Immigrazione e cooperazione: Questioni aperte e buone prassi per la soluzione del problema abitativo di lunga permanenza per gli immigrati.
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Immigrazione e cooperazione - Walter Williams
Immigrazione
e cooperazione
Questioni aperte e buone prassi
per la soluzione del problema abitativo
di lunga permanenza per gli immigrati
Walter Williams
Collana Prassi cooperative, n. 12
Copyright © 2014 Homeless Book
ISBN 978-88-98969-04-3 (epub)
ebook by ePubMATIC.com
Edizioni Homeless Book / homelessbook.it
L’autore
Walter Williams è ricercatore libero professionista e consulente di enti pubblici e privati in materia di cooperazione e di housing sociale ed autore di diversi saggi e pubblicazioni in proposito. Per venti anni è stato dirigente di Confcooperative con ruoli nazionali politico-sindacali e ma-nageriali, in particolare nell’area della promozione cooperativa, degli studi, della formazione e dei rapporti con l’università. Per oltre dieci anni è stato consigliere di amministrazione dell’Istituto di Studi Cooperativi L. Luzzatti
di Roma e collaboratore del CNEL, per conto del quale ha redatto un progetto di legge su Istituzione dell’Agenzia per l’Abitare Sociale
(2006).
Per Homeless Book, nella collana Prassi Cooperative
ha recentemente pubblicato "Housing sociale, il ruolo e le proposte del non profit (n°8),
CLAI cinquant’anni di vita, una singolare esperienza cooperativa (n°9) e, nella collana
Block Notes", Per una cooperazione smart.
w.williams@libero.it
Indice
Presentazione, di Gaetano Devinco
1. Il problema abitativo per la popolazione immigrata
2. I limiti di pubblico
e privato
3. I nodi di carattere culturale
4. Alcuni presupposti per superare l’impasse
odierna
5. Il ruolo della società civile
e della cooperazione
6. Le tipologie di intervento
7. Alcune buone prassi
8. Il fabbisogno di azione politica e progettuale
9. Verso i progetti di lavoro territoriali
Considerazioni finali
Allegati
Presentazione,
di Gaetano Devinco¹
La presenza migratoria, che è elemento collegato agli assetti del nostro sviluppo economico e che tende a consolidarsi in progetti di lunga permanenza, richiede adeguate risposte sul piano dei nuovi bisogni sociali, formativi, culturali che ad essa si accompagnano.
Chi da anni segue con attenzione, razionalità e passione insieme, il fenomeno dell’immigrazione extracomunitaria sa che quattro sono i bisogni la cui soddisfazione può costruire le condizioni per un efficace, soddisfacente e condiviso processo di integrazione: il lavoro, la casa, la salute, il saper comunicare.
Sotto il profilo dei bisogni, gli immigrati non esprimono più unicamente richieste legate all’accoglimento ma, sempre con maggiore rilievo, manifestano nuove necessità in direzione dell’inserimento nel tessuto sociale e del riconoscimento dei diritti con attenzione alle loro specificità nazionali, etniche, culturali e religiose. Tra queste domande quella abitativa senza dubbio si rivela di primaria importanza per il ruolo essenziale che essa svolge nei processi di esclusione o di integrazione.
Ed oggi trovare un’abitazione dignitosa ad un costo ragionevole è spesso il problema principale da affrontare per gli immigrati, anche perché diventa un requisito fondamentale per regolarizzare la loro posizione e rappresenta la vera cartina al tornasole
per individuare il livello raggiunto di qualità della vita e di accettazione da parte della comunità locale.
Senza il riconoscimento effettivo agli immigrati del diritto alla casa, tutte le migliori attività interculturali (scuole, formazione, servizi alla persona, ecc.) perderebbero ogni efficacia, non avrebbero alcun successo.
La dimensione e le caratteristiche del problema della casa per gli immigrati sono ampiamente note e sicuramente di non facile approccio con gli strumenti tradizionali perché, accanto agli indiscutibili problemi di carattere finanziario, si aggiungono quelli sociali legati alla difficile integrazione sul territorio e nelle comunità locali, nonché alla ricerca di condizioni ambientali rispettose delle diverse culture e tradizioni e del necessario equilibrio tra i livelli ed i contenuti di qualità della vita che esse concepiscono e quelli affermati nel Paese ospitante.
L’avvio a soluzione di questa questione non è procrastinabile ulteriormente, perché condizione essenziale di quella più generale relativa all’assimilazione del fenomeno immigratorio, che è irreversibile e con il quale tutte le nostre comunità devono fare i conti e non certo in termini di rottura. Per questa, come per le altre grandi emergenze legate alla qualità della vita, da molte parti si parla dell’esigenza di un patto strategico per uno sviluppo sociale delle aree urbane e metropolitane in grado di assemblare l’impegno della collettività (ai vari livelli) per il benessere sociale, la produzione di beni pubblici, un nuovo rapporto pubblico\privato (più rispettoso del principio di sussidiarietà, fra l’altro), l’oculato uso di risorse finanziarie limitate, il necessario consenso alle politiche pubblico ed il dialogo costante tra la Pubblica Amministrazione e la comunità, intesa come insieme di soggetti che esercitano liberamente le proprie scelte.
Solidarietà vuol dire anche dare una casa a chiunque viene a lavorare nel nostro Paese, riconoscendo elementi di specificità alla domanda abitativa degli immigrati, pur nella consapevolezza che la casa rappresenta ancora un problema della nostra società che riguarda ampie fasce di cittadini deboli
.
In questo quadro la cooperazione organizzata – in un’ottica intersettoriale - ha ottime carte da giocare per consolidare il grado della sua utilità generale
e per ottimizzare il livello stesso delle risposte possibili a problemi per molti versi inediti e dai possibili costi sociali ed economici molto elevati.
la soluzione cooperativa può rappresentare la via in grado di ottimizzare in termini di costi\benefici una risposta al fabbisogno abitativo di lunga permanenza degli immigrati che contemporaneamente favorisca il dialogo ed i processi di amalgama ed integrazione nelle comunità locali nel rispetto delle diversità, della tolleranza e dell’equità sociale.
La cooperazione può diventare compartecipe non solo della realizzazione di programmi pubblici di edilizia sociale, ma anche della fase di loro formulazione, orientamento e finalizzazione ad obiettivi di equità, di inclusione e di mobilità sociale, che superino la logica dell’emergenza e dell’occasionalità in favore dell’intervento strutturale e programmato.
Ciò che serve è una maggiore pianificazione degli interventi e la sperimentazione di nuovi modelli di intervento e soluzione dei problemi che prevedano l’intervento in partnership di organizzazioni di terzo settore e cooperative, nelle differenti tipologie coinvolgibili, ed un approccio complessivo alla questione abitativa e globale
a quella dell’immigrazione.
Il vantaggio competitivo della proposta cooperativa sta nel suo know-how
, che può essere appunto intersettoriale a livello di progettualità, di risorse ed esperienze da mettere a disposizione e\o da aggregare, di metodologie di lavoro e di approccio ai problemi che sono, nel caso in oggetto, di varia natura (sociale, culturale, economica, politica, ambientale, giuridica etc) e non separabili o semplificabili in base alla loro natura o alle competenze istituzionali e professionali tradizionali
.
E sta nell’essere palestra di autogestione e quindi veicolo potenziale di educazione alle regole del vivere comune secondo i canoni del civismo, della democrazia e della tolleranza e di (conseguente) trasferimento di precisi stili comportamentali e dei necessari livelli di responsabilizzazione personale e di gruppo che sono necessari per garantire il successo dei processi:
di gestione di un patrimonio (immobiliare e di edilizia sociale) che resta di rilevanza pubblica
, se non dal punto di vista della proprietà, almeno da quello della rilevanza dell’uso e della sua salvaguardia;
di riconoscimento della cittadinanza di nuove comunità etniche e culturali.
Ed infine la cooperazione ha sempre rappresentato la più funzionale cerniera
con l’associazionismo sociale ed il volontariato quando si è cercato di costruire rapporti con il pubblico
non orientati al profitto, ma alla ricerca di soluzioni innovative a problemi di rilevanza collettiva ed in grado di mettere in campo risorse rappresentate non soltanto dai mezzi finanziari, ma anche dall’insieme di disponibilità umane che possono e debbono essere interpellate e coinvolte.
Sulla questioni qui poste il lavoro di Walter Williams, appassionato studioso ed operatore della cooperazione di vecchia data, offre analisi e proposte di indubbio interesse che meritano un dibattito non occasionale all’interno del mondo cooperativo (… e non solo), anche sul piano politico-organizzativo.
¹ Presidente Federsolidarietà-Confcooperative Emilia Romagna.
1. Il problema abitativo per la popolazione immigrata
La rapida trasformazione degli scenari economici e sociali e la collegata modificazione del mercato del lavoro sono all’origine di nuove forme di disagio abitativo.
In particolare, le esigenze di mobilità dei lavoratori si scontrano con un patrimonio abitativo difficilmente accessibile per periodi temporanei ed a costi accessibili.
Questo problema evidenzia i limiti strutturali del sistema abitativo italiano: vi sono pochi alloggi in affitto (solo il 25% del patrimonio immobiliare totale) e di questi solo il 20% è concesso a canone sociale, contro una media europea del 43%, e la loro mobilità
(specie quando si parla di edilizia pubblica popolare) è estremamente bassa, spesso a prescindere dall’effettivo permanere di condizioni di bisogno nei beneficiari.
Da una parte, assistiamo alla crescita della povertà abitativa, oggi al 7,3% in Italia, contro una media europea del 6%¹ e, dall’altra, alla crescente crisi del settore edilizio e al drastico aumento del numero di abitazioni sfitte e invendute.
Per quanto riguarda gli immigrati, il problema non è più solo relativo alla prima accoglienza ed all’intervento sull’emergenza, quindi a breve termine. Diventa, piuttosto, quello di una revisione strutturale delle politiche abitative nel loro complesso – all’interno di una politica globale sull’immigrazione - che rappresenti una risposta non più solo quantitativa ma anche qualitativa alla domanda differenziata degli immigrati, ormai da considerare a tutti gli effetti come nuovi cittadini
.
In generale, nei confronti dell’immigrazione, l’Italia sconta la relativa novità del fenomeno e quindi una certa impreparazione e scarsa capacità di innovazione della Pubblica Amministrazione (ai vari livelli), che si traducono nel perdurare di interventi di emergenza
che sono condizionati – per quanto qui più direttamente interessa –anche dalla sostanziale assenza di politiche organiche per l’edilizia sociale e l’integrazione.
L’Italia potrebbe avere un’offerta di edilizia residenziale nel settore abitativo sociale pari a quella degli altri Paesi europei se basasse il suo intervento non soltanto su interventi ed investimenti diretti, ma creando le condizioni per rendere possibile il concorso delle risorse e delle capacità organizzative private nella realizzazione di politiche pubbliche in materia di edilizia residenziale.
In generale, a livello europeo grande è stato il coinvolgimento di società ed organismi non profit quali associazioni di utenti, di sindacati, di rappresentanze sociali, imprese di settore, fondi pensione, assicurazioni, ecc., che hanno operato in termini di concorrenza nel processo di sviluppo e riqualificazione del patrimonio abitativo, da porre sul mercato in locazione per coprire le necessità abitative delle fasce sociali basse, ma solvibili.
Nella nostra società, ormai multi-etnica, soddisfacenti e generalizzati processi di integrazione lavorativa, sociale e culturale - nel rispetto di tutte le identità, ma anche dei livelli