di scrivere quello che voglio o che penso debba essere scritto.

    A coloro che veramente credono che Amore è Amore.

    Grazie!

    CAPITOLO 1

    ODIO GLI INCARICHI come questo, dove non ho nessuna possibilità di dire la mia. Ero circondato da colleghi che continuavano a dirmi quanto fossi fortunato, perché per la maggior parte delle volte, avevo il privilegio di scegliermi le storie da scrivere. Solo occasionalmente mi sono dovuto inchinare davanti alle decisioni del mio capo, dovendo occuparmi dell’articolo che mi era stato assegnato. Questa volta però le superava tutte.

    Mentre la maggior parte dei miei colleghi dell’università cercava ancora un lavoro nel mondo del giornalismo, io stavo per festeggiare il mio secondo anno di impiego, presso un giornale noto anche all’estero, scrivendo articoli di primo piano. Ovviamente si trattava di pubblicazioni gay, ritenute dalla maggior parte di loro nemmeno del vero giornalismo. Posso scommettere, però, che sono gli stessi che non si sono mai avvicinati all'argomento. E mentre loro continuavano a convivere con i genitori, mandando curriculum su curriculum, io andavo ad incassare un cospicuo assegno, con un nuovo articolo pronto, in uscita ogni mese. Non potevo proprio lamentarmi, giusto?

    Ripensare ancora una volta alla storia che dovevo scrivere, e dove ero diretto, mi faceva rivoltare lo stomaco. So di dover essere professionale ed obiettivo nel mio lavoro, e che non devo farmi influenzare dai miei pensieri personali quando sto raccontando una storia, ma cavoli, non ho mai avuto a che fare con un fatto del genere. Personalmente penso sia una cosa disgustosa e da pervertiti, e che nessuno possa aver voglia di leggere questa storia per le stesse ragioni. Ho provato a mettere me stesso in quell'identica situazione, e mi ha fatto venire un mal di stomaco così forte che a malapena sono riuscito a mangiare colazione. Diavolo, l’unica cosa che sono riuscito mandare giù è stata una tazza di caffè.

    Sono volato fino a Louisville, in Kentucky, la sera prima, così da essere pronto già la mattina presto. Speravo di essere in grado di fare questa intervista velocemente, prendendo il maggior numero di informazioni possibile, così da poter scrivere un articolo decente. Almeno, decente a sufficienza per rendere felice il mio editore. Il mio obiettivo era preparare tutto e andarmene di lì il più in fretta possibile. Così eccomi qua, in un auto a noleggio, alle sette del mattino, mentre seguo il navigatore verso un paesino che dovrebbe chiamarsi Podunk o qualcosa del genere, in Indiana, appena dopo il confine con il Kentucky. Per quello che ho avuto modo di scoprire durante la mia ricerca, questo Podunk non poteva nemmeno considerarsi un paesino. La città più vicina dovrebbe essere a 60 chilometri, anche se chiamarla città sarebbe stato davvero generoso. La vera cittadina più vicina, degna di questo nome era Louisville, e quest’ultima era a circa 240 chilometri di distanza. Che tipo di vita potrebbe mai avere un uomo gay così lontano dalla gente civilizzata? Non mi ci è voluto più di un minuto per capire che, a causa della vita che conducevano, questi due uomini dovessero vivere una vita appartata. Dovevano farlo per forza.

    Collegando l’iphone all’autoradio, cominciai ad ascoltare un po’ di musica. La mia mente viaggiava, e sbuffando cominciai a pensare alla mia famiglia e alla mia gioventù. Quale famiglia? Avevo tredici anni quando realizzai, per la prima volta, che era indifferenza quella che vedevo negli occhi di mia madre ogni volta che mi guardava.

    Lo capii mentre ci trovavamo da mia zia Louisa per le vacanze estive. La casa in cui abitava poteva considerarsi un maniero rispetto alla nostra, la sua aveva la piscina, ed era per quello che ci trovavamo lì quel giorno. Imparai crescendo, che zia Louisa era ricca ed era anche per questo che odiavo farle visita.

    Non parlare se nessuno ti rivolge la parola, e ricordati di dire Signore e Signora, e per l’amor di Dio, non toccare niente! Era questo il mantra che mi ripeteva di continuo mia madre. E me lo diceva ogni volta che partivamo con la macchina, per andare da sua sorella.

    Un giorno, me lo ricorderò per sempre, io, mio cugino Brent, che era due anni più giovane di me, e Margot di quattro anni più piccola, avevamo nuotato nella piscina quasi tutta la mattina. Dopo pranzo, mentre stavamo aspettando che le nostre madri ci dessero il permesso per rientrare in acqua, Brent stava giocando con il suo nuovo videogioco, e mi aveva dato il permesso di guardare. Esattamente come tutte le altre volte, Brent non mi lasciava mai toccare nulla. Quello che mio cugino non sapeva, era che alcuni miei amici avevano lo stesso videogioco e ci avevo già giocato un sacco di volte. Gli avevo detto che, in quel gioco in particolare, se avesse saltato in un punto ben preciso, sarebbe riuscito a prendere l’anello d’oro.

    Che cosa ne sai tu di questo gioco? aveva ringhiato. Mamma dice che sei così stupido che non sei nemmeno in grado di pulirti il culo!

    Restai di sasso. Brent era sempre stato parecchio cattivo nei miei confronti e sapevo che zia Louisa non mi amava molto, ma non avrei mai pensato che mio cugino potesse diventare così viscido.

    Mamma dice che, se non fosse stato per te, zia Bridget non si troverebbe intrappolata nel matrimonio con quel perdente di tuo padre. Brent doveva aver visto la sorpresa sul mio volto, perché cominciò a ridere Si, Carter, tu sei stato un grosso errore. E’ colpa tua se zia Bridget ha dovuto sposare il tuo vecchio. L’ha messa incinta e, adesso, è incastrata con te e con quel fallito di tuo padre. Quando si accorse di avermi ferito, iniziò a ridere ancora di più.

    Da quel giorno in poi, cominciai a notare come interagivano le altre famiglie rispetto alla mia, e capii una cosa: mia madre mi odiava.

    Mio padre, invece, mi guardava come se fossi un qualche esperimento scientifico e parlava con me molto di rado. Faceva il ragioniere presso uno studio legale del centro, ed era la quintessenza del nerd. Non posso dire di averlo mai visto vestito se non con una camicia bianca, cravatta nera o blu, e un vestito grigio. Occhiali dalla spessa montatura nera nascondevano quella che era la sua caratteristica principale, ovvero dei bellissimi occhi marrone chiaro. Un anno, per la festa del papà gli regalai una cravatta rossa. La mise una volta sola, poi non la vidi mai più.

    Quell’estate fu una delle peggiori della mia vita. La prima cosa che fece capovolgere il mio mondo sotto sopra, fu la consapevolezza che nessuno dei miei genitori teneva veramente a me. Quel semplice dato di fatto aveva scosso la mia vita, e mi aveva forzato a vederli per quelli che erano in realtà. La seconda fu che la pubertà mi colpì come un treno in corsa. Cominciarono i primi sogni erotici, seguiti dalla scoperta della masturbazione e poi della mia omosessualità. Con mio orrore, mi accorsi che fantasticavo su altri ragazzi mentre mi masturbavo. E questa fu un’altra di quelle ragioni che mi fecero odiare ancora di più dai miei genitori.

    La settimana prima che cominciasse la scuola, eravamo pronti per andare a fare le compere per il nuovo anno scolastico, cosa che avevamo fatto ogni volta, da quando potessi averne ricordo. Odiavo andare a comprare i vestiti con mia madre. Lei si lamentava sempre di dover andare a fare acquisti nei negozi di seconda qualità, sostenendo che solo gli operai andavano a fare compere da JC Penny. Louisa non ha mai fatto una cosa del genere; ogni anno fa preparare un’uniforme per la scuola su misura per i suoi figli.

    Quell’anno però le cose andarono in un modo del tutto diverso. Mi portò davanti al negozio di abbigliamento, mi diede 300 dollari e mi disse di fare in modo di acquistare abbastanza roba da averne a sufficienza per l’intero anno scolastico.

    Carter, ormai sei grande abbastanza. Non hai più bisogno che ti tenga la mano mentre ti compri dei vestiti. Assicurati di prendere tutto ciò che ti serve, mi disse seccamente. Non mi guardò mai, non tolse mai le mani dal volante, se non per darmi i soldi, niente di niente. Nessuna emozione. Quella fu l’ultima volta che vidi mia madre. Se ne era semplicemente andata e non sarebbe mai tornata indietro.

    Uno avrebbe subito pensato che le cose a casa sarebbero cambiate drasticamente, ma nella realtà non fu così. Anziché vedere mia madre aprire le scatolette per cena, cominciai a cucinare. La cosa che mi cambiò davvero la vita, fu la scoperta che la biblioteca era la mia ancora di salvezza. Fu proprio grazie a questo luogo magico, che imparai a cucinare, capii la mia sessualità, ma la cosa più importante è che mi innamorai della scrittura. Il mondo dei libri era la mia nuova vita, e lo abbracciai con tutto me stesso.

    Quando compii sedici anni, ottenni il lavoro dei miei sogni. Cominciai a lavorare presso la biblioteca pubblica. C’erano molti pro in questo lavoro. Primo, avrei guadagnato del denaro. Più di ogni altra cosa, avrei voluto un’auto. Quale sedicenne non ne vuole una? Poi c’era un altro aspetto positivo, ovvero sarei stato fuori casa e lontano da mio padre e, per ultima cosa, avrei passato la maggior parte del tempo nel posto che amavo di più al mondo. La Signora Henderson, la responsabile, mi supportava tantissimo, e in breve diventò più di una madre per me, molto di più di quanto non lo fosse mai stata la mia.

    Anche se lavoravo, ero comunque in grado di tornare a casa e preparare la cena per me e mio padre, mantenere una media del 7 a scuola e svolgere la maggior parte delle faccende domestiche. Non era certo quello che volevo fare, ma era parte della mia vita e il tutto si era ridotto ad una sorta di routine. Papà arrivava a casa alle sei, e si metteva a guardare il notiziario della sera. Mangiavamo cena alle sette, poi mio padre si ritirava a guardare la Tv, mentre io pulivo la cucina, e dopo me ne andavo in camera mia per fare i compiti sul computer di seconda mano, che il vecchio mi aveva comprato. Facevamo pochissima conversazione, anzi, talvolta non parlavamo neppure. Qualche volta si complimentava con me per come avevo cucinato, ma nulla di più. Una volta a settimana mi accompagnava al supermercato per fare le commissioni, ma a parte questo c’erano pochissime occasioni per passare del tempo insieme. Non avevamo molto in comune, se non condividere la stessa casa e beh, certo, anche i geni.

    Una domenica, quando tornai a casa dal lavoro, capii che era successo qualcosa non appena varcai la soglia di casa. Mio padre era seduto in salotto, la televisione era spenta, così come tutte le luci. Silenzio. C’era solo silenzio. Normalmente la domenica andavamo a cena fuori, da quando era diventato il giorno che facevo più tardi al lavoro. L’aria era pesante ed immobile nella stanza, proprio come quando sta per scoppiare un temporale infernale.

    Sei finocchio? E non provare a mentirmi. La voce di mio padre era a malapena un sussurro e non mi guardò mai negli occhi.

    S…Sì, balbettai colto del tutto alla sprovvista.

    Non sei più mio figlio. E senza dire più un'altra parola, continuando sempre a non guardarmi, si alzò dal divano e se ne andò.

    Non mi ci volle troppo tempo per capire come lo aveva scoperto. Il suo computer era rotto, così aveva usato il mio per controllare le e-mail e altre cose e, probabilmente, aveva letto la cronologia. Ovviamente aveva visto i siti porno gay che guardavo, non lasciando alcun dubbio sul mio orientamento sessuale.

    Ancora una volta pensai che le cose sarebbero drasticamente cambiate, invece non fu così. L’unica differenza era che non mangiava più cena con me in cucina, come avevamo sempre fatto,

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