San Francesco di Paola: Testimonianze storico letterarie
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Fra le sue numerose pubblicazioni si ricordano: Guido Dorso e la rivoluzione meridionale Premio Nazionale “Nuovo Mezzogiorno” (1975), Ideologia e letteratura di Vincenzo Padula (1980), Carlo Levi dall’antifascismo al mito contadino (1984), Rivisitazione nel centenario di Pasquale Stanislao Mancini (1988), Lectura Dantis. Itinerari calabresi nella Divina Commedia (1990), Gioacchino da Fiore: le fonti biografiche e le lettere (2002).
Nella storiografia si segnalano: Il cammino della spiritualità di Gioacchino da Fiore (1991), Rose. Materiali storici ed artistici (1995), Storia di Cosenza da luogo fatale a città d’arte (2006), San Marco Argentano. La Matina e la Torre normanna (2009), Garibaldi e l’Unità d’Italia (2010), Aversa città dei Normanni (2011), Nusco. Storia dal vero (2012), Luzzi. Storia e arte. Abbazia della Sambucina (2012), I Valdesi e l’Inquisizione. Nuova ricerca storica (2016).
Significative le sillogi: Poesie d’amore nuovo (2013), Poesie inedite e conosciute (2015).
È Socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria, Socio dell’Accademia Cosentina, Socio della Dante Alighieri, Eccellenza di Calabria, Presidente onorario dell’U.C.A.I di Cosenza. Fa parte della Commissione storica per il processo di beatificazione di Gioacchino da Fiore. Collabora alla rivista «Sinestesie».
Il libro di Vincenzo Napolillo, che si pubblica nel Sesto Centenario della nascita di San Francesco di Paola (1416-2016), documenta su fonti storiche e letterarie e con felice scrittura l’operato dell’eremita di Paola e pellegrino d’Europa, esempio d’una fede semplice, che si pose con il suo ordine religioso dei Minimi sulla via del rinnovamento della Chiesa e della salvezza umana, espressa nel ritorno a Dio con la penitenza, la preghier, la misericordia, la giustizia, l’abbondanza di opere caritatevoli e di prodigi.
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San Francesco di Paola - Vincenzo Napolillo
vivo.
Giacomo Simonetta
Giacomo Simonetta, buon letterato e vero ecclesiastico, nacque a Milano il 1475 da nobilissima famiglia. Suo padre fu Giovanni Simonetta, che con suo fratello Francesco, detto Cicco, furono al servizio di Francesco Sforza a Milano; sua madre fu Caterina Barbavara. Studiò presso l’Università di Padova.
Girolamo Ghilino accademico scrisse, nel Theatro d’huomini illustri (Venezia 1647), che Giacomo Simonetta, espertissimo nell’una e nell’altra Legge, fu «veramente grande e nella bontà di vita e nel valore delle lettere». Il papa Giulio II, irriducibile nemico dei Borgia, lo fece avvocato concistoriale (1505) e uno dei giudici della S. Rota Romana. Simonetta frequentò il quinto Concilio Lateranense, che si chiuse nello stesso anno in cui Martin Lutero pubblicò le sue 95 tesi (1517).
Leone X lo mandò a Firenze per mettere pace nella guerra tra Senesi e Fiorentini per la signoria di Montepulciano. Clemente VII lo nominò vescovo di Pesaro (19 dicembre 1528-10 dicembre 1537 dimesso). Paolo III nel concistoro del 21 maggio 1535 lo elevò al cardinalato col titolo di San Ciriaco; Simonetta preferì il titolo cardinalizio di Sant’Apollinare (1537). Giacomo Simonetta fu vescovo di Perugia (20 dicembre 1535-20 luglio 1538 dimesso); amministrò le chiese di Lodi, Sutri e Nepi, Conza. Fu onorato anche della Prefettura della Segnatura di Grazia.
Morì il 1° novembre 1539 e fu seppellito nella chiesa della Santissima Trinità dei Monti, fondata sul Pincio dal re di Francia Carlo VIII nel 1495 (un anno in meno per il calendario francese) a domanda del patriarca Francesco di Paola, allora in vita, e per desiderio del defunto suo padre, Luigi XI.
Scrisse il Tractatus reformationum beneficiorum e le Epistolae. In veste di Uditore di Sacra Rota Romana redasse, nel 1518, una Relazione a papa Leone X per dimostrare - giuridicamente e con sicurezza - che si poteva procedere alla canonizzazione di Francesco di Paola, insigne per splendore di santità.
Leone X proclamò Francesco di Paola beato nel 1513 e lo ascrisse, il primo maggio del 1519, fra i Santi fissando la sua festa il 2 aprile. Dalla Relazione di Giacomo Simonetta estratta da tutti i Processi, si ricavarono le Lezioni per l’Ufficio proprio dello stesso Santo.
La Relazione sopra la vita e i miracoli di San Francesco da Paola, istitutore dell’Ordine dei Minimi, fu pubblicata da Mons. Luigi Patrizi-Accursi a Roma, nel 1907.
Mons. Gian Domenico De Zazi si espresse, però, negativamente sulla canonizzazione, che era stata proposta dalla corte di Francia, pur riconoscendo che Francesco di Paola ne aveva i requisiti. Non ci è stato tramandato il resoconto preparato da Angelo De Cesis, avvocato concistoriale.
Francesco Martolilla nacque a Paola, il 27 marzo 1416, da Giacomo e Vienna di Fuscaldo. Morì a Plessis- lès-Tours il 2 aprile 1516.
Giacomo Simonetta attesta: «Il suo umile luogo di nascita fu Paola, oppido della Calabria». Il nome oppido si può intendere come città o paese fortificato. Paola fu elevata a città nel 1494 da Alfonso II d’Aragona re di Napoli.
Paola era feudo di Donna Lucente de Frisa quando Francesco Martolilla, figlio primogenito tanto atteso, diede il suo primo vagito. Brigida, sua sorella, andò in moglie ad Antonio d’Alessio, cui diede cinque figli: Nicola, Pietro, Angela, Paolo, Andrea.
Gabriele Barrio fece derivare il nome di Paola non da «pabula» ma dal fiume che la bagna, mentre Francesco Fulvio Frugoni pensò che Paola, di piccole dimensioni, derivasse dal latino «parva», cioè piccola: «Paula, di piccol nome, al ciel si spinge / col Minimo, che grande in sen le nasce: / quindi ha per padre e figlio; e se le fasce / gli diè, questi di gloria, hoggi, la cinge».
Papa Giovanni Paolo II, che pernottò due volte nel Santuario di Paola, dichiarò: Venendo in Calabria, ho pensato che forse il luogo più importante fosse Reggio Calabria, forse Catanzaro, forse Cosenza, ma vedo che il luogo più importante è quello dove è San Francesco di Paola.
Poche note di storia sono tracciate nei Notamenti ricavati dai repertori dei Quinterni della Regia Camera, ove si legge: «La detta terra di Paula una etiam con la terra di Fuscaldo fu ab olim di Polisena de Castellis, seu di Fuscaldo, e le possedeva immediate et in capite dall’Illustris.mo Marino Ruffo Principe di Rossano, e perché detta Polisena morì senza heredi, le dette terre legittime devoluerunt ad Regiam Curiam; per questo Re Alfonso, in anno 1452, asserendo tenere le terre predette per lo titolo predetto, quelle donò e concesse al detto Marino Ruffo de Marzano suo genero e come figlio carissimo. Nell’anno 1496 Re Ferrante II, asserendo tenere e possedere come cosa sua propria, le terre di Paula e Fuscaldo cum earum Casalibus, per li bisogni della sua Regia Corte vendé quelle libere al marchese Gio. Battista Spinello milite, consiliario, oratore e fedele suo dilettissimo pro se et suis haeredibus et succesoribus in perpetuum».
Leandro Alberti O. P. fece una breve descrizione di Paola e del suo territorio: Ha dato gran nome a questo castello, e parimenti a tutta la regione, S. Francesco di Paola, primo istitutore della religione dei frati minimi, il quale dopo grande austerità di vita, e dopo gran segni di santità, passò a miglior diporto, nella nostra età in Torse (Tours) città della Francia, e fu canonizzato da Leone X nel 1519.
La casa dove nacque Francesco di Paola, in contrada Terravecchia, fu trasformata in cappella; sull’ingresso fu posta la scritta: Charitas / Hic anno MCCCCXVI / nativitatis S. Patris / angelico cantu decorata.
Nella biografia di Francesco, un punto essenziale, dopo l’anno di «famulatus» trascorso a San Marco (Argentano) e il pellegrinaggio ad Assisi e a Roma, è la contemplazione delle cose divine come campo di contatto con la natura ed esigenza purificatrice dell’anima mediante la preghiera senza fine.
Francesco si ritirò, all’età di tredici anni (1429), in una proprietà paolana di suo padre, infiammato - come i Padri del deserto - dall’ardore per la solitudine e la pace, e dal rigore della disciplina corporale per giungere alla beatitudine attraverso la ricerca coraggiosa e positiva del Sommo Bene.
Francesco, votato alla povertà e alla rinuncia alle cose mondane, scalzo e vestito di povero saio, coperto da umile cappuccio, capì, benché incolto, nell’intimo del cuore, che la carità coincide con la retta volontà e con la pratica della legge evangelica: «Amerai il prossimo tuo