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Il nettare degli Dei: Filosofie e religioni d'Oriente
Il nettare degli Dei: Filosofie e religioni d'Oriente
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Ebook374 pages4 hours

Il nettare degli Dei: Filosofie e religioni d'Oriente

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About this ebook

L'Oriente nasconde molti tesori capaci d'indirizzare verso una dimensione spirituale insita in noi; una dimensione che, una volta conosciuta e realizzata, può condurci alla pace, all'armonia, non soltanto in noi stessi ma anche nel mondo in cui viviamo, un mondo ancora pesantemente dilaniato da futili e inumani conflitti. Un grande libro in grado di introdurci e guidarci in una visione 'altra', utile sia al viaggiatore che affronterà una realtà diversa dalla propria e che avrà pertanto bisogno di adeguati strumenti interpretativi, sia allo studioso, semplicemente desideroso di ampliare il proprio bagaglio culturale, senza per questo dover affrontare le fatiche di un viaggio impegnativo.
LanguageItaliano
Release dateNov 25, 2015
ISBN9788898275267
Il nettare degli Dei: Filosofie e religioni d'Oriente

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    Book preview

    Il nettare degli Dei - Roberto Pierpaoli

    Bibliografia

    Introduzione

    Affrontare la trattazione di una materia così complessa, come lo studio delle filosofie e delle religioni orientali, è un'impresa decisamente non facile perché da una parte si rischia di elencare pedantemente una raccolta di nozioni ormai ritenute canoniche, finendo con l'annoiare il lettore, e dall'altra, di semplificare eccessivamente gli argomenti tralasciandone gli aspetti più significativi. Sarà quindi opportuno tener conto di questi due eccessi e tentare un approccio stimolante ed essenziale, tale da consentire una sufficiente modalità conoscitiva delle sacre scritture e dei simbolismi in esse contenuti. Tutto questo risulterà utile sia al viaggiatore che affronterà una realtà diversa dalla propria e che avrà pertanto bisogno di adeguati strumenti interpretativi, sia allo studioso, semplicemente desideroso di ampliare il suo bagaglio culturale, senza per questo dover affrontare le fatiche di un viaggio impegnativo.

    Se si raccolgono le testimonianze e le impressioni dei viaggiatori che in questi ultimi anni si sono recati in Oriente si otterranno delle versioni fortemente contrastanti, alcune entusiasticamente positive ed altre drasticamente negative. Chi è partito senza avere una adeguata conoscenza della sua storia antica e recente rimarrà decisamente costernato dai profondi contrasti sociali in cui si troverà immerso; rimarrà disgustato dall'incuria e dal degrado ambientale presente in molte aree sia urbane che periferiche di alcuni paesi. Il Medio Oriente è dilaniato da molti anni da conflitti religiosi e politici di difficile soluzione, in India osserverà atteggiamenti superstiziosi che favoriscono il persistere delle caste che induce milioni di individui a condizioni di vita inumane e miserevoli. Parallelamente però sarà anche testimone di uno sviluppo scientifico che la pone nel novero dei paesi tecnologicamente più avanzati.

    Chi è partito motivato da precisi interessi artistici e religiosi, con l'intento di assaporare gli antichi tesori di architettura sacra e fare delle esperienze spirituali nella maggior parte dei casi, rimarrà pienamente soddisfatto e, al suo ritorno, il più delle volte, ne parlerà in modo entusiastico. Il turismo religioso, dopo i mitici anni delle contestazioni giovanili del 68, divenne un fenomeno di una certa rilevanza che perdura tuttora, anche se in maniera molto più ridotta. Gli ashram di Sai Baba a Puttaparti, di Aurobindo ad Auroville o di Osho a Poona, tanto per citare i più famosi, sono stati, e sono tuttora, meta di migliaia di giovani occidentali alla ricerca di una spiritualità più coinvolgente ed appagante.

    A chi ha un'immagine idillica e romantica dell'Oriente e rimane invece deluso e insoddisfatto nelle sue aspettative dobbiamo ricordare che tutto passa e si trasforma. L'India, ad esempio, non è più quella dei Maharaja o quella del periodo vittoriano descritto da Kipling, proprio come Roma non è più quella dei Cesari e Atene non è più quella di Socrate e di Platone. Ma se è pur vero che tutto cambia, come ben diceva Eraclito, c'è però qualche cosa che permane immutato. Le sacre scritture sono ancora un faro di luce e di sapienza che non può essere offuscato e alterato dagli assalti del tempo, proprio perché la verità, se essa è tale, non è soggetta ad alcuna limitazione spazio temporale.

    Il patrimonio di sapienza e di esperienze religiose che l'Oriente è in grado di offrire è qualcosa di veramente gigantesco e impareggiabile. Ad esso hanno attinto anche i più grandi filosofi dell'antichità come Orfeo e Pitagora. Una tradizione che risale ai filosofi alessandrini del I secolo a.C. e ai neopitagorici successivi afferma che la filosofia greca è derivata dall'Oriente e in particolare dall'India. Tutte le speculazioni del pensiero filosofico e religioso, i vari modelli psicologici ed antropologici che si incontrano nelle varie culture sono già inclusi in quel grande complesso di dottrine, la maggior parte delle quali risalgono a diverse migliaia di anni avanti alla nostra era. Quando ci si accosta alla conoscenza di questo immenso patrimonio spirituale non si trova mai qualcosa di superato o di anacronistico ma, anzi, le risposte che emergono sono sempre vive ed attuali e il più delle volte costituiscono dei rimedi terapeutici contro il vuoto, le ansie, le paure e le depressioni del nostro caotico presente, ormai quasi del tutto privo di certezze e di fondamentali valori di riferimento.

    la nascita delle civiltà superiori

    Quando la vita diventa sedentaria ed aggregata, nascono le forme di specializzazione settoriale, nascono le caste dei sacerdoti, dei guerrieri, degli artigiani, nasce anche l'esigenza di mantenere un ordine costituito attraverso delle leggi gestite da apparati esecutivi che le impongono al pubblico dominio. Si sviluppano altresì forme di scambio commerciale con altri gruppi etnici e per facilitare tutto questo, per meglio comunicare e trasmettere informazioni anche a distanza di spazio e di tempo, nasce la scrittura.

    1.1. Dove tutto ebbe inizio

    Anche se è ormai accertato che il continente africano diede i natali al cosiddetto homo sapiens circa 270.000 anni fa[1], la civiltà superiore cronologicamente più antica e storicamente documentabile è la civiltà sumera o di Shumer, già in fase di sviluppo avanzato sul finire del IV millennio a.C. in quei territori della Mesopotamia corrispondenti all'Iraq odierno. Circa mille anni più tardi inizia l'era faraonica in Egitto e successivamente ancora si sviluppa quella della Valle dell'Indo nel subcontinente indiano. In queste culture, il cui sviluppo prosegue nei millenni successivi, sorgono sia religioni politeistiche che monoteistiche. Nella prima forma si ha il culto rivolto ad esseri straordinari: gli dèi; personaggi potenti, dotati di poteri sovrumani e capaci di influire sulle vicende umane.

    L'insieme di queste divinità diversificate darà luogo ad un pantheon estremamente sofisticato, rispondente alla complessità del vivere sociale. Queste divinità verranno rappresentate sia con un aspetto antropomorfo che teriomorfo; le loro immagini impresse su tavolette d'argilla o scolpite nella pietra e nel legno verranno situate in sedi permanenti: i templi, dove un personale specializzato si prenderà cura di loro. Nasceranno in tal modo le caste e i collegi sacerdotali.

    Grazie ad alcuni reperti scampati miracolosamente ai ripetuti incendi della Biblioteca Alessandrina, che contava oltre mezzo milione di manoscritti, sappiamo che intorno al 270 a.C. Tolomeo II incaricò il sacerdote egizio Manetone di redigere la storia e la preistoria dell'Egitto. Egli scrisse che a regnare per primi sull'Egitto furono gli dèi, in un periodo che risalirebbe a 10.000 anni prima del diluvio di 13.000 anni fa. Poi regnarono i semidei e infine, intorno al 3100 a.C., iniziarono le dinastie dei faraoni.

    Un'analoga descrizione in tre volumi viene fornita intorno al 300 a.C. da Beroso, un sacerdote, astronomo e storico babilonese di Marduk che aveva accesso alle biblioteche reali, come quella ritrovata a Ninive intorno alla metà del XIX secolo. Queste antiche biblioteche custodivano migliaia di tavolette di argilla che narravano le gesta degli antichi dèi, la loro discesa sulla Terra risalente a 432.000 anni prima del catastrofico diluvio, e l'approdo in riva al mare di Oannes, il dio che trasmise la civiltà agli esseri umani.

    Delle grandi civiltà della Mesopotamia, create dai Sumeri, Accadi, Babilonesi, Assiri e Caldei, fino ai primi decenni del secolo scorso si ignorava quasi tutto. Oggi, grazie alle numerose ricerche e ai numerosi ritrovamenti archeologici, sappiamo che i Sumeri furono i più antichi ed i primi ad adottare una forma di scrittura conosciuta come cuneiforme, a possedere navi, carri da guerra e da trasporto, e l'aratro per lavorare i campi. Altre invenzioni che incrementarono enormemente queste grandi civiltà furono quelle del tornio, della ruota e la lavorazione dei metalli; invenzioni queste decisive per l'edificazione di grandi centri urbani come Eridu, Ur e Uruk, tra il Tigri e l'Eufrate.

    La città mesopotamica gravita intorno alla ziggurat: una struttura piramidale a gradoni semplici o elicoidali in prossimità della quale sorge il quartiere sacro ove operano e dimorano i sacerdoti. Oltre tale area si erge la città vera e propria con a capo un re, la cui funzione è quella del governo e dell'amministrazione della giustizia.

    La civiltà sumera, classificata con il nome Uruk IV (la biblica Erek), si diffonderà in un ampio raggio attraverso la forma politica delle città stato ed influenzerà i popoli vicini dell'Anatolia, Iran, Siria ed Egitto. I Sumeri regnarono incontrastati fino al periodo di Ur I risalente al 2350 a.C., dopodiché ascende una dinastia semitica nella città di Agade che darà il nome agli Accadi.

    Nel XIX secolo a.C. sorge la prima dinastia babilonese nella città di Babilonia ad opera di popolazioni provenienti da Est, il cui più grande esponente fu il re Hammurabi (1728-1686 a.C.). Egli elevò il dio Marduk al rango di divinità principale e redasse il famoso codice etico che porterà il suo nome. In questo periodo assume importanza anche la potenza Assira che si manifesterà soltanto verso il 700 a.C. Dopo tale periodo ci sarà un breve ritorno della civiltà babilonese che durerà fino al 539 a.C., anno dell'occupazione di Ciro il Grande, il condottiero che farà sorgere l'impero achemenide, conquistato successivamente da Alessandro Magno nel 330 a.C.

    1.2. La civiltà babilonese

    La città più importante dei regni babilonesi era Babilonia o Babele così chiamata dal termine bab ili che ha il significato di: porta degli dèi. Sotto il regno neobabilonese di Nabucodonosor (605-562 a.C.) vennero costruite la grande porta di Ishtar e la grande strada processionale che ad essa conduceva, larga 22 metri e lunga 200. Sotto questo re, famoso per l'invasione della Giudea del 598, la deportazione degli ebrei a Babilonia e per la distruzione del tempio di Gerusalemme del 547, venne anche eretta la celebre ziggurat Etemenanki (dimora e fondamento del cielo e della Terra), dell'altezza di ben 91 metri.

    Riguardo alla religione i Babilonesi di origine semita assimilarono la maggior parte delle loro divinità, incentrate su tre triadi fondamentali, dai Sumeri e dagli Accadi. Le triadi sono il primo esempio significativo della rappresentazione gerarchica e multidimensionale dell'universo, che ritroveremo poi nell'enneade egiziana, nella qabbalah ebraica, nella trinità cristiana, nella trimurti indiana e nella struttura delle principali amministrazioni governative del nostro tempo (re o presidenti della repubblica e partiti di destra e di sinistra che vengono ingaggiati per trovare una forma di mediazione utile alla promulgazione di leggi valide per tutti i cittadini).

    La prima triade degli dèi Anunnaki (coloro che dal Cielo scesero sulla Terra), rappresenta la realtà cosmica primordiale, così costituita:

    Anu, (celebrato nella città di Uruk), sposo di Antu e padre di tutti gli dèi, è il sovrano assoluto che controlla e all'occorrenza sanziona l'operato di tutti gli altri dèi (il re è per analogia il suo rappresentante in terra).

    Enlil, il suo erede legittimo (il cui tempio era a Nippur) comanda e punisce, fissa i destini dei mortali e decide di sterminare con il diluvio l'umanità corrotta. Sua sposa è la dea Ninlil.

    Enki o Ea (celebrato nel santuario di Eridu) è il primogenito di Anu, ma, essendo nato da una concubina, è considerato inferiore di rango rispetto ad Enlil. Egli è il dio delle acque, della magia e della sapienza suprema ed è, insieme a sua sorella Ninmah, il creatore del genere umano. Enki è anche lo sposo di Ninki, padre di Marduk (l'antagonista di Enlil), ed interviene nel mitigare i danni provocati dal diluvio universale e salvare il genere umano dalla distruzione provocata da questa grande catastrofe avvenuta in tempi preistorici, presente in tutti i libri sacri dell'antichità.

    La seconda triade è costituita da Sin, associato alla luna, Shamash, associato al sole e Inanna (Ishtar), associata al pianeta Venere.

    Sin è figlio di Enlil e Ninlil e padre di Inanna e di Shamash. La penisola del Sinai e l'omonimo monte, sacro alle tradizioni ebraiche, derivano il loro nome da questo dio, molto spesso rappresentato come un giovane toro. Il suo simbolo era la falce lunare.

    Shamash, analogamente al sole che nel suo percorso giornaliero vedeva tutto, è il custode della verità, del diritto e della giustizia. Egli puniva con la cecità i trasgressori delle leggi ma donava anche vita, felicità e salute.

    Inanna, dea del pianeta Venere, signora del cielo e degli inferi, è la dea dell'amore, custode della fertilità ma anche di un eros insano e voluttuoso. A lei erano devote le prostitute dei templi. I suoi simboli erano il leone e la civetta.

    L'ultima triade è costituita da Marduk, Sarpanit, Nabu.

    Marduk, figlio di Enki, (dal sumero Amar-ké vitello del sole) è il dio della città di Babilonia. Il pianeta con cui veniva associato era Giove e in suo onore si festeggiava il nuovo anno.

    Sarpanit colei che crea i semi è la sposa di Marduk. La sua attività più importante era quella di rendere fertile la terra.

    Nabu figlio di Marduk e di Sarpanit è il dio della saggezza e della scrittura. Egli era l'esperto, l'araldo, l'annunciatore e aveva con sé le tavole del destino. Il suo pianeta era Mercurio e il suo emblema lo stilo. Il Monte Nebo dove morì Mosé era uno dei più importanti luoghi di culto a lui dedicati.

    1.3. Norme etiche e forme di culto

    Le principali norme che regolavano la vita sociale dei Babilonesi erano contenute nel celebre Codice di Hammurabi di 282 paragrafi. Il codice era un condensato di concetti morali e giuridici che, insieme al successivo cilindro del re persiano Ciro il Grande, influenzerà gran parte del diritto penale e civile degli Ebrei. I cosiddetti Specchi Penitenziali Babilonesi erano dei testi di riflessione e di penitenza consigliati agli ammalati i quali dovevano leggerli, meditarli, e impararne a memoria il contenuto. La malattia era concepita come una punizione divina per dei peccati commessi e dunque l'ammalato era visto come un impuro che doveva espiare le sue colpe. Ecco alcuni tra i brani più significativi che riappariranno poi tra i princìpi etici ebraici dei dieci comandamenti.

    "Hai peccato contro gli dèi? Hai disprezzato tuo padre e tua madre? Ti sei impadronito della casa del tuo vicino? Hai avuto rapporti con la moglie d'altri? Hai sparso sangue del tuo prossimo? Gli hai rubato gli abiti? Dici si con le labbra e no con il cuore?"

    Il rituale babilonese più importante era l'Akitu, la festa del capodanno che si celebrava nell'equinozio di primavera per una durata di 12 giorni.

    La prima settimana era dedicata alla penitenza e all'espiazione dei peccati commessi durante l'anno appena concluso. In tale circostanza veniva sacrificato un capro (capro espiatorio) il cui sangue veniva spruzzato nel tempio. I resti venivano poi gettati nel fiume e la testa portata nel deserto. Tale usanza venne in seguito acquisita anche dagli Ebrei che la applicarono con alcune varianti. Successivamente il rito continuava con l'automortificazione del re, che rappresentava tutto il popolo, tramite uno schiaffo datogli dal sommo sacerdote di Marduk. Il re pronunciava poi una confessione e quindi riceveva l'assoluzione.

    Il testo che celebrava la festività del nuovo anno e che diverrà fonte d'ispirazione per la narrazione ebraica della Genesi era l'Enuma Elish (quando in alto). In esso si narra, tra le altre cose, il grande conflitto tra Tiamat il grande corpo celeste e il pianeta Nibiru (chiamato anche Marduk). In seguito al drammatico scontro Tiamat si frantumò dando origine alla Terra, alla Luna e alla fascia di asteroidi del nostro sistema solare. Dall'ottavo al decimo giorno si passava alla celebrazione scenica della lotta e della vittoria di Marduk. La sua statua veniva portata dal re in processione fino alla casa trionfale situata fuori città dove il sovrano rimaneva per tre giorni chiuso in una stanza sotterranea.

    All'undicesimo giorno il risorto Marduk ritornava vincitore in città alla testa di un corteo che passava per la grande strada processionale. Per ultima, veniva rappresentata l'ascensione al cielo del dio che si attuava portando la sua immagine sulla torre Etemenanki al cui vertice si trovava il sacrario più importante. Qui il dio veniva messo sul trono, si celebrava il suo matrimonio divino e si determinava il destino futuro in modo da assicurare fortuna e salute per il nuovo anno.

    I centri iniziatici con i templi annessi vennero concepiti come dimore terrene delle divinità e furono destinati a creare del personale specializzato nell'ambito del sacro.

    All'interno dei templi le statue degli dèi venivano regolarmente vestite ogni mattina ed adornate con diademi floreali. Nel corso della giornata gli venivano serviti i normali quattro pasti giornalieri che includevano anche qualche sacrificio cruento di animali.

    Il corpo sacerdotale era molto differenziato. Vi erano 30 differenti classi per il sacerdozio maschile a cui se ne aggiungevano 20 femminili. Soltanto alcune classi richiedevano la castità. Il sommo sacerdote era chiamato urigallu e la sacerdotessa principale ierodula. Oltre al sacerdozio ufficiale, vi era anche un discreto numero di profeti.

    La disposizione del tempio di Marduk rappresentava in forma simbolica la concezione del mondo diviso in tre parti: vi era un cortile esterno con una fontana nel centro che indicava il mondo delle acque. Il tempio indicava la Terra e la cella con il simulacro del dio, il cielo.

    La ziggurat era inoltre un'immagine della montagna del mondo e degli dèi e come tale era detta la terra del centro, un ponte che metteva in contatto la sfera divina con quella terrena. Nella zona nordorientale della città si trovavano i famosi "giardini pensili di Semiramide" considerati una delle sette meraviglie del mondo.

    Nella mitologia dei Sumeri, appaiono i primi grandi miti della creazione che si riscontrano successivamente anche nel popolo ebraico. Gli dèi (Anunnaki in sumero ed Elohim in ebraico) crearono l'uomo attuale a loro immagine e somiglianza infondendo l'essenza contenuta nel loro codice genetico in creature trogloditiche, nate da un primordiale evento di creazione.

    Sempre nell'Enuma Elish gli dèi costruiscono a Babele il tempio dedicato a Marduk. Il motivo arcaico della dualità e della separazione tra cielo e terra è presente nell'episodio di Marduk che taglia in due il mostro femminile Tiamat, dea della realtà acquatica precosmica e progenitrice del nostro pianeta e del suo satellite.

    Uno dei miti più significativi, considerato la Bibbia dei Sumeri, è l'Epopea di Gilgamesh la cui prima stesura si colloca intorno al 2400 a.C. Su questo mito gli Ebrei elaborarono successivamente il racconto di Noè e del diluvio universale. Un altro personaggio molto importante presente nella tradizione ebraica è Mosé il liberatore. Molti studiosi affermano che questa figura, secondo quanto si legge su alcune tavolette di terracotta, si riferirebbe al re accadiano Sargon. Costui, dopo il parto avvenuto in segreto, venne messo da sua madre in un cesto di vimini ed abbandonato alla corrente del fiume Eufrate per essere poi raccolto ed allevato da una principessa della casa reale.

    [1] Secondo gli studi sul DNA mitocondriale e sul cromosoma Y pubblicati nel maggio 1995 dall'Associazione Americana degli Antropologi Fisici.

    Le religioni della Persia

    2.1. Le tradizioni antiche

    Le tribù che in periodi preistorici si stabilirono nell'altipiano dell'odierno Iran praticavano una religione molto simile a quelle indo-europee e all'induismo in particolare. La maggior parte delle loro divinità erano infatti in comune con quelle dell'India, come ad esempio Mitra, il dio solare, e Varuna, dio dell'oscurità, ma alcune di esse avevano significati decisamente opposti. I deva per gli Indiani avevano una valenza positiva mentre gli asura negativa. Per gli Iraniani, al contrario, i deva avevano un significato demoniaco e diabolico mentre gli asura o ahura connotavano esseri estremamente positivi come Ahura Mazda, il dio creatore presente nel mazdeismo. La ragione di questa diversità derivò molto probabilmente da discordie politiche che portarono al frazionamento di uno stesso gruppo in due differenti etnie.

    Le tre classi della società iranica delle origini (magi, guerrieri ed agricoltori) simboleggiate rispettivamente da una coppa per libagioni, una lancia e un aratro, pur con nomi diversi corrispondono a quelle indiane dei brahmani (sacerdoti), ksatriya (guerrieri, re, ministri) e vaisya (agricoltori e commercianti). Gli Iraniani simboleggiavano inoltre queste tre classi con tre colori: il bianco per i sacerdoti, il rosso per i guerrieri e il blu scuro per gli allevatori e gli agricoltori.

    Nelle tradizioni antecedenti allo zoroastrismo o mazdeismo vigeva il culto di Anahita che si protrasse fino all'epoca sasanide. Essa era la dea dell'amore (nel suo duplice aspetto di vergine immacolata e di prostituta sacra) e della guerra, nello stile dunque della babilonese Isthtar. Il suo aspetto florido e austero è rappresentato sulla facciata di una tomba rupestre di Naqsh-e Rostam mentre alcuni dei santuari a lei dedicati si trovano ancora a Kangavar, Bishapur e Istakhr.

    Un'altra divinità molto importante fu Mitra, il dio della luce e del giorno, garante della giustizia, dei contratti e dei patti di amicizia, in contrapposizione a Varuna, il dio dell'oscurità e della notte. Egli era una divinità guerriera, dai mille occhi e dai diecimila orecchi, che si slanciava insieme al sole su di un carro trainato da cavalli bianchi. Tra le cerimonie che lo celebravano figurano le purificazioni con il fuoco e il rituale dell'haoma, l'inebriante bevanda sacrificale il cui nome, etimologicamente identico a quello del soma di cui si parla nei Veda, era probabilmente derivato dalla canapa indiana, utilizzata sia nel sacrificio del toro al dio sole, sia come rimedio contro le malattie.

    Questa religione primitiva, intrisa di elementi animisti e sciamanici, con sacrifici anche cruenti di animali come il toro e il cavallo, enunciava l'eterna lotta tra la luce e le tenebre, tra il bene e il male. L'idea di base era il dualismo tra i due princìpi opposti che avrebbe dovuto consumarsi alla fine dei tempi con la sconfitta delle tenebre; dualismo questo che verrà rielaborato nel mazdeismo da un personaggio leggendario di grande statura morale: Spitama Zarathustra o Zoroastro (così chiamato dai Greci).

    Ma occorre tener presente che questo nome non è anagrafico ma, bensì, un semplice appellativo, proprio come lo è Buddha (l'illuminato) e Cristo (l'unto del Signore). Il termine Zoroastro deriva, infatti, da "zuru-astara che è una trasformazione linguistica del sanscrito guru-astara il cui significato è maestro adoratore del sole". Chi effettivamente fosse questo enigmatico maestro (o maestri se ve ne furono più di uno) non ci è dato conoscere. Su di lui ci sono varie opinioni una delle quali lo individua in un grande filosofo di stirpe reale che regnò nella Battriana attorno al 1584 a.C. Altri scrittori distinguono due Zoroastri, il primo fu un astronomo che giunse da Babilonia nell'anno 2189 a.C. mentre il secondo, sarebbe nato nel 630 a.C. a Bactra (odierna Balkh) in Afghanistan ed operò tra il 600 e il 520 a.C., all'inizio dunque del periodo achemenide caratterizzato dall'ascesa al potere di Ciro II e dalla creazione del primo grande impero persiano.

    Alcune narrazioni che riguardano quest'ultimo Zoroastro affermano che era figlio del sacerdote Porushaspa (colui che è ricco di cavalli) e di Dughdhova. Volendo seguire le orme del padre e diventare sacerdote (zaotar) egli iniziò a celebrare i rituali religiosi professati dalla sua tribù, consistenti in canti di lode agli dèi e sacrifici animali. Ma, giunto all'età di trent'anni, il suo animo sensibile, per nulla soddisfatto da quest'ultima attività, lo indusse ad un ritiro meditativo in pieno deserto dove, in una condizione di sublime estasi, fu colto da visioni durante le quali gli apparve Vohu Manah, un angelo inviato da Ahura Mazda (Ohrmazd in pahlavi), il signore della saggezza e principe del bene, che gli comandò di non praticare più sacrifici cruenti poiché anche gli animali hanno un'anima e sono soggetti al dolore come gli esseri umani, e di combattere contro le schiere di Ahrimaneo Hangra Mainyu, il principe della menzogna, dell'impurità e dell'origine del male. Zoroastro dopo questa profonda esperienza cominciò a predicare la nuova religione anche se, più che un innovatore, egli è considerato da molti esegeti un restauratore di una tradizione spirituale molto

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