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Hieronymus Bosch. Insigne pittore nel crepuscolo del Medio Evo
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Hieronymus Bosch. Insigne pittore nel crepuscolo del Medio Evo

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Volume di 368 pag. di cui 140 tavole riproducenti le opere di Bosch, in gran parte a colori, contiene la biografia del maestro integrata con deduzioni e intuizioni dell'Autore. Inoltre la descrizione dei dipinti, la storia dei suoi tempi, della magia, stregoneria, alchimia, filosofia, simbolismo.
LanguageItaliano
Release dateFeb 23, 2016
ISBN9788867518142
Hieronymus Bosch. Insigne pittore nel crepuscolo del Medio Evo

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    Hieronymus Bosch. Insigne pittore nel crepuscolo del Medio Evo - Enrico Malizia

    twitter.com/youcanprintit

    PATROCINI

    Questo volume ha ricevuto il patrocinio da:

    Presidenza della Repubblica Italiana

    Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo

    Associazione Dimore Storiche Italiane – sez. Lazio

    Istituto Italiano dei Castelli – sez. Lazio –

    Associazione Il Cenacolo dei Viaggiatori

    Associazione Culturale Fabrica – Civita Fa -

    Associazione Giornalisti Europei

    Associazione Amici Italia-Austria

    progetto Omaggio all’Umbria

    Roma Polo Club

    PREMESSA ALLA III EDIZIONE

    Il grande successo delle celebrazioni per il cinquecentesimo anniversario del decesso di Hieronymus Bosch – le eccezionali mostre di s’-Hertogenbosch e del Prado e lo splendido restauro della Nave dei folli al Louvre, eventi che ho potuto ammirare – nonché il grande interesse suscitato in tutto il mondo da questa memorabile ricorrenza, mi hanno spinto, essendosi esaurita la seconda edizione - in attesa di recarmi a novembre a New York per la grande antologica del Metropolitan - a prepararne una terza, arricchita da ulteriori dati, specie relativi a Desiderio Erasmo da Rotterdan.

    Mi auguro che questa iniziativa abbia almeno lo stesso successo delle precedenti.

    Buona lettura!

    Roma, 26 ottobre 2016

    Enrico Malizia

    PREFAZIONE

    Questo libro di Enrico Malizia è una biografia romanzata di Hieronymus Bosch. Una biografia romanzata che ha valore, nel contempo, di saggio storico e di esauriente esegesi critica. Oltre a trovare nel libro, infatti, una ricostruzione capillare e seriamente documentata di ciò che oggettivamente possiamo oggi dire di conoscere sulla vita del sommo maestro, notiamo come l’indagine svolta da Malizia sia soprattutto rivolta ( così recita il sottotitolo) a mettere in evidenza quattro aspetti cruciali dell’ arte di Bosch che sono: la stregoneria, la magia, l’alchimia e il simbolismo.

    Enrico Malizia è un tossicologo di grande fama e grandissima competenza. E’ uno scienziato rigoroso e non certo credulone. Il suo approccio, dunque, ai primi tre grandi temi del libro è quello dello studioso che, testi originali alla mano e acume critico filologicamente esercitato, tende a inquadrare questi fenomeni, in definitiva irrazionali, all’interno di una cultura che fu fervida, audace, libera e indagatrice. Bosch viene, dunque, descritto da Malizia, che sa perfettamente inquadrare il senso di quelle dottrine irrazionali all’interno della cultura umanistica, quale artista profondo ed eletto che esplora nuove dimensioni e nuovi significati dell’arte figurativa al fine di aprire gli occhi a una umanità ottenebrata per scendere negli aspetti più difficili e insondabili dell’ animo umano, visto nel duplice filtro di una dottrina laicale cui non disdice una sostanziale ortodossia religiosa.

    E qui scatta il quarto elemento: il simbolismo. E Malizia affronta nel libro l’ardua impresa di andare a rintracciare e spiegare le complicate iconografie, i simboli appunto sovente assai difficili, sottesi ai capolavori del Maestro, facendoceli in parte raccontare da lui stesso mentre interferisce con tutta una serie di personaggi del suo tempo.

    Ne emerge un libro che ha la piacevolezza della narrazione fantastica e l’impegno del vero saggio storico-critico. Ne emerge, con onesta convinzione, l’immagine di uno dei più grandi artisti di tutti i tempi e certamente di una fase storica i cui contorni ci appaiono sempre alquanto incerti e indefiniti. Pittore insigne nel crepuscolo del Medioevo, lo definisce il prof. Malizia e ha ben ragione di ricordare quegli studi, che ci precedono di tanti anni, in cui emerse chiaro quel concetto di Autunno del Medioevo, secondo la felicissima e indimenticabile definizione di Johan Huizinga ( anch’egli uomo dei Paesi Bassi), in cui la figura di Bosch sembra inquadrarsi perfettamente. Si, esiste sul serio tale dimensione di autunno, di declino e insieme di forza rigenerante che Bosch incarnò, come ci spiega Malizia, meglio di ogni altro.

    Enrico Malizia, così, è ormai diventato un vero e affettuoso amico di un pittore vissuto tanti secoli fa, perchè nel corso degli anni è arrivato, attraverso un lungo studio e un grande amore, a identificarsi quasi con quello spirito eletto e appassionato. E’ passato tanto tempo da quando Malizia cominciò a comunicare i suoi primi risultati di studioso agguerrito e innovativo di Bosch e il libro che oggi viene presentato contiene in sé molte pagine scritte in anni lontani e già pubblicate dallo studioso. Ma adesso siamo di fronte a una visione globale, armoniosa, approfondita di quel patrimonio di conoscenza e deduzioni che Malizia ha accumulato e continua ad accumulare, perchè la sua ricerca è inesausta e sempre fervida. Ma adesso questo libro è un punto fermo. Come in una grande enciclopedia del sapere, ogni fase della vita, ogni opera, ogni probabile pensiero del Maestro viene ripercorsa, discussa, raccontata. La scrittura di Malizia, peraltro, è elegante e spontanea, ricca di arguzia e nel contempo, solidamente scientifica, senza mai perdere di vista il piacere della narrazione. Un piacere cui nessun lettore potrà sottrarsi, preso sicuramente da quella stessa passione e da quello stesso interesse che hanno animato e animano il nostro autore.

    Roma, 31 Marzo 2016

    Claudio Strinati

    PRESENTAZIONE

    In una presentazione che voglia essere obbediente ai canoni classici della comunicazione si presenta dapprima l’Autore, poi il soggetto del volume, infine il volume stesso. Seguirò questo schema, ma spendendo solo qualche parola su Enrico Malizia, sia per non togliere spazio agli altri due temi, sia perché quando si sente il bisogno di elencare i meriti di un personaggio, allora vuol dire che non è sufficientemente noto. Presumo, invece, che la fama di Enrico Malizia sia universalmente nota e comunque facilmente accertabile. E’ sufficiente andare sul suo sito – www.enricomalizia.it - per rendersi conto della sua straordinaria figura di medico, scienziato (soprattutto nel campo della tossicologia), intellettuale a tutto tondo e degli innumerevoli riconoscimenti che ha ottenuto sotto forma di lauree honoris causa, premi e onorificenze, nazionali e internazionali.

    Vorrei però aggiungere da parte mia due cose, un ricordo e una considerazione.

    Il ricordo è relativo a un riconoscimento potenziale che è noto a pochissimi. Esattamente vent’anni fa, nel febbraio1996, nel corso dei contorcimenti di quella che era stata definita Seconda Repubblica, fu affidato ad Antonio Maccanico il compito di formare un governo di grande coalizione in grado di attuare una riforma costituzionale in senso semipresidenziale. A comporre come ministri un tale governo eccezionale sarebbero state chiamate quelle che si ritenevano le migliori personalità culturali della Repubblica. Enrico Malizia avrebbe dovuto ricoprire l’incarico di Ministro della Salute, mentre Giovanni Sartori, con il quale il sottoscritto collaborava, avrebbe dovuto ricoprire l’incarico di Ministro delle riforme istituzionali. Si trattava, com’è facilmente intuibile, di chiamare al servizio della Repubblica personaggi eccezionali in tempi eccezionali.

    Purtroppo, quell’esecutivo non vide mai la luce e da allora è considerato come una delle grandi occasioni perdute per la politica italiana.

    La seconda cosa, la considerazione che vorrei fare, riguarda la figura complessiva di Enrico Malizia, ossia la figura di un eminente scienziato nel campo medico, ma anche di un appassionato e agguerrito umanista, com’è rarissimo trovarne nei nostri tempi, dove domina incontrastata la specializzazione spinta. Enrico Malizia ha una profonda cultura storica, letteraria, artistico-pittorica, musicale. E’ inoltre un grandissimo erudito (provate a chiedergli qualcosa sulle dinastie europee di tutti i tempi). E ha ben ragione Giorgio Bogi, nella sua Prefazione a questo volume, a definirlo medico-umanista. Insomma, ricorda tanto a chi scrive la figura dei grandi scienziati-umanisti del nostro Rinascimento.

    Infine, mi piace ricordare i modelli di riferimento della sua vita, che egli stesso indica:

    1) il padre che gli ha insegnato l’onestà; 2) Albert Einstein che gli ha mostrato la serietà della ricerca scientifica; 3) Ulisse con il suo desiderio indomabile di conoscenza; 4) Don Chisciotte, che ha rappresentato il suo spirito d’ingenuo sognatore e cavalleresco.

    Mi pare che Enrico abbia scelto bene i suoi modelli e che anche per questo abbia raggiunto i risultati di cui può essere fiero e di cui noi tutti gli siamo riconoscenti.

    E ora Hieronymus Bosch.

    Hieronymus Bosch è stato definito l’ultimo uomo che ha dipinto il Medioevo, oltre che pittore dei diavoli. Siamo tra il 1450 (anno probabile della nascita) e il 1516, ossia nel periodo di massimo splendore del Rinascimento italiano. Ma nessuno dei grandi artisti italiani a lui contemporanei - Leonardo, Michelangelo, Botticelli Raffaello, Piero della Francesca, Signorelli, Pinturicchio, etc. - presenta una qualche affinità. L’arte del Rinascimento è ricerca della bellezza e dell’armonia, è classicità e humanitas, è riscoperta delle forze spirituali interiori dell’individuo, è fiducia in quest’ultimo in quanto toccato dalla scintilla divina, è luce e solarità, è il sorriso di Monna Lisa e la grazia della Venere di Botticelli. Per il Rinascimento il Medioevo è alle spalle, semmai c’è un ricongiungimento con la classicità greca e romana. Quello di Bosch è tutto un altro mondo. E’ agli antipodi. E’ un mondo dove domina l’ossessione del peccato e dei vizi umani, dove prendono forma le paure e gli incubi millenari dell’uomo, anche se a volte traspare il sorriso misterioso e ironico del volto del pittore (come nel Giardino delle delizie), quasi a voler introdurre una nota di distanza rispetto alle sue raffigurazioni. Bosch è, difatti, il primo artista figurativo a costruire quasi dal nulla – con l’eccezione forse di Dante – un immaginario nuovo, un mondo di visioni uniche che porta solo il suo marchio. Le sue visioni, immerse in un’atmosfera onirica, rappresentano soprattutto la dimensione infernale della vita umana, dove pullulano le bestie, i demoni variamente travestiti, le streghe, le figure post-umane, i corpi ibridi, gli anfibi, gli umanoidi, i mostri, e dove si manifestano incessantemente i sempre attuali vizi umani, dall’avarizia al gioco, dalla lussuria all’empietà, dalla voglia di arraffare (come nel Carro di fieno) alla credulità popolana (come nella Cura della follia). Ma non gli è estranea né la dimensione paradisiaca, declinata ora in accenti quasi paganeggianti o neoadamitici, con la prevalenza di corpi nudi, maschili e femminili, stilizzati e aggraziati che si ricercano (v gli amanti ne Il giardino delle delizie), né quella spirituale-religiosa (prevalente nell’ultimo periodo della sua vita), segno forse di una ritrovata quiete interiore.

    Sul piano tecnico, caratteristica del suo stile pittorico è la miniaturizzazione delle figure e la densità stupefacente degli innumerevoli episodi raccontati, tanto che riesce difficile, se non impossibile, cogliere con uno sguardo generale le sue opere. Questo sguardo, invece, si deve tramutare in capacità analitica di comprendere e distinguere i dettagli. Ogni sua opera, soprattutto i Trittici, è un trionfo di dettagli e di richiami simbolici, difficilissimi da individuare e da interpretare senza un robusto corredo di conoscenze storiche, letterarie, scientifiche e teologiche. Del resto, la cultura di Bosch si nutre del passato medioevale e del presente già proiettato nella modernità. Il passato medioevale rivive non solo nelle ossessioni e allucinazioni iconografiche già dette, ma anche nelle tradizioni favolistiche, tipiche della sensibilità nord-europea, popolate da maghi e streghe, ma anche nella pratica dell’alchimia e nell’assillo della ricerca di una religiosità autentica, di cui si fanno interpreti le varie sette ed eresie religiose del passato, ma anche il nuovo movimento riformatore della chiesa che proprio negli ultimi anni di Bosch sfocerà nel protestantesimo di Lutero (l’atto di rottura con la Chiesa cattolica è nel 1517). Giustamente Enrico Malizia parla nel sottotitolo del volume di crepuscolo del Medioevo, riecheggiando di proposito il titolo di quella fondamentale opera Autunno del Medioevo dello storico olandese J. Huizinga.

    D’altra parte, il presente di Bosch è un periodo di grandissimo e straordinario rilievo, come pochi nella storia, e non solo nell’arte, in cui si addensano veri e propri fatti rivoluzionari: dalla scoperta dell’America alla rivoluzione astronomica di Copernico, dalla pubblicazione de Il Principe (1513) a quella de L’Orlando Furioso (1516), dalla frattura religiosa che si opera nel corpo dell’Europa cristiana, con il sorgere e svilupparsi dei vari movimenti riformatori, dall’ascesa al trono di Enrico VIII e con il conseguente scisma religioso da Roma, all’affermazione dei grandi stati nazionali europei.

    Bosch non poteva non risentire del potente sommovimento dei tempi nuovi che si manifestava tanto nelle coscienze e nella formazione di una nuova mentalità quanto nel panorama complessivo della società civile, politica, intellettuale.

    Enrico Malizia coglie benissimo l’agitarsi dello scontro tra due mentalità, tra due spinte diverse, tra due forze contrapposte all’interno della personalità di Bosch, quando mette in bocca al suo personaggio la risposta che dà all’affermazione di Romboldus, suo frate precettore, secondo cui la curiosità è figlia del demonio:

    Romboldus, non vedo peccato nel cercare di conoscere quanto si può, anche se proibito e occulto, purché si abbia la forza di non compiere le pratiche condannate, o semplicemente non ammesse dalla nostra religione; io ricordo che l’intelletto si estrinseca nel razionale [cors. mio] l’anima resta nel mistero. Penetrare l’occulto significa, a mio giudizio, avvicinarsi alla conoscenza della propria anima e quindi a quella di Dio.

    Il Bosch di Malizia non è tutto uomo medioevale, è anche uomo che è agitato e pervaso dall’ansia della conoscenza, del dub bio, della curiosità e che non accetta verità prestabilite. E in questo sta la sua modernità.

    Del resto, una considerazione da fare è che la separazione netta tra Medioevo e Modernità è impossibile a farsi. La data della separazione è puramente convenzionale, utile alla chiarezza semplificatrice. Non esiste un momento storico in cui il passato medioevale è alle spalle degli uomini e in cui il futuro della modernità è tutto davanti a loro. Molti tratti della modernità affondano le loro radici nel passato medioevale, così come tratti tipici del medioevo si prolungano ben dentro i secoli post-medioevali. Per fare un solo esempio: Isaac Newton, vissuto a cavallo tra XVII e XVIII secolo, che è giustamente considerato uno dei più grandi scienziati moderni, praticava ancora l’alchimia!

    Se l’interpretazione di Enrico Malizia è oggi quella prevalente e universalmente condivisa, sta di fatto che fino all’800 Bosch fu considerato l’ultimo grande artista medioevale e, pertanto, il pregiudizio antimedioevale (basti pensare all’Illuminismo) non poteva non riverberarsi sullo stesso artista. Solo con la rivalutazione del Medioevo, iniziata dall’800 in chiave romantica e nazionalista, comincia a mutare l’apprezzamento del pittore fiammingo. Ma non si tratta solo di questo. L’apprezzamento di Bosch è qualcosa di molto più profondo, ed ha che fare con l’affermazione di un concetto di modernità assai più complicato e comunque diverso rispetto a quello basato sulla fisica meccanica nelle scienze, sul razionalismo astratto nella mentalità, sul figurativo nelle arti. Quando irrompe la rivoluzione di quella che possiamo chiamare la seconda modernità – che spazia dall’affermazione della psicanalisi di Freud (il subconscio era un universo sconosciuto prima) alla teoria della relatività di Einstein (che sostituisce, integrandola, la fisica newtoniana), alla fine del romanzo storico ottocentesco con Joyce, Proust e Kafka, alla deformalizzazione delle arti figurative con la comparsa delle avanguardie artistiche e in particolare con Picasso e così via -, irrompe anche la pittura visionaria di Bosch, non più considerata anacronistica, ma anzi pienamente pertinente alla nuova sensibilità della coscienza contemporanea. Da pittore medioevale, Bosch ridiventa un contemporaneo, giacché gli incubi, le allucinazioni, le visioni, le bruttezze fanno parte a pieno titolo della nostra vita quotidiana.

    Da qui la fortuna senza più limiti di Bosch. E’ stato affermato che hanno attinto a lui la psicoanalisi, il surrealismo di Dalì, le saghe de Il signore degli anelli di Tolkien, le Guerre Stellari di George Lucas, le fiabe di Walt Disney.

    E difatti quest’anno, nel cinquecentesimo della morte, sono innumerevoli le mostre, le iniziative e gli eventi dedicatigli.

    - Il pregio del volume è di costituire un commento sistematico e analitico a tutta l’opera del pittore fiammingo, riuscendo a fornire convincenti e fondate interpretazioni dell’opera e della vita. Non bisogna dimenticare che tuttora il pittore è considerato un personaggio enigmatico e misterioso. Per taluni è il moralista fustigatore dei costumi dei contemporanei e concittadini, per altri un ironico provocatore contro la Chiesa cattolica.

    Ma un altro pregio del volume è che si legge come un romanzo letterario e anche come un romanzo storico. E’ poi un’opera che illustra le idee che tormentarono all’epoca la Chiesa cattolica e le varie correnti riformatrici. Ed è anche un’opera dentro la quale s’intravedono le grandi monarchie europee, con sullo sfondo la situazione della decadenza politica dell’Italia.

    Tutti questi temi, che richiedono una sterminata cultura storica, emergono e sono trattati attraverso i dialoghi tra i vari personaggi, tutti rappresentati in forma viva e psicologicamente approfondita (il nonno, il compagno di studi Dirk, il frate Romboldus, la moglie Aleyt, l’architetto Allaert, Erasmo, Isaac l’olandese, la strega Gertrud, il capo della setta neoadamitica Jacob che gli commissiona il trittico Il Giardino delle delizie, e poi i regnanti e nobili dell’epoca, da Carlo il Temerario a Filippo il Bello, a Massimiliano d’Austria e così via). I dialoghi, in cui consiste la forma narrativa del volume, ricordano tanto i dialoghi platonici (per esempio quelli tra il pittore ed Erasmo attorno alla follia e al libero arbitrio), in quanto dedicati sovente a dissertazioni filosofiche, religiose, teologiche, politiche.

    Il volume esibisce un’erudizione sterminata. Sono elencati tutte le varietà delle droghe, dei veleni, delle erbe conosciuti all’epoca, così come tutti gli strumenti necessari all’esercizio della stregoneria, della magia, dell’alchimia e del simbolismo (tutti e quattro i temi privilegiati nel volume). E così il lettore incappa continuamente in termini sconosciuti, o perché desueti o perché appartenenti a un sapere esoterico o perché appartenente a saperi specialistici (per esempio: sicomoro, beute, athanor, aludel, embricazione, esba, e così via).

    In conclusione vorrei osservare che il volume non è un volume facile, di facile lettura. E’ un volume impegnativo, come del resto lo sono i grandi capolavori. All’inizio si fa fatica (ricordo la fatica iniziale nel leggere la Recherche e l’Ulisse), poi però si viene avvinti e non si riesce più a distaccarsene.

    Per chi riesce al leggerlo interamente, fino alla fine, il volume è un dono prezioso, di cui dobbiamo essere sinceramente grati a Enrico Malizia.

    Roma 31 Marzo 2016

    Oreste Massari

    PRESENTAZIONE ALLA I EDIZIONE

    Nihil hermeticum alienum: niente di occulto è estraneo. Spero che Enrico Malizia, uomo dottissimo e tossicologo insigne, non me ne voglia, se cedo alla tentazione di dedicargli questo motto esoterico. Me lo suggerisce l’intrigante lettura delle quattrocento cartelle e più di questa sua strana quanto scrupolosa fatica letteraria: una biografia, per lo più affidata giocoforza all’invenzione, di Hieronymus Bosch, maestro fra i massimi della pittura fiamminga. Nella fattispecie, l’artista viene indagato in tutti i risvolti iconologici, dagli stanchi cultori dell’ormai storica scuola di Vienna.

    In verità la complessa personalità del Malizia, ben oltre l’ormai sbiadito stereotipo del farmacologo di formazione umanistica, lettore assiduo dei classici greci e latini, ci fa risalire a quel momento-chiave del Rinascimento europeo che s’intitola alle geniali intuizioni di Paracelso e che prende le mosse dal recupero della sapienza del mitico Ermete Trismegisto, rivelatore tre volte grandissimo dei più riposti segreti del regno occulto, celato nel Corpus hermeticum tradotto da Marsilio Ficino.

    Se ho letto bene, l’Autore si è accostato alla vita e alle opere di Bosch con l’occhio acuito da una sconfinata curiosità intellettuale di vaga estrazione gnostico-umanistica. Attratto dal genio peculiare del maestro brabantino, il Malizia ha in effetti cercato di penetrare, inquirente implacabile, le fonti di ispirazione di quelle immagini allucinate e del loro ancipite simbolismo. Come spiegare le figurazioni di un visionario tanto sfrenato? Con l’assunzione di droghe e di unguenti delle streghe come sostenuto da molti, con lo studio dell’alchimia, della magia o stregoneria come affermato da altri, oppure con la pura eccitazione di una mente fantasiosa? E per quale scopo, con quale fine? Per ammonire a non peccare, per illustrare dottrine di sette eretiche o per un sadico compiacimento del male e delle sue punizioni?

    Di questi e altrettanti quesiti si nutrono le pagine di questo studio non di rado striato di giallo e di nero: colori attualissimi, adatti a calamitare il lettore, visto e considerato il gusto precipuo della nostra stagione. Qui mi limiterò ad accennare, senza togliere a nessuno il piacere di scoprirlo da sé, come il giudizio che ne risulta sia eclettico e sommamente indulgente. Il Bosch di Enrico Malizia resta insomma profondamente cattolico, proprio come tiene a definirsi l’autore. A suo giudizio, infatti, tutti i fattori sopra accennati – sullo sfondo dei problemi posti dalle sette eretiche (in primo luogo quella del Libero Spirito, cui si dice che per un certo periodo abbia aderito lo stesso maestro), dall’alchimia, dalla stregoneria e dalla magia, nonché dalla perturbata situazione culturale e politica del periodo storico fra il 1450 e il 1516, ossia fra la nascita e la morte di Bosch – avrebbero agito associati nell’ambito di un’era di transizione particolarmente intensa nei Paesi Bassi, dove brusco è il passaggio dal Medio Evo all’umanesimo rinascimentale di Erasmo, il pensatore che studiò anche nella stessa scuola nella quale si era formato il pittore (e il Malizia dà per certo l’incontro fra i due e ne argomenta la reciproca influenza). Insieme col solito augurio di rito – piuttosto superfluo nella circostanza – vorrei concludere rischiando una facile previsione: quella di un accorto produttore cinematografico che un bel giorno decida di varare un film sulla irripetibile figura del più folgorante pittore di diavoli che sia mai apparso sulla scena dell’arte. Ebbene, in tal caso consiglierei fin d’ora agli sceneggiatori di non tralasciare il libro del Malizia. Potrebbe risultare prezioso.

    Silvano Giannelli

    PREFAZIONE ALLA I EDIZIONE

    La tradizione del medico umanista non si è ancora spenta in questo secolo caratterizzato dal grande sviluppo della tecnologia. Un esempio è indubbiamente rappresentato da Enrico Malizia, il quale non ha limitato la sua attività a quella di medico docente e trattatista scientifico, nonché, in opere per il grande pubblico, di divulgatore degli aspetti più recenti e più discussi della medicina, quali le droghe e l’Aids, la Krak-cocaina e l’ecstasy. Egli infatti nel suo entusiasmo culturale, specie per l’arte e per la storia, ha trovato il tempo di dedicarsi allo studio ed alla interpretazione delle arti figurative come dimostrato da alcuni saggi e da questa trattazione critico-storico-fantastica della vita e delle opere del grande pittore Bosch.

    L’approccio a tale studio è veramente interessante, poiché integra le poche nozioni storiche e di archivio sulla vita del grande maestro Brabantino con una lettura interpretativa delle sue opere pittoriche.

    Cosa cerca di leggere l’Autore? Quanto ignoriamo della vita segreta e familiare del Maestro. Il perché, il significato e la natura delle sue allucinazioni iconografiche. La chiave dei simbolismi che ne caratterizzano l’opera. Il tutto inquadrato nel periodo storico in cui il maestro è vissuto dal 1450 al 1516, epoca di grandi sconvolgimenti, quali l’enorme frattura religiosa, la rivoluzione delle nozioni astronomiche, la nascita della moderna scienza, la scoperta dell’America.

    Lungo questo approccio lo studio e la narrazione della vita di Bosch si sviluppa usando in maniera particolare il dialogo e mettendo in risalto le differenze tra i tre periodi che distinguono la sua produzione pittorica.

    Il primo, naturalistico, inteso a riprodurre scene di vita comune, anche nei soggetti sacri. Il secondo fantastico, caratterizzato dal mistero, dal simbolismo, dall’esoterismo, dal grottesco, dalle allucinazioni. II terzo in cui Bosch, superati i dubbi, rientra nella più stretta ortodossia che culmina nell’ascesi della Epifania Bonckhorst-Busschuyse di Madrid e nelle scene della vita di Cristo, fino al tragico e grottesco Portacroce di Gent.

    In conclusione un libro che si legge come un romanzo; che nello stesso tempo fa conoscere tutta la produzione artistica di questo maestro della figura e del colore così moderno e padre di tutti i grotteschi e surrealisti fino a Dalí e ai suoi epigoni. Un libro che raccoglie un catalogo e una iconografia completa di tutte le opere di Bosch esistenti, nonché di quelle attribuitegli e le copie dei dipinti persi specie nelle guerre di religione. Un’opera che illustra le idee che tormentarono all’epoca la Chiesa cattolica coinvolgendola verso la Riforma e Controriforma. Un libro che narra, in un reportage di dialoghi tra contemporanei, la formazione delle grandi monarchie Europee e cerca di spiegare la particolare situazione di decadenza storico-politica dell’Italia ormai fuori dalle grandi rotte commerciali, divisa in tanti staterelli, ridotta a terra di conquista e oasi di riposo e delizia per i potentati esteri. Un libro che non solo gli addetti ai lavori, ma tutto il pubblico interessato all’arte, alla storia, all’evoluzione del pensiero medievale e cristiano-cattolico, all’alchimia, alla stregoneria e alla magia può leggere per meglio conoscere ed interpretare non solo il grande maestro di ‘s-Hertogenbosch, ma anche i suoi tempi che ha così simbolicamente rappresentato nella sua opera pittorica. Un libro che pertanto raccomando a una attenta lettura e meditazione.

    Giorgio Bogi

    PREMESSE

    Della vita dell’Insignis Pictor fiammingo Jheronimus Anthoniszoon (1) van Aken, noto come Hieronymus Bosch (suo nome d’arte), da ‘s-Hertogenbosh nel ducato del Brabante (che all’epoca era assoggettato a quello di Borgogna), ove nacque tra il 1450 e il 1455 – ritengo il 2 ottobre 1450 (2) – e dove furono celebrate solenni esequie il 9 agosto 1516, si hanno poche notizie storicamente documentate.

    In questo volume si narra la vita romanzata, nonché si mostrano e illustrano le riproduzioni delle opere; più precisamente:

    1) tutti i dipinti esistenti di attribuzione certa, nonché discussa, o oggi rifiutati da molti critici, o copie di opere andate perdute;

    2) i più importanti disegni;

    3) fotografie della sua città e del circondario, utili per illustrare il testo.

    Ma chi era Hieronymus Bosch?

    Da un punto umano fu homo medievalis, ma avendo realizzato la miglior parte della sua produzione artistica dopo la scoperta del Nuovo Mondo, va annoverato tra i traghettatori all’era moderna, accanto a Erasmo, Paracelso, Martin Lutero, Leonardo, Copernico, Enrico VIII, William Harvey.

    Ha vissuto in un periodo, caratterizzato da eventi straordinari, politici, bellici, filosofici e religiosi, che vengono riferiti e commentati dallo stesso pittore e dai personaggi che gli sono vicini. Un artificio per inquadrarne più profondamente il pensiero e i contenuti della sua attività artistica, nonché per comprendere ispirazione e significati.

    Da un punto di vista artistico, è stato un autodidatta: non ha avuto un vero maestro, né alcuna scuola. Tuttavia va ricordato che discendeva da una famiglia di pittori, seppur modesti, fondata dal nonno, famiglia di cui ha sempre seguito gli insegnamenti e i consigli, sebbene con spirito indipendente e critico. Si suppone che, dopo questa iniziale e rudimentale formazione, il suo grande talento abbia appreso l’arte e la tecnica della miniatura, in cui è stato eccelso, studiando con passione e intelligenza alcune opere miniate, quali la Legenda Aurea e si è approfondito nella pittura, mediante l’attenta osservazione delle riproduzioni a stampa dei capolavori dei grandi maestri, specie del ‘400 italiano.

    Si perfezionò, viaggiando dapprima (1467) nei Paesi Bassi (a Utrecht, grande centro di miniaturisti, a Harlem e a Delft, dal maestro della Virgo inter Virgines). Poi, dopo pochi anni (1483), si recò probabilmente nei Sancta Sanctorum delle arti visive nel Nord Europa dalle Fiandre alla Francia e alla Svizzera, sia nelle celebrate scuole di miniatura, sia di pittura, come quelle di Parigi, Colmar, Isenheim e Basilea. L’arte pittorica, che sarebbe diventata il fulcro luminoso del suo genio, si sviluppò e progredì enormemente, come già accennato, tramite lo studio assiduo e profondo delle riproduzioni a stampa di dipinti di grandi pittori, specie italiani.

    Dall’età di sedici anni, fino al 1485-90, l’artista sviluppò un proprio stile, diverso da quello maggiormente in voga, basato sulla finezza dei dettagli e la resa dei volumi plastici, optando per un’esecuzione piatta, a due dimensioni, grafica anziché pittorica. Come molti pittori fiamminghi antichi, era solito tracciare l’intera composizione direttamente sul substrato bianco e ritoccare in seguito il disegno con tratti leggeri e trasparenti di colore, per rendere più vivi ed espressivi gl’incarnati. Più tardi, dal 1485-90 in poi, specialmente dopo il molto probabile viaggio in Italia a Venezia (1502-3) attraverso l’approfondimento dell’arte umanistica-rinascimentale, la sua pittura acquisì la magia del paesaggio (Giorgione) e la profondità della prospettiva (Mantegna).

    Poiché la sua produzione pittorica è stata realizzata in gran parte su tavole di legno di quercia, la dendrocronologia consente di stabilire una datazione alta delle opere, che ha il merito di isolare dalla produzione originale, le copie tarde, prodotte su legno abbattuto dopo la morte dell’artista (p.e., le celebrate Nozze di Cana (tav. 7B) è risultata essere del 1550, trentaquattro annidopo il decesso di Bosch, quindi una copia); Il Carro di Dieno del 1516, anno del suo decesso. L’analisi del disegno preparatorio, mediante la riflettografia e la radiografia, consente di discernere la tecnica dell’artista, relativamente alla preparazione del substrato pittorico ed all’applicazione dei colori, nonché di identificarne alcuni schemi di base, suscettibili, nella migliore delle ipotesi, di essere ricondotti a fasi distinte del suo sviluppo stilistico.

    La vita passata a ‘s-Hertogenbosh e nei villaggi vicini, tra cui Oirshot e il feudo di Rodeken (di cui era entrato in possesso con il matrimonio), aree dominate da superstizione, magia, stregoneria, alchimia, ci spiega la conoscenza (forse anche la credenza) di tali pratiche, documentata in dipinti e disegni, oggetto di approfondite descrizioni storiche ed esemplificative, mediante alcuni capitoli di questo volume. Il lettore troverà pertanto compendi di alchimia, magia, stregoneria e descrizione delle così dette droghe delle streghe, nonché di comunità riformiste e sette eretiche, come quella del Libero Spirito, a cui alcuni pensano abbia aderito Bosch, eseguendo, su loro committenza, il suo più famoso trittico: Il Giardino delle Delizie Terrestri. Una serie di nozioni, che rendono più interessante e avvincente la lettura, oltre a soddisfare i curiosi dei misteri e dell’occulto.

    Da un punto di vista religioso, nacque e morì cattolico ortodosso, ma ebbe grandi dubbi, specie tra il 1490 e il 1500, come dimostrato dalle differenze di contenuti delle sue opere. Fu un valido sostenitore della riforma della Chiesa Romana, grande critico del lusso e del malcostume dei Pontefici e di una parte rilevante del clero, con particolare riguardo al commercio delle indulgenze (tav. 2, 10A e B et al.) proprio come Lutero.

    Una caratteristica saliente della vita e dell’opera dell’artista è la paura del fuoco, in quanto durante l’infanzia, era stato terrorizzato dall’incendio della sua città, che coinvolse anche la sua famiglia. Paura quindi di bruciare al rogo dell’Inquisizione in vita e di finire all’inferno, per la dannazione dell’anima. Quella inquisitoria lo avvicinò, in quanto espressione criptica, al simbolismo, che la sua fantasia portò alla massima figurazione.

    La biografia di Hieronymus Bosch, universalmente riconosciuto Sommo Maestro del simbolico, grottesco, criptico, misterico, nonché dell’arcano e del magico, narrata in questo volume, è parzialmente romanzata. Sono riferiti con esattezza tutti gli eventi documentati, arricchiti tuttavia da supposizioni e intuizioni, ricavate con l’aiuto della fantasia, dall’attenta lettura delle opere. Thomas Carlyle, in: On heroes, hero-worship and the heroic in history – Eroi, culto degli eroi e l’eroico nella storia. (Bosch, secondo il pensiero e la filosofia del grande storico inglese, va considerato un eroe nel suo campo) afferma che la parte più significativa della vita di un eroe, va cercata nelle sue opere, nonché da dati certi di personaggi che lo hanno incontrato. La narrazione, in presente storico, è spesso fatta da Bosch stesso, sotto forma di dialoghi con i suoi interlocutori. Insomma, da un punto di vista strettamente rigoroso, l’opera va classificata: Vita Romanzata, ma, come evidenziato in Gli gnomi. Miti, Leggende e Segreti (E. Malizia e H. Ponti), romanzi, leggende e miti, sono strettamente concatenati con la storia, di cui frequentemente completano e stimolano le ricerche.

    Inoltre, alcuni personaggi (come dettagliatamente precisato nel Commento) e i relativi accadimenti, sono stati inventati; i dialoghi, sia con soggetti reali, sia immaginari, sono opera della fantasia, o meglio, delle supposizioni e intuizioni dell’autore, ma sempre coerenti. Pertanto, questo volume può essere letto come un romanzo storico-artistico, che interpreta la misteriosa vita di Hieronymus Bosch e del basso Medio Evo, mostrandoci tutta la sua opera illustrata, spiegata e commentata

    Filippo II di Spagna, all’epoca il più potente sovrano del mondo, decedette nella sua modesta cella all’Escorial dopo 59 giorni di agonia, avendo di fronte al letto I Sette Vizi Capitali ed I Sette Sacramenti (andato disperso), a sinistra il Carro di Fienoe a destra Le tentazioni di S. Antonio. Opere tutte di Bosch, di cui fu il primo e massimo collezionista. A lui si deve, se molti dipinti di Hieronymus si salvarono dalla distruzione desiderata e in parte attuata, dai fondamentalisti cattolici e riformati, che lo accusavano di contatti con il demonio e lo chiamavano pittore di diavoli. Notizie ricavate dalla prima biografia di Bosch, scritta dal frate Carlos de Siguenza, confessore del sovrano, il quale riferisce che il suo re è deceduto guardando i dipinti di Hieronymus, facendo un bilancio della sua vita sperando che i Sette Sacramenti lo salvassero dai Sette Vizi Capitali, e la preghiera come quella praticata da S. Antonio nelle Tentazioni, dalla cupidigia rappresentata dal Carro di Fieno. Gli storici, e io con loro, si domandano, quali legami misteriosi esistevano tra i dipinti di Bosch e l’animo del sovrano, nonché le intime ragioni di questa imperscrutabile attrattiva.

    Infine mi sia consentito raccontare un episodio personale. Addì 10 maggio 1985 ho avuto l’onore e il piacere di seguire Sua Santità Giovanni Paolo II a ‘s-Hertogenbosch, assistendo nella cattedrale di S. Giovanni, alla riconsacrazione dell’Altare Maggiore, devastato dai Protestanti Orangisti. Mentre assistevo al lavacro della pietra e alla Sua riconsacrazione, che ho descritto nel presente volume, attribuendola, vedi capitolo XVIII, all’Arcivescovo di Liegi (5 maggio 1494) contemporaneo di Bosch, mi domandavo se il Medio Evo fosse veramente finito e quando sarebbero cessate le così dette guerre di religione.

    Buona lettura, caro lettore,

    1 Patronimico fiammingo. Figlio di Antonio.

    2 Ritengo, avendo letto in un documento di archivio che è vissuto sessantasei anni, che la data di nascita sia il 2 ottobre 1450.

    Roma, 10 luglio 2015

    Enrico Malizia

    BIOGRAFIA ROMANZATA

    DI Hieronymus Bosch

    E IMMAGINI DELLE SUE OPERE

    La storia (come la

    biografia), è

    sempre storia

    contemporanea,

    ma attraverso

    il pensiero dello

    storico (biografo).

    Benedetto Croce

    INTRODUZIONE

    Le visioni oniriche di Bosch,

    che vivono nelle sue opere,

    sono frutto solo della sua fantasia?

    E. Malizia, Il viaggio fantastico di Hieronymus Bosch

    Il primo incontro con Jheronimus van Aken detto Hieronymus Bosch, risale al 1966, al Prado di Madrid, dove mi ero recato per un Congresso Internazionale di Tossicologia. Entrai nelle due sale, ove sono esposti alcuni suoi dipinti più significativi. Restai stupito, emozionato; davanti a me, disegnata con un’accuratezza da miniaturista, una folla di creature immaginarie e simboliche si articolava in un cosmo irreale, fantastico, grottesco e nello stesso tempo esoterico e misterioso. Eppure, dalla sua follia e irrazionalità, scaturivano sequenze logiche di immagini, avvenimenti e colori, a descrivere scene allucinanti, oniriche, deliranti. Mi arrestai a guardare questa cosmogonia col desiderio di afferrarne i minimi particolari, gli intimi e nascosti significati, nonché la loro ispirazione morale e spirituale. La contemplazione venne interrotta dai custodi: la galleria chiudeva. Ero restato per circa tre ore, senza percepire il fluire del tempo, davanti al Giardino delle delizie terrestri, al Carro di fieno, a S. Antonio Abate, alla Epifania e ai Sette Vizi Capitali. Si era manifestata la sindrome di Stendhal¹ e non ero affatto riuscito a risolvere alcuno degli interrogativi che mi ero proposto. Con me rimaneva solo l’imperioso desiderio, quasi una pulsione, a proseguire le ricerche sull’uomo Hieronymus Bosch e sulle sue opere.

    In questi successivi cinquanta anni, ho cercato di approfondire la conoscenza del Maestro²nel tentativo di risolvere i dilemmi, che il pittore aveva suscitato in me. Ho visto tutte le opere di Bosch sparse per il mondo; ho visitato più volte la sua città natale: ‘s-Hertogenbosch³e il suo ritiro di Oirshot; ho scartabellato i registri cittadini, quelli della Cattedrale di S. Giovanni, sua chiesa parrocchiale e quelli della Confraternita della Santa Vergine Diletta, cui apparteneva. Ho consultato e letto le principali opere critiche e storiche, che trattano di lui e della sua arte, dalea prime a nostra conoscenza – quella di Guevara del 1560 e quella del Vasari del 1568 – alle ultime uscite:Il giardino delle delizie terrestri di P.S. Beagle, Bosch di Mauro Bussagli, il saggio di Massimo Cacciari Il mutus liber di Hieronymus Bosch e le pubblicazioni di Stefano Zucchi.

    Per un migliore inquadramento, mi è stato utile studiare la storia medievale e primo-rinascimentale, con particolare riguardo ai Paesi Bassi e al Ducato di Borgogna, nonché, nei minimi dettagli, quella della sua città natale.

    Ho poi cercato di individuare,

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