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Amate Opere Prime: il Novecento su Charta
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Ebook188 pages1 hour

Amate Opere Prime: il Novecento su Charta

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About this ebook

a cura di massimo gatta
prefazione di mauro chiabrando

“[…] i collezionisti di libri un po’ li invidio. Vivendo nell’attesa di ciò che cercano e bramano, e occupandosi di dettagli infinitesi- mali che faranno la differenza, pur scavando nel passato sono le persone più proiettate nel futuro che conosco. Sempre alla ricerca di quel simulacro di Eden che non possono lasciarsi sfuggire e che di certo un giorno riusciranno a possedere”.
Enrica Dorna
LanguageItaliano
PublisherBiblohaus
Release dateDec 29, 2015
ISBN9788895844541
Amate Opere Prime: il Novecento su Charta

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    Book preview

    Amate Opere Prime - Sandro Dorna

    incerta.

    premessa

    Sono poche le belle persone che ci capita di incontrare nella vita, Sandro Dorna, al di là di tutto, è tra queste. Un intelligente, curioso vero signore, ancor prima che raffinato collezionista nonché piacevolissimo scrittore divulgatore di storie librarie. A due lustri dalla sua scomparsa, ho aderito con gioia all’invito di Massimo Gatta di ricordarlo, riunendo in volume gli scritti di bibliofilia pubblicati su Charta, rivista che tuttora ho il gusto di dirigere. Confesso di sentirmi profondamente onorato della sua amicizia riservata, squisitamente piemontese, di uomo colto, sensibile e generoso. Purtroppo solo per pochi anni ho potuto godere del privilegio di condividere con lui la nobile passione per la carta, non solo come tabernacolo dello spirito, ma soprattutto come argomento dilettevole per l’occhio e la mente, capace di suscitare emozioni limpide, degne di essere affidate alla pagina, magari per cogliere tra le parole anche le pause, i silenzi, il mistero che le caratterizza.

    Sandro Dorna Metzger (Torino,1938-2004), industriale delle acque minerali, è stato innanzitutto cultore e collezionista d’arte moderna. La sua abitazione, una villa anni Quaranta di stile tardo razionalista, ospita ancora, sobria e discreta, le opere di artisti moderni e contemporanei. Ordinati in parete, tra gli scaffali bianchi, raccoglie la ricca galleria dei libri d’arte, di fotografia (è stato anche fotografo per esclusivo diletto), le grandi monografie, i cataloghi delle mostre e i saggi.Testimonianza, tra le tante, di questa lunga consuetudine con le Muse è il volume Che cos’è l’arte? 822 definizioni di qualcosa d’indefinibile (Allemandi, 1999), raccolta di riflessioni, pensieri, intuizioni di artisti, critici, filosofi e scrittori d’ogni tempo sulla più ineffabile delle definizioni.Grazie alla moglie Enrica, compagna ideale di vita, la collezione Dorna di libri d’artista è oggi prezioso oggetto di mostre e studi sul Novecento e le sue avanguardie.

    Chi si cimenta col motto di spirito rivela la sua inclinazione per l’umorismo, per il gioco di parole, tema a cui Dorna dedicò tre libri divertenti: Anagramma è gioco tosto, introduzione di Umberto Eco (Mastrogiacono, 1978), dove lo stesso titolo è beffardamente l’anagramma dell’editore; Acrostici anagrammati, prefazione di Saverio Vertone (L’Uovo di Struzzo, 1992); J’ai des mot, prefazione di Giuseppe Pontiggia, con tre di disegni di Salvo (L’Obliquo, 1998) e che sarà ristampato in occasione del decennale della scomparsa dell’autore. Quest’ultimo raccoglie epigrammi (qualche esempio: è impossibile stare al passo coi tempi che corrono; pazientate, il tempo libero passa; il metro di giudizio non è mai lineare; la donna si realizza quando è colta; ogni vano è utile; una violenta passione può mettere in croce; gli uomini desiderano molte donne perché una è troppo) che ci spiazzano piacevolmente, sfruttando le ambiguità semantiche del linguaggio e il funambolismo di certe crittografie mnemoniche (epigrammista è chi rima contro, ma questa è mia e gliela dedico volentieri). C’è un epigramma di Dorna (nessuno può riparare una perdita di tempo) a proposito del quale Pontiggia osserva: "forse è questa la radice dell’amore per la brevitas. La frase (ho fatto questa lettera più lunga di tutte, perché non ho avuto tempo di farla più breve") di Blaise Pascal che, intorno al 1656, chiudeva la sedicesima delle Provinciali, rimanda al faticoso esercizio della sintesi e della precisione. E Dorna ce ne dà eccellente prova con il suo stile chiaro e asciutto nelle rubriche (Bibliofilia, Il collezionista, La rarità) curate su La Stampa-Tuttolibri, piccole gemme da ritagliare (e proprio così saranno ristampate in un altro omaggio all’autore, in corso di stampa) e che impreziosivano il quotidiano torinese.

    Mi deliziavo leggendo quella prosa sostantivata capace di divulgare con semplicità e naturalezza il piacere della scoperta: fu così che grazie all’amico Nicola Miglino, allora titolare dello Studio Bibliografico Nostro Novecento di Milano, potei contattarlo per chiedergli di collaborare a Charta, di cui Dorna, già assiduo lettore, è stato fino all’ultimo sincero amico e sostenitore. Nacque presto l’idea di raccontare, tra l’altro, per gli autori del Novecento italiano le opere d’esordio in versi e in prosa che qui restituiamo al lettore in forma di saggi: Italo Calvino, Tonino Guerra, Alfonso Gatto, Beppe Fenoglio, Massimo Bontempelli, Riccardo Bacchelli, Carlo Cassola, Cesare Pavese, Cristina Campo, Elsa Morante, Salvatore Quasimodo, Elio Vittorini, Eugenio Montale, Nanni Balestrini, Giorgio Manganelli, Vincenzo Cardarelli, Ardengo Soffici, Franco Fortini, Carlo Levi, Aldo Palazzeschi, Attilio Bertolucci, Vitaliano Brancati, Clemente Rebora, Franco Antonicelli, Delio Tessa, Ottiero Ottieri, Carlo Michelstaedter, Giovanni Boine.

    A ognuno è concesso il tempo che gli spetta, peccato non potere leggere quanto Dorna avrebbe voluto scrivere sulle opere prime che ancora mancavano alla sua già straordinaria collezione; per la poesia: Carlo Betocchi, Giorgio Caproni, Sergio Corazzini, Luciano Erba, Luciano Folgore, Virgilio Giotti, Giovanni Giudici, Corrado Govoni, Piero Jahier, Franco Loi, Biagio Marin, Giorgio Orelli, Elio Pagliarani, Albino Pierro, Giaime Pintor, Camillo Sbarbaro, Leonardo Sinisgalli, Sergio Solmi, Giuseppe Ungaretti, Diego Valeri; per la prosa: Anna Banti, Giorgio Bassani, Arrigo Benedetti, Alessandro Bonsanti, Giuseppe Antonio Borgese, Manlio Cancogni, Guido Cavani, Giacomo Debenedetti, Nicola Lisi, Curzio Malaparte, Giuseppe Marotta, Nico Orengo, Anna Maria Ortese, Giovanni Papini, Goffredo Parise, Antonio Pizzuto, Luigi Santucci, Leonardo Sciascia, Enzo Siciliano, Mario Soldati, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Federigo Tozzi, Paolo Volponi.

    Dalle finestre del suo studio luminoso e raccolto come il cassero di un veliero, tutto foderato di meravigliose esili rarità dei grandi autori del Novecento italiano e non solo, inseguite a lungo con il desiderio ancor prima di farle proprie, alzando lo sguardo dallo scrittoio si vede in basso la Gran Madre, il Po e Torino che nella bruma può sembrare ancora una cartolina gozzaniana. Dopo aver ammirato alcune delle perle della sua collezione, gli chiesi quali fossero le carte a lui più care: Dorna, con semplicità e discrezione, scelse di mostrarmi, custodite sotto vetro in camera da letto, alcune curiosità cartacee legate al suo personalissimo vissuto, perfetto contrappeso agli altri suoi grandi amori per gli artisti, i poeti e i prosatori di cui amava scoprire da lettere, memorie e varia documentazione gli antefatti all’origine dell’opera.

    Il collezionismo di Dorna, conversatore brillante e maestro dell’intrattenimento, è stato schietto e solare, mai macchiato da aloni narcisistici o da alcuna ombrosità, anche quando con la collana In Carta Linda, titolo ripreso da una frase di Camillo Sbarbaro in calce a una cartolina allegata alla copia di Resine inviata all’amico Angelo Barile, sentì la necessità di farsi editore pubblicando in cento copie, stampate da Martino Mardersteig, i versi scritti a mano di alcuni dei suoi poeti: Nico Orengo, Mario Luzi, Alda Merini,Tahar Ben Jelloun, Attilio Bertolucci, Roberto Roversi.

    Illuminante per comprendere il Novecento è l’interscambio tra cultura letteraria e cultura figurativa che Dorna ci mostra in un volume uscito postumo (Poltrobabbo e poltromamma, Allemandi, 2006), scritto insieme al cugino Charles Sala, storico dell’arte, indagando il mistero suggestivo delle ombre di una litografia di Alberto Savinio, I miei genitori, tirata nel 1945 in soli 32 esemplari in via Margutta da Velso e Dora Mucci.

    Il coraggio di continuare a investigare, anche nell’imminenza della fine, il segreto intreccio che lega genitori e figli al convulso ciclo della vita, ci appare come il lascito morale di Dorna sul senso vero del collezionare.

    Mauro Chiabrando  

    i versi di tessa, la prosa di ottieri

    [1]

    Pier Paolo Pasolini nella Poesia dialettale del Novecento collocava al centro della letteratura milanese del XX secolo il poeta Delio Tessa di professione avvocato (senza troppo entusiasmo) e fine letterato.Oggi sono in molti a riconoscerlo tra i maggiori poeti italiani del secolo, lui che era un tipo un po’ selvatico e anarchico, coerentemente con la tradizione della scapigliatura milanese. Immensamente innamorato della sua città e della sua gente, Tessa compose versi usando il gergo del popolo che lui chiamava lingua: non è morta la lingua milanese come nessun dialetto morrà e diede loro un titolo divenuto celebre: L’è el dì di mort alegher! I temi delle liriche, scritte fra il1912 e il 1930 e pubblicate da Mondadori nel 1932, sono perlopiù macabri e surreali e si sviluppano con un tono prevalentemente anticonformista secondo le indicazioni e le regole fornite dall’autore in apertura della edizione. Le sette pagine, firmate e datate febbraio 1932 che precedono i testi delle liriche, iniziano con la Dichiarazione del poeta che recita: Riconosco ed onoro un solo Maestro: il popolo che parla. Poi, le precisazioni più tecniche riguardo la fonetica: Suprema legge! Tutto è musica nella sincera espressione popolaresca; il vocabolario: direi quasi che il vocabolario sta alla lingua come la codificazione al diritto; l’ortografia: non è fissa, ma mobile; la grammatica: Penso ai fanciulli che parlano. Che è mai la grammatica per essi?; la metrica: non mi spaventa un ottonario che zoppica; le assonanze o rime: Il popolo nelle sue cantilene e le une e le altre musicalmente dispone; infine il congedo: Confesso, ma non pentito, mi preparo all’anatema della comunione sacrilega. Per l’epigrafe il poeta aveva scelto due versi di Turgheniev in perfetta sintonia con i suoi: La cosa più interessante,/nella vita, è la morte. Dopo l’edizione mondadoriana dovranno passare quasi trent’anni per vedere la ristampa di quelle poesie; se ne incaricherà Scheiwiller, una prima volta nel 1960, poi, accompagnate dalla presentazione di Dante Isella, nel 1978. Soltanto nel

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