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Kickboxing
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Kickboxing

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Nel 1989, usciva nei cinema il film Kickboxer. Il cattivo Tong Po, in un incontro di kickboxing, rompeva le ossa allo sfidante statunitense Eric Sloane, ferendolo letalmente tanto da costringerlo sulla sedia a rotelle. Nel finale, suo fratello, interpretato da Muscles from Bruxelles, “in arte” Jean-Claude Van Damme, lo vendicava “clandestinamente”, vincendo la tenzone di veri, “vitrei”, potenti colpi furibondi, ma non uccideva Po, lasciando che, nel seguito, Vendetta per un angelo, fosse un combattente biondo a distruggere e “amputare” il malefico villain. In questo mio terzo episodio letterario-cinematografico, son fantasiosamente tornato “indietro”, laddove vendetta “omicida” non fu nel primo film. Eric, vendicato, sì, ma non “ripristinato” nel cor(po) della sua spezzata grinta per sempre smarritasi nella malinconia contemplativa, osserva, in queste mie passionali pagine sanguigne, la languidezza visionaria del suo sperante “spettro” disperato, scarnificato ed eclissatosi in una metafisica solitudine ancestrale, sven(tr)ato da un dolore irrisarcibile e ancor nelle sue viscere b(r)uc(i)ante. Cos’avverrà?
LanguageItaliano
Release dateFeb 16, 2016
ISBN9788893326193
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    Kickboxing - Stefano Falotico

    Sloane...

    1. Sul monte e l’aldilà...

    Seduto alla riva di questo scrosciar e scoccare di pensieri, vanitoso, Eric, rifletti a quanto, sì, forte fosti però baldanzoso e ignorante troppo sicuro di te e, superficialmente, affrontasti quell’incontro a viso davvero aperto da Po. Vedesti, con la coda dell’occhio, già tumefatto da Tong Po, in quella macellazione vivente, la tua schiena incrinarsi dopo pochi secondi dal gong del secondo round, quando Po, con lercia atrocità, ti colpì a tradimento, infrangendo le regole del combattimento ché Kurt, tuo caro fratello, la spugna a terra invano gettò, marcia schiumosa dei tanti colpi suda(n)ti a te già inferti, Po, infettato dalla brutale e più carnivora malvagità, affondò di pugno tonante in quel già avvenuto, c(r)ol(l)ante martirio tuo, spezzandoti il sogno e morsicando la tua vita così mortalmente, immoralmente tranciata. Uno svelto colpo e venisti divelto. Abbruttito in un uomo a metà sulla sponda qui ora calma d’un pacato monte, le cui grandiosità della natura bellissima, non arrestan però la tua fame implacabile di vendetta cutanea, nonostante Kurt, tuo caro fratello di sangue, sanguinolento sventrò Po in un urlo di guerra formato Nak Su Kao, oh nostri bianchi guerrieri al(a)ti!

    Non ti allenasti e, preda del rapitore del tuo core, divenisti vittima e carnefice suo maciullato.

    Alleandoti con tuo fratello per la rivincita (im)possibile, tuttora, nonostante ciò, non (r)esisti e freme il tuo corpo sacrificato, il tuo a(g)nello bucato dal fenomenale cattivo bue, affatto buono.

    Distruttore della vostra fratellanza giammai ché, mai così come dopo allora, assieme vi faceste (co)raggio nella città morta...

    Ora, dal monte (am)miri la vastità della bellezza e nel frattempo la sconsolata agonia panoramica d’una indotta, obbligata mestizia.

    Questo monte respira, la vita rifiorirà nell’animo tarpato, nel corpo mut(ilat)o e deturpato, nei polmoni infiacchiti, nelle gambe massacrate eppur ancor moventi, sibilline allo scotersi friabile del vento, nei tuoi occhi stanchi ma ancor brillanti rabbia inesausta, ché non basta né bastò Kurt nel Tong Po bastonato, nell’umiliar la sua bestia, se non fosti tu, tu, tu, il lupo del volerlo vincere e vendicare?

    Per quanto si protrarrà la fame di giustizia, per quanto ancora andrai avanti, così dentro e f(u)ori lacerato?

    Dillo a te stesso, Eric, monologa col tuo cor(po) color monocolo, mon(a)co!

    Qui, sopra la vetta svettantissima del montagnoso suo esser diventato entità metafisica mutevole d’umori altalenanti, saltellanti come lui che, inte(g)ro, ballonzolava fr’avversari da lui scheggiati, or deprivato della sua cintura d’oro cromato, dell’uso delle gambe (a)dorate. Le gambe, la sua intima potenza d’un tempo oramai lontano, quando scalava come marce irrefrenabili di bicipiti fendenti e scalciava inverecondo, agguantando per il bavero le sue brave prede, bavoso nel rosso chimerico vincente, imbattibile di guanto infil(z)ante i nemici stesi di classe sua inarrivabile, spadroneggiando virtuoso in un ring profumo kickboxer fiero, florido, nella sua perfetta, statuaria massa muscolare intonsa, prima che Po, dopo aver fatto vacillar l’intonaco di quella colonna, anche sua monumentale, frenasse il suo fu(rioso), adesso ammortizzato. Le gambe che furono il suo ardimentoso furore portentoso.

    Dilaniate, ferme per sempre... in un’immobilità corporea rotta, in una schiena appostata nella fermezza melanconica dell’oggi non star mai a posto dopo quel scarnente trauma (in)f(i)erente, fetentissimo, e star qui a rifletter una vendetta impossibile, che mai avvenne nonostante Kurt vinse Po e l’ammazzò guerrigliero. Cavallerizzo dei suoi colpi alla Ken...

    Dove sei, Eric? Dove sei sparito? Fantasma della tua rabbia mai compiuta, uomo spaccato in due, con le lagrime morbide di chi ha perso la sua gioia?

    Qui, su tal rosea montagna della Tailandia, tu, Eric, tagliato. Spu(n)ta la tua irosa ancor forzuta virtù dell’essere uomo!

    Giammai appisolata la tua grinta, mozz(icat)a eppur ruggisce, nitrisce, ululante ti consuma e striscia, tu, che combattesti fra sangui digrignati, dente contundente di nocche arrotolate

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