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L'Ultimo highlander
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L'Ultimo highlander

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About this ebook

“…improvvisamente Rossy si avvicinò trottando alla vettura, spiccò un balzo infilandosi nel bagagliaio vuoto, si girò verso di noi, si sedette con calma, quindi ci guardò con espressione allegra:
“Allora ragazzi, dove andiamo di bello…”

Così ebbe inizio l’avventura più straordinaria ed emozionante della mia vita: il realizzarsi in età adulta di un sogno cullato fin da bambino, avere un cane.
L’irruzione di Rossy, femmina di pastore tedesco timida e riservata ma di eccezionale tempra, sconvolse la nostra quotidianità portandoci alla scoperta, o alla riscoperta, di alcuni luoghi della nostra anima e del mondo in cui viviamo.
La convivenza con un animale così speciale, ci investì di un enorme privilegio, onore ed onere: l’essere sempre e comunque accanto a lei nei momenti belli come in quelli brutti, in tutti i giorni della sua vita sino all’ultimo, nella totale condivisione di emozioni, sensazioni, gioie e dolori.
Questo libro narra la nostra storia, il senso profondo di questo privilegio che ci spinse ad assecondare la sua smisurata voglia di vivere, anche in condizioni difficili, anche quando nessuno ci credeva più, quando anche il destino sembrava accanirsi contro di noi.
Questo libro è per tutti, per tutti coloro che pensano che la vita con il cane corrisponda a un’esistenza pregna soprattutto di limitazioni e rinunce, per tutti i fautori dell’iniezione facile, per tutti i proprietari che dietro ad un gesto estremo, spacciandolo per “umano”, nascondono la paura e l’incapacità (e ahimè, non di rado, anche la mancanza di volontà) di affrontare il dolore e la malattia accanto al proprio animale.
Per tutti loro e per tutti coloro che invece si riconosceranno nella nostra vicenda e la leggeranno con piacere, versando qualche lacrima per l’ineluttabile finale.
LanguageItaliano
Release dateDec 16, 2015
ISBN9788892529755
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    Book preview

    L'Ultimo highlander - Andrea Scarabat

    Ringraziamenti

    Questo libro è chiaramente dedicato a Rossy, ma un pensiero va a tutte quelle persone che hanno, direttamente o indirettamente, contribuito alla sua realizzazione, partendo da coloro che non ci sono più.

    Prima di tutti a mio padre, che mi ha infuso l’amore per gli animali e anche quello per i libri e la lettura, portandomi a zonzo per le librerie del centro tante volte nel corso della mia infanzia, scegliendo spesso volumi che avessero come tema proprio la natura e la difesa dell’ambiente.

    Mi dispiace che non sia più con noi per condividere questa mia opera, ma spero che da lassù possa approvare e apprezzare questo mio tentativo.

    Analogo tributo merita altresì il padre di Nico e Rosanna, per aver trasmesso loro lo smisurato amore per i cani, e il rispetto per tutti gli animali in genere, senza il quale questa storia non avrebbe avuto origine.

    Un pensiero anche a Michele e Alessandro, citati in questo libro, che hanno lasciato un ricordo indelebile nei nostri cuori.

    Passando ai vivi, voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato, a vario titolo, nella redazione e nella pubblicazione di questo testo con preziosi consigli, suggerimenti, idee, da Rosanna a Fabiana, da Barbara a Cristina, Francesco, Violeta, Alessandra e Maurizio, senza dimenticare mia madre, che ha condiviso con noi parte delle esperienze raccontate nel libro, sentendolo particolarmente suo; ma desidero altresì esprimere la mia riconoscenza a Iolanda, per la sua partecipazione agli eventi descritti, come a tutti gli amici che ci sono stati di aiuto e conforto in momenti particolarmente delicati.

    Un grazie particolare va chiaramente a Nico per tutto ciò che ha fatto per Rossy, per noi, per l’entusiasmo con il quale ha sostenuto anche questa mia iniziativa; inoltre, se ciò non bastasse, per l’impegno e la dedizione con cui si dedica ancora oggi, quotidianamente, alla difesa degli animali e alla salvaguardia dell’ambiente, tanto da raggiungere il grado di Vice Comandante Provinciale delle guardie eco-zoofile dell’ANPANA, che affiancano gli Organi Pubblici ed i vari Corpi di Vigilanza dello Stato e delle Autorità Locali (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato o delle Regioni, Capitanerie di Porto, Vigili del Fuoco, Protezione Civile, CRI, organi di Polizia Locale, servizi ASL ecc.) e, sotto la loro direzione, provvedono alla vigilanza sull’osservanza delle leggi e regolamenti generali e locali relativi alla protezione degli animali, alla difesa del patrimonio zootecnico, faunistico ed alla tutela ambientale.

    Last but not least, come si sul dire, un grande ringraziamento a quei veterinari che ci sono stati sempre vicini e ci hanno aiutato con impegno e dedizione, il dottor Piero Polidoro, un amico oltreché un ottimo medico, il dottor Dodesini, la dottoressa Diana Lenoci; oltre a loro, a tutti i medici della clinica Miramare di Trieste: Eric Sardoc, Francesco Saturno, Giulia DeMarchi e Silvia Pussini, che ci hanno validamente assistito e sorretto nell’ultimo periodo della vita di Rossy.

    Buona lettura a tutti.

    Prologo

    Quando tutto ebbe inizio

    2001 canile di Bitonto

    Nico parcheggiò la macchina a lato della strada nel piccolo spiazzo posto a qualche decina di metri dall’ingresso del canile municipale di Bitonto e cominciò a sentire la solita stretta allo stomaco, inevitabile riflesso condizionato a ciò che i suoi sensi avvertivano nell’avvicinarsi a luoghi come quello.

    Il primo a essere interessato era l’udito: la zona nei pressi della struttura risuonava di abbai, uggiolii latrati come imprecazioni, implori, pianti o strazianti lamenti; ansimi di eccitazione e speranza oppure di paura nel sentire l’avvicinarsi di un essere umano.

    A seguire era l’olfatto ad essere investito dal caratteristico odore che saturava l’aria tutt’attorno; a colpire non era tanto quello della sporcizia, dell’urina o delle feci che i pochi volontari si davano comunque da fare per rimuovere, quanto quello acre e pungente della sofferenza, della disperazione di poveri animali condannati a un’immeritata detenzione.

    Dal cancello d’ingresso in poi era la vista a farla da padrona: una miriade di cani di tutte le razze, perlopiù incrociate in percentuali e combinazioni differenti. Le reazioni di fronte ad una nuova visita erano molto soggettive, chi cercava di attirare l’attenzione del visitatore implorando con lo sguardo di essere tratto lontano da quella vita d’inferno, chi si rifugiava tremante in un angolo temendo nuovi maltrattanti, chi si era illuso troppe volte o era talmente devastato dal dolore per l’abbandono subito da rimanere passivo e indifferente aspettando ormai solo la morte quale sollievo a quella triste condizione.

    Il numero di ospiti era tale da rendere la situazione della struttura di via Cela non dissimile da quella di altre di questa parte d’Italia dove purtroppo il fenomeno del randagismo assume i contorni di un’autentica piaga, ma perlomeno l’impegno dei volontari dell’associazione animalista che la gestiva con impegno e dedizione da qualche tempo, la distingueva dai molti canili lager sorti sul territorio negli ultimi anni tristemente balzati agli onori delle cronache in seguito alla scoperta delle condizioni di vita degli animali in essi detenuti.

    Come Nico entrò, fu subissato da un’orda d’interessate e rumorose manifestazioni di affetto da parte del consueto comitato di benvenuto composto da quei soggetti, generalmente di taglia medio piccola, che per il loro carattere mite e la spiccata socialità hanno la possibilità di soggiornare fuori dalle gabbie, in ogni caso non sufficienti a ospitare tutti gli animali presenti nella struttura, e vivere, di fatto, in una sorta di branco.

    Nella visita lo accompagnava Francesco, il custode notturno di uno dei cantieri da lui diretti, che qualche giorno prima gli aveva sottoposto una richiesta:

    Geometra, qui le notti sono lunghe ed io sono da solo. Potrei tenere almeno un cane a farmi compagnia? Ho degli amici che hanno dei pitt-bull e sarebbero disposti a cedermene uno….

    In realtà quasi tutti i cantieri della zona erano dotati di cani da guardia di varia provenienza, spesso da allevamenti e attività clandestine, che coadiuvavano i custodi nel loro lavoro, ma era malvezzo comune che al termine dei lavori gli animali fossero abbandonati al loro destino senza che nessuno si preoccupasse di trovargli adeguata sistemazione.

    Nico non voleva certo contribuire a incrementare la schiera dei randagi, anzi, poiché era prossima l’apertura di un nuovo cantiere dove trasferire un eventuale cane una volta concluso il lavoro a Bitonto, intravide la possibilità di alleggerire di una presenza il sovraffollato canile della zona.

    Oltretutto aveva sempre desiderato un cane, sebbene per motivi diversi non avesse avuto sino a quel momento la possibilità di averne. Per contro aveva raccolto dalla strada e salvato da morte certa due gatti, Biba e Miciù, che vivevano ancora a casa della madre e ne aveva nutrito decine di altri nel suo quartiere mettendo quotidianamente a loro disposizione cibo e acqua fresca. Proprio attraverso il veterinario che aveva in cura i mici di famiglia era entrato in contatto con l’associazione animalista che aveva da poco preso in gestione il canile di Bitonto con l’intenzione di ristrutturarlo e che proprio per tale motivo si era rivolta a lui.

    Lascia perdere il pitt-bull, Francè rispose quindi al custode appena ho un momento libero andiamo assieme al canile di qua e prendiamo il cane che ci piace di più.

    Quando furono raggiunti da Francesca, responsabile della nuova struttura, Nico gli illustrò la situazione, le loro esigenze e le descrisse a grandi linee il luogo dove il cane sarebbe stato accolto.

    E a che tipo di cane avreste pensato? Avevate in mente una razza in particolare? chiese la donna.

    Beh, veramente non saprei rispose Nico possiamo fare un giro e dare un’occhiata?

    Certo, venite, vi accompagno disse Francesca.

    In realtà ho sempre avuto una predilezione per i pastori tedeschi, non mi dispiacerebbe trovare un cane che ci assomigli aggiunse Nico.

    Forse ho il soggetto che fa per voi, una femmina di poco più di un anno di età, abbandonata assieme al resto della cucciolata.

    Li condusse a una delle gabbie che ospitava, come tutte del resto, una decina di cani.

    Eccola disse Francesca indicando quello che sembrava un pastore tedesco quasi adulto ma, per dirla come farebbero in qualche moderno autosalone, versione compact, ossia di dimensioni leggermente ridotte rispetto all’originale pur mantenendone le medesime caratteristiche. l’abbiamo chiamata Rossy per i riflessi rossastri

    Nico non ascoltava più la donna che continuava a parlare, era rimasto come incantato davanti alla gabbia in cui era rinchiuso l’animale, mentre una voce inudibile agli altri gli sussurrava È lei! Hai trovato il tuo cane!

    Capitolo 1

    Uno strano incidente

    Casale sul Sile, 10 novembre 2001

    …ecco, ci siamo, dopo la girata quattro tempi di galoppo e il largo finale, poi anche questa è fatta! pensavo completando il percorso della mia gara di salto ostacoli.

    E così andò!

    Alla fine accumulai otto penalità, frutto di due abbattimenti, potevo essere abbastanza soddisfatto. Era il primo percorso indoor per Maya, la cavalla di cinque anni che montavo allora, e che cavalco ancora oggi, senza più velleità agonistiche, nei rari ritagli di tempo libero.

    È la mia cavalla, le sono molto affezionato e grato per tutte le emozioni che mi ha saputo regalare in questi anni, per le nostre piccole, grandi vittorie; per tutti gli errori che mi ha perdonato mettendoci del suo; per tutte le volte in cui, trasmettendomi le sue incertezze attraverso il suo corpo, si è affidata a me e con fiducia si è fatta portare sull’ostacolo, lanciando oltre il suo cuore, il mio, e i nostri corpi attaccati.

    All’epoca però era ancora poco più di una puledra, buona d’indole, generosa ma testarda e a volte un po’ paurosa, spesso inaspettatamente, davanti alle cose più strane, come quando durante una passeggiata in campagna, passammo al galoppo vicino a un cespuglio di arbusti che alcuni contadini stavano bruciando senza che Maya battesse ciglio, ma dopo solo qualche chilometro finii gambe all’aria a vedere il mondo al contrario per un suo scarto improvviso causato da un pneumatico abbandonato in mezzo ad un campo.

    Quella sera la combinò grossa.

    All’uscita dal campo di gara, sotto una pioggerellina fitta e fastidiosa, ci attendeva Rosanna, la mia compagna di vita e di avventure. Praticava anch’essa l’equitazione da diversi anni e, sebbene non fosse pervasa dal mio stesso spirito agonistico, si era lasciata convincere a partecipare al concorso; aveva infatti terminato da poco la sua gara quando, dopo aver finito di pulire e asciugare il suo cavallo ricompensandolo per la sua prestazione con un congruo numero di mele e carote, lo aveva sistemato velocemente nel box ed era venuta di corsa ad assistere al nostro percorso. Mi avvicinai a lei procedendo al passo e ci scambiammo un sorriso di soddisfazione, sollievo e complicità, mentre Rosanna lanciava prontamente sul dorso sudato della cavalla uno scalda reni per proteggerla dal freddo e dall’umidità della sera, quindi s’incamminò procedendo al nostro fianco lungo il tragitto che conduceva ai box posti nell’altro settore del centro equestre.

    Hai fatto qualche stupidaggine anche oggi eh? commentò con tono canzonatorio Hai fortuna che Maya è una santa!

    Come stupidaggini???? ribattei Non hai visto che numeri…???

    Modesto come sempre.

    Mentre continuavamo a chiacchierare percorrendo il viottolo rischiarato soltanto dalle luci provenienti dall’interno delle scuderie che costeggiava, proprio di fronte ad una di queste improvvisamente la cavalla si arrestò, manifestando un infondato timore a oltrepassare una piccola griglia di scolo dell’acqua piovana e, nonostante la esortassi ad avanzare con l’azione delle gambe, non voleva saperne di andare avanti dando inizio a una specie di danza sul posto. Ricordai che un quarto d’ora prima, mentre mi stavo avviando al campo di gara accompagnato dal mio istruttore intento a dispensarmi le ultime raccomandazioni, Maya si era fermata nel medesimo punto e l’uomo allora aveva afferrato le redini con energia accompagnandola altrettanto energicamente oltre a quello che, agli occhi dell’animale, doveva sembrare un ostacolo pericolosissimo. Così non mi preoccupai troppo quando Rosanna, che aveva già superato la canaletta, tese la mano per afferrare a sua volta le redini, ma la cavalla fece un passo indietro quasi a ritrarsi, poi si girò leggermente verso di lei e spiccò un balzo travolgendola.

    Successe tutto troppo velocemente perché avessi il tempo di intervenire, o forse rimasi sorpreso da una reazione così repentina. Ripensandoci a mente fredda non accadde in realtà nulla di così strano; i cavalli sono fondamentalmente animali da branco e quando qualcosa li spaventa o li preoccupa cercano rassicurazione attraverso il contatto fisico con i loro simili, appoggiandosi, spingendosi, urtandosi, a volte finendo l’uno addosso all’altro. In quel frangente Maya aveva cercato solamente un conforto nel contatto con Rosanna, che conosceva bene e che probabilmente sentiva come una presenza amica, non considerando però la differenza di specie, peso e dimensioni.

    La ragazza cadde a terra proprio sotto il corpo della puledra e si protesse istintivamente la testa con le braccia. Maya, come spesso fanno i cavalli quando il loro cavaliere si spalma sul terreno d’innanzi al loro naso, fece tutto quanto in suo potere per non calpestarla, ma finì per schiacciarle involontariamente la caviglia con un posteriore.

    Crack!

    Per Rosanna una frattura trimalleolare, per fortuna composta, tanta paura, concorso finito e una lunga convalescenza alle porte….

    Rosanna avrebbe dovuto tenere l’ingessatura a lungo, almeno un mese quella intera, poi quella aperta a mezzo guscio senza mai poter caricare il peso sulla gamba offesa.

    Nei giorni immediatamente seguenti l’incidente avevo preso un periodo di

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