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La grotta del brigante
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La grotta del brigante

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In Calabria, tra la costiera e la porzione interna delle sue montagne, esistono caratteristici e antichi villaggi, ogni uno dei quali, ha le sue vicende e personaggi diversi. Tra gli anni 1799 e 1910 i contadini, risiedono in un ambiente totalmente trasformato. Esistono i feudi e quindi, i proprietari terrieri e padroni. Parecchi contadini si ribellano al Re, e si trasformano briganti. Un intreccio di storie evidenzia la vita paesana di quei tempi passati. Si narra del vivere di un contadino di animo buono, diventato brigante per caso che ha dovuto seguire il suo percorso di vita rocambolesca. Ha avuto dei figli ma poi è condotto in carcere. Graziato, inizia a lavorare e godersi la famiglia.
LanguageItaliano
Release dateFeb 11, 2016
ISBN9788893327558
La grotta del brigante

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    La grotta del brigante - Luigi Cianflone

    famiglia.

    I

    Tra i Monti del Reventino

    In un luogo montano e precisamente in Calabria fra la costa e una parte interna tra le montagne esistono alcuni caratteristici e antichi villaggi, ogni uno dei quali ha le sue storie e personaggi particolari.

    Tra i monti del Reventino dalla parte centrale in cui la neve, d’inverno, scende abbondante e si mantiene qualche settimana persistono delle catene montuose che prendono nomi disuguali. Nella zona ci sono: il Monte di Santo Elia, Tiriolo e Portella, dalla parte splendida in cui le montagne, quasi a picco, si perdono nel mare, sono stati costruiti degli stupendi paesi rustici dalle caratteristiche particolari.

    Tra gli anni 1799 e 1910 i contadini, si trovano a vivere in un ambiente completamente difficile, esistono i feudi con i proprietari terrieri e padroni che possiedono dei coloni e lavoravano per loro.

    Alcuni contadini sono proprietari di vasti territori ma, la coltivazione di essi, non gli offre possibilità di un guadagno economico occorrente per migliorarsi il vivere e pagare le tasse esose che il re impone.

    In tale situazione, nascono le rivoluzioni che mirano a rendere la vita difficile al Re di Napoli e i francesi che li appoggiano. Sono gli anni, 1712-1793 a seguire.

    Nell’intera penisola italiana esistono dei gruppi sporadici di uomini contadini che vogliono, a ogni costo, essere liberi. Formano raggruppamenti di ribellione consolidati, affinché possono ottenere indipendenza dai soprusi oppressivi dei nobili. Nel corso di alcuni anni si formano dei movimenti di ribellione autonomi composti da uomini armati che cercano libertà e soprattutto, sono a favore degli agricoltori caricati dalle troppe tasse e privati della loro autonomia.

    In quell’epoca i movimenti di ribellione mirano alla loro libertà totale e al riconoscimento di essere trattati tutti uguali con idee di possedere dei terreni da sequestrare ai nobili e aumentare il benessere sociale.

    Alcuni contadini hanno la volontà di allontanarsi dalle proprie famiglie per ritirarsi nelle campagne e nascondersi dai soldati, cercando di sostenere i loro simili in difficoltà e ottenere terre in donazione o affitto. Accade nel 1836-1853 che le file dei ribelli si sono ingrandite trovando consensi tra la gente. Alcuni gruppi collaborano tra loro perché vogliono compattarsi e acquistare forza con la quale la loro costante presenza nei territori amministrati dal Re borbonico. In altre regioni italiane, esistono altri gruppi d’insurrezione.

    Nel periodo del 1859, in Piemonte, c’era un subbuglio, in quanto, è espresso dai politici e nobili statisti, il desiderio di combattere i vari reggenti allo scopo di unire la penisola al fine occulto di depredarla, poiché il sud è ricco e il Piemonte indebitato per acquisti di armamenti serviti per le conquiste di territori. Propongono a un valoroso generale dal nome Garibaldi, la sua collaborazione che accetta. E’ avviato il reclutamento di uomini volontari che devono combattere a fianco di Giuseppe Garibaldi.

    Da giovane, Garibaldi è considerato un rivoluzionario amante della libertà dei popoli, e condannato, va all’estero a combattere per la causa rivoluzionaria estera dove acquista fama e prestigio.

    In Italia, i contadini campano con sacrifici esistenziali insostenibili, ma assuefatti a lavorare i terreni appartenenti a casati di zona. I possessori di estensioni smisurate di terreni pretendono i accolti dai contadini e ciò non concede a essi, di evolversi a causa del loro impoverimento.

    Le fila dei ribelli s’ingrandisce, però sono perseguitati dai soldati del re e dalle leggi troppo severe per il basso ceto sociale. Gli uomini ribelli rimangono confinati in minuscoli gruppi per diventare imprendibili. Già dalla loro formazione, sono denominati Briganti, in concretezza, sono solamente contadini esasperati che cercano l’autogestione dei terreni. I briganti, per causa della loro travagliata vita sono costretti a rifugiarsi nelle montagne boscose.

    In molte regioni esistono dei briganti che mantengono l’anonimato per non incorrere al rischio di essere arrestati. I paesani fingono di non sapere nulla per proteggerli o anche per paura, tranne qualcuno che di volta in volta denuncia tali uomini. I coraggiosi traditori sono regolarmente scoperti e torturati, gli stessi paesani rendono loro, la vita difficile.

    Da ciò nasce la crudeltà di alcuni ribelli, però usata nei confronti dei traditori. Ciò è una valida scusante per cui si sparge la maldicenza che i briganti sono solo, dei delinquenti sanguinari che depredano e torturano la gente al solo scopo di compiere ruberie e vivere di tali proventi.

    I briganti costituitisi in piccoli gruppi e presenti nei paesi limitrofi, si riuniscono per pianificare le varie azioni comuni scambiandosi informazioni. A volte sono obbligati a rubare i paesani per potersi mantenere. Gli abitanti dei villaggi, si curano di mandare dei viveri ai difensori della giustizia e solidarietà in segno di gratitudine. Delle donne trovano le scusanti di andare nei campi per lavorare, invece, mettono nelle ceste, che portano sul capo, generi alimentari: il pane fatto in casa, salumi e formaggi.

    -------

    Presso un paesello situato tra i Monti del Reventino, fra i briganti si distinguevano diversi uomini che dimostravano di essere assai spietati con chi causava del male a loro e ai contadini. In genere non uccidevano per non attirare su loro, la collera della guarnigione circostante facendo confluire altri soldati per dare la caccia al brigante responsabile che chissà come, si riusciva a sapere chi fosse il singolo uomo che si era macchiato del crimine, per tale motivo il brigantaggio era condannato senza alcuna distinzione.

    Nel paese di duemila domiciliati esistevano moltissimi bambini che crescevano tra le strade polverose del paese e, le campagne, riuscivano a inventarsi svaghi imitando eroi di storie fantasiose di cavalieri erranti, forse mai sussistiti per cimentarsi nei giochi con le spade e pistole di legno. Molti giocavano a nascondino, girotondo e differenti distrazioni che tramandavano ai posteri: per giocattoli usavano dare la caccia alle lucertole, serpenti, ricerca di nidi, giocavano con la trottola, alle stacce Gioco effettuato con alcune pietre piatte, soprattutto si distraevano con l’acqua dei ruscelli, fiumare e sorgenti, costruivano cestini con erbe, nei quali mettevano le fragole di bosco appena raccolte. Tanti altri erano gli svaghi di varia natura.

    Le femminucce, nei liberi campi, raccoglievano ciclamini e margherite con le quali creavano mazzetti di fiori prataioli, poi aiutavano le mamme e le sorelle nelle faccende di casa, consone alla loro natura femminile eseguendo giochi infantili tra coetanee, fantasticavano sognando a occhi aperti i loro principini delle poche favole a loro raccontate.

    La gente viveva solamente in autonomia scambiando con le altre comunità, differenti prodotti che altri non potevano coltivare in quanto, i territori non permettevano. In pianura crescevano le colture primizie: Ortaggi, olive, arance, limoni, mentre in montagna abbondavano ghiande: castagne, mele e altro compresa la selvaggina scambiata con altri alimenti dopo averne valutato e contrattato il valore compensandolo con quantità alimentari.

    Erano periodi in cui la giustizia era soltanto per i ricchi, che osavano abusare dell’ignoranza dei contadini che però erano assai intelligenti, ma non potevano dimostrare la loro speciale dote perché privi d’istruzione per carenza di scuole educative, esistenti solamente per i ceti superiori. Gli unici che godevano di tali editti, erano coloro che stabilivano delle leggi che dovevano essere uguali per tutti gli uomini viventi che, però usavano a loro piacimento a discapito di uomini lasciati nell’ignoranza collettiva.

    Nel paese montano, si distinguevano quattro fratelli nati soltanto per inserirsi nell’ambito delinquenziale e prepotente, possessori di un carattere forte di chi ambiva a comandare e non sottomettersi ad alcuno perché si sentivano sovrumani con idee innovative sottraendosi alle leggi nascenti, anche se giuste… Bastava il benché minimo pretesto per utilizzare il coltello da loro posseduto e desideroso di aprire qualche ferita all’avversario. Naturalmente il loro comportamento era suggerito dai loro genitori abituati a mostrarsi prepotenti e a loro volta, insegnavano ai propri figli, le conoscenze che gli erano state tramandate dagli avi.

    Le loro compagne si erano adeguate al carattere dei mariti.

    I fratelli, si erano abituati a essere compatti diventando una forza. Crescevano liberi, senza i controlli e le cure della loro mamma che si dedicava al lavoro dei campi, lei non trovava il tempo né la volontà di accudire ai suoi bimbi.

    Quei bambini camminavano scalzi e stavano anche, sotto le intemperie: Vestivano indumenti considerati degli stracci per le troppe pezzuole cucite e somigliavano al costume di arlecchino. Qualche volta indossavano dei cappelli rotondi, che prima li avevano usati i propri nonni e quindi, carichi di sporcizia sovrapposta nel tempo e quando posati sulla testa, riusciva a coprirla tutta fino al naso.

    Fin da piccoli, i ragazzi si dilettavano a rubare qualche pezzo di pane dalla bocca di altri bambini

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