Magellano 20 settembre 1519
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Il libro, arricchito da una serie di illustrazioni a colori, racconta dunque diversi
particolari inediti del viaggio e dell’epoca di Magellano, ricostruiti proprio grazie a documenti e ricordi tramandati in famiglia di generazione in generazione
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Book preview
Magellano 20 settembre 1519 - Pietro Pigafetta
Conclusione
L'Autore
Presentazione
Questa è la storia di vicende realmente accadute e che leggerete più avanti. La racconta Pietro Pigafetta, un discendente di Antonio Pigafetta.
Grazie ai documenti e ai ricordi, tramandati in famiglia di generazione in generazione, ho potuto mettere insieme molti particolari di quell’epoca e del grande viaggio di Magellano e Pigafetta.
Una buona parte del racconto è stata scritta nel libro Primo viaggio intorno al globo terracqueo
proprio da Antonio Pigafetta.
Un particolare molto importante, che si può definire un mistero, è la morte di questo grande navigatore.
Vi sono molte supposizioni raccontate da diversi scrittori e storici.
Si presume sia morto lontano dalla sua casa di Vicenza, visto che nessuna tomba o sepolcro furono mai trovati.
Si sa per certo che dalla fine dell’agosto 1525 di Antonio Pigafetta non esiste più traccia.
Una vecchia tradizione di famiglia, tramandata di padre in figlio, da noi Pigafetta di Agugliaro, racconta che Antonio sia morto nel mare Egeo nel corso di una battaglia navale tra i Veneziani e i Turchi.
L’autore ringrazia
il dott. Antonio Boraso
per la gentile collaborazione
Introduzione
Spesso si parla di avventura, di storia, di uomini valorosi. Questo racconto cerca di narrare il coraggio e le imprese di arditi navigatori che seppero operare grandi scoperte e lasciare ai posteri memoria del loro valore.
Siamo nel 1519, Carlo V, imperatore di Spagna, non soddisfatto delle sue già enormi conquiste, conseguenti alle scoperte di Colombo, decise di organizzare una nuova spedizione marittima, convinto del progetto che si potesse andare in Oriente, alle Indie orientali, le famose e misteriose terre delle spezie, navigando verso Occidente.
L’impresa, tra enormi difficoltà e continui pericoli, ebbe successo e gli spagnoli, anche con l’aiuto di pescatori indigeni, giunsero alle sospirate isole, allora già conosciute dai portoghesi, che le avevano raggiunte navigando verso Oriente, passando a sud dell’Africa.
In quelle isole gli spagnoli si fermarono alcuni mesi, visto che diversi capi isolani avevano fatto una certa amicizia sia con Pigafetta, perché riusciva a comunicare con loro, sia con gli altri marinai, per il commercio di spezie e altre merci disponibili.
Nel mese di dicembre del 1521, rimesse le vele a nuovo e con il simbolo di una grande croce su ognuna di esse, dall’isola di Timor ripresero il mare per attraversare l’oceano Indiano. Visto che una nave, la Trinidad, faceva troppa acqua rinunciarono a farla ripartire: e così attraversò il grande mare solo la nave Vittoria. Era l’11 febbraio 1522.
Dopo circa tre mesi riuscirono a passare il Capo di Buona Speranza, ormai esausti per la fame e alcuni pure ammalati. I pochi superstiti continuarono a navigare finché giunsero all’isola di Capo Verde.
Qui a malapena riuscirono a fare un po’ di provviste e a scappare appena in tempo per non essere presi dai portoghesi, che a quel tempo dominavano le isole. Finalmente, sfiniti e sofferenti, il giorno 8 settembre 1522, giunsero al molo di Siviglia con la nave Vittoria che oramai faceva acqua da tutte le parti.
Solo diciotto uomini il giorno dopo in camicia, scalzi e con un cero in mano andarono a ringraziare in Chiesa, pregando la Madonna.
I pochi ardimentosi sopravvissuti, alla fine del viaggio, capirono che, avendo fatto il giro del mondo, avevano guadagnato un giorno rispetto alla data di partenza.
Tra loro c’era il nostro Antonio Pigafetta, col suo diligente, interessante e ricco diario, con dati, registrazioni e informazioni sul lungo viaggio e sulle terre raggiunte per la prima