Un'appassionata giovinezza: Un ricordo degli anni '50 e altri racconti
By Laila Cresta
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Un'appassionata giovinezza - Laila Cresta
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Un’appassionata giovinezza
Un ricordo degli anni ‘50
Prefazione
Ci sono generazioni-spartiacque, quelle coinvolte in cambiamenti epocali, e l'impressione è che questi si susseguano sempre più velocemente, sommandosi in modo che ogni cambiamento è maggiore del precedente. A volte, i cambiamenti riguardano più di un aspetto della vita umana, o magari uno dei due sessi soprattutto, o anche una fascia di età piuttosto che un’altra. Ad esempio, certamente la scomparsa del baliatico (specie inteso come affido alla balia, a casa sua), l’introduzione dell’allattamento artificiale e delle vaccinazioni hanno contribuito non poco ad aumentare la speranza di vita dei neonati, e a migliorare la loro salute (infatti, il numero dei figli è diminuito, dall’XIX sec. a oggi): l’ultimo fratello di latte
che io abbia conosciuto (il figlio della balia) era nato negli anni ’20, come i miei genitori.
Questa nata negli anni ’20 è stata la splendida generazione che ha sperimentato come non sia sempre ragionevole e possibile accettare tutto ciò che arriva dall'alto
, si tratti del Governo o ... di un marito: mio padre è stato partigiano e mia mamma era un’attivista dell’UDI, Unione Donne Italiane. Nell’immediato secondo dopoguerra, questa è stata la prima organizzazione di tipo femminista, anche se le donne che si riconoscevano in essa erano forse più simili alle suffragette: hanno cominciato a muoversi attivamente per il referendum monarchia-repubblica, cercavano di trascinare le donne nell’agone politico, e i loro interessi erano centrati sul diritto della donna al lavoro e alla scuola.
Anche i loro genitori (nati nell’ultima decade dell’800), hanno dimostrato una splendida crescita civile: nella loro infanzia e nella loro giovinezza, si muovevano per lo più a piedi o su convogli ferroviari rumorosi e puzzolenti, e solo pochi a cavallo o in carrozza, ma poi sono andati in treni sempre più veloci e funzionali, in macchina e in aereo. Molti di loro non poterono permettersi i libri per molto tempo, ma usavano le biblioteche circolanti, e diedero vita a un movimento noninterventista contro la guerra che, benché sia stato sconfitto, non si era mai visto prima. Sono riusciti a sopravvivere alle guerre colonialiste e a due guerre mondiali. Da adulti, i migliori di loro hanno avuto la libreria in casa anche se non avevano un’istruzione scolastica, hanno fatto studiare i propri figli e hanno visto in televisione lo sbarco dell'uomo sulla Luna (nonno Cicco non ci ha creduto, mentre nonna Rita ha mantenuto un atteggiamento scettico ma possibilista).
Secondo lo storico e scrittore britannico Eric Hobsbawm: Fino alla fine degli anni ’50 la gente viveva più o meno come negli ultimi millenni
(da un’intervista ad Alain Elkain).
Il vero spartiacque che ha portato nell’era moderna infatti, sono stati proprio gli anni '50: dai paesi di contadini e di pescatori alle città industriali, dalla fatica solo muscolare, umana o animale che fosse, alla diffusione sempre più massiccia della meccanizzazione del lavoro, sono passati dai treni a vapore agli aerei, dalla penna col pennino alla stilografica e alla biro, e dai banchi di legno a sedile integrato rovina-schiena, ai tavolini dalla superficie igienizzabile, in una scuola che era diventata obbligatoria e quindi aperta a tutti per almeno cinque anni.
Mio fratello ha poco più di tre anni meno di me, eppure questi anni sono bastati a rendere la sua giovinezza assai diversa dalla mia, anche perché, in quel poco tempo, le condizioni economiche della famiglia erano migliorate e (un po’forse anche per merito di noi figli contestatori
) era probabilmente migliorato il loro rapporto con le speranze per il futuro. Grazie alla diffusione del cinquantino
poi, le generazioni nate dalla metà degli anni ’50 hanno avuto certamente una maggiore libertà di movimento rispetto alla mia che quegli anni li ha inaugurati
, e anche il rapporto col consumismo è cambiato. Complice il miglioramento delle condizioni economiche, i nostri fratellini cominciarono ad avere jeans e cartelle di marca
: noi abbiamo avuto, per lo più, semplicemente dei jeans
, e i libri li portavamo a scuola legati con una cinghia.
Io e i miei compagni, nati fra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50, abbiamo contestato anche la famiglia patriarcale e la scuola d'élite, rivolgendo oltre confine un interesse che finalmente non era di tipo nazionalistico o imperialistico, ma di riconoscimento e di accoglienza dei diritti dell'altro-da-sé:ci hanno chiamato la generazione del Vietnam
, perché ci schierammo decisamente contro una guerra che, di fatto, mirava solo a sostituire in Indocina gli interessi nazionalistici degli USA a quelli appena sconfitti della Francia, volendo anche dimostrare, nel contempo, come non fosse possibile passare da un’ area di influenza
all’altra sullo scacchiere
del Risiko di allora.
La mia fu anche detta generazione del '68
, perché questo è stato l'anno della massima esplosione di un movimento giovanile di contestazione, specie studentesca (ma i giovani operai furono attivi nei movimenti di rivendicazione nati da quello che fu detto autunno caldo), che di fatto coinvolse più o meno tutti i Paesi civilizzati. Questo movimento giovanile fu denominato anche
del Maggio Francese a causa delle rivolte studentesche in Francia nel maggio di quell’anno, rivolte che diventarono emblematiche (ed esagerarono tanto che, dopo, i Francesi spaventati votarono la stabilità e la sicurezza che De Gaulle sembrava garantire:
La chienlit est lui, proclamava un manifesto della
Académie des Beaux Arts di Parigi, riferendosi all’affermazione di De Gaulle che la rivolta studentesca fosse
la chienlit", il disordine).
In Italia, comunque, le manifestazioni cominciarono almeno l'anno prima. E il movimento
, dopo il ’71, ebbe solo pochi strascichi (ad es. nel ’77).
La mia generazione ha respinto anche la demonizzazione del sesso, e dopo di allora nessuno avrebbe più osato pensare che non si potessero considerare brave ragazze
quelle che semplicemente non erano più vergini. Soprattutto, almeno nelle nostre città maggiori, nessuno avrebbe più osato dirlo pubblicamente.
Sull’onda di quella che sembrava indipendenza dagli schemi tradizionali della famiglia patriarcale
, vi furono perfino ragazze che scelsero di fare un bambino da sole
, spesso senza neppure avvertire l’inconsapevole donatore di seme
(Hai pensato solo a te
, disse un giorno a sua madre, che era una mia amica, il figlio di cinque anni).
La classe 1952 soprattutto, quella cui appartengo, ha esperimentato una quantità di cambiamenti che ci hanno traghettato nell'epoca moderna. Dopo quello dei costumi sessuali, il cambiamento più importante ha riguardato proprio questa classe di età: l’introduzione della scuola media unica obbligatoria
, nel 1962, ha fatto andare a scuola tutti fino a 14 anni: nei primi anni ’50, le persone che parlavano correntemente l’italiano erano ancora solo 1/5 della popolazione del Paese, e quasi il 13% di essa era completamente analfabeta (fonti web).
La nuova media unica
era simile alla vecchia scuola media, anche se un po’ semplificata, e c’era persino (non obbligatorio!) lo studio del latino. Impoverita e scarnificata ulteriormente da chi non era poi tanto d’accordo con l’istruzione per tutti, essa comunque ha diffuso la scolarizzazione di base come mai era avvenuto prima. E leggere, scrivere, contare, nella nostra civiltà è diventato finalmente parte di un patrimonio comune.
Laila Cresta
P.S: Il testo è stato illustrato, per lo più, con foto di famiglia, quelle che ognuno di noi scatta (specie quando ha dei figli piccoli, ma non solo) con l’illusione di fermare il tempo, conservando almeno le immagini del proprio passato.
L. C.
L’aia della Torrevecchia
Flash: L'Amministratore di Madama
Un tempo, la Torrevecchia era appartenuta ai Templari: era stata una delle stazioni
a San Giacomo di Compostela, e vi erano stati nutriti e ospitati i pellegrini.
Nelle ultime decadi dell’800, quella fattoria millenaria era in affitto alla famiglia di Cicco, che era appena nato quando i genitori vi si erano trasferiti. La situazione era pesante: il padre era un ragazzino mai cresciuto che avevano fatto sposare troppo presto (aveva appena diciotto anni più di Cicco che era il suo maggiore, e la moglie aveva due o tre anni più di lui), e passava molto più tempo a cavallo per le osterie, e a donne, che sui campi di famiglia. Il figlio maggiore cercava di proteggere la mamma dal marito manesco, anche impegnandosi nel lavoro il meglio possibile per non provocarne l’ira che avrebbe sfogato sulla moglie. Cicco vedeva la mamma che lavorava nei campi fino alle doglie espulsive, e poi andava a casa a partorire. Dopo qualche ora, la guardava tornare al lavoro, più svelta che poteva, perché il marito non la picchiasse rimproverandola di essere una fannullona: la cesta col nuovo nato la metteva all'ombra di uno dei gelsi che, nell’alessandrino, segnavano i confini fra i campi.
In quell’epoca, morire di parto era una cosa frequente, e considerata inevitabile. In realtà, la causa di quelle morti non erano tanto le complicazioni e quindi il parto in sé che, dopotutto, è un atto naturale: e le donne hanno dovuto essere da sempre delle levatrici esperte, per aiutare ad esempio i bambini mal posizionati a nascere senza uccidere la madre. No: l’assassina era la temutissima febbre puerperale, un'infezione che uccideva moltissime donne. Era causata dalle mani e dai ferri sporchi, e colpiva le principesse più ancora delle contadine: da molti fu considerato diabolico
lo strumento che faceva vedere, nell’acqua non bollita, animaletti che non c’erano
, e il microscopio non convinse tanto presto la gente che esistessero agenti patogeni non visibili ad occhio nudo. La maggioranza delle levatrici, che erano spesso le fattucchiere del paese, avevano cominciato a lavarsi le mani fin dal Medioevo, ma medici e infermieri non presero quest’abitudine che nella seconda metà dell’800.
Forse, in casa di Cicco si conosceva l’importanza della mani pulite, perché la sua mamma riuscì a partorire da sola dieci bambini, e a invecchiare ugualmente. Inoltre, in quei tempi di mortalità infantile elevatissima, gli e ne morì da piccolo uno solo, il primo o il secondo, non si sapeva bene: c’era meno di dieci mesi fra loro, e parevano gemelli. Avevano anche un nome così simile!
La fattoria apparteneva a Madama
e il suo amministratore veniva a ritirare quanto le era dovuto. Al suo arrivo, festeggiava sbevazzando col padre di Cicco, poi