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Un incantesimo lungo una notte
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Ebook152 pages1 hour

Un incantesimo lungo una notte

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About this ebook

Una storia cadenzata da atmosfere musicali che trovano la loro eco negli stati d’animo dei protagonisti. Una “favola” moderna dal “sapore antico”, letta attraverso una “lente” molto particolare… Un percorso di “ricerca” con un epilogo assolutamente a sorpresa…

Un libro da assaporare lentamente come le vite dei personaggi principali che con imprevisti emozionali, direzioni incognite e rimbalzi anche azzardati sono in continua evoluzione. Il romanzo è vibrante di provocazioni e spunti riflessivi. Il testo, oltre che per la modernità che lo caratterizza, si presenta accessibile e vicino ad un’ampia fascia di lettori.
LanguageItaliano
PublisherLa Caravella
Release dateAug 4, 2013
ISBN9788868270216
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    Un incantesimo lungo una notte - Rita Bignante

    Rilke

    Nota dell’Autrice

    Nel capitolo ottavo non è menzionato il nome del pittore che ha dipinto lo splendido quadro noto come la Natività della Vergine, poiche gli storici s’interrogano tuttora sulla sua identità.

    Prefazione

    Avvincente, fresco, giovane e sfuggente: proprio in quest’ultimo aggettivo risiede il maggior pregio di questo romanzo.

    La penna dell’autrice, come la bacchetta di un navigato direttore d’orchestra, ci muove continuamente dai toni solenni e gravi degli oboi per farci giungere alle frivole altezze dei violini risolvendo la tensione narrativa con una leggerezza confortante che lascia immaginare al lettore infiniti spartiti coi quali si potrebbe terminare la sonata. I dialoghi passano dall’argomento cupo allo scherzoso in un verosimile infrangersi di pensieri lievi e penetranti come zampilli d’acqua, capaci di generare poi mille piccole gocce di nuovi spunti da cui poter ripartire.

    La leggerezza, la diafana leggiadria dei due protagonisti (o forse ce n’è solo uno?) è una caratteristica che li contraddistingue, per quanto innestati nel loro spazio–tempo. Spazio-tempo che dettagliatamente sviscerano e studiano, ma come se vedessero tutto dall’alto. Dall’alto della loro cultura cosmopolita e della loro esperienza di vita che da lontano li ha portati lì dove la vicenda si svolge. Per quale ragione questa angolatura di prospettiva? Perché tanta inafferrabilità? Aleggiano o vivono?

    Due sono i colpi di scena, i repentini cambiamenti che la regia dell’autrice ci propone: il primo a poche pagine dall’incipit, tanto per scrollarci e dimostrarci che la materia trattata può guizzarci via tra le mani non appena pensiamo di comprenderla e trattenerla. Di che cosa sarà fatta tale eterea materia? Il secondo cambio di scena, ovviamente, come in tutte le Opere liriche che si rispettino, per il gran finale (ma c’è veramente un finale?).

    L’Amore è (o sembra essere?) certamente il tema centrale e, se fosse tutto qui, ci troveremmo davanti ad un tenero romanzo rosa, ma, man mano che si prosegue, questo rosa si variega di tante altre venature cromatiche tali da renderlo irriconoscibile e non si può più definirlo tale. Non è un romanzo storico, anche se i riferimenti in questo senso sono molti e ben incastonati nello snocciolarsi della vicenda. Non è un romanzo culturale-letterario perché, seppur frequenti le citazioni ed i rimandi, non ha nulla a che vedere con un saggio. Quale connotazione dargli dunque? Curiosi?

    Se dicessi che la vicenda riguarda un uomo e una donna potrebbe bastare?

    Quale potrebbe essere il sentimento tra i due? Chi fugge l’altro/a? Chi cerca chi?

    Tra l’altro l’autrice riesce mirabilmente ad inserirsi nella psicologia maschile e a descriverne realisticamente i processi; con quali mezzi e meccanismi?

    C’è poco da dire, ma veramente tanto da scoprire… leggendo!

    Davide Irico

    Ouverture

    Le note dell’aria E lucevan le stelle della Tosca di Puccini, mi assistono mentre lascio scivolare queste parole sulla carta. Un bel respiro profondo e comincio…

    Se solo qualche anno fa mi avessero detto che un giorno avrei raccontato questa storia… avrei riso. Invece… eccomi qui con la voglia di scrivere ciò che il cuore mi suggerisce. Impossibile farlo tacere.

    Dalla finestra della pensione in cui mi trovo, scruto il lago Massaciuccoli con particolare attenzione: oggi le sue acque sono più placide del solito, persino il colore è diverso… mi sembra più intenso, come se anch’esso avesse deciso di vestirsi a festa per l’inizio della nuova stagione lirica.

    Fra pochi giorni, il teatro affacciato su questa distesa grigio-azzurra accoglierà migliaia di persone, fra appassionati, turisti e giornalisti.

    Ci sarò anch’io e… ma che succede?

    Di colpo il giorno è diventato notte, si è alzato un vento fortissimo, impetuoso ed il bellissimo pino marittimo che troneggia orgoglioso nel cortile antistante l’albergo, oscilla paurosamente…

    Nuvole rabbiose si rincorrono nel cielo di tenebre ed io temo che questo vento sciagurato venga a sconvolgere il meraviglioso scenario naturale…

    Odo la mia voce gridare: «Noo, noo…», ma il vento continua a sferzare il pino marittimo che sembra gemere mentre si flette fino all’inverosimile…

    Brian S. - Torre del Lago Puccini

    1

    Conobbi Livia grazie ad una delle tante coincidenze cui la vita ci pone di fronte…

    Avevo quarantanove anni, anche se, a detta delle persone che mi conoscono, ne dimostravo almeno dieci di meno. Ero un uomo piacente, dico io, un tipo attraente, per la maggior parte delle donne che incontravo per strada o al supermercato o nei caffè che mi lanciavano spesso occhiate ammiccanti…

    I miei occhi grigi e i miei capelli sale e pepe non passavano inosservati ed il mio fisico da ex palestrato faceva il resto. Ero conscio del mio fascino, ma dopo il divorzio da Carla, ottenuto a fatica cinque anni prima, qualcosa dentro di me si era spezzato; non mi curavo più di tanto neanche delle avances più audaci di certe tipe che i miei amici, Flavio e Giuliano, cercavano di propormi ogni sera che trascorrevo in un circolo privato che si trovava a poca distanza da casa mia, a Cumiana.

    Invito al quale non riuscivo quasi mai a sottrarmi, vuoi per pigrizia, vuoi per solitudine. Stavo attraversando un periodo critico e ne avevo piena consapevolezza, ma non mi andava di sventolare il mio stato d’animo ai quattro venti. Le mie giornate erano sempre pienissime, tra il lavoro di giornalista che mi impegnava tantissimo tenendomi spesso alzato fino a tarda notte, sport e interessi vari, ma mi mancava qualcosa e mi trovavo sovente a domandarmi cosa volessi davvero.

    Quella sera di giugno l’espressione di scontento che avevo dipinta in volto doveva essere, però, davvero troppo palese, perché Flavio si sentì in dovere di risollevarmi il morale.

    Il mio amico e collega, da sempre il più loquace della nostra allegra brigata di tre gatti, come amavamo farci chiamare, stava cercando di catturare la mia attenzione parlandomi persino dell’eventualità di un viaggio nell’isola di Pasqua, (da quanto accarezzavo quel sogno!) snocciolandomi tutte le notizie e i particolari che era riuscito a ricavare via Internet. Ma, mentre lui parlava dell’enigma delle sculture megalitiche, i grandi Moai, io vagavo in una dimensione nota solo al mio io più profondo…

    Se una parte di me lo stava ad ascoltare, l’altra sembrava fluttuare nell’aria tiepida estiva che entrava da una finestra aperta di quel bar…

    Senza un motivo apparente, presi in mano il mio bicchiere di birra che avevo vuotato solo un attimo prima, lo esaminai con attenzione e lo girai e rigirai tra le mani.

    «Dopotutto è un comunissimo boccale per la birra» disse con gentilezza Giuliano che, riscossosi improvvisamente dal silenzio che si era autoimposto, mi guardava preoccupato.

    «Sì, lo è» risposi, senza cogliere l’ironia delle sue parole.

    Chissà perché a volte il cervello si concede una pausa nei momenti meno opportuni!, pensavo fra me e me.

    Infatti, mi ero perso nel considerare che ci trovavamo al 21 giugno, giorno in cui il sole entra nel tropico del cancro, noto come solstizio d’estate. Estate come sinonimo di caldo, di vacanze, eccetera, eccetera.

    ***

    Il dì seguente avevo voglia di camminare e di godere a pieno di quella meravigliosa giornata di sole, così, approfittando di un momento tutto mio, decisi di fare due passi. Non so cosa mi prese, ma appena tornato a casa, dopo aver fatto la spesa, decisi di uscire di nuovo con grande stupore di Seti, il mio bellissimo pastore tedesco a pelo corto, di quattro anni. Lo accarezzai, lui mosse la coda, ma poi si accucciò ai miei piedi; con ogni evidenza, la mia voglia di camminare non collimava con la sua, così mi rassegnai ad uscire da solo.

    Desideravo visitare per l’ennesima volta il mio amato Camposanto, di San Gervasio.

    L’ultimo tratto che conduce all’antico cimitero si presenta come una stradina ripida, lastricata e, arrivati in cima alla salita, ci si trova davanti ad una chiesa e ad un maestoso campanile che, pur essendo annoverato dagli storici fra i monumenti più antichi del nostro Pinerolese, mi divertivo spesso a trasfigurare in chiave fiabesca. Grazie ad un’utopica nota di colore lilla acceso, lo immaginavo provvisto di due maxi occhi curiosi e indagatori, in perenne contrasto con una bocca sempre distesa in un sorriso; come se, da un lato, fosse ansioso di scoprire l’identità di ogni passante, dall’altro, ben disposto ad elargirgli comunque la sua benevolenza.

    Sotto al campanile, una graziosa panchina in pietra offre riposo al viandante stanco o desideroso di contemplazione. In realtà, quella superficie color grigio-chiaro, affidandosi alla memoria degli abitanti della zona, era in origine la pietra sulla quale venivano adagiati i defunti prima delle esequie. Di fronte, dall’altro lato della strada, un magnifico pilone votivo incuriosisce lo sguardo.

    Volevo sedermi un momento per meditare in assoluta tranquillità, ma quella che io definivo la mia panchina verso l’aldilà era occupata da una sconosciuta.

    Certo non potevo pretendere che quel luogo fosse solo mio! Del resto, quante altre persone avevano preso posto su quella che io consideravo la mia panchina?

    Eppure quella donna quel giorno mi provocava un senso di fastidio. Fu una sensazione di un istante: quando i suoi occhi si levarono dal libro che stava leggendo e incontrarono i miei… avvertii un profondo senso di benessere che mi invase tutto il corpo; una sorta di appagamento infinito. Di colpo mi sentii come un assetato nel deserto che, dopo tanti miraggi, ha finalmente davanti a sé un’oasi paradisiaca; come un senzatetto cui hanno appena comunicato che ha di nuovo una casa; come un fiore che sta per essere reciso destinato ad un banale vaso di cristallo al quale è stata concessa un’altra opportunità, una seconda occasione…

    Quanto cambiano i giorni apparentemente distesi sulla stessa linea del tempo, eppure così diversi fra loro.

    Appena il giorno prima mi sentivo spento ed ora quegli occhi mi avevano dischiuso un nuovo mondo.

    Ci

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