La comunicazione turistica - Strategie promozionali e traduttive
By Renzo Mocini
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La comunicazione turistica - Strategie promozionali e traduttive - Renzo Mocini
BIBLIOGRAFIA
Prefazione
Da quando la pratica del turismo si è affermata molte cose sono cambiate. Dal modo di fare vacanza al modo di far conoscere i prodotti turistici. È cambiato il turista ma parallelamente è cambiata la comunicazione turistica. Il quadro del sistema dei media si è arricchito di molti soggetti nuovi e competitivi. Il rapido sviluppo che ha caratterizzato negli ultimi decenni il settore turistico ha messo in evidenza l’importanza della comunicazione turistica come strumento per far conoscere e pubblicizzare le destinazioni di viaggio. Se da un lato il successo di un certo tipo di vacanza dipende dalle capacità organizzative degli operatori turistici, dalla loro abilità nell’assemblare vari elementi che rientrano nella composizione di un pacchetto vacanza, dall’altro, è legato sempre più alla capacità di saper comunicare un prodotto, informando e persuadendo all’acquisto, senza ingannare. La comunicazione gioca così un ruolo decisivo, dal momento che la scelta di una location piuttosto che un’altra è spesso influenzata dalla promozione fatta dagli operatori turistici. Le risorse, potenziali o effettive che siano, da sole non bastano a fare turismo. Uno splendido scenario naturalistico, una città d’arte, una lussuosa struttura ricettiva, un affascinante evento culturale, se non adeguatamente valorizzati o inseriti in circuiti che ne arricchiscano il senso, non bastano da soli a far affluire turisti. La comunicazione è fondamentale sia per costruire un’immagine positiva di un prodotto turistico che deve essere conosciuto, sia per un prodotto che ormai saturo
e in declino
richiede un riposizionamento e quindi la creazione di una nuova immagine.
Nonostante questo ruolo decisivo, l’interesse per la comunicazione turistica è piuttosto recente. Fatto alquanto singolare, se possiamo sostenere con Giacomarra che il turismo «è comunicazione prima ancora che pratica».¹ Per di più una pratica che costituisce un notevole business globale tanto da rappresentare uno dei motori trainanti dell’economia mondiale. Il rapporto tra turismo e comunicazione è allora forte e inscindibile. Si può affermare che «non esiste un distacco netto tra il momento della produzione e il momento della comunicazione del prodotto: la costruzione del prodotto deve comprendere anche la comunicazione».² Proprio a sottolineare la natura ontologica del rapporto tra turismo e comunicazione, lo spazio turistico appare sempre più come una costruzione, un luogo che deve essere raccontato prima di essere visitato e consumato
. Generalizzando, si può affermare che la comunicazione turistica è quell’insieme di strategie messe a punto da soggetti sia pubblici che privati per promuovere una location, una struttura, un servizio. Tanto è vero che oggi si parla della comunicazione turistica in termini di infomarketing.
Il turismo italiano investe poco in comunicazione. Secondo i dati forniti dall’IPK di Monaco di Baviera, uno fra i più prestigiosi istituti di ricerca sul marketing turistico, emerge che, mentre alcune aziende commerciali investono fino al 90% del budget in marketing e comunicazione e il 10% in produzione, il turismo italiano dedica alla prima voce solo l’1-2%.³ Tale dato è tanto più significativo se si considera che il turista moderno è sempre meno appagato dal già noto
, dal monumento simbolo riprodotto in serie su cartoline e souvenir, o da località ormai fin troppo battute dal turismo di massa, e sempre più teso alla scoperta, alla nicchia, all’inconsueto, al sorprendente. La comunicazione è il cuore del marketing mix⁴ di tipo turistico e sfrutta abilmente tutti i mezzi semiotici e le nuove tecnologie per fare entrare un prodotto turistico nell’immaginario collettivo.
Accanto alle comunicazioni tipicamente persuasive della pubblicità in genere, dobbiamo prendere in considerazione da una parte quelle forme di comunicazione denominate di scenario
, ovvero che colpiscono attraverso modalità indirette, come le guide, i cataloghi, i dépliant, gli articoli di giornale, e dall’altra le fonti personali
, come i racconti di amici e conoscenti, le foto di viaggio, i filmati realizzati in vacanza. Queste ultime fonti hanno trovato la loro massima espressione sul web, confluendo in blog, community, ecc. Il denominatore comune di tutte queste forme di comunicazione è il coinvolgimento del destinatario.
Questo libro si focalizzerà su un tipo particolare di comunicazione persuasiva, la guida turistica. Ma a cosa persuade una guida turistica? E in che modo? I capitoli uno e due della seconda parte cercano di fornire una risposta il più possibile esaustiva a questi interrogativi, rintracciando nei testi una narratività profonda e svelando le procedure di significazione attraverso le quali si costruisce l’immagine positiva di un prodotto
turistico che ne permette la desiderabilità e quindi il consumo
. Dopo una ricognizione dello stato dell’arte degli studi sul turismo a cui è dedicato il primo capitolo della prima parte, si metterà in evidenza nel capitolo successivo come lo sviluppo del turismo sia stato scandito dai testi che hanno accompagnato viaggiatori e turisti. Il capitolo con il quale si conclude la prima parte offre una riflessione sul rapporto tra turismo e tecnologia in un ambiente segnato dall’integrazione tra vecchi e nuovi media. Infine, nel terzo capitolo della seconda parte sarà adottata una prospettiva interlinguistica per identificare le strategie adottate nella traduzione di una guida turistica, operazione delicata in quanto nel testo di arrivo non solo dovranno essere trasposti elementi semantici e sintattici ma dovrà anche essere mantenuta la stessa finalità pragmatica e lo stesso effetto perlocutorio.
* * *
La mia particolare gratitudine va ad Alba Graziano dell’Università della Tuscia di Viterbo che per prima ha creduto nel mio progetto e con straordinaria generosità ha messo a mia disposizione la sua grande esperienza professionale. Un sincero ringraziamento ad Antonio Pinna dell’Università di Sassari per i suoi preziosi suggerimenti e per aver discusso con me le varie fasi della ricerca. Desidero infine ringraziare il Touring Club Italiano per tutto il materiale fornito senza il quale questo tipo di lavoro non sarebbe stato possibile.
1 M. G. Giacomarra, Turismo e comunicazione, Palermo, Sellerio, 2005, 14.
2 F. Giordana, La comunicazione del turismo, Milano, FrancoAngeli, 2004, 16.
3 Cfr. su questo punto ibidem.
4 L’espressione marketing mix indica la combinazione degli elementi di un piano marketing sintetizzati dalla teoria delle quattro P
introdotta per la prima volta da E. J. McCarthy: product (caratteristiche del prodotto quali la prestazione, la qualità, ecc.), price (prezzo del prodotto, sconti, offerte, ecc.), place (distribuzione, copertura geografica, ecc.), promotion (comunicazione pubblicitaria e promozione). Su questo punto cfr. E. J. McCarthy, Basic Marketing: A Managerial Approach, Homewood, Richard D. Irwing, 1960.
PARTE I - COMUNICARE I LUOGHI DEL TURISMO
CAPITOLO I - GLI STUDI SUL TURISMO
Il turismo è stato ampiamente studiato nel mondo anglosassone in chiave antropologica e etnografica. James Clifford⁵ ha messo in risalto la funzione di contatto e di scambio svolta dalle pratiche turistiche. Il viaggio è visto come passaggio di frontiera con conseguente contaminazione, ibridazione e vicendevole trasformazione delle culture che entrano in contatto. Il turismo rappresenta uno dei modi in cui avviene lo scambio interculturale. Adottando tradizionalmente il punto di vista della cultura ospitante, diversi antropologi tra i quali spiccano Graburn⁶ e Greenwood,⁷ a fronte della sempre più massiccia trasformazione di riti e usanze in attrazioni turistiche, si sono chiesti se le culture più deboli sarebbero state in grado di reggere l’impatto del turismo di massa. Dalle loro indagini emerge la dimensione ambivalente del turismo. Se infatti da un lato il rischio è quello della mistificazione delle culture, sostituite sempre di più dai loro simulacri adattati alle esigenze dei turisti, dall’altro, proprio il turismo può contribuire alla rivitalizzazione di quegli aspetti culturali minacciati dalla società industrializzata. Un approccio interessante al turismo è quello di Barbara Kirshenblatt-Gimblett.⁸ Nella prospettiva dell’antropologa americana, ci sarebbe un’analogia tra i musei e le destinazioni turistiche. Una destinazione diventa turistica quando riesce ad esibire
se stessa, investendo di senso, proprio come i musei, le stesse tecniche di allestimento dei suoi prodotti.
In ambito sociologico uno dei dibattiti ancora accesi ruota intorno al concetto di autenticità
. Per molti turisti è proprio la ricerca dell’autentico ad alimentare il desiderio di viaggiare, di visitare ambienti naturali e culturali percepiti come autentici. Non a caso parole come genuino
, autentico
, vero
, reale
, ricorrono di frequente nelle campagne promozionali di molti operatori turistici. Per Herbert «alcuni visitatori, benché probabilmente una piccola minoranza, sono estremamente interessati all’autenticità dei siti, ed è verosimile che rimangano delusi se le cose non sono ‘reali’».⁹ Rimane però, secondo MacCannel,¹⁰ l’incapacità della maggioranza dei turisti di distinguere tra un’autenticità messa in scena
(definita front
) e un’esperienza davvero autentica della realtà (definita back
). I luoghi, gli ambienti e la gente del posto sono sottoposti ad un processo di abbellimento
e restituiscono solo un’immagine vagamente somigliante a ciò che sta dietro le quinte
, ovvero lo spazio del vero e dell’autentico a cui i turisti non hanno generalmente accesso. Cohen¹¹ diversifica il grado di consapevolezza dei turisti. Ai due estremi opposti vi sono, da un lato, coloro che fanno esperienze davvero autentiche, principalmente lontano dai sentieri battuti dal turismo promosso dal tour operating, per intenderci nelle aree di retroscena di MacCannel, e dall’altro lato vi sono coloro che vivono situazioni create appositamente per i turisti ma che non sono in grado di distinguerle dalla realtà. Nel mezzo si collocano quei turisti che benché si trovino di fronte a scene presentate come genuine, sono capaci tuttavia di metterne in dubbio l’autenticità. E infine ci sono luoghi o eventi palesemente inautentici, presentati come manifestamente turistici
e percepiti come tali dai turisti stessi. Ne sono esempio evidente i luoghi disneyficati
o lasvegasizzati
. Sembra che la maggior parte dei turisti, secondo Butler, «voglia far cadere il proprio sguardo su panorami piacevoli pur se artificiali o messi in scena. Ciò che le persone desiderano portare a casa con sé, ed è la cosa più importante, è se stessi, integri, riposati, felici, e con sensazioni e ricordi belli».¹² Le indagini sociologiche di Cohen¹³ si focalizzano anche su un’altra motivazione che spinge il turista ad intraprendere il viaggio: l’interesse per la novità e la diversità. Nonostante questo tipo di interesse, il turista moderno preferisce però, nella maggior parte dei casi, spostarsi verso territori che non conosce in una sorta di environmental bubble
prodotta dalla propria cultura nativa:
though novelty and strangeness are essential elements in the tourist experience, not even modern man is completely ready to immerse himself wholly in an alien environment. When the experience becomes too strange he may shrink back. […] Complete immersion in a new and alien environment may be experienced as unpleasant and even threatening, especially if prolonged. Most tourists seem to need something familiar around them, something to remind them of home, whether it be food, newspapers, living quarters, or another person from their native country. Many of today’s tourists are able to enjoy the experience of change and novelty only from a strong base of familiarity, which enables them to feel secure enough to enjoy the strangeness of what they experience.¹⁴
Il consumo visivo dei luoghi è al centro dell’analisi di Urry.¹⁵ Non esiste un solo sguardo ma tanti sguardi quanti sono i turisti. Lo sguardo autentico è quello che riesce a venire in contatto con la cultura locale mentre la visione fittizia si ferma alla superficialità del rapporto con la front region. Il consumo visivo dei luoghi visitati varia con il tempo ed è condizionato dalle caratteristiche sociali e culturali dell’individuo tant’è che si può procedere ad una classificazione delle attrazioni turistiche proprio in base ai diversi sguardi che si posano sui luoghi.
Lo sguardo del turista è anticipato e orientato dal linguaggio della promozione che costruisce la realtà turistica in termini positivi. Una volta a destinazione i turisti si trovano a contatto con luoghi che hanno già visto
precedentemente attraverso il linguaggio. Come ricorda Cronin «all places of tourist pilgrimage are made sense of through texts, […] people may visit ‘sights’ they have already ‘seen’ in language».¹⁶ Nonostante la centralità della lingua nella promozione dei luoghi, è solo nell’ultimo decennio, dopo il lavoro sociolinguistico di Dann,¹⁷ che ha visto la luce anche un significativo numero di riflessioni e di studi sul linguaggio turistico. Questo ritardo è dovuto alla mancanza di una fisionomia autonoma del linguaggio del turismo, ritenuto meno specialistico
rispetto agli altri linguaggi tecnico-scientifici soprattutto per la mancanza di un lessico specifico che caratterizza invece gli altri ambiti specialistici. Questa fisionomia dai contorni sfuggenti ha reso difficile una messa a fuoco del linguaggio del turismo sul versante dei linguaggi settoriali. A Maria Vittoria Calvi¹⁸ si deve un interessante lavoro sul linguaggio spagnolo del turismo e una dettagliata riflessione sui linguaggi specialistici. È ormai comunemente accettata dagli studiosi del settore la sua distinzione tra dimensione orizzontale (relativa al sapere condiviso tra gli esperti del settore) e verticale (l’uso tra i membri di un determinato gruppo professionale o tra questo e il pubblico) tipica di ogni linguaggio specialistico. L’inserimento del discorso turistico tra i linguaggi specialistici è una questione ancora aperta. Se da un lato Maurizio Gotti¹⁹ ha sottolineato il carattere parassitario
del linguaggio turistico, il cui lessico attinge a diversi ambiti specialistici (la storia dell’arte, l’economia, la geografia, la cucina, l’artigianato e i trasporti), è pur vero che la sua omogeneità è comunque garantita sia «dalla funzione promozionale intorno a cui è principalmente costruito, sia da caratteristiche a livello lessicale, morfosintattico e testuale che lo rendono accostabile agli altri linguaggi specialistici».²⁰ L’atipicità del linguaggio turistico è legata anche all’enfasi posta sugli aspetti emotivi, in forte contrasto con la neutralità che caratterizza il discorso tecnico-scientifico. Ciò si deve alla finalità pragmatica che spesso nei testi turistici finisce per prevalere su quella informativa:
lack of emotion prevails whenever a text is mainly informative. If the pragmatic purpose is persuasive (as for example in advertising messages or in argumentative texts), the emphasis on emotion surfaces also in specialized texts.[…] The lexis used in them is often very emphatic and highly evaluative, usually extolling the positive features of the places described and the services offered.²¹
Parallelamente si è affermato sempre più