Percorsi della letteratura per l'infanzia: Tra leggere e interpretare
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Nel volume il rapporto tra letteratura e pedagogia, storia e società viene affrontato attraverso alcuni zoom sui classici, tra gli altri da Collodi a Dickens, da Anguissola a Lindgren, a Dahl, sino al linguaggio poetico di Zanzotto in un’ottica di proposta di rilettura critica e motivazionale da parte dei più noti studiosi italiani.
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Percorsi della letteratura per l'infanzia - Flavia Bacchetti
207
Introduzione
Flavia Bacchetti
Il volume presenta un’ampia e articolata riflessione sullo statuto della letteratura per l’infanzia attraverso una pluralità di ‘lenti’ critiche, di approcci – nella prima parte – teorici sulla complessità di una disciplina che in ambito accademico ha trovato cittadinanza solamente da poco più di un ventennio e che sul piano culturale è stata a lungo considerata marginale, mentre, su quello letterario, un genere minor, assimilabile alla paraletteratura. E ciò contravvenendo al ruolo basilare che la letteratura dovrebbe svolgere nell’ambito della formazione professionale dei docenti del nido, della scuola per l’infanzia e della scuola primaria; una centralità mancata della quale si avvertono le ricadute negative non solo sulla conoscenza di autori – classici, contemporanei ed anche emergenti – ma ancor più di una incisiva promozione alla lettura attraverso innovative strategie didattico-metodologiche. I dati statistici in questo senso sono emblematici; si legge poco, soprattutto a partire dalla fine della scuola dell’obbligo.
Se nella scuola e in famiglia i libri per bambini e adolescenti dovrebbero essere maggiormente promossi, la letteratura per l’infanzia sul piano non solo della riflessione teorica, ma anche della rivisitazione critica di autori e testi, soprattutto nell’ultimo trentennio sta vivendo una stagione prolifica di contributi tesi a riscoprire la disciplina in un’ottica più raffinata e profonda. Si assiste ad un ‘recupero colto’ favorito dalle piste di ricerca provenienti – tra gli altri – dallo strutturalismo, dalla psicoanalisi, dalla ricerca psicologica, dalla critica dell’ideologia. Piste di ricerca percorse criticamente non solo da pedagogisti, ma da studiosi afferenti a diversi ambiti di ricerca. L’analisi a carattere interdisciplinare ha messo in luce, tassello per tassello, la complessità e, nel contempo, la ricchezza della letteratura per l’infanzia: dalle definizioni teoriche ai quadri descrittivi sino ai protocolli morfologici. Secondo la metafora di Franco Cambi – la ‘scorza’ e la ‘polpa’ della narrativa – la comunità scientifica, che si interessa di letteratura per l’infanzia, ha sviluppato metodologicamente duplici livelli di analisi del racconto per l’infanzia: in superficie e in profondità. A quest’ultimo orientamento appartengono gli studi più interessanti e originali, contributi che provengono temporalmente prima dall’area anglosassone, ma che anche in Italia sono stati numerosi. Tali acquisizioni teorico-concettuali hanno favorito il definirsi di un’autonoma identità per la letteratura per l’infanzia, il suo stemma disciplinare, un congegno strutturalmente plurale e complesso, come emerge dai contributi di Cambi e Bacchetti. È, infatti, un ambito letterario in cui la testualità è sempre più al centro e che richiede un incrocio di modelli critici di analisi.
Gli studi sulla letteratura per l’infanzia, quelli in particolare legati alla ricerca storica, hanno messo in luce un’altra angolazione di questa identità complessa: il ruolo di fonte storica, un ruolo prezioso che, al di là della trasfigurazione letteraria, ha offerto tessere fondamentali – come sottolinea Anna Ascenzi nel suo saggio – ai fini di una più larga e incisiva comprensione dei più generali processi culturali e formativi che hanno caratterizzato il nostro Paese negli ultimi due secoli
.
Il contributo di Luciana Bellatalla – Interpretare i Classici – affronta il tema non semplice, anche editorialmente, di proporre autori classici ai ragazzi, anzi, per meglio dire ai giovani-adulti.
Giovani-adulti o lettori bambini s’identificano oggi, nell’atto della lettura, con il lector in fabula, l’artefice che conferisce senso e significato al testo; "ogni opera – sottolinea Emy Beseghi nel saggio L’avventura dei lettori – è condizionata dall’alterità, cioè dalla relazione con l’altro, da quel lettore anonimo e invisibile che vive in un mondo parallelo".
Nella seconda parte del volume – Modelli di lettura. Come leggo i miei
autori, come insegno a leggerli – numerosi studiosi di letteratura per l’infanzia affrontano sul piano metodologico-critico alcuni testi classici dell’Ottocento da Pinocchio (Susanna Barsotti) alle opere di Ida Baccini (Teresa Cini) sino alla narrativa di Dickens (Milena Bernardi). Sulla produzione letteraria del Novecento, i contributi di Sabrina Fava sulla narrativa di Giana Anguissola, di Silvia Blezza Picherle sui lavori, ormai classici acclarati, di Astrid Lindgren, di Donatella Lombello sull’interpretazione simbolico-archetipica di Frye, di Lorenzo Cantatore su Dahl. Ilaria Filograsso porta un contributo di riflessione sulla crossmedialità, mentre una carrellata sulla produzione da un lato per i più piccoli viene svolta da Enrica Freschi, mentre Chiara Lepri esamina una nicchia di ricerca, scientificamente poco arata sino ad ora, la poesia e il rapporto tra linguaggio poetico e infanzia.
Itinerari riflessivi
Letteratura per l’infanzia: per una lettura complessa della sua testualità (e della critica)
Franco Cambi
1. Tra narratività e formatività
Le opere letterarie per l’infanzia hanno sempre una doppia identità: narrano e formano. Sì, questo vale per ogni opera letteraria, da Omero a Calvino, a Borges etc. Tutte narrano storie per creare adesione dell’immaginario e della coscienza del lettore e, così, influenzarlo, orientarlo, farne crescere l’interiorità. Ma la letteratura infantile è, su questo piano, più esplicita e programmativa. Narra e educa, in unum. Già nella fiaba, e già nel corso della sua comunicazione orale, si tende tra questi due fronti. Sempre. La narrazione ha in sé una morale. Anzi, più di una. Che possono essere esplicitate e fissate come senso e proprio alla fine dell’ingranaggio narrativo. Si pensi a Perrault. Le sue fiabe si chiudono con le morali. La narrazione può insegnare. Nel passaggio alla scrittura tale valenza (che nell’oralità resta sottesa) si fa conclamata e sottolineata. Così accade poi in tutta la storia della scrittura di storie per l’infanzia, ricca di tre secoli di storia, appunto. E carica di forme, di modelli, di orientamenti, ma sempre fedele a quest’asse binario della sua testualità: sì letteraria in primis, ma sempre anche (e nel contempo) pedagogica.
Da qui emerge la specificità e complessità di tale forma letteraria. Il suo essere e dover essere letta secondo un duplice registro che fa di quei testi, per alcuni, testi letterari minori
, poiché pedagogici, al servizio di altro, rispetto al puro obiettivo estetico, per altri, invece dei testi maggiori
, poiché carichi di risonanze formative e pertanto capaci di agire nel cuore/mente/coscienza del lettore e di nutrire il suo stesso io
. Ma minori o maggiori che siano sono sempre testi letterari (e da leggere come tali) e pedagogici (e da analizzare in questa loro ulteriore valenza, incrociandola proprio nel letterario). La lettura critica di quei testi ha bisogno di uno sguardo duale che ne potenzi il significato ma anche ne esalti la struttura, senza niente far perdere alla letterarietà. Si rifletta un po’ su uno di quei testi. Si prendano Le avventure di Pinocchio la cui letterarietà sofisticata e smagliante è stata e più e più volte sottolineata. E sempre più con energia, con rilievi finissimi, che vanno – tanto per esemplificare – da Garroni a Manganelli, alla Marcheschi, etc. Ma quel testo è stato anche pedagogicamente attraversato con finezza e pregnanza, mostrandone la complessità di modelli educativi e di istanze pedagogiche che possiede – e lo hanno fatto in molti, da Volpicelli a Cives, a Faeti, alla Gentile e oltre. Ma c’è di più: lì i due registri sono interconnessi e fusi insieme, creando un melange letterario-formativo di altissimo significato, e proprio in entrambi i registri. Sì, Pinocchio è un capolavoro assoluto ma ciò vale – metodologicamente – anche per tutti gli altri testi per l’infanzia: maggiori o minori.
Anche se in alcuni l’equilibrio felice tra i due registri si rompe e il testo si fa, spesso, prevalentemente pedagogico e squisitamente letterario. Non servono esempi: tutti possiamo trovarli nella nostra memoria di lettori. Se pure: talvolta il pedagogico dominante è di grana fine o altre volte no, così come accade anche per il letterario.
Comunque narratività e formatività (o pedagogia) stanno come DNA nel testo di letteratura per l’infanzia e ciò costituisce il suo specifico, la sua ricchezza, la sua sofisticazione; aspetti che vanno riconosciuti e tutelati e interpretati. E qui entra in gioco la critica, che qui è e deve essere al tempo stesso letteraria e pedagogica, giocando i due registri ora insieme ora separati ma sempre interagenti.
2. La testualità sempre più al centro
Certo è che nella cultura contemporanea i due fuochi si sono sempre più decantati e proprio partendo dalla testualità di quelle opere. Testualità che implica scrittura e storia, ma anche interpretazione e senso (che qui si fa preciso e programmatico e non solo possibile e ai margini rispetto al testo: anzi oltre di esso), che salda e reclama una doppia analisi come strumento comprensivo di quella testualità plurale/duale. E qui si apre un problema critico… nella e della critica.
Bisogna applicare lì gli strumenti sia della critica letteraria sia di quella pedagogica e farli agire dialetticamente, per dipanare struttura e senso di quel testo. Ma qui si apre un quadro complesso in relazione alle competenze necessarie per affrontare tale tipologia di testi. Competenze, appunto, plurali e incrociate. Devono collocarsi sui due fronti e cogliere gli approcci che le due prospettive offrono per entrare nell’ingranaggio stesso di quel testo. Sono competenze spesso estranee l’una all’altra ma che qui vanno ricongiunte e ad un livello di pluralismo consapevole, ovvero critico, anzi critico-critico. Il che rende difficile e complicata la critica della letteratura per l’infanzia. Ma se non ci si muove di qui si rischiano letture parziali, improprie, riduttive e… devianti.
È questo un memento metodologico da tener fermo con costanza e impegno, da cogliere nei suoi registri e nelle sue varianti interne ai registri stessi e da portare avanti sempre con lucida acribia. Va realizzata ai due livelli una critica della critica che ne mostri le potenzialità e i modelli e li collochi poi come dispositivi attivi nella comprensione della lettura (o nella lettura comprendente).
Allora: 1) è necessaria una tassonomia dei metodi; 2) un loro confronto integrato; 3) attraverso una disamina critica sui testi. Ciò viene a delineare un tornante meno affrontato (quello metodologico) della letteratura per l’infanzia, anche se di esso si sente ormai l’esigenza e si vengono fissando le varie traiettorie, che va – però – più esplicitamente coltivato e messo a fuoco nella sua dialettica, in generale sì, ma soprattutto in re: nell’analisi testuale specifica. Aspetto anche questo che si è oggi affermato più di ieri.
3. Incrocio di modelli critici
Proviamo a delineare i modelli, in uso e/o possibili, per l’analisi della testualità dei testi letterari per l’infanzia, ai due livelli sopra indicati.
Sul terreno letterario sono attivi i canoni critici sì dello storicismo e dello strutturalismo, ma anche dell’analisi culturale (i cultural studies) e della tipologia della ricezione. Metodi diversi e da incrociare. Lo storicismo connette alla tradizione e salda il letterario al tempo storico, alle società, alle strategie discorsive che ogni società letteraria, in quel tempo, mette in gioco e che fanno da griglia
sottostante le opere stesse. Ed è una prospettiva che in Italia conosciamo bene, da Croce a Sapegno, da De Sanctis a Asor Rosa. Lo strutturalismo invece fissa le forme del narrativo, i congegni discorsivi delle tipologie dei testi così come si è sviluppato da Propp a Barthes, a Genette e oltre. Fino a Calabrese. Approccio che si è rivelato sempre più fondamentale, in quanto ci fissa la logica
dei testi e ce li fa leggere negli ingranaggi complessi sul piano squisitamente narrativo. L’analisi culturale ci fa leggere i modelli o stili-di-vita, collegando i testi ai tessuti antropologico-culturali, fissando i messaggi che essi veicolano e perché (come è avvenuto per il femminismo, il lesbismo nelle ricerche statunitensi): così il testo si fa exemplum di cultura, di culture e loro cassa di risonanza
ideologica. Ma ogni testo reclama un lettore e, a suo modo, lo contiene. Per la letteratura infantile ciò è ancora più netto. È il ragazzo in età evolutiva. Ma che non è un ne varietur: è storico, è sociale, è collocato in un habitat e lì lo si sollecita alla lettura e da lì (o per lì) quel testo gli parla. Veicolando intenzioni e messaggi. Modelli e valori. E mutandone la coscienza.
Sono, queste, prospettive metodologiche diverse, ma che nel testo per l’infanzia vanno rese integrate, ancor più che in altri casi, e proprio perché quel testo è anche pedagogico e quindi con una valenza sociale, ideal-ideologica, formativa etc. e, pertanto, storica, culturale, ricettiva oltre che strutturale. Se pure già nella struttura quei testi attivano una loro specificità: e si pensi solo alla generatività della fiaba che in essi ha un ruolo ricorrente e fondativo.
E sul piano pedagogico? Qui sono i metodi dell’ideologia (o critica dell’ideologia), dello sviluppo fantastico, del potenziamento emancipativo che entrano in gioco, della crescita psico-sociale, anche, e della riflessività sul senso
che si vengono ad attivare. Piani pedagogici più duri
o più sottili
, ma comunque attivi nel testo allorché passa nelle mani del suo lettore naturale
(il bambino, il ragazzo, la ragazza). E sono metodi che sono in uso nella critica attuale della letteratura infantile. Anche in Italia. Per il primo ricordo Faeti e il suo Guardare le figure. Per il secondo Rodari e la sua Grammatica della fantasia. Per il terzo le ricerche di Emy Beseghi. Per il quarto i rilievi fatti da Boero, Bellatalla e Bacchetti nei loro saggi critici. Per il quinto le indagini interpretative su Pinocchio già di sopra ricordate. Anche qui: sono metodi alternativi e integrabili. Anzi, da integrare il più possibile per dar corpo a una formatività che agisce dentro e insieme alla stessa letterarietà del testo. E che ci consente di capirne e leggerne più organicamente il congegno
.
4. Un confronto aperto… per la complessità
È dall’incrocio di questi modelli critici, usati anche in prospettive separate, ma compresi nella loro funzione dialettica e integrata per fissare (e dipanare) la complessità della testualità tipica della letteratura infantile, che può emergere una critica adeguata in questo campo letterario, così plurale e intricato. Tali metodologie vanno esposte e esaminate
, vanno affrontate con una riflessione critica sulla critica, da tenere sempre attiva e presente. E poi vanno applicate ai testi, agli autori, ai vari momenti della storia della letteratura infantile, che nei suoi trecento anni e più di vita ha avuto un’estensione mirabile, una crescita (espansiva e di qualità) eccezionale, una capacità di essere pregnante socio-culturalmente in modo esemplare. Tutto ciò come punto consapevole di fuga
dell’attività critica stessa. Che poi potrà privilegiare strumenti e prospettive, potrà essere ora più letteraria ora più pedagogica (ma anche storica: tra letteratura e pedagogia), ma comunque dovrà possedersi criticamente nel proprio esercizio critico, per far emergere e tener ferma la complessità testuale che la riguarda e le potenzialità complesse, ancora, che animano quel tipo di testo e lo fanno quello che è: formativo lì e allora, ma anche, retrospettivamente, per tutti. Per i lettori e per i critici.
5. In occasione dei 150 anni dell’Unità
Per i 150 anni dell’Unità italiana (1861-2011) si è cercato di fare il punto anche in relazione al ruolo svolto, all’iter evolutivo assunto, alla fisionomia complessa che tale ambito estetico-narrativo ha sviluppato in questo secolo e mezzo. Sono usciti volumi che si sono fermati su testi e autori che hanno fatto gli italiani
e che hanno agito (e continuano ad agire) nel/sul nostro immaginario. Autori nazionali ora più universali ora più locali, o più complessi o più normali
, o più sofisticati o meno, che, però, sono ancora attivi nella cultura collettiva e ricordati con precisa adesione… interiore (ieri e anche oggi). E sono tanti: dalla Baccini a Collodi, da Vamba alla Perodi, da Capuana a Gotta, su su fino a Rodari, Pitzorno, Piumini etc. Autori che hanno interpretato istanze diverse dell’immaginario infantile, riletto secondo varie ideologie, sviluppando un’educazione dei sentimenti e dell’immaginario sì storicamente mutevole e articolata, ma funzionale alla crescita della coscienza di moderni
dei ragazzi dell’Italia contemporanea. Coscienza della loro crescita e proprio in un mondo di profonde tensioni e trasformazioni: nella famiglia, nella società, nell’immaginario stesso. Coscienza più critica di sé e del mondo storico che li avvolge. Coscienza di un bisogno e di una speranza di autoformazione e di una dialettica di libertà dentro l’habitat socio-culturale. La letteratura infantile ha accompagnato così il cammino dell’Italia Nuova e vi ha dato un contributo, a conti fatti, positivo, culturalmente e antropologicamente, lì collocandosi con precisa coscienza critica e vocazione emancipativa.
In particolare proprio le due rivoluzioni di tale genere letterario
(che hanno ridisegnato l’orizzonte della letteratura per l’infanzia nei 150 anni) vanno ben tenute presenti. Pur dentro quel decollo editoriale di tale forma narrativa che già nel secondo Ottocento attiva giornali per i ragazzi, riviste per giovinette, poi giornali illustrati, poi anche a fumetti e su su fino ad oggi: al video e all’e-book. Che è stato anche una metamorfosi dei testi, della stessa modalità di lettura, ancora perfino dell’immaginario. Operazione commerciale sì, ma che anche ha risposto a nuove mentalità che si andavano sviluppando nell’età dell’industrializzazione e della modernizzazione della società. Attraverso tipologie narrative diverse e attingendo anche a modelli maturatisi in altri paesi, come avvenne per la fortunata collana di Salani, la Biblioteca dei miei ragazzi
, degli anni Trenta, aperta a molti fronti dell’avventura e connessa a un immaginario sia popolare che borghese. Come accadde per altre collane e diverse testate giornalistiche, tutte caratterizzate da questo processo di modernizzazione delle mentalità giovanili. Ma veniamo alla due rivoluzioni
narrative. Quella di Collodi e quella di Rodari.
La prima è collocata negli anni Settanta dell’Ottocento e i primi due decenni del Novecento e dà il via ad un’immagine nuova del bambino (nel suo in-sé; nel suo esser discolo
e soggetto proiettato sull’avventura e sulla ribellione; etc.). Tutti elementi che in Collodi e nel suo Pinocchio o nel suo Giannettino e Minuzzolo trovano larga esemplarità. Poi anche in Vamba, se pure a caratura meno universale e collocata in interni borghesi
ottocenteschi. Con Collodi ci si apre anche a un narrare più sciolto, dinamico, senza retorica né moralismi e pedagogismi, realistico e critico al tempo stesso. Quel narrare che forma liberando, senza voler troppo conformare a priori, ponendo al centro proprio il mondo del ragazzo e la sua alterità rispetto agli adulti e al loro mondo, di cui il bambino si fa anche critico radicale, con la sua natura e col suo agire. Se pure poi a quel mondo dovrà tornare ma con una coscienza più aperta e capace di dissentire. Tale modello infantile e ideologico sarà ben presente nella tradizione toscana da Collodi a Pistelli e da lì si fa paradigma nazionale.
La seconda svolta sta tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento ed ha Rodari a proprio baricentro. È una rivoluzione un po’ in tutti i sottogeneri della letteratura infantile: dalla poesia al racconto, passando per il romanzo, la novella, la sperimentazione di nuove forme narrative, accompagnando tutto ciò con una riflessione critica sulla grammatica della fantasia
intesa come creatività e sull’uso della testualità stessa, più libero e polimorfo. Qui la letteratura infantile si fa apertura sperimentale, da un lato, e, dall’altro, mezzo per teorizzare e realizzare insieme l’emancipazione di ciascuno e di tutti, posto come telos della letteratura e insieme della democrazia aperta, saldandosi a quei valori ideali, meta-ideologici e antropologici in primis, di cui la stessa Costituzione italiana è portatrice: libertà, eguaglianza, solidarietà, bene comune. Dopo Rodari tale metamorfosi della testualità e del senso del messaggio letterario (tra critica e libertà) si è imposto un po’ come orizzonte comune, con poche resistenze, caso mai con ulteriori sviluppi su terreni fino ad ieri tabù.
Forse l’Italia ha dato, con queste due rivoluzioni, alla letteratura infantile una doppia occasione di farsi guida formativa e di rinnovarsi sì, ma proprio iuxta propria principia, ovvero testimoniando in modo netto il proprio statuto e il proprio valore, culturale e non solo.
6. Un modello letterario da valorizzare e molto
Tutto ciò ha sollecitato, qui da noi, anche una riflessione più ricca e sottile sulla letteratura infantile. Ha messo gli intellettuali a contatto con un genere alto
, ha fatto loro riconoscere tale la significativa funzione e culturale e etico-politica che essa svolge. Sul piano culturale proprio la meta-riflessione sul narrativo ha prodotto analisi fini e organiche. Si è favorita la sperimentazione di forme e di contenuti nuovi, con acuta sensibilità. Si è portata a maturazione un’idea di letteratura infantile ormai del tutto lontana dalla modesta Musa della pedagogia
(alla Croce) e, invece, ricca di tensioni, di invenzioni, di sofisticazioni anche. Una Musa, oggi, sottilmente creativa e di forte impegno letterario. Aperta alla coltivazione di molti registri narrativi e significativa anche a livello internazionale. In cui l’idea stessa del lettore è mutata. Così quella del produttore o autore. Come quella del testo, appunto.
Il destinatario è ormai un soggetto in età evolutiva di cui si conoscono le varie strutture cognitive e emotive, i bisogni fondamentali e la loro evoluzione, l’identikit mobile e complesso e lo si pone al centro dei testi per… bambini, ragazzi, adolescenti, dando vita a una produzione articolata, sfumata, poliedrica e per temi e per forme. La letteratura